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Autore: SoDraugluin    12/04/2016    3 recensioni
 
"La distanza era un fuoco lento, tre anni erano parsi infiniti.. Ma il tempo porta risposte, rivela anche ciò che tace."
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Aurora, Filippo, Fosco, Malefica
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nottetempo tutto era sospeso, immerso in un silenzio ossequio. Il vento, su, soffiava un anelito talmente sottile che le fronde degli alberi ne venivano appena sfiorati.

Le acque avevano rallentato il normale flusso, rendendo possibile quasi specchiarvisi dentro. Gli esseri acquatici non si esibivano in abili piroette al chiaro di luna, come erano soliti fare per rigenerare il moto dei ruscelli e dei fiumi.

Nessuno zampillo fugace, nessuno strepitio si sollevava dal sotto bosco.

Gli esseri elementari del regno ne avevano percepito la necessità per colei che ne stava soffrendo in prima persona, rendendosi complici dello stesso dolore come fosse in parte condiviso. Era un preludio di qualcosa che si sarebbe compiuto molto presto. Non possibile da evitare.

Quella notte, una delle più lunghe che Malefica avesse mai sperimentato.

I fili d'erba le solleticavano dolcemente il palmo mentre vi passava sopra le dita in un gesto inconsapevole. Sedeva su di una zolla erbosa, la schiena poggiata al tronco di un albero secolare e lo sguardo era perso oltre le fronde protese al cielo, verso la luna che splendeva pallida e immobile.

Avrebbe tanto desiderato passarle attraverso, ubriacarsi della sua luce. Sfidare le sue ali ad innalzarsi ancor più, oltre il firmamento, tanto da annullarsi completamente in quel nero risucchiante che pareva reclamarla a sé.

Se ciò fosse stato possibile, forse avrebbe cessato di provare. Forse avrebbe smesso di respirare, e forse il suo corpo sarebbe divenuto polvere.

Disintegrato.

Perché non avrebbe dovuto. Non era giusto. Era.. paralizzante. Inspiegabile, ma al tempo stesso fin troppo semplice da comprendere. 

Qualcosa, in lontananza spezzò il filo sconnesso dei sui pensieri. Tese l'orecchio: un quieto batter d'ali che lentamente si avvicinava.

Chiuse gli occhi, indurendo in maniera impercettibile la sua espressione. Non attese a lungo, pochi attimi dopo udì uno sbattacchiare disordinato e il singolo fruscio di foglie smosse.

Malefica agitò appena le dita, mescolando dentro di sé parole e magia. Si udì un breve vorticare e più nulla.

Sollevò le palpebre lentamente. Il silenzio che ingombrava lo spazio che li separava era pesante come un macigno, e Fosco non aveva osato guardarla dal suo arrivo.

"Perché hai atteso così tanto a dirmelo?"

Il tono incolore della fata lo fece rabbrividire, e per un momento ebbe l'urgenza di fare un passo indietro. Non era affatto il timore di essere punito per la sua negligenza, quanto più perché in quel momento si sentì profondamente turbato dalle conseguenze che gli eventi avevano arrecato.

"Mi hai evitato,"

"Mia signora, non.." Fosco ebbe il coraggio di parlare, ma il suo tentativo di giustificare la sua assenza, all'apparenza ingiustificata, si ridusse a poco più di un mormorio.

"Mi hai evitato, per una luna intera" Malefica parlò premendo tra le labbra ogni parola. Si sollevò dal suo giaciglio con un movimento fluido, mantenendo un'estrema compostezza.

Nuovamente, il silenzio gravò su di loro.

Fosco le aveva le sue giustificazioni, ma aveva anche le sue colpe. E adesso che i suoi occhi, un momento prima fissi al terreno, venivano calamitati verso quelli della fata, la sofferenza che vi lesse dentro gli impedì di avanzare oltre con la notizia che aveva da riferirle.

Fu per un tempo molto breve che Malefica gli volse le spalle, celando ogni possibile spiraglio che potesse rivelare la sua fragilità. Anche la sua voce divenne più dura e imperturbabile.

"Se hai qualcosa da dire, fallo." proclamò.

Fosco fissava la sua schiena, ora respirava più lentamente controllando i rintocchi del proprio cuore.

"Ci sarà un matrimonio, molto presto."

Pulito e schietto, senza giri di altre inutili parole. Ma questo non evitò il violento tremore che scosse visibilmente le spalle della fata.

Avrebbe voluto fare di più Fosco. Avrebbe voluto ardentemente estinguere, una volta per tutte, quei mali che la stavano divorando nuovamente.

L'assoluta mancanza d'amore.. pare sia questa la definizione del male. L'oscurità non le appartiene, pensava.

Non più.

"Lo so.." fu la conferma appena accennata.

Non ne fu sorpreso anzi, se lo aspettava a maggior ragione perché sapeva che Malefica non avrebbe potuto trovar pace senza sapere che lei stesse bene. Prima o dopo lo avrebbe saputo.

La distanza era un fuoco lento, tre anni erano parsi infiniti ma Malefica aveva continuato a vegliare su di lei silenziosamente. Fosco aveva assistito la fata allo stesso modo, senza che avesse accennato mai alle motivazioni che spingevano le sue azioni.

Ma il tempo porta risposte, rivela anche ciò che tace e Fosco sapeva esattamente il perché la fata avesse preso le distanze dalla vita di Aurora. La conseguenza di tale comportamento aveva portato la ragazza stessa a costruirsi al palazzo una realtà totalmente sconnessa dalla brughiera.

Fosco ne era stato testimone.

Lui stesso non aveva più avuto modo di parlarle, di sorridere assieme a lei con leggerezza - quando veniva trasformato in umano. Quei momenti, restie dalle complicanze riecheggiavano come un ricordo remoto nella sua memoria.

Però aveva avuto modo di osservarla, appollaiato sopra le mura del castello, attraverso le ampie vetrate o sbirciando oltre il cornicione decorato che affacciava al cortile, dove solo tre giorni addietro aveva assistito alla proposta di matrimonio e allo splendente sorriso della fanciulla che ne era conseguito.

Vi era stato uno scambio di sguardi, un anello al dito e la cruda consapevolezza che, prima o dopo, quel momento sarebbe inevitabilmente giunto.

Il dover necessariamente tenere le distanze, più che un ordine, quella della fata era stata tre anni prima una tacita richiesta, sofferta oltre ogni immaginazione. Fosco non aveva mai chiesto spiegazioni, non si era mai azzardato a contestare quella scelta, e pur sentendo in cuor suo che non sarebbe stato giusto, sapeva che niente avrebbe potuto smuoverla da quelle intenzioni, l'aveva semplicemente assecondata.

Questo sino ad una luna fa, stanco di scorgere solo sconforto nella sua posa pacata. Aveva preso le distanze con la semplice intenzione di riflettere sull'intero quadro degli eventi.

E fino alla notte prima: Aveva agito semplicemente, e naturalmente senza il consenso della sua signora, a costo di lasciarci le penne. Dentro di sé l'impazienza si era agitata senza controllo, a tal punto da oltrepassare la soglia di sopportazione.

Sorvolando nei pressi del regno vicino, quella notte aveva pensato bene di dirigersi alle camere reali. E fu attraverso la grande finestra che dava alla balconata, che i suoi occhi avevano incrociato quelli interdetti di Aurora, dopo tutto quel tempo. Si era pietrificata sul posto, aveva rantolato senza emettere suono. E contro ogni aspettativa, dopo attimi interminabili gli aveva voltato le spalle.

Silenzioso com'era giunto, Fosco aveva fatto lo stesso e aveva preso il volo senza destinazione prestabilita. Il rifiuto della ragazza lo aveva ferito, ma lei era diventata abbastanza grande da poter prendere le sue decisioni, e Fosco aveva ritenuto che in quel momento Aurora avesse fatto una scelta.

"Mia signora," riprese parola, lentamente. Lo sguardo ancora fisso alla sua schiena senza aspettarsi che si voltasse per fronteggiarlo, sapendo di avere la sua totale attenzione. "Sono stato via per una luna intera, è vero. Non era mia intenzione starvi lontana e a maggior ragione non cercavo in maniera più assoluta di evitarvi. Non avrebbe avuto alcun senso se ciò fosse stato così. Nella mia assenza ho continuato a vigilare sulla ragazza come voi mi avevate chiesto di fare, ma.." deglutì, in apprensione. L'agitazione si era impossessato della sua capacità di parola.

Gli occhi della fata saettarono nella sua direzione, e Fosco ancora una volta non riuscì a sopportare il peso di quello sguardo. Chinò il capo, ma nonostante il nodo alla gola concluse senza porre ulteriori freni.

"Ma ho ritenuto opportuno incontrare Aurora."

Tra le miriadi di emozioni che guerreggiarono sul viso di Malefica l'ebbe vinta la furia. Gli occhi si assottigliarono in due lame affilate.

"Tu." ringhiò tra i denti. "Tu lo hai ritenuto opportuno?"

"Io-"

"Quando." lo interruppe, stringendo i pugni in una morsa nel tentativo di controllare la propria voce e di contenere la rabbia che scorreva come un fiume in piena.

Fosco si sentì un miserabile sotto quel tono accusatorio. I suoi propositi vacillarono e in parte si sentì in colpa per aver agito alle sue spalle. Per non aver più tenuto conto dei sentimenti che spingevano le motivazioni della fata, era stato accecato dalla speranza di poter cambiare le cose.

"La scorsa notte.." mormorò, perso il un punto indefinito del terreno.

Malefica sollevò una mano. Fosco se ne accorse.

"Volete colpirmi?" ebbe il coraggio di pronunciare. "Oppure userete la magia per trasformarmi in qualche creatura infelice? Un verme magari? o un verme bicefalo, ancora meglio."

Non accadde nulla. Malefica aveva serrato le labbra in disappunto e anche se l'ira continuava a premere per liberarsi, era riuscita a domarne l'impulso violento. Si era ridotta ad un eco rumoroso nella sua testa.

"Perché hai disobbedito?" gli domandò, accostando il braccio teso al suo fianco.

Fosco sospirò, inghiottendo nel constatare quanto il suo cuore pesasse una tonnellata.

"L'ho fatto per voi" ammise in un sussurro.

Malefica lo scrutò pensierosa, soffermandosi sulle sue mani che tormentava senza indugio.

"Non eri tenuto a farlo."

"Io.. mi dispiace.."

Ci fu un momento sospeso, fino a che la fata non parlò di nuovo.

"Perché.."

Fosco la osservò, trasmettendole la sua perplessità.

"Perché hai agito in questo modo?"

Fu in quell'istante e ne fu abbagliato. Riconobbe quella fragilità dai tratti così umani... Umano a tal punto che fu capace di leggere nel suo cuore, e questo aspetto, se fosse stato in un contesto totalmente opposto e magari più felice, avrebbe potuto strappargli un sorriso. Avrebbe voluto solo il bene per lei.

"Perché sono a conoscenza del vostro sentimento," le rivelò, con estrema franchezza. "So che voi l'amate, come l'oceano ama unirsi al cielo in colori stupefacenti."

Malefica poteva sentire il proprio cuore battere talmente forte da rischiare che le pulsazioni impazzite potessero sfondarle il petto da un momento all'altro.

Nessuno avrebbe dovuto sapere. Nessuno. Men che meno Aurora. Se avesse saputo l'avrebbe guardata con occhi diversi, l'avrebbe odiata, ripudiata. Porre le dovute distanze era parsa la soluzione migliore, poiché mai più avrebbe permesso al suo corpo di avvicinarsi a lei o peggio ancora di sfiorarla anche solo con un dito.

Il ricordo del suo sorriso rieccheggiò nella sua memoria, e il solo pensiero di farle del male le fece rivoltare violentemente lo stomaco.

Si avventò su Fosco, afferrandogli con ferocia il bavero dell'abito. 

"Che cosa hai fatto?!" gli urlò contro, una luce folle che avvelenava lo sguardo smeraldino. 

Magia velenosa, maledetta.

Fosco ne ebbe paura, reagì istintivamente sollevando le braccia in un gesto di resa.

"Non ho fatto nulla!" il che era vero, non aveva avuto la possibilità di parlarle, ma aveva avuto la faccia tosta di rivelarsi a lei, anche se solo per poco. Malefica intensificò la sua stretta, rischiando di soffocarlo. "Nulla che avesse voluto attirare alcun male verso di voi.." ammise senza fiato.

Lo lasciò andare malamente e Fosco perse un momento l'equilibrio, rischiando di ruzzolare con la faccia per terra. Prese un profondo respiro.

"È inutile negare l'evidenza," dichiarò. "Davvero pensavate di poter evitare tutto questo? Fuggire, o ancor peggio far finta che ciò che vi strugge non esista, non servirà a farlo estinguere. Anzi, vi ucciderà lentamente."

Un sorriso tra il divertimento e lo scherno solcò il viso della fata.

"Cosa ne puoi sapere tu, sciocco volatile?"

Fosco strinse le labbra in disappunto, avrebbe tanto voluto rispondere per le rime con il solo scopo di difendere il proprio orgoglio. E lo avrebbe sicuramente fatto, magari contenendo le parole quanto più gli era possibile, se non fosse stato frenato dal suo ennesimo cambio d'umore.

"Non ha nessuna importanza comunque," disse in un mormorio.

"Penso che ne abbia invece," Raddrizzò le spalle "Per voi e per Aurora. Non sapete neanche cosa ne pensa e-"

"Lei non dovrà mai saperlo." Lo interruppe bruscamente, fulminandolo sul posto.

Ma fosco non si fece intimorire dal tono autoritario, e non si dette per vinto.

"Voi le avete praticamente fatto intendere di non essere più gradita!"

"Lei.. Aurora ha fatto la sua parte, pensando bene di non far ritorno."

"State giustificando qualcosa che è privo di importanza, ne siete consapevole?"

Il silenzio che seguì fu molto loquace.

"Molto presto si unirà in matrimonio con il suo futuro sposo," ribadì la fata. "E non avrà più importanza a prescindere."

Senza aggiungere altro Malefica gli dette le spalle e con una spinta prese il volo, divenendo presto un puntino scuro il lontananza.

Fosco non aveva più saputo ribattere. Pensò alle sue attuali fattezze da umano, e si guardò le mani.

Poteva sopportare di non possedere le sue ali, almeno per un pò.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Avvertì umido sui suoi zigomi, gli occhi bruciavano. La mente non le dava pace. Serrò le palpebre, con la speranza che si fermasse tutto.

Ovviamente questo servì solo a soffocarla ulteriormente, triplicando le sue frustrazioni ed accrescendo i piagnistei irrequieti dei suoi pensieri.

Come poteva la sua mente e il suo cuore desiderare corpo e anima? Come poteva permettersi che il puro affetto verso la giovane fanciulla che era stata, tramutasse in infimo, osceno amore verso la meravigliosa donna che era adesso? Amore... Desiderio. Le sue brame, guidate dai suoi occhi si cibavano di tutto ciò che la componeva.

Uno scenario mistico e magnifico..

Fu un miracolo celeste, sin dalla prima volta cui aveva posato lo sguardo alla culla, dinnanzi al Re suo carnefice, aveva dimenticato per quel breve momento il torto subbito e tutti quanti i suoi propositi.

Già all'ora in cuor suo sapeva di star mutando nuovamente, ma mai si sarebbe aspettata l'impensabile.

Nascosta ed immobile tra barriere di vegetazione, l'aveva osservata fisso. Ed era accresciuto dentro di lei un senso di avventura e di scoperta verso la creatura che era Aurora. Imperturbabile come una statua, senza vocale e senza sorriso, Malefica si era nascosta dietro ogni pilastro, faraona del silenzio. E l'aveva osservata, l'aveva osservata tanto. E aveva imparato da ogni suo gesto e stupore a conoscere quello che lei era, dentro e fuori.

Le aveva insegnato a vedere di nuovo le cose attorno, la sua luce accecante aveva scacciato quelle tenebre che avevano corrotto la sua mente e il suo cuore.

Le aveva ridato quel senso del respirare.

Con le sue esili dita poi aveva sfiorato delicatamente l'involucro ghiacciato che l'aveva avvolta interamente, mutando in un istante la vendetta sanguinolenta in profondo turbamento. Quando aveva posato le sue manine sul suo viso, e per la prima volta aveva potuto osservare quella sua vivace curiosità così da vicino, subito le aveva allungate alle sue corna avvolgendole saldamente tra le sue risa dolcissime. Malefica aveva provato stupore e immediato smarrimento, ma al contempo un'immensa sensazione di tepore e rinascita l'avevano pervasa nell'incoscienza di ciò che Aurora sarebbe divenuta per lei in futuro. Così indispensabile.

Tutto d'un tratto farle del male era divenuto un pensiero da non sfiorare nemmeno lontanamente.

Almeno fino a quando l'incantesimo del sonno eterno non aveva compiuto il suo corso, inevitabile come la morte, colpendola al suo sedicesimo compleanno.

Se solo avesse saputo a cosa sarebbero andate incontro, a cosa Malefica andava a scontrarsi rovinosamente. Lei che, triste vittima di un amore infame perseverava con l'andare avanti nella sua convinzione, nutrendo sfiducia e scontento nei riguardi dell'amore stesso.

Però Aurora aveva trovato quel giovane come lei, ed egli aveva trovato Aurora come fossero stati prescritti, e insieme avevano sancito la promessa di rivedersi molto presto.

Disperata nel trovare una qualunque soluzione al maleficio Malefica ci aveva pensato, aveva pensato molto. E anche se restia e dubbiosa, giunto alle porte il funesto destino, determinata aveva voluto condurre il principe al castello con la rinnovata speranza di poterla salvare. Nella camera reale nascosta assieme a Fosco, altrove non aveva posato lo sguardo quando il giovane principe si era avvicinato in prossimità delle sue labbra, richiamando in un sussurro il suo dolce nome.

Erano stati attimi sospesi nell'aspettativa e nel respiro soffocante.

Ma gli occhi più non avevano guardato tanto si era presentato vuoto e futile quello scenario. Era stato con orrore che anche l'ultimo barlume di speranza le si era spento nella coscienza avvilita, applaudendo di scherno all'insensatezza dei miti che tanto cantavano il vero amore.

Incatenata fianco a fianco al suo dolore, nello sconforto aveva mosso i passi verso la sua figura dormiente e bellissima e aveva desiderato salutarla un'ultima volta.. in quel frangente non aveva avuto neanche il coraggio di chiedere il suo perdono, poiché non ne era stata affatto meritevole. Però quando le aveva posato quel bacio sulla pelle candida della fronte, era accaduto il miracolo. Era stata denudata interamente appena aveva scorto quegli occhi schiudersi nei suoi carichi di pianto, e quel sorriso bianchissimo illuminarla tutta di vita nuova. Il suo nome pronunciato da quelle labbra era stato un richiamo dolcissimo che l'aveva colpita nel profondo.

L'eco persistente di quel ricordo attraversò la sua schiena in una scarica bollente di elettricità.

La sua gola vibrò di furia appena si rese consapevole di ciò che il suo corpo stava richiamando così disperatamente. E come se questo non bastasse il suo cuore bruciava di gelosia al pensiero che molto presto si sarebbe legata a qualcun altro. Essere schiava di tali emozioni era sbagliato oltre ogni immaginazione, urlava nella propria testa. Se Aurora avesse saputo, avrebbe provato ribrezzo per lei.

La brughiera si stagliava velocissima sotto di sé mentre cavalcava il vento con ferocia.

Un tempo era arrivata a odiare oltremodo il genere umano, rivelatosi così dannatamente stupido e contraddittorio. Così debole ed egoista, capace di spingersi a compiere atti immondi pur di compiacere i propri bisogni. Aveva patito il lato negativo di esso, aveva imparato ad odiare per questo. E la conseguenza era stata che non poteva ritenersi migliore o diversa da tutti loro, stupida e contraddittoria. Debole, con il proprio egoismo e i propri bisogni.

Non avrebbe mai pensato che specchiandosi avrebbe scorto l'immagine riflessa di tutti coloro per cui lei stessa aveva nutrito così tanta avversione. Si era scoperta capace di pagare i torti subbiti con la stessa moneta, e non era certamente un atteggiamento da stimare.

L'oscurità era difficile da sradicare quando la si vuole conoscere la prima volta e la si accarezza con premura.

A quel tempo non capiva che odiare altri costituiva odiare lati di sé stessi che non vogliono essere concepiti. Ma lentamente lo aveva compreso, ed era cambiata. Di nuovo.

Il destino le aveva fatto il dono più grande, aveva potuto amare Aurora come meritava di essere amata.

Ma a quanto pare nulla è per nulla, il prezzo da pagare ci sarebbe sempre stato. Stava provando sulla sua pelle lo strazio della mancanza, dell'incompletezza. Aveva imparato a conoscere i lati crudi di quell'amore.

E quel suo amore era sbagliato, e probabilmente era proprio questo il prezzo da scontare, non solo per il male che aveva arrecato in passato ma anche per un sentimento che aveva preso una piega totalmente inopinata.

Separarsi da lei e non poterle stare vicino, non poterla amare come avrebbe dovuto..

Lasciarla andare tra le braccia di qualcun altro.

Questo era giusto.

Malefica non avrebbe avuto il suo lieto fine, ma Aurora avrebbe potuto averlo con Filippo.

Sarebbe stata felice con lui, avrebbe continuato a regnare nel giusto, avrebbe trascorso un'esistenza serena e pacifica, con suo marito e i suoi meravigliosi bambini.

Una vita che Malefica non avrebbe mai potuto darle. Lei non poteva offrirle nulla di tutto questo.

Estese le ali ai suoi lati, manovrandole agilmente affinché potesse diminuire la velocità vertiginosa.

Le lacrime continuavano a pizzicare agli angoli dei suoi occhi. Bruciavano. Le bruciava tutto, e non era altro che inverno nel suo cuore.

Mai, come quella notte, aveva permesso che una simile moltitudine di emozioni la travolgessero così violentemente. Si sentiva nuda, e tremava dal gelo proprio come se addosso non avesse avuto altro che la propria pelle.

Se qualcuno l'avesse vista in quello stato, non osava immaginare la propria reazione a quel punto. Indossare un atteggiamento impassibile, era fondamentale tanto quanto respirare.

Il fatto che Fosco avesse letto tra le righe e avesse scoperto ciò che tentava di nascondere persino a se stessa, per lei era inconcepibile. Ma lo era stato ancor più aver constatato con quale semplicità ne aveva fatto parola, come se fosse una cosa naturale e, in maniera più assoluta, la cosa più bella che potesse capitare in terra. Come poteva anche solo pensarlo?

Doveva riprendere il controllo. Doveva.

Con una spinta repentina virò verso l'alto, incontrando a piena vista l'immensità della notte. Si innalzò fino a quando non ebbe la necessità di rallentare.

Avrebbe davvero voluto potersi sollevare all'infinito.

Gonfiò il petto, respirando a lungo e a pieni polmoni. In quel momento i suoi sensi saggiarono più attenti l'elettricità che gradualmente stava aumentando nell'aria. Volse lo sguardo alla fascia alpestre che stagliava non molto lontano, oltre la coltre fitta e fumosa.

Molto presto il vento del nord avrebbe soffiato più poderoso, trasportando con sé nuvole cariche di pioggia e gelo.

La stagione autunnale stava volgendo al termine e anch'esso come ogni stagione, ancora una volta, avrebbe custodito e portato con sé momenti trascorsi, ricordi felici e meno felici. Fino al suo ritorno, e ogni volta si era un pò cambiati nel tempo.

Sospesa a mezz'aria, il mondo sottostante pareva cristallizzato nel silenzio. Un antico regno di immutabile bellezza. Malefica avrebbe dato la vita pur di proteggerne i segreti e le memorie.

Probabilmente una delle cose dell'essere umano che ancora sfuggiva alla logica era la sconsideratezza che spingeva gran parte di loro a distruggere il naturale ciclo della vita, erroneamente anche loro luogo d'origine.

D'un tratto quei pensieri smisero di scorrere. La sua attenzione venne calamitata in lontananza, verso sud dove risiedeva il cuore della brughiera. La vide pulsare di vita nuova, i colori si accendevano, più intensi.

Quel silenzio denso parve frantumarsi come cristallo nell'istante in cui entra in collisione con una superficie dura. Versi e suoni cominciavano a sollevarsi da ogni dove come un sollecito passaparola, giungendo fino a lei che mosse le labbra in sorpresa.

Stava accadendo qualcosa.

Senza attendere oltre spalancò le ali e con un affondo si lanciò in picchiata pronta ad intervenire al minimo accenno di pericolo. Man mano che perdeva quota il brusio aumentava d'intensità, e la sua sorpresa anche quando comprese che non vi erano segni di preoccupazione o avventimento in quel baccano: L'intero regno era in festa, l'aria era leggera come non lo era stata da tempo. Si respirava pura gioia, e per un momento persino il suo corpo venne attratto da quel calore avvolgente. Ma lei non avrebbe dovuto festeggiare.

Malefica ebbe un pallido indizio di cosa tutto questo volesse significare, ma non volle concepirlo. Preferiva non verificare, doveva allontanarsi al più presto.

Senza che lo volesse però, altre lacrime sfuggirono alle sue palpebre chiuse e, senza che potesse fermare i propri desideri, richiamò alla mente il suo viso, il sorriso bianchissimo di Aurora e i suoi occhi, profondi e luminosi come l'oceano.

Non poteva e non voleva starle lontana.

Il desiderio di rivederla fu più forte di qualunque freno.

Le sue ali aumentarono l'intensità del volo, percorrendo l'ultimo tratto che distanziava dalla meta. Sapeva dove trovarla, la sentiva vicina, lì dove il brusio era più frequente.

Poco dopo giunse presso il fianco della collina, vicino al luogo dove il trono intrecciato, che aveva segnato l'inizio della guerra contro colui che un tempo era stato il suo amato, ne custodiva l'eco delle memorie. Lo stesso luogo dove, all'età di quattordici anni, Aurora le aveva parlato per la prima volta senza temere di lei.

Sorvolò una macchia spoglia e vi atterrò all'interno, senza emettere il minimo fiato. Asciugò le sue lacrime e mosse i passi davanti a sé, lentamente. La boscaglia era fitta, un ottimo modo per nascondersi. Ma la barriera di vegetazione non impedì al suo udito di sentirla ridere e parlare, senza comprendere bene cosa stesse dicendo. Era ancora troppo distante.

Continuò ad avanzare, con il cuore in gola e un tumulto nel petto. Dopo tutto quel tempo aveva deciso di far ritorno, pensava.

Probabilmente portava la notizia delle sue nozze, l'invito cortese di un regno per far omaggio a un altro regno. O magar Aurora la riteneva ancora e nonostante tutto la sua fata Madrina, e sarebbe stato esteso solo a lei e a Fosco. Almeno così credeva.

Ma giungere da loro a quell'ora tarda della notte..

Le mancò il respiro appena la vide. Scorgere il suo volto così da vicino, dopo tre anni in cui aveva potuto ammirarlo solo da lontano, era stata una sorpresa. Poté osservare meglio come il tempo aveva mutato in una giovane donna i suoi lineamenti da fanciulla.

Il passo si interruppe, rimase immobile e assorta.

Quella freschezza nelle sue risa dolcissime, quei suoi occhi così vispi, come quelli di una bambina che vede le cose per la prima volta. Alcune caratteristiche non erano cambiate affatto.

I capelli color del grano erano sciolti e ordinati, ricadevano in morbide onde sulle sue spalle. Indossava un vestito semplice, nulla di sfarzoso, e una mantella da viaggio di un rosso acceso.

Era talmente rapita da quella visione che non ebbe conto di tutto il resto. Vide la giovane agitarsi irrequieta, il sorriso si spegneva lentamente per lasciare spazio a un'espressione smarrita.

Si ridestò violentemente da quel sogno ad occhi aperti, e quando la realtà ritornò prepotente si rese conto di aver attirato l'attenzione su di sé. La leggerezza di quel momento si ruppe come un incantesimo. Avevano percepito la sua presenza.

Nell'immobilità dei presenti, un mephit dell'aria dalle fattezze minute e dal naso adunco cominciò a volteggiare attorno alla ragazza, soffermandosi infine all'altezza dei suoi occhi. Dopo un attimo sospeso entro cui vi fu un muto scambio di sguardi, allungò un braccio carezzandole brevemente la pelle dello zigomo, mentre un sorrisino scintillante privo di malignità spuntava sul viso aguzzo.

Si udì un docile stridio, le sussurrava qualcosa.

Aurora non poteva comprendere cosa la creaturina stesse cercando di dirle, ciò nonostante un piccolo sorriso increspò le labbra della giovane mentre in un mormorio appena accennato lo ringraziava di cuore.

Il mephit retrocedette di poco, allargando le esili braccia e abbassando il capo in un solerte inchino.

Una dopo l'altra ogni creatura attorno compì lo stesso gesto, si inchinarono alla loro amica e Regina, mentre Aurora ringraziava ricambiando tutti loro alla medesima maniera.

Si congedarono in religioso silenzio, svanendo presto tra le luci policromi della vegetazione.

Malefica aveva osservato quello scenario incantata, sopraffatta dalla bellezza che la giovane donna trasmetteva anche solo attraverso i suoi gesti. Così semplici all'apparenza, ma che rivelavano molto della sua bontà di cuore. Non avrebbe mai smesso di rimanere meravigliata da lei, pur conoscendola era una continua scoperta.

Aurora era rimasta immobile, l'ombra di un sorriso sul volto e lo sguardo perso in un punto indefinito tra la boscaglia. Ma un momento dopo una nube oscurò l'azzurro intenso dei suoi occhi. Malefica vi lesse dentro turbamento e sofferenza, stati d'animo che non avrebbe mai più voluto veder emergere su quel volto.

Avvertì un brivido di puro terrore lungo la schiena. Si rese conto di aver commesso un errore stando lì.

Le sue paure, quelle che avevano radici più profonde, erano riaffiorate come non mai senza un lasciapassare, ed esse avevano tutte il volto sorridente di Aurora che mutava mortalmente un istante dopo. Poté udire distintamente quei demoni neri che soggiornavano nella sua testa e tra le pieghe stantie del suo cuore farsi beffe di lei, ridendo come un branco di iene compiaciute.

Stava continuando a perseverare, ripetevano schiamazzando di gusto.

Le stava facendo ancora del male, non mancavano di puntualizzare.

Vergognati.

Ti odia.

Sentimenti osceni.

Lei non ti accetterà mai.

Vergogna!

Malefica temette di impazzire completamente da un momento all'altro.

Si prese la testa tra le mani, stringendo convulsa. La baraonda frastornante che tempestava dentro di lei le procurò non solo dolore mentale, ma persino fisico. Singhiozzò rumorosamente, prima che potesse riuscire a frenarsi.

Doveva andar via subito. Doveva.

Ma prima che potesse anche solo pensare di retrocedere per fuggire il più lontano possibile, Aurora le parlò, docilmente, e in un lampo tutto il resto le sembrò remoto e ovattato.

"So che sei qui," pronunciò la ragazza in un flebile mormorio. Lo sguardo vagava tutt'intorno, soffermandosi su arbusti e rocce o ispezionando gli spiragli dei cespugli nella speranza di scorgere la linea fine dei suoi occhi. La sensazione di sentirsi osservata, Aurora poteva giurare sul fatto che la fata non l'avesse persa di vista un istante.

"Io.. ammetto di essermi smarrita più volte prima di giungere qui.." ammise timidamente. Il suo sguardo si ancorò al terreno, sentendosi smarrita per un momento. Avvertiva quella familiarità che le era mancata come l'ossigeno e che le era stata negata troppo a lungo, ma al tempo stesso una parte di lei si scopriva essere estranea e timorosa al cospetto della fata.

Della brughiera ne aveva dimenticato l'odore particolare e intenso, ma nella lontananza era sempre stata capace di descriverne le composizioni e la forma attraverso parole sublimi. Ogni qualvolta che ne aveva sentito il bisogno impellente, aveva permesso a quella piccola debolezza di trascinarla nei ricordi felici di un passato troppo remoto. L'immagine di essa era stata impressa a fuoco nella sua mente, anche se aveva avuto quei momenti entro cui aveva provato più e più volte a scacciarla dalla memoria, convinta di poter ricominciare la sua vita da capo. Come aprire la prima pagina di un nuovo libro e stilare sulla carta quel 'C'era una volta..' sino a terminare l'ultima pagina con 'E tutti vissero per sempre felici e contenti.'.

Non era servito a nulla sperare che un simile proposito potesse anche lontanamente bastare. E ancora peggio, non era affatto così semplice.

Si portò una mano al petto, il cuore batteva fortissimo contro il palmo.

"Non ero certa di trovarti.. E pensavo seriamente che avrei finito per vagare invano," Liberò un sospiro colmo di tensione. Era difficile parlarle. Estremamente difficile. Aveva quella costante vocina che le ronzava attorno, la quale aveva il potere di accrescere oltremodo la sua insicurezza.

Il pensiero che non fosse affatto desiderata dalla fata, la tormentava come il peggiore degli incubi.

Era come ritrovarsi a pochi passi dalla sua figura immobile, e non poterla mai raggiungere. Tutte le volte che affermava la convinzione di poterla toccare si allontanava ancora, veniva trascinata nell’ombra da una tremenda forza invisibile. Continuando a correre, seguitando a chiamare il suo nome e sentendo la propria stessa voce frammentarsi in una moltitudine di eco.

Vi era un baratro nel mezzo, che la separava da lei. Lo sentiva, la feriva. E non aveva la ben che minima idea di cosa tutto questo potesse significare.

Era stata Malefica a sparire letteralmente dalla sua vita, senza motivo apparente. Da un giorno all'altro. E Aurora aveva tentato a lungo, invano, di capacitarsene, di rincorrerla, di inseguire risposte che non erano mai arrivate.

Era finita a vagare solitaria, per molto tempo.

Quel che aveva lasciato la sua assenza, quel senso straziante di abbandono, quel vuoto incolmabile.. Sul suo cammino aveva trovato solo spessi muri ad attenderla, uno dietro l'altro. Si era data per vinta e non aveva più fatto ritorno, sapendo però che una parte di lei aveva piantato le sue radici in quella terra.

"Malefica.. te ne prego, rivelati"

La fata trasalì al sentire il proprio nome pronunciato con tanta urgenza. Si aggrappò al tronco di un albero, conficcando le unghie nella ruvida corteccia in un gesto sconsiderato. Le sue gambe stavano per cedere, la sua volontà era annullata completamente.

Nuovamente, si trovava bloccata nella sua stessa paura. Ma non poteva rimanere lì per sempre, prima o dopo avrebbe dovuto fare qualcosa. Però non sapeva esattamente cosa.

Non poteva rivelarsi ad Aurora ridotta in quello stato pietoso, era da escludere. Ma non avrebbe dovuto rivelarsi a lei a prescindere da tutto. Non poteva, ed entrambe non ne sarebbero uscite indenni.

Le avrebbe fatto del male, continuava a ripetersi fino allo sfinimento, lo sentiva, e non avrebbe saputo evitarlo.

Quei demoni le suggerivano che Aurora non si sarebbe fermata al comunicarle le nozze imminenti, avrebbe chiesto spiegazioni sul perché fosse sparita così, di punto in bianco. Avrebbe posto quelle domande lecite alla quale Malefica non sarebbe mai stata pronta a rispondere.

Fuggire, le incalzavano quei demoni, era la cosa che aveva imparato a fare meglio.

Doveva andarsene.

E quella volontà ebbe la meglio.

Spinta da una forza più grande di lei, l'innata discrezione che la caratterizzava andò bellamente a farsi benedire. Senza che avesse pieno controllo dei suoi gesti, nell'atto di voltarsi smosse erroneamente il fogliame che si prostrava ai suoi piedi rivelando così la sua posizione.

In quel mentre, la ragazza ebbe la prontezza di un cerbiatto. Nel silenzio che si estendeva tutt'intorno, quel rumore attirò la sua totale attenzione.

"Malefica?" la chiamò interrogativa, con il cuore in gola, mentre si avvicinava in prossimità del punto in cui aveva udito quel movimento di foglie. Ve ne furono altri, impercettibili rumori che si facevano via via più distanti.

Ebbe un moto di urgenza mentre spalancava gli occhi in rivelazione.

"Aspetta," il suo respiro accelerò. Rimase come pietrificata per degli istanti che parvero infiniti.

Stava fuggendo nuovamente da lei, urlava la sua mente.

 No.

Afferrò la gonna della veste con entrambe le mani e compì un balzo oltre il fitto fogliame, senza curarsi minimamente dei rami che avrebbero potuto strapparle l'abito o ferire la sua pelle.

La intravide, distante, di spalle.

Troppo distante.

Stava fuggendo.

No.

Non le avrebbe permesso di fuggire ancora da lei.

"Malefica, aspetta!" le urlò a perdifiato.

Non era mai stata brava a correre anzi, era sempre stata una delle sue pecche a causa della sua goffagine. Inciampava ripetutamente nei suoi stessi piedi oltre ad incontrare ostacoli dappertutto.

La ricca vegetazione ingombrava la sua corsa, l'abito cominciava a pesarle una tonnellata. Di riflesso slacciò il fiocco della sua mantella, fino a che questa, libera dalle costrizioni, non volò via col vento rovinando un momento dopo sul terreno.

"Malefica," singhiozzò "Ti prego!"

Era troppo distante, pensò terrorizzata.

Quel punto della brughiera era ricco di latifogli bassi e dalla chioma molto fitta, ma appena avrebbe trovato uno spiraglio libero Malefica avrebbe potuto prendere il volo, e a quel punto lei non avrebbe avuto i mezzi per poterla raggiungere.

Non aveva più la dimestichezza di correre a quel modo. Aveva perso la capacità di farlo, essendo vissuta negli ultimi tre anni tra le mura del castello, impegnata a condurre il proprio regno tra pile enormi di pratiche burocratiche. Ma a maggior ragione, le magre notti passate a rigirarsi tra le lenzuola le avevano impedito di acquisire forze necessarie, e questo non aiutava di certo a compiere un simile sforzo.

Il suo corpo ne stava risentendo brutalmente gli effetti. Cominciava ad avvertire un dolore lancinante alle gambe, al petto, alla testa. Non riuscì ad evitare un ramo aguzzo che le tagliò di netto la tenera pelle di una guancia, un rivolo di sangue cominciò a sgorgare.

I suoi occhi piangevano lacrime copiose.

L'avrebbe persa.

"Ti prego..!" arrancò sopraffatta.

"Non.. Non andartene di nuovo.."

Il respiro le venne a mancare, il cuore era stretto in una morsa soffocante battendo ferocemente contro la gabbia toracica.

La vide sollevarsi in un balzo.

L'aveva persa.

Vide nero, non ebbe più la forza di reggersi in piedi.

"Resta con me.." pronunciò con l'ultimo filo di coscienza, prima di cadere al suolo esausta.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Per molto tempo Aurora aveva pianto, giorno e notte.

Nell'ombra, senza fare rumore.

Aveva saggiato la sensazione di trovarsi isolata in mezzo a una folla che l'acclamava e l'amava incondizionatamente, e non sentire il proprio cuore battere.

Aveva sperimentato l'apatia, fissando immobile la propria immagine riflessa in uno specchio e non riconoscendosi minimamente. Lo aveva fatto spesso, nella totale indolenza.

Aveva fissato lo sguardo al di là dello specchio e aveva comunicato con la sua copia spettrale, sporcata da lacrime amare e rafferme, cercando di interpretarla e darle vita. 

Le aveva domandato spesso il perché fosse finita così. Neanche quella aveva saputo darle delle risposte.

Era divenuto come un rituale, giorno dopo giorno, nella segretezza della propria dimora, porre quell'unica, cruciale domanda.

La sua copia le aveva sempre boccheggiato senza emettere un suono.

Ma una cosa sapeva. Sapeva che la causa era stata lei.

Ma.. perché?

Aveva provato disgusto.

Perché era finita così?

Rabbia.

Perché.

Odio.

Aveva finito per odiarla e amarla al tempo stesso. Si era detta che sì, avrebbe dovuto dimenticarla. Dimenticare lei, la brughiera, il popolo che vi si annidava. Dimenticare tutto ciò che potesse riguardarla. Perché in fondo era la conseguenza di ciò che Malefica avrebbe voluto, no?

Aveva smesso di porre quell'unica, cruciale domanda al proprio riflesso.

Si era legata a Filippo.

Lo aveva accolto nella sua quotidianità, acconsentendo di condividere assieme a lui il proprio tempo al castello.

Lo aveva conosciuto per come era, un giovane semplice, dolce e di leali intenzioni. 

Con il tempo, lui si era rivelato essere la sua unica ancora alla quale aggrapparsi, l'unica certezza in un mare sconfinato di incertezze. Lo aveva accettato, commossa dalla sua gentilezza, e aveva accettato di sposarlo.

Si era trovata a suo agio, aveva ricominciato a sorridere di giorno grazie alla sua cordiale compagnia.

Ma l'oscurità della notte era stata il fulcro della dannazione. Sin dal principio.

Ogni singolo giorno, si era svegliata da incubi che non avevano né capo né coda, tormentandola e incolpandola di qualcosa che aveva fatto o che non aveva fatto. L'avevano resa debole. Quando tornava cosciente, tra le pieghe delle proprie lenzuola, il suo volto era sempre stato rigato da lacrime salate, lacrime che l'avevano accompagnata fino alla sera in cui tutto cambiò.

Pensando che fosse solo un sogno, diverso dai suoi soliti incubi, aveva visto un corvo al di là del vetro della finestra. Lei era in piedi, gli occhi spalancati e un macigno pesantissimo nel petto.

Un corvo.

Un corvo che l'aveva osservata direttamente negli occhi con quei suoi globi liquidi e nerissimi.

Non un corvo qualunque, aveva pensato turbata.

Fosco.

Non poteva essere.

Un groppo alla gola le aveva bloccato il respiro, aveva cominciato a boccheggiare senza che uscisse un suono dalle sue labbra.

Immediatamente tutti i suoi incubi l'avevano assalita con una ferocia inaudita. Altre domande avevano assillato la sua mente.

La fata voleva dimostrare qualcosa?

Perché?

Stava sognando? Che fosse stato l'ennesimo scherzo di uno dei suoi incubi?

Si era persino morsa la lingua per poter verificare, affermando che sì, il dolore immediato che aveva provato era stato reale e non frutto di una fantasia.

Perché Fosco era lì?

Dopo tutto quel tempo.

Perché.

Ne era stata terrorizzata. E al tempo stesso delusa e arrabbiata.

Le lacrime avevano pizzicato per uscire, e non aveva avuto intenzione di cedere a quella debolezza dinnanzi a quegli occhietti vispi e penetranti.

Gli aveva voltato le spalle, incapace di sostenere un simile peso. Perché era stata consapevole della propria debolezza, spaventata a morte di poter essere ferita ancora.

Quando poi aveva provato un sentore immediato di urgenza e il suo sguardo era tornato al margine della finestra, era rimasta a fissare il vuoto per un tempo a lei sconosciuto.

I dubbi di Aurora erano come ombre che vagavano alla cieca in un immenso e intricato labirinto.

Per troppo tempo Aurora aveva pianto.

Nell'ombra, senza fare rumore.

 

Perdonami..

 

Le sue palpebre chiuse tremavano impercettibilmente mentre lentamente riprendeva coscienza di sé. Le ombre si apprestavano a schiarirsi, una luce tenue cominciò a stimolare dolcemente la sua vista. Avvertì una sensazione di tepore come fosse avvolta in un abbraccio, mentre il suo corpo era adagiamente disteso su di una superficie morbida.

Aurora socchiuse gli occhi, muovendo un momento dopo la testa di lato, verso l'unica fonte di luce che illuminava parzialmente l'ambiente.

Una candela.

Con i sensi ancora intorpiditi, la ragazza rimase come ipnotizzata dalla calda e traballante luce della sua fiammella per dei lunghi istanti. Dopodiché, spalancò gli occhi come fosse stata trapassata da un'immediata scarica elettrica.

Ormai ricettiva e incredibilmente riposata, si sollevò di schiena e le bastò una rapida occhiata tutt'intorno perché potesse individuare il luogo entro cui si trovava.

La sua vecchia stanza.

Dove il tempo pareva assere entrato appena in punta di piedi, notava con meraviglia crescente. Vi era appena un sottile strato di polvere che imbiancava le superfici, ma ogni singolo particolare era rimasto immutato proprio come lei ricordava. Come se il tempo, invece di scalfire con il suo passaggio, si fosse premurato di averne cura.

Saggiò la morbidezza delle lenzuola con una mano mentre uno dopo l'altro, i ricordi di un tempo riaffioravano alla sua mente.

Aveva vissuto i primi quindici anni della propria vita in quell'umile capanno, assieme alle tre fate che all'ora riteneva essere le sue strane, e alquanto bizzarre zie.

Quei ricordi avevano un sapore agrodolce, un misto di momenti felici, tristi, semplici, difficili.

Molte persone le avevano mentito per la gran parte del tempo, nascondendole la sua identità, mentendo suoi suoi genitori..

Sulla maledizione.

Per proteggerla certo, ma la verità a quel punto aveva fatto più male di qualunque altra menzogna.

Malefica. Persino lei le aveva nascosto che-

Spalancò gli occhi nuovamente.

Malefica.

Si liberò dalle coperte con un gesto brusco, e senza curarsi di essere scalza si lanciò oltre la soglia della stanza. Il suo sguardo corse febbrilmente lungo il piccolo soggiorno, vuoto, mentre si apprestava immediatamente oltre la porta della camera che un tempo era appartenuta alle tre fate.

Vuota anch'essa.

Rantolò in agitazione. Non di nuovo. No.

Quasi sicuramente aveva perso i sensi per la troppa fatica. 

Si toccò la guancia, ricordava vagamente di essersi tagliata con un ramo. Nessun taglio sotto i polpastrelli.

Era stata lei a portarla lì?

Digrognò i denti. Una rabbia feroce le montò addosso in quell'istante.

Corse fuori, incurante del freddo, incurante dei suoi piedi nudi, incurante di tutto.

"Sei una codarda!" urlò al cielo notturno.

Allargò le braccia.

"Sei maledettamente codarda, Malefica!"

Calde lacrime corsero lungo le sue guance.

"Mi senti? Perché scappi da me? Perché!"

Singhiozzò forte, levando un lamento lungo e straziante. Sentiva il petto contrarsi in una morsa, tanto da farle male.

"Perché!" ripeté urlando.

"Perché!"

Perché. Perché. Perché.

Quell'unica, cruciale, dannata domanda.

"Dimmi perché! Dimmelo!"

Fu in un istante. Rimase come pietrificata, tutti i muscoli del corpo si erano tesi. Era stata folgorata da un pensiero. Un'idea. Era da pazzi.

Ma al momento sembrava fosse l'unica soluzione per riportarla da lei.

La sensazione di sentirsi osservata...

E se non fosse stato così, beh...

Stava impazzendo.

Si lanciò in una folle corsa. Era impazzita.

Era l'unica soluzione.

Conosceva ogni angolo e fessura di quel luogo, ogni sentiero e strettoia. Si innoltrò nel bosco, sicura di prendere la scorciatoia che l'avrebbe condotta più rapidamente alla meta. Pietre e foglie secche appuntite come aghi graffiavano ripetutamente la pianta dei suoi piedi, ma quello, al momento era l'ultimo dei suoi problemi, e quasi non ci faceva caso.

La sue gambe erano incredibilmente veloci, adrenalina pura scorreva rapidissima nelle sue vene.

Era vicina.

Molto vicina, pensò a respiro ansante.

Gli alberi cominciarono a diradarsi, man mano che si avvicinava in prossimità di un'ampia macchia verde. Si apprestò a rallentare la corsa, fino a fermarsi del tutto per poter riprendere fiato.

Erano passati anni dall'ultima volta che aveva visitato quel luogo. Rimembrava quelle giornate spensierate in compagnia delle tre fate, solite a organizzare dei piacevoli picnic sull'erba.

Si lasciò alle spalle l'ultima fila di arbusti non appena ricominciò ad avanzare a passo più moderato. I fili d'erba splendevano del chiarore argenteo della luna, le solleticavano le caviglie al suo passaggio.

Il vento soffiava più poderoso ora che non incorreva in ostacoli, smuoveva i suoi capelli, si mescolava al tumulto che tempestava dentro di lei. Le orecchie fischiavano.

Il cuore batteva a ritmo irregolare.

Cominciava ad intravedere l'estremità ombrosa, distante, dall'altro lato dello strapiombo.

Le vertigini precedettero il momento in cui si ritrovò effettivamente a cinque passi dall'estremità. Ebbe un moto di nausea nell'istante in cui

si sporse appena, quel tanto che le bastava per verificarne la turbinante profondità.

Il soffio del vento non aiutava affatto, il suo corpo divenne instabile.

Arretrò di tre passi.

Respirò affondo.

Era impazzita.

"Pensi che non possa farlo?" urlò a perdifiato. La sua voce scoppiò come un tuono a ciel sereno, oltre il burrone, si duplicò in una moltitudine di eco che piano piano si affievolivano nel vento.

"Non sfidarmi, Malefica! Non hai la minima idea di cosa posso essere capace di fare!"

Aurora stava tremando. Per il gelo, l'assurda adrenalina, la paura del vuoto, l'aspettativa di vederla spuntare da un momento all'altro. Perché si fidava di lei, ciecamente, incondizionatamente. Nonostante tutto.

Era meschino incorrere in simili giochetti, ma era l'unico modo. Sperò che si facesse vedere prima di arrivare a compiere un atto tanto suicida.

Non fu così.

Per questo ebbe un pallido riflesso della morte nell'attimo in cui si trovò sospesa tra il cielo e il vuoto, e di come esso potesse essere dolce in fondo, una mirabile alternativa nel caso avesse fallito.

La sua discesa non durò neanche il tempo di un battito di ciglia. Il grido nella sua gola si spezzò non appena due forti braccia le circondarono la vita, stringendola in una presa salda e bollente.

La sua testa era adagiata su quel petto, udiva un tonfo sordo e velocissimo.

Aurora si aggrappò febbrilmente al tessuto morbido di quell'abito, affondò il viso in quella morbirezza, serrando gli occhi mentre si bagnava delle proprie lacrime.

Atterrarono ai margini del bosco, molto lontano dalla vallata. Malefica la afferrò per le spalle.

"Che ti è saltato in mente!" le abbaiò duramente, il volto sconvolto, paralizzato nell'orrore.

Intorno ad Aurora, il mondo girava distorto. Tutto quanto intorno era pericolosamente instabile.

L'unico punto fermo, l'unico, era fisso sulla sua mano. Tremava anch'essa. Ma era sicura di non voler mollare la presa per nessun motivo al mondo.

Non l'aveva lasciata andare nemmeno per un momento. Aveva continuato a stringerle l'abito appena sopra il bacino, ostinatamente, con rabbia, con la paura costante che potesse sfuggirle dalle mani, svanire, perderla di nuovo. E questa volta per sempre.

Lei l'aveva lasciata andare, le braccia rigide lungo i fianchi, le mani diafane strette in una morsa convulsa. Lo sguardo di Aurora era ancora fisso, spalancato sulla propria mano.

"Dimmi cosa ti è saltato in mente."

Questa volta, il suo tono cupo non suonò affatto come una domanda.

Aveva ragione. Cosa le era saltato in mente?

Ciò nonostante avrebbe dovuto ammettere che una tale follia aveva funzionato. Ma si sentiva una stupida e una miserabile. Una stupida e miserabile ragazzina che non meritava minimamente di stare al suo fianco.

"Dimmelo."

Era Malefica a chiederle, a ordinarle ora di darle delle spiegazioni. La sua stretta si intensificò quel tanto da raschiare la pelle delle sue dita.

La rabbia le montò addosso nella consapevolezza di quanto questo suonasse alle sue orecchie assolutamente, indiscutibilmente egoistico da parte della fata.

"Me lo stai chiedendo davvero?" scattò in un ringhio basso e furibondo, senza che potesse frenarsi dall'affrontare la situazione diversamente.

"Me lo stai chiedendo davvero, dopo che IO," urlò, sollevando finalmente lo sguardo ai suoi occhi "ho passato tutti questi anni a chiedermi il PERCHÉ fossi sparita così, di punto in bianco senza nessuna, lecita, dovuta spiegazione!"

Il suo cuore si era incendiato nel petto, aveva cominciato a pulsare con tonfi sordi e irregolari fin dall'inizio, fin dalla sua vicinanza, fin dal momento in cui Malefica aveva avvolto la sua vita stringendola tra le braccia. Ma poter rivedere la perfezione di quel viso diafano e bellissimo, il suo cuore sopraffatto le era scoppiato nel petto, incendiandole interamente il corpo.

Quelle labbra rosse e frementi, quegli occhi dorati, intensi, liquidi, consumati da qualcosa che la corrodeva dall'interno. 

La vide trasalire violentemente, mentre il suo corpo vacillava all'indietro. Un passo, due, tre lontano da lei.

Aurora la seguì, il braccio teso e convulso nel ristretto spazio che le separava. Le unghie artigliate nel tessuto scuro dell'abito.

"Dimmi perché, Malefica."

Perché.

Perché continuava a sfuggirle?

Anche adesso.. Perché.

Una scintilla indefinita la tradì, ingannevole alla sua ragione, si accese un istante tra la sofferenza e la negazione che segnavano quel volto paralizzato.

Aurora assottigliò lo sguardo, le labbra si schiusero leggermente in sorpresa.

Cos'era stato?

Il contatto diretto si interruppe bruscamente quando i suoi occhi dorati giuzzarono verso il basso, sulla sua stretta, sul suo braccio teso. Sulla distanza che intrarponeva tra di loro.

Aurora li rincorse, la osservò, i battiti accelerati del proprio cuore che rintoccavano il tempo nell'impaziente attesa di scorgere di più, di sapere.

"Te ne prego," tutta l'urgenza nella sua voce si ridusse in un tremante, flebile sussurro. "Se la causa di tutto questo sono io, se ho commesso qualcosa di aberrante per meritare il tuo odio..." le si gelò in sangue nelle vene all’idea di perderla davvero, distrutta al pensiero che davvero la odiasse e non volesse vederla mai più. "Io non mi capacito di cosa-"

Quegli occhi ambrati in tempesta le trafissero l'anima, spiazzandola.

"Smetti di dirlo." le disse, serrando le labbra piene in una smorfia di amarezza.

"..Cosa?"

"Non ha nulla a che vedere con tutto questo."

"Malefica.."

"Aurora, ti prego..." gorgogliò, la sofferenza che quasi le spezzava la voce. Compì due passi indietro per farle intendere che DOVEVA allontanarsi, mentre la sua mano diafana si posava sulla sua facendo una lieve pressione per allontanarla.

"No!" esclamò terrorizzata. Si slanciò in avanti, si avvinghiò alla sua schiena.

Il suo petto si schiantò su quello della fata. La strinse febbrilmente.

"No..." soffocò il pianto, che minacciava di travolgerla come un'onda anomala. La sentì irrigidirsi, sentiva sul proprio corpo il tremore violento che la scuoteva interamente.

"Non lasciarmi di nuovo..."

Le lacrime scesero velocissime e copiose, senza che potesse fermarle.

"Ti prego.. ti prego..."

"Aurora-"

"Stringimi." le soffiò improvvisamente in un orecchio, di soppiatto. Udì il suo respiro furioso, lo sentì sulla pelle, fremette.

Aumentò la stretta, le si aderì completamente.

"Stringimi, Malefica."

La sua mano destra raggiunse i capelli lunghi e fluenti della fata, si introdusse all'interno, scivolò come una carezza leggera sulla sua nuca. Strinse appena con le dita.

"Stringimi," ripeté. "Non lasciarmi andare via."

Il suo cuore batteva furente contro il proprio.

"Non lasciarmi mai." continuava a ripeterle, mentre le labbra seguivano in un anelito la linea del suo orecchio, degli zigomi spigolosi, senza mai sfiorarla, inebriandosi di quel suo fine profumo che rievocava l'essenza della brughiera.

I suoi occhi la raggiunsero.

Lo vide.

Malefica la guardò, la attraversò, con una forza innaudita. Aurora si sentì morire e rinascere nuovamente.

Lo stava vedendo.

Vedeva chiaro quel desiderio violento negli occhi languidi. Vedeva chiaro quel suo amore inarrestabile, dolcissimo, meraviglioso. Che capì, in quell'esatto istante, essere il riflesso del proprio.

Capì di amarla più di quanto avesse mai pensato.

Aurora lo voleva. Lo voleva anche lei, come non aveva mai desiderato nient'altro al mondo.

La attirò a sé inavvertitamente, preda di una foga inarrestabile.

Ogni forma di inibizione aveva abbandonato il suo corpo. Ogni dolore, ogni risentimento, l'abbandono di tre anni, ogni lacuna che questi avevano lasciato nel suo cuore furono spazzati definitivamente dalla devastante potenza di quel gesto.

Aurora si spinse in lei baciandola con forza, respirandole addosso mentre con le dita le stringeva piano la nuca, desiderando di avere le capacità di trasmetterle, di farle comprendere quanto tutto questo, quanto lei, la sua vicinanza fosse l'unico vero motivo che rendeva la sua vita degna di essere vissuta.

La sentì tremare, fragile come cristallo.

Ma questa volta non provò a fuggire o a spingerla via. Malefica le sfiorò i fianchi con le dita, la afferrò dolcemente un momento dopo circondandola con le sue ali in un abbraccio stretto.

Aurora sospirò a quell'ulteriore contatto. Mosse le labbra sulle sue, chiamando in un fremito il suo nome un momento prima di lambirle il labbro inferiore con la punta della lingua, chiedendole il permesso di avere di più.

Le ali fremettero, le gemette contro, aprendole la bocca in una resa totale.

Sprofondarono, come macerie di una città antica, con l'unica consapevolezza di aver finalmente ritrovato quella parte mancante e indispensabile. Con l'unica certezza che vi era qualcosa di giusto nel modo in cui i loro corpi si incastravano perfettamente l'uno con l'altro.

Il sapore era esploso nella bocca di entrambe, fuoco liquido scorreva impazzito nelle loro vene.

I movimenti divennero più impacciati per Aurora e più urgenti per Malefica, i respiri più pesanti e incontrollati.

La fata le si era arresa completamente, le sue mani salirono lungo il collo della ragazza in una carezza languida, esplorando la sua pelle, saggiandone attentamente la delicatezza. Osò morderle delicatamente le labbra, succhiarle piano, rubandone il sapore lieve e sublime. Le dita scivolarono dietro la nuca, affondando tra i suoi capelli, tirandola quanto più possibile vicina.

Aurora credette di impazzire letteralmente al suo tocco. Si aggrappò tremante alle sue spalle, mentre il piacere affluiva come un lampo lungo la spina dorsale e al basso ventre, facendola sospirare con prepotenza contro la sua bocca.

Avrebbe pagato oro per conoscere i pensieri dell'altra, poiché nonostante le risposte le avesse chiare ora le veniva comunque naturale domandarsi come Malefica fosse arrivata a quel punto, cosa scorgeva, in lei, degno di essere toccato, o ammirato con tanta intensità e attenzione.

"Malefica..." la richiamò sopraffatta.

Questa le si scostò appena, interrompendo il flusso insistente delle sue carezze. Un momento di tregua, che al tempo stesso non lo era.

Aurora le graffiò lentamente l'abito, arpionando gli occhi dentro i suoi. Esplosioni, tra le schegge delle iridi.

La voleva. Ardentemente, tanto da farle male. Sentiva se stessa avvolta in un involucro nuovo, mai esplorato prima di all'ora. Un nuovo, caldo brivido le attraversò la schiena, ma le parole non le uscivano.

Malefica aveva cominciato a seguire la linea del suo labbro inferiore con il pollice della destra. Carezze leggere e ripetute.

Aurora la osservò con attenzione, notando la sua espressione divenuta leggermente assente. I suoi occhi erano mutati come in due tramonti, immersi nell'imbrunire, nel silenzio della sera.

Stava riflettendo su qualcosa.

La ragazza sollevò una mano, sfiorando appena la sua guancia con la punta dei polpastrelli.

"Malefica," la chiamò ancora con voce più ferma, una leggera ansia nel tono.

La fata parve ridestarsi.

Aurora schiuse le labbra, corrugando la fronte in apprensione.

"Cosa ti turba?" sussurrò.

Anche la fata agrottò lo sguardo, ma in maniera appena percettibile.

"Stai tremando," le disse, semplicemente.

La perplessità della ragazza accrebbe ulteriormente. Intuì però che non fosse una semplice constatazione la sua, era sicura che celasse molto più di questo. Ma neanche il rimuginare sulle sue parole sarebbe bastato a comprenderne il reale significato.

Mosse ancora le dita sulla sua guancia in una carezza leggera.

"Cosa intendi dire?" le domandò quindi, fissandola intensamente.

Una luce lieve, buia, si accese nei suoi occhi. L'ombra di un sorriso le increspò appena le labbra piene. Ma Aurora non vide gioia, né serenità nella sua espressione.

Malefica la prese delicatamente per i polsi, facendo scivolare un istante più tardi le sue mani sotto i palmi di Aurora. La ragazza inclinò la testa, fissandole con lo sguardo corrucciato.

Non riusciva a comprendere cosa stesse accadendo. Era mutata nuovamente, qualcosa si era intromesso tra loro e stava ergendo silenzioso, mattoni su mattoni, un altro muro spesso e avverso. Aurora non ne capì la causa, non capì i suoi gesti fino a che Malefica non parlò di nuovo, procurandole una stretta amara all'altezza dello stomaco.

"Il tuo anello.. dov'è?"

La ragazza risollevò lo sguardo.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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