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Autore: Kanda_90    12/04/2016    0 recensioni
"La mia stessa esistenza sembrava operare contro di me..."
Diversità e dubbi, in una brevissima one-shot introspettiva su un giovane Clark Kent.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clark Kent
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stamattina sono arrivata ed ho trovato la biblioteca dell'università chiusa, a causa di un incendio. Aggiungete a ciò il fatto che sto riguardando "Smallville" ed ecco cosa ne ottenete.  Buona lettura!

 
Different


La Biblioteca in data odierna resterà chiusa, causa incendio. Ci scusiamo per il disagio.
Lessi e rilessi quelle parole, non senza provare un filo di vergogna e irritazione, sensazioni che servivano solamente a coprire un senso di colpa che ormai era l’unico compagno sincero delle mie giornate. Dovunque andassi, sembrava seguirmi una scia di stranezze e incidenti. Ripensando a quanto mi era accaduto negli anni precedenti, questo in effetti non era poi così terribile, potevo quasi ignorarlo.
D’un tratto, intorno a me iniziai a percepire gli sguardi dubbiosi e infastiditi di altri studenti. Ero davanti a quel cartello da quasi dieci minuti ormai, e non avevo idea di cosa il mio volto stesse trasmettendo. Meglio defilarsi, ed evitare inutili domande. Evitare di farsi notare.
Già, uno scopo all’apparenza così semplice, ma che non ero mai riuscito del tutto ad adempiere. La mia stessa esistenza sembrava operare contro di me, unita agli sforzi di mio padre, naturalmente. No, non colui che mi aveva cresciuto e amato, ma colui che mi aveva messo al mondo e che ora, ad anni luce di distanza, persino dalla sua tomba inaccessibile, riusciva ad influenzarmi. Per un momento aveva avuto la meglio e, sebbene abbia ancora ricordi piuttosto vaghi di quanto accaduto in quel periodo, erano sufficienti a lasciare in me la convinzione che non avrei mai più dovuto permettergli di prendere il controllo. Lui non mi conosceva, non aveva idea di cosa fosse la mia vita, il suo unico scopo era trascinarmi in un destino che non avevo scelto. Non lo volevo. Ma lui pareva non essere d’accordo.
Camminai attraverso i cortili e trovai una panchina libera. Seduto lì, in solitudine, mentre il campus prendeva vita, come ogni mattina, i pensieri si aggrovigliavano in desideri irrealizzabili di normalità. Cos’era poi in fondo la normalità per me? Non potevo certo ambire ad una vita simile a quella dei miei compagni, era improbabile, il mio DNA stesso me lo impediva. E quindi?
Niente. Ormai avrei dovuto sapere che simili pensieri non potevano portarmi altro che dolore, ma no, il mio intrinseco autolesionismo continuava a rimuginarci sopra. Sospirai, ripensando alla biblioteca. Definire semplicemente incendio quanto era successo era ben lontano dalla realtà, ma questo, come al solito, era noto solo a me. Al responsabile. Anche se, ad onor del vero, io ero stato solamente un tramite...
La sera prima mi ero trattenuto sino alla chiusura, sperando di poter finire in tempo una ricerca, sebbene gli obsoleti computer della struttura non fossero esattamente d’accordo con i miei canoni di velocità. A quell’ora l’edificio era praticamente vuoto e, oltre a me, erano rimasti solo un altro paio di studenti e l’addetta al prestito libri. Tutti fortunatamente rivolti verso altre pareti. Era accaduto tutto prima che potessi controllarlo. Un’attimo prima cercavo informazioni su Google, l’attimo dopo i miei occhi avevano iniziato a bruciare, letteralmente. Lampi di calore incontrollati avevano investito il pc, dandogli immediatamente fuoco, e coinvolgendo poi anche le postazioni vicine. Il risultato era affisso sulla cancellata del dipartimento.
Non era stato volontario, o almeno non da parte mia. Ero certo che fosse solo un altro degli avvertimenti di mio padre, uno dei suoi metodi per ricattarmi e costringermi a tornare da lui e, nonostante continuassi a resistere al suo volere, temevo che un giorno avrei potuto cedere. Cosa gli avrebbe impedito di scatenare il mio potere mentre ero in compagnia dei miei amici? Se li avessi feriti, o peggio, non me lo sarei mai potuto perdonare, e lui lo sapeva, conosceva questa mia debolezza.
Sospirando, mi rialzai e lentamente presi la via delle aule. Mi sarei seduto in fondo, come spesso accadeva, rintanato nella mia fortezza di solitudine, cercando di stare lontano da chi avrei potuto ferire. Succedeva così ogni volta, e così sarebbe continuato. Ogni qualvolta acquistavo fiducia in me stesso e riuscivo ad avere una vita quasi normale, mio padre si scatenava, pronto a ricordarmi la mia diversità. E così, in quei momenti, temevo me stesso e quello che avrei potuto fare. E stavo da solo.

 
   
 
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