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Autore: Alexys_Tenshi    11/04/2016    2 recensioni
[Modern!AU|KoizumiOtani|2527words]
“Ehi, guarda dove vai!” dice una voce roca.
Otani punta gli occhi su un gruppo di ragazzi che camminano tranquillamente. Sposta leggermente lo sguardo a destra e nota la ragazza a terra. Senza pensare si alza e si avvicina, la birra sempre in mano e uno sguardo leggermente preoccupato. Quando è a pochi passi da lei le chiede semplicemente “ti serve una mano?”.
[4^ classificata parimerito al contest "Un contest per due Fandom"]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atsushi Otani, Heikichi Nakao, Nobuko Ishihara, Risa Koizumi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note: Questa è la prima storia che scrivo sul Fandom di Lovely Complex. Essendo un'AU non sono molto sicura dell'IC dei personaggi, se li trovate molto OOC fatemelo sapere. Devo avvisare che Otani, in questa OS, è meteropatico. La storia partecipa al contest "Un contest per due Fandom" di S.Elric_ (grazie per aver indetto questo bellissimo contest. Bisognava scegliere un pacchetto ed usare i prompt e il mese scelto. Non li ho usati tutti, lo ammetto e sotto posto quelli usati. Il prompt 'cicatrice' non l'ho usato lettealmente, ma ho usato l'espediente della rottura di Otani.

Prompt:- Aprile 
- Temporale 
- Birra 
- Battiti 
- Cicatrice 
- “Puoi chiedere all'universo tutti i segni che vuoi, ma alla fine vedi solo quello che vuoi vedere, quando sei pronto a vederlo” - How I met your mother


Grazie a tutti coloro che leggeranno e se volete, naturalmente, potete lasciare un commento!

Alexys

Edit: la storia è arrivata 4^, parimerito.
 
I’m sorry but I fell in love tonight.
 
Ad aki,
grazie per aver letto e avermi fatto da beta.

 
Il bar è sempre pieno di gente, le luci basse e la musica alta. Otani si fa spazio tra la folla e con lo scontrino stretto tra le mani si avvicina al bancone. Il barista dai lunghi capelli castani, tirati indietro da una bandana nera, lo guarda con un sopracciglio alzato. Si avvicina poggiando le mani sul legno scuro a pochi centimetri dal viso di Otani per chiedergli, con un sorriso felino, se è davvero maggiorenne. Il ragazzo sbuffa sonoramente e estrae dal portafogli la carta d’identità. Il barista la prende tra le mani e dopo una rapida occhiata la restituisce ad Otani. Prende lo scontrino, strappandolo in due parti e torna subito con la bottiglia di birra che il ragazzo ha richiesto. Finalmente Otani può uscire fuori da quella bolgia infernale e respirare un po’ di aria fresca.
Cammina lentamente tra i vicoli scuri della città e si ferma solo quando trova un vecchio teatro abbandonato. Sale i cinque gradini bianchi fino ad arrivare alla pesante porta in legno piena di scritte. Si siede proprio avanti e stappa la birra con l’aiuto dell’accendino arancione che ha in tasca. Il primo sorso è sempre il più amaro, non sa perché si ostini a prendere quella birra amara se alla fine non è neanche di suo gradimento. L’importante è sentire il liquido che scorre nel corpo e la testa alleggerirsi. Alza lo sguardo e fissa il cielo scuro e privo di stelle. C’è troppa luce in città e questa è una delle cose che non sopporta: le stelle non si vedono in tutto il loro splendore.
“Ehi, guarda dove vai!” dice una voce roca.
Otani punta gli occhi su un gruppo di ragazzi che camminano tranquillamente. Sposta leggermente lo sguardo a destra e nota la ragazza a terra. Senza pensare si alza e si avvicina, la birra sempre in mano e uno sguardo leggermente preoccupato. Quando è a pochi passi da lei le chiede semplicemente “ti serve una mano?”.
La ragazza alza lo sguardo. Ha gli occhi vitrei, cerca di non piangere ma con scarsi risultati. Si porta le mani vicino al ginocchio destro e così Otani nota le calze strappate e una macchiolina rossa. Si abbassa, cercando di restare in equilibrio sugli avampiedi, per toccarle il ginocchio. Un mugugno e i suoi occhi si chiudono, ecco la reazione della giovane.
“Hai un cerotto nella borsa? Sembra che sia solo una sbucciatura” chiede con voce bassa mentre posa la bottiglia a terra e sposta un ciuffo di capelli leggermente più lungo dietro la testa. La ragazza scuote il capo facendo muovere la coda alta e stretta che intrappola i suoi capelli lunghi. Sospirano entrambi. “Riesci a camminare? Se vuoi puoi sederti lì almeno fin quando il dolore non ti passa” propone indicando le scale del teatro. Lei si morde il labbro inferiore, pensierosa, poi annuisce. Si alza e borbotta qualcosa di incomprensibile durante il piccolo tragitto dalla strada alle scale. Si siedono entrambi con le gambe allungate. È quasi comica come cosa: Otani è così piccolo e la ragazza sembra un gigante.
“Mi chiamo Otani Atsushi” dice allungando una mano verso lei.
“Koizumi Risa” risponde stringendo la piccola mano nella sua. “Grazie per l’aiuto Otani. Sono davvero un’imbranata e a volte quando cammino ho la testa altrove e non vedo dove vado”.
Il ragazzo la guarda toccarsi il retro del collo con la mano destra. Inclina la testa e cerca di sorriderle. “Io di solito sono quello che non viene visto mentre cammina” risponde ridacchiando.
Il cellulare di Risa squilla e quando lo prende dalla borsa legge il messaggio e risponde subito. “Tra poco arriva una mia amica. Ci eravamo date appuntamento in piazza e non vedendomi arrivare si è preoccupata” spiega agitando il cellulare.
Attendono l’arrivo di Nobuko in silenzio. Quando la ragazza dai capelli mossi li nota, si precipita subito al fianco di Risa. “Sei sempre la solita, Risa. Non guardi mai dove metti i piedi…” comincia incrociando le braccia e scuotendo la testa. Risa si scusa e si alza. Ora il ginocchio non brucia più. Scende tre gradini e poi si gira verso Otani. “Grazie mille per l’aiuto Otani!” ringrazia e sorride. Il ragazzo risponde con un “non c’è di che” leggermente imbarazzato. Osserva le due allontanarsi e qualche minuto più tardi decide di tornare a casa.
 
Otani odia tremendamente il mese di Aprile, soprattutto le prime settimane. Non si sa mai che tempo farà: un giorno fa freddo, l’altro fa caldo, durante la sera potrebbe piovere e la mattina dopo gli uccelli cinguettano. Peggio di Marzo che è pazzo. Per sua fortuna il sole splende mentre pedala sempre più velocemente sulla sua vecchia bicicletta rossa. Evita una signora anziana che porta a spasso il cane giusto in tempo, svolta l’angolo a sinistra e ghigna notando che alla meta mancano solo duecento metri. È sempre in ritardo e molto probabilmente anche questa volta finirà nella squadra più scarsa. Scende dalla bicicletta al volo, lasciandola appoggiata al muro del palazzo in mattoncini rossi. Oltrepassa il cancello di ferro e alza le mani verso il gruppo di ragazzi seduti al centro del campetto di basket. “Finalmente sei arrivato! Stavamo per iniziare senza di te!” dice Nakao avvicinandosi al suo migliore amico. Battono un cinque e il ragazzo più grande lo avvisa che saranno nella stessa squadra. Si sorridono e si incoraggiano a vicenda.
Le partite del sabato pomeriggio sono sacre per Otani. Non saprebbe davvero come fare senza quelle ore passate a correre dietro il pallone e segnare punti, smarcare e marcare gli avversari, a volte anche cadere e sbucciarsi, prendere storte, vincere, perdere… Otani è sempre felice in quei momenti.
È a metà della seconda partita che si rende conto di avere un pubblico. In realtà sono solo due ragazze, ma quando Nakao si gira per salutare quella più bassa, Otani si gira a guardare e non può che essere sorpreso. Si ferma, lasciando agli altri il compito di togliere la palla a Katashi, e si avvicina alla seconda ragazza. Indossa dei jeans chiari e una maglia rosa con le maniche lunghe bianche. I capelli ricadono sulle spalle e i suoi occhi ancora non lo stanno guardando.
“Guarda guarda chi si vede! Koizumi!” dice Otani quando è a pochi metri dalle due. Risa, sentendo il suo nome si volta e dopo un secondo di stupore gli sorride.
“Otani! Non pensavo fossi qui a giocare… com’è piccolo il mondo” risponde dandogli una pacca sulle spalle. Si prende tutta questa confidenza? Otani le sorride e “Infatti. Vengo qui ogni sabato eppure è la prima volta che ti vedo” dice incrociando le braccia al petto e alzando la testa per guardarla negli occhi.
“In realtà mi ha trascinata Nobu. Sai, quel ragazzo è il suo nuovo fidanzato ed era così emozionata di vedere una delle sue partite di basket, così le faccio compagnia”. Otani punta lo sguardo dove il dito di Risa sta indicando Heikichi. Si gira a guardare Nobu, già agguerrita a fare il tifo, e poi torna sul suo migliore amico. Questo per ben tre volte. Alla fine guarda Risa e “Nakao Heikichi?” chiede per precauzione. Lei annuisce semplicemente. Otani urla e tutti si girano verso di lui. Per non attirare altra attenzione urla agli altri di continuare a giocare e con un “Ci vediamo tra poco” lascia Risa e Nobu.
Tornato sul campo prende il suo migliore amico sotto braccio e sussurra un “Perché non mi avevi detto di esserti fidanzato?”. Nakao lo guarda a lungo prima di rispondere. “Guarda che ti avevo mandato un messaggio ma tu non mi hai più risposto” ammette prima di tornare alla partita. Otani resta in piedi a pensare. Un messaggio? Quando? Pensa sempre più e poi… ah, ora ricorda! Dopo essere tornato a casa qualche sera prima aveva ricevuto un messaggio, l’aveva aperto ma non aveva letto attentamente visto che era troppo stanco. Si schiaccia una mano sulla fronte e urla un “Nakao, hai ragione! Scusami!” gli dice raggiungendolo. Il ragazzo dai capelli castani gli da una pacca sulla schiena e gli mima un “È tutto a posto”.
Finiscono di giocare quando il sole è quasi calato e ognuno si separa per tornare a casa. Restano solo loro quattro. Nobu e Nakao sono appiccicati come sanguisughe, mentre Risa ed Otani li guardano mezzi disgustati.
“Complimenti per la partita, non pensavo fossi così bravo!” si complimenta prima di aggiungere un “Certo che sei proprio basso Otani, non pensavo che un piccoletto come te potesse fare tutti quei punti!”
Il ragazzo le urla un “Come ti permetti! Guarda che qui la spilungona sei tu!” mentre porta la bicicletta a mano. Cominciano a discutere come vecchi amici e quando sentono Nobu ridacchiare indicandoli urlano entrambi un “Cosa c’è?” mezzo scocciato.
“Sembrate proprio una coppietta” spiega la ragazza continuando a ridacchiare.
“Chi noi?” continuano a parlare all’unisono. “Neanche morto” dice Otani e “Io ho standard più alti” continua Risa.
Arrivano fino alla stazione e si separano.
 
Sono passate due settimane da quando i quattro ragazzi hanno iniziato ad uscire insieme. Nakao e Nobu continuano ad essere una coppietta felice e spensierata, lasciando Risa e Otani a litigare per ogni cosa.
Una sera si ritrovano in un ristorante di ramen. Un temporale improvviso li ha colti mentre camminavano per le strade trafficate e hanno deciso di ripararsi lì. Otani osserva le gocce di pioggia cadere lungo il vetro della finestra, seguendo il percorso di qualcuna con il dito. Dall’altro lato del tavolo Nakao lo fissa senza dire una parola. Odia quando Otani diventa meteoropatico, isolandosi da tutto e da tutti.
“Otani…” mormora cercando di attirare la sua attenzione. Il ragazzo non risponde. “Ei, Otani!” riprova allungando una mano nella sua direzione. Solo quando sente le dita calde di Heikichi a contatto con le sue, Otani si riscuote dai suoi pensieri.
“Scusa, ero sovrappensiero” mormora tornando a guardare il suo migliore amico. Quest’ultimo gli sorride comprensivo.
“Dimmi un po’ amico, come va con Koizumi?” chiede dando un sorso alla bibita che ha ordinato. “Con Koizumi? Come dovrebbe andare scusa?” risponde mangiando un pezzo di carne dalla ciotola. “Dai, siete perfetti insieme. Non dirmi che non hai mai pensato a lei…” Otani quasi si strozza e prende lunghi respiri prima di puntare gli occhi su Nakao in un sguardo tra il terrorizzato e il sorpreso. “Non prendermi in giro in questo modo! Non sono proprio in vena amico mio” continua a parlare mentre si gira verso la finestra ed un fulmine illumina il cielo a giorno. Tempo pessimo, umore pessimo.
“Puoi chiedere all'universo tutti i segni che vuoi, ma alla fine vedi solo quello che vuoi vedere, quando sei pronto a vederlo” esordisce Nakao.
Uno sbuffo e Otani si passa una mano sul viso. “A parte che io non chiedo niente a nessuno e non voglio vedere nulla… e poi cosa ti fa pensare che a me interessi una giraffa piatta come lei?” termina alzandosi in piedi.
In quel momento le due ragazze tornano dal bagno e guardano confuse Otani. Risa gli si avvicina e cerca di farlo sedere, ma quando lui alza lo sguardo e i loro occhi si trovano, Otani resta per un attimo immobile. C’è qualcosa di diverso in lei e Otani non vuole tutto questo. Non vuole essere influenzato dalle parole di Nakao… oppure lui ha solo sbloccato tutto? In fondo da un paio di giorni si trova a guardare nella direzione di Risa troppo spesso e quando riceve il suo solito messaggio “Sono a casa e nessun alieno mi ha rapita” si ritrova a sorridere. No, Otani non può essersi innamorato di nuovo. Prende la giacca blu, mormorando un “Scusate ma non mi sento molto bene. Vado a casa” poco convincente e va via. Risa lo segue con lo sguardo mentre il giovane esce dal locale e solo in quel momento si ricorda del temporale. Corre verso la porta ed esce anche lei. Per fortuna che Otani ha le gambe corte oppure lo avrebbe già perso. Lo raggiunge in pochi secondi e lo chiama ad alta voce. Lui non si gira e continua a camminare fino a quando non sente una mano afferrarlo per la manica della giacca.
“Otani! Ti fermi un attimo?” quasi grida Risa. Il ragazzo si ferma e subito non sente la pioggia bagnargli il viso. Un ombrello verde petrolio lo copre. Risa lo mantiene con la mano tremante e si avvicina per non far bagnare entrambi. Otani si gira e continua a guardarla senza dire una parola. Nelle orecchie ha solo il rumore della pioggia e del suo cuore che sembra impazzito.
“Cosa ti è successo prima? Perché sei scappato? Stai bene?” domanda la ragazza con il fiatone per la corsa.
“Nulla” risponde portandosi le mani nelle tasche dei jeans. Puntella il piede a terra e si morde il labbro inferiore. Inizia a sentire caldo nonostante la temperatura sia calata. Risa indietreggia di un passo, lasciando che la pioggia bagni il suo amico. “Spero ora mi dirai cosa succede, oppure ti lascio qui”.
Pugni stretti e testa bassa, Otani lascia che l’acqua lo colpisca. Come spiegarsi? Beh, alla fine non è molto difficile. Una cosa dopo un’altra, basta partire dall’inizio.
“Koizumi…” Risa si avvicina e porta di nuovo Otani sotto l’ombrello. “Quando ci siamo incontrati la prima volta in quel vicolo, ero stato appena lasciato dalla mia ragazza” comincia a spiegare il ragazzo. “Sarebbe meglio dire ex ragazza. Comunque, lei ha trovato un altro ragazzo. Un ragazzo alto, bello e simpatico. Ero davvero innamorato di lei. È stata la prima ragazza importante, siamo stati insieme quasi un anno. Ci tenevo tanto a lei eppure per lei non ero abbastanza. Ed io, beh, io mi sono trovato con una bottiglia di birra e con te che sei caduta” continua grattandosi una guancia.
Risa lo esorta a continuare con un gesto veloce della mano libera.
“Da quando ci siamo visti al campo di basket è scattato qualcosa dentro di me. Non saprei descriverlo con precisione. È come se in quel momento mi sentissi molto più leggero.” Risa cerca di non fare battute stupide dopo quella frase. “Però… da qualche giorno…tu… beh, sei sempre scema ma…” Otani si ferma di nuovo.
“Da qualche giorno mi fissi più spesso?” chiede alla fine lei. Alza leggermente lo sguardo e scopre che Risa ha le guance arrossate e un sorriso dolce. “L’ho notato, sai? Mica sei così bravo a non farti scoprire” la sua voce è leggermente più acuta. “E poi anche io, Otani, ti ho osservato a lungo. Quando sono con te non ho problemi, mi diverto, riesco ad essere la vera Koizumi Risa”. Oh, questa cosa non se l’aspettava.
“Koizumi… cosa stai dicendo?” chiede Otani mentre il respiro si fa pesante. Non fa in tempo a dire altro, perché Risa si abbassa e lo bacia. Un bacio leggero e morbido. L’ombrello cade sul marciapiede e i due ragazzi vengono investiti dalla pioggia.
Si staccano piano, con il fiato corto. Si guardano negli occhi, sorridendo e arrossendo. I cuori battono forte e sembra quasi uscire dai loro petti.
“Anche tu mi piaci Otani” ammette Risa.
“Koizumi…” sussurra prima di baciarla di nuovo prendendole il viso tra le mani. “Mi piaci tanto, Koizumi”.
   
 
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