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Autore: _Teartheheart    12/04/2016    0 recensioni
Adele Bennet, è una ragazza di diciotto anni, 365 giorni prima l'inizio della sua storia, ha subito uno sconvolgente episodio, da quel giorno sente di aver perso tutto, compresa la sua voglia di vivere.
Nella sua scuola dove tutto le ricorda quella catastrofe, compresi i suoi compagni, troverà davanti a sé un ragazzo che l'aiuterà a capire che il dolore non si supera lasciando che esso l'opprima.
Lui può dimostrarglielo, può farlo a causa del suo passato, della perdita dei suoi genitori in un terribile incidente, ma lei capirà tutto ciò? Riuscirà a superare le sue paure?
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dieci, piccoli passi. 
Prologo. 

La sua mano, la tengo stretta alla mia, mi guarda con gli occhi pieni di gioia, orrore per me, un urlo e poi mi sveglio. 
Il mio viso è completamente coperto di sudore, freddo, mi dimeno sul letto cercando di calmarmi, ma non succede immediatamente, solo quando entra mia madre Louise, che mi si side accanto stringendomi a sé, 
mi culla tra le sue mani, senza essere allarmata di come mi aveva trovata, ma come poteva, questo succedeva tutte le notti da un anno, e per lei oramai era normale venire a trovarmi. 
Sentirla accanto, mi fa bene, ma allo stesso tempo mi sento arrabbiata, perché non riesco a far smettere questo dolore? Perché non riesco a fare tutto ciò che avevo programmato per me?  
Il mattino seguente, sono seduta sul bancone della penisola in cucina, mentre mio fratello Eric, di quattro anni, mi saluta con un sorriso, lui lo adoro, non mi fa sentire strana, semplicemente mi prende in giro per i miei ''pianti da bambina'' 
e mi sta bene, è l'unico che non mi vede come qualcosa da curare, da proteggere. 
Mia madre sta cucinando, e fa finta che ciò che è accaduto la sera precedente non si amai esisto, come tutti gli altri episodi nell'ultimo anno, semplicemente per lei sono un caso da curare in silenzio, e potrebbe star bene a chiunque abbia questo problema, ma a me no, perché gli occhi nocciola di mia madre, mi fissano in un modo, 
che mi fanno sentire, piccola, incompresa, distrutta: e lo sono, e questo mi turba. 
«Stavo pensando, so che manca più di un mese a Natale, ma che ne dici se andiamo a fare compere domani? Potremmo montare tutto prima» L'anno scorso avrei saltellato dalla gioia, sarei stata già pronta e sicuramente avrei montato già tutto. 
Ma l'anno scorso è successo quello che è successo proprio nel mio adorato Natale, e sinceramente il mio amore platonico verso questa festa, è svanito, almeno per adesso, almeno per sempre. 
«No!» rispondo secca «Ma tu ami il natale Adele» alzò lo sguardo, fissandomi  e lanciandomi un accusa, ovviamente. 
Mi alzo respirando profondamente «Amavo il natale» dopodiché senza ottenere alcuna risposta da mia mia madre, esco per andare a scuola. 
Tutte le mie amiche nell'ultimo anno le ho perse, si sono tutte allontanate da me, o forse il contrario, ma me ne frego, si è vero mi mancano ma il dolore che ho dentro non sarà mai simile a quello di aver perso loro. 
Cammino tra i corridoi della High school of New York,  ho tutti gli occhi puntati addosso, posso capirlo, sono diversa, vesto in modo diverso, il mio sorriso che un tempo era anche troppo in vista, è svanito, si è eclissato quella notte. 
Guardo la felicità nei volti dei miei coetanei, l'invidio, vedo le loro mani stringersi, i loro corpi cingersi, e mi chiedo se mai riavrò quelle sensazioni indietro. 
«Adele» sento alle mie spalle, qualcuno che mi chiama, mi giro vedendomi davanti un uomo sui venticinque anni, che mi fissa.
È giovane, i suoi occhi sono verdi, il colore dei suoi capelli sono di un nero corvino, il corpo perfetto tant'è che dietro il maglioncino di lana blu vedo la forma perfetta dei muscoli, non troppi ma ci sono, sembrano essere disegnati. 
Ma non è quello che mi colpisce, ma il suo sorriso, ha un sorriso meraviglioso, mostra tutti i suoi denti, lasciando che qualche ruga di espressione aleggi attorno al contorno dei suoi occhi. 
«Tu sei?» domandò, dopo il lievi silenzio che si era creato «Sono il tuo nuovo professore di educazione fisica, pare che il Signor Dudley, sia in malattia, sono il sostituto se così si possa dire, sto cercando di conoscere tutti i miei studenti, e sembrerebbe che tu sia una di queste» 
dice tutto d'un fiato, sicuramente tutte le mie compagne saranno ben felici di ritrovarsi davanti un così affascinante professore di educazione fisica. Il signor Dudley non lo era di certo, il suo corpo non era messo come colui che sto ancora ammirando, il suo viso paffutello, senza capelli, non ritraeva per niente un professore di educazione fisica. 
«Oh scusi, ma non è troppo giovane per essere un professore?» domando io accigliando la fronte, sorride abbassando il capo quasi imbarazzato «Bé, diciamo che serviva un candidato il prima possibile, e che mi sono trovato nel posto giusto al momento giusto» mostro uno dei miei più falsi sorrisi per poi rimanere in silenzio senza aver nient'altro da dire
«Allora ci vediamo tra poco in palestra» finisce lui, lasciandomi li, poi dirigendosi verso gli altri compagni, ovviamente sapeva riconoscere i nostri volti, il signor Dudley gli avrà offerto il suo catalogo, con tutte le facce, si ostinava a tenere un fascicolo con le facce e i nomi di tutti i suoi alunni, per non scordarne nemmeno uno, che uomo. 

In palestra, il nuovo professore ad ogni passo viene elogiato dalla ragazze alle mie spalle, comprese le mie vecchie amiche, come biasimarle, ma se le becca, sai che figuraccia. 
Siamo tutti seduti sulle tribune, il nuovo professore e davanti a noi, con la sua tuta grigia e la canottiera bianca, ci guarda tutti i quanti, prima di iniziare il suo discorso di presentazione. 
«Il mio nome è Josh, datemi del tu, posso essere un vostro amico, per quanto io non starò molto con voi, saranno più o meno due mesi, vi assicuro che non avrete vita facile, non guardate la mia giovane età, quando si parla del mio lavoro, sono molto professionale, detto ciò in pista, inizieremo con una corsa» 
A quelle parole, sento i tono delusi dei miei compagni, lo sono anch'io,  ho smesso anche di andare in palestra, per quanto l'amassi, e onestamente non mi va di farla adesso, così rimango seduta mentre gli altri sono gia in fila indiana pronti a correre uno dietro l'altro. 
Josh, mi guarda mi aspetto una ramanzina, ma ahimè mi lascia li mentre con il fischietto di acciaio che ha attorno al collo, vi soffia dentro facendo si che tutti inizino a correre. 
Forse lo ha capito, ha capito che deve lasciarmi li, nella mia sofferenza e la cosa mi piace. 
Finita la lezione tutti stanno correndo a cambiarsi, esausti dell'ora affrontata, mi alzo pronta ad andare anch'io quando, Josh mi blocca. 
«Adele» mi chiama, come quella mattina, ma con un tono ben diverso, mi volto verso di lui, aspettando che continui «Come ho già detto, sono molto severo sul mio lavoro, non credere che abbia lasciato scorrere la cosa» 
Sospiro guardandolo «Quindi?» domando io, mi fa segno di scendere dalle tribune, lo seguo e quando sono ferma al centro della palestra dice «Fammi trenta flessioni» 
«Cosa? La sua ora è terminata» 
«Dammi del tu, e comunque parlerà con la tua professoressa,  e mi prenderò tutte le colpe, adesso fammi trenta flessioni Adele» okay, ritiro tutto ciò che ho detto in precedenza, che stronzo! 
Per lo più arrivano tutti i miei compagni, che fissano la scena, o eccomi qua, come un fenomeno da baraccone fantastico.
«Voi, tornate in classe, non vi è nessuno spettacolo qui, giustificherò la sua assenza non la vostra, alla prossima lezione» esordisce così, cacciandoli tutti. 
Si saranno sentiti offesi, avrei saltato la lezione, mentre loro avrebbero studiato, avrei preferito essere al loro posto, io rimango in silenzio con le mani incrociate al petto, avrei provato a resistere  ma ovviamente non potevo perché subito dopo l'uscita di tutti gli altri, lui mi guarda ancora «Trenta flessioni» scandisce bene le parole, come se io non lo avessi capito. 
«Non mi sono nemmeno riscaldata» cerco di impietosirlo «Dovevi pensarci prima, adesso inizia» 
Sbuffo, non l'ho convinto, va bene posso farcela, mi metto sul pavimento, mettendo il corpo dritto,  sorreggo il peso del corpo con le mani e i piedi, poi inizio sentendo Josh che conta per me. 
«1,2,3,4,5 ... continua così, stai andando benissimo» sentivo il corpo bruciare, ma continuavo, mi piaceva, non sentivo quella scarica di energia da molto tempo,  quando andavo in palestra mi divertivo,  e quest'emozione che sento, tra  dolore e felicità mi era mancata. 
Dopo le trenta flessioni proseguiamo con gli squat e i pesi «Per essere una che non vuole partecipare alla lezione, sei molto brava» mi dice Josh quando abbiamo finalmente finito, io sono sfinta, ho il fiatone, lo guardo «Stai scherzando?» sorride, poi prende un bigliettino che aveva dentro la tuta grigia, me la porge e sopra vi è scritto '' Josh's workout'' alzo lo sguardo per poterlo vedere meglio. 
«E questo cos'è?» chiedo io, alza le spalle «È la mia palestra, sei davvero brava, hai solo bisogno di allenarti» dopodiché va via. 
 
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Dieci piccoli passi, per amare la mia nuova storia. 
1. Leggete. 
2. Amate i personaggi. 
3. Chiedete. 
4. Viaggiate con la mente. 
5. Capire i personaggi. 

Gli altri cinque al prossimo capitolo. 
   
 
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