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Autore: endif    04/04/2009    6 recensioni
"Il buio si fece più buio. Una voragine si spalancò nel mio petto. All’improvviso sentii il dolore, immenso, pulsante, invadermi la testa. «Non c’è più…» mormorai. Chiusi gli occhi e con tutto il fiato che avevo in gola urlai tutta la mia disperazione."
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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- Questa storia fa parte della serie 'Change'
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EDIT: Capitolo revisionato e corretto.




CAP.3

INFINITA … FORZA DI VOLONTA’

Un mese dopo…

BELLA

La sveglia suonò.

La lasciai suonare senza accennare ad un minimo movimento per farla tacere.

Che Charlie pensasse che stavo ancora dormendo era diventata un’abitudine, lo faceva stare bene e faceva sembrare tutto normale.

Oggi io sarei dovuta ritornare a scuola e Charlie a lavoro.

Credo che mi avesse detto di aver preso un mese di ferie arretrate da trascorrere un po’ con me.

Penso che temesse per me, per quello che avrei potuto fare, forse fuggire, commettere qualche sciocchezza …

In realtà se fosse andato a lavorare un mese prima e, poi, tornato solo ora, credo che mi avrebbe trovato nella medesima posizione in cui mi aveva lasciata. A letto, raggomitolata su me stessa in posizione fetale.

La prima settimana dal mio ritrovamento nel bosco la trascorsi chiusa a chiave in camera mia.

Mi rifiutavo di uscire, mangiare, lavarmi …

Dopo un iniziale e goffo tentativo di invitarmi a confidarmi con lui, Charlie aveva rinunciato a bussare alla mia porta.

«Bella, quando vorrai, io ci sarò sempre» disse solo.

Non riuscivo a provare tenerezza per lui, comprensione, affetto …

In realtà, non riuscivo a provare nessun sentimento: rabbia, sofferenza, dolore, mancanza, frustrazione.

Nulla.

La mia mente era sprofondata in una specie di limbo, in una nebbia perenne che mi avvolgeva fitta e mi estraniava dal resto del mondo. Il tempo trascorreva lento. Non sapevo l’ora, non sapevo che giorno fosse. Le tende sempre chiuse, non sapevo se fosse giorno o notte. Passavo da uno stato di veglia ad uno di incoscienza senza averne la minima percezione.

Era trascorso un mese così.

Mi alzai e mi trascinai in bagno. Distrattamente lanciai uno sguardo allo specchio per la prima volta da un mese a quella parte. Avevo il viso stravolto, pallido, gli occhi ancora rossi e gonfi dalle lacrime versate, cerchiati di lividi bluastri. Posai le dita tremanti su quei segni sotto agli occhi, quelle ombre così simili alle sue quando era assetato …

Una lacrima mi bagnò la mano. Strano, avevo ancora lacrime da versare. Silenziose ormai, ma brucianti come scie infuocate. Mi accasciai sulle ginocchia, tremando come una foglia, una mano stretta forte al bordo del lavabo come a un ancora di salvezza.

“Come se non fossi mai esistito.” Ma davvero credeva che l’avrei potuto dimenticare, fosse anche tra un milione di anni? Dimenticare lui, il suo mezzo sorriso, la sua voce dolce e melodiosa? Bastava non vederlo più, non avere più alcun oggetto materiale che potesse farmelo tornare a mente per impedirmi di pensare a lui? Avevo il suo viso, il suo odore marchiati a fuoco nel cuore e nella mente.

Il battito cominciò a galoppare furiosamente, la testa a girarmi vorticosamente, il respiro a farsi sempre più affannoso.

Basta, basta, BASTA! Sarei impazzita, ne ero sicura. Ero in caduta rapida verso l’Inferno e non sapevo se sarei mai stata capace di emergere dal baratro in cui ero sprofondata. Tutto pur di far cessare questo dolore al petto, tutto pur di avere un po’ di sollievo.

Nebbia, oblio, nulla circondatemi, non mi lasciate sola con i miei pensieri …

Respirai profondamente cercando di calmarmi. Se mi impegnavo potevo farcela, potevo far tacere il dolore, potevo scivolare nel mio limbo, nel mio niente, fingere un’apparente tranquillità.

Dovevo farlo, almeno per Charlie. Sarebbe finalmente tornato al lavoro, risparmiando a me le sue occhiate sfuggenti al cibo intatto nel mio piatto, al pallore del mio viso e risparmiando a lui la parte dell’agente segreto mentre origlia alla porta della mia camera, o addirittura cerca delle tracce della regolarità del mio corpo in bagno. Povero Charlie, era disperato, vedevo che non sapeva più cosa fare.

Due respiri, tre …

Lavarsi, vestirsi, scendere in cucina e cercare di buttare giù qualcosa sotto lo sguardo indagatore di mio padre, salutare e filare via come un proiettile.

Potevo farcela.

Mi alzai e aprii il rubinetto.


EDWARD

Il capo tra le ginocchia, me ne stavo rintanato in un angolo buio di una soffitta sporca e maleodorante. Un posto dimenticato da Dio e dagli uomini. Il posto ideale per me.

Le voci nella mia testa parlavano tante lingue, non provavo neppure a cercare di distinguere quelle della mia mente da quelle reali che raggiungevano le mie orecchie. Un unico, indistinto, confuso mormorio sopraffaceva i miei pensieri. Gli odori più disparati dalla strada raggiungevano le mie narici: sudore, unto, cibo andato a male. I miei abiti avevano assorbito lo sporco e la polvere della stanza. Da un mese, ormai, li avevo indosso, ma la cosa non mi turbava minimamente. Pensai alla faccia di Alice se fosse stata qui: sarebbe inorridita come minimo. Al pensiero di mia sorella, un sorriso triste, la prima smorfia che mi permettevo da quando avevo raggiunto quel paesino sconosciuto un mese fa, mi attraversò il viso. Probabilmente Alice mi aveva già visto in una delle sue prime visioni quando avevo deciso di raggiungere Rio.

Da allora niente era cambiato nelle mie decisioni.

Nessuno della mia famiglia aveva cercato di contattarmi, e di questo ero grato. Esme era stata l’unica, oltre ad Alice, ad aver tentato di dissuadermi dai miei propositi. Era stato difficile dirle addio, dire addio a colei che consideravo mia madre a tutti gli effetti … E Carlisle, non aveva pronunciato una parola, si era impedito di formulare qualsiasi tipo di pensiero in mia presenza, ma nei suoi occhi avevo letto il dispiacere e la contrizione. Un po’ si riteneva responsabile per il fatto che una volta di più mi trovavo a lottare contro la mia vera natura, contro tutti i miei istinti più egoistici che mi urlavano di prendere ciò che volevo, anche a scapito della vita della mia amata, con il risultato che in fine mi sarei odiato per non essere riuscito a proteggerla.

Mio amore, mia ossessione, mio tormento … l’incertezza mi dilaniava. Se io mi ero ridotto in questo stato per amore, cosa aveva impedito a lei di perdersi nell’oblio? Chi c’era a prendersene cura, a coprirla la notte nei suoi sogni agitati, a difenderla dalla sua adorata sbadataggine, a cogliere il rossore delle sue guance, a infervorare il suo cuore, ad assaporare la dolcezza delle sue labbra? L’idea di un altro uomo al suo fianco mi era insopportabile almeno quanto la lontananza da lei, ma ero cosciente che si trattava di più di una semplice eventualità. Non appena Bella si fosse sentita pronta non avrebbe dovuto fare altro che guardarsi intorno, scegliere, accettare colui che le avrebbe fatto battere il cuore nuovamente, accogliere l’uomo che io non avrei mai potuto essere.

La mia Bella, tra le braccia di un altro, tra le braccia di un uomo che le avrebbe dato tutto quello che meritava.

La tortura che mi infliggevo con questi pensieri mi ripagava un po’ del dolore che sapevo di averle procurato. Più era intensa la sofferenza che provavo, più efficacemente espiavo la colpa di aver osato a lei apprestarmi, entrare nella sua vita e violare la pace del suo cuore.

Ma, sebbene per poco, Bella era stata solo mia, aveva dato alla mia vita un significato che non avevo il diritto di pretendere.

Era stata il sole nella mia eterna mezzanotte. Mai avrei creduto possibile che il mio cuore tornasse a battere, ma lei era entrata nella mia vita, e niente sarebbe più stato come prima di conoscerla. Per un breve momento mi permisi di vagare con la mente ad altezze che non mi ero mai sognato prima di raggiungere. I ricordi, i nostri ricordi presero il sopravvento, mi sovrastarono: Bella seduta al mio fianco in aula, a mensa, nella mia auto; per mano nella nostra radura; sulle mie spalle di corsa nel bosco, solo per il piacere di stare a contatto l’uno con l’altra; la notte mentre sul suo letto la tenevo stretta e le cantavo la sua ninna nanna …

Chiusi gli occhi per perdermi in quel dolce tormento.

Ah, che scotto avrei dovuto pagare più tardi!

Ma per ora “il naufragar m’è dolce in questo mar …”


ALICE

Alzai gli occhi, cercando di avere uno sguardo tranquillo. Sospirai, affranta.

«Mi dispiace, davvero … Vedrai, domani andrà meglio» dissi, mortificata, con flebile convinzione.

«Alice, tesoro, non cercare di mentirmi. Lo sai che è inutile. Sento chiaramente il tuo stato d’animo.» Tentò di consolarmi Jasper.

Eravamo sul divano della nostra casa di Ithaca, un braccio mi circondava le spalle in un gesto amorevole, il mio capo poggiato sulla sua spalla.

Jasper era stato fantastico. Da quando avevamo lasciato Forks, aveva sopportato il mio malumore crescente senza reagire. Nei momenti più difficili avevo sentito la calma invadermi, ma sempre con discrezione, senza eccessi, senza clamori.

Avevo promesso ad Edward che non avrei sbirciato nel futuro di Bella e con uno sforzo notevole cercavo di rispettare la parola data, anche se farlo mi costava davvero. Ero andata via senza neanche salutarla e non sapevo ora come stava. Era mia amica e non potevo nemmeno esserle vicino per consolarla adesso che stava soffrendo …

Arricciai il naso infastidita. Non guardare nel futuro di Bella non implicava escludere anche Edward. Quando aveva deciso il luogo dove la sua fuga l’avrebbe portato, ero stata colpita da una visione orribile. L’avevo visto rannicchiato sul pavimento di una bettola fatiscente, con gli occhi neri come la pece per la sete ignorata dal troppo tempo, un’espressione tormentata sul volto.

Per non parlare dei suoi abiti, poi!

Mi sembrava impossibile che avrebbe potuto ridursi in quello stato e non osavo pensare alle condizioni in cui avrei potuto vedere Bella …

Mi accorsi di avere lo sguardo di Jasper fisso intensamente sul mio viso. Sussultai e mi riscossi dai miei pensieri tentando di sorridere.

«Alice, che ne dici se andiamo a fare un viaggetto?» disse improvvisamente, sorprendendomi.

Mi concentrai cercando di vedere qualcosa del nostro futuro. Niente.

«E dove, vorresti andare?» mi arresi in fine a chiedere, un po’ seccata.

«Non lo so, non ho ancora deciso di preciso …» e mi sorrise furbescamente.



NOTA DELL'AUTRICE: Ho deciso di eliminare le note alla storia, ma mi dispiace togliere anche le risposte alle vostre recensioni, che ho tanto apprezzato. Al tempo di My new moon non c'era ancora la funzione "rispondi alla recensione", quindi le inserisco qui. Non posso proprio cancellarle *__*

Confusina_94: Sono contenta che ti sia piaciuto, ma forse per sapere la fine è ancora presto!Ciao

Goten: Grazie per il complimento, ma zia Stephie forse non apprezzerebbe …!Ciao

Arnald: Anche a me piacciono molto i pov Edward, e continuerò a scriverli quando possibile … e per quanto riguarda l’altra domanda, il salvatore si farà vivo presto!Ciao

francy79: Come te anche io ho desiderato che Jacob sparisse, ma ho capito che un po’ di sana competizione era funzionale alla storia … ma tranquilla, anche se Jacob ci sarà, nella ff apparirà un po’ diverso che nel libro. Ciao

single93: sono contenta di incontrare il tuo apprezzamento, e armati di pacchetti di fazzoletti perché le lacrime non si fermeranno qui…! Ciao



   
 
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