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Autore: LumLumLove    13/04/2016    6 recensioni
Akane sta per sposarsi e mancano quindici giorni al grande passo. Ormai ha deciso, convolerà a nozze con un bravo ragazzo e inizierà una nuova vita, lontano da tutto ciò che conosce. Ma un'improvvisa scoperta manderà all'aria tutti i suoi piani, catapultandola in una bizzarra avventura, con una compagnia del tutto inaspettata: "Sono già sposata?! Com'è possibile?" - Storia originale in lingua spagnola di LumLumLove - Traduzione di Spirit99
Genere: Angst, Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quince días
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Capitolo 9: Giovedì 21
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Akane
Proprio non ricordo il momento in cui mi sono addormentata come un sasso, anche se sono assolutamente sicura di aver sentito le voci di quei due là che hanno ciarlato fino all'alba... ma che avevano in mente? Pensavano di essere a un pigiama party?
 
Beh, di sicuro mi fa piacere sapere che Ranma può fare affidamento su amici come Ryoga, che è un ragazzo davvero speciale, educato e cortese.
 
Se quello stupido di mio marito fosse gentile almeno la metà di quanto lo sia Ryoga...
 
Mi stiracchio e mi vesto in fretta. Per fortuna ieri ho potuto lavare un po' della mia roba... è un sollievo tornare a dormire in una casa e non in un albergo di passaggio.
 
Esco dalla camera senza fare rumore e cammino in punta di piedi per la casa, per non svegliare i due addormentati. Nel soggiorno scorgo il divano e una coperta sotto la quale si intravede una sagoma voluminosa, da cui sbuca una lunga treccia che mi fa allargare le labbra in un sorriso.
 
"Buonanotte, Akane".
 
Le sue parole della sera prima mi rimbombano in testa come un tuono e non so proprio perché... ce le ho fisse nel cervello! E perché sono diventata rossa mentre il cuore mi batteva all'impazzata?
 
L'adrenalina, senza dubbio. Tante emozioni iniziano a presentarmi il conto.
 
Forse lui è abituato a tentati rapimenti o agguati improvvisi per strada... ma per me no, non è affatto normale! Tremo ancora all'idea di ricordare il tipo del parco e ora più che mai vorrei ringraziare mio padre per avermi allenato in maniera così dura.
 
Ma chi erano? E che volevano da noi? Forse erano della yakuza... e chi, altrimenti? Ricordo quello strano ragazzo con i tatuaggi e le spalle di Ranma, grandi, forti e rassicuranti...
 
Scuoto la testa in segno di diniego un paio di volte per cercare di scacciare questi pensieri dalla testa. È ora di mettersi in marcia e per ringraziare tutti preparerò un'ottima colazione.
 
Trovo la cucina e mi rimbocco le maniche, poi adocchio un grembiule e me lo lego subito in vita. Apro il frigorifero e non credo ai miei occhi: c'è solo un po' di verdura che ha visto sicuramente tempi migliori, uova scadute da settimane e un piatto che non riesco a identificare, con su un bigliettino.
 
Lo prendo con attenzione.
"Ryoga, mamma ha preparato un po' di curry. Mangialo il prima possibile".
 
Di quanti mesi fa sarà? Lascio andare un lungo sospiro... non saranno questi piccoli inconvenienti a impedirmi di preparare la migliore colazione mai vista.
 
Trovo il cuociriso, metto a scaldare l'acqua, prendo il miso, un po' di vino, poi zucchero, aceto, sale, cioccolato, alghe wakame... sì, dovrebbe bastare.
 
Inizio a darmi da fare e, concentrata come sono, non mi accorgo che il tempo passa in fretta.
 
-E questo che diavolo sarebbe?- mi volto spaventata e scopro che Ranma si è appena svegliato e sta esaminando uno dei miei piatti, ma io lo raggiungo all'istante e glielo strappo di mano.
 
-Devi aspettare un po', la colazione non è ancora pronta.
 
-Stai cucinando?- chiede, sorpreso.
 
-Sì, per ringraziare Ryoga di averci ospitato a casa sua.
 
-Beh, allora dovresti tenere d'occhio quello che stai facendo, non ti pare?- dice, indicando la pentola che bolle sul fuoco, da cui inizia a fuoriuscire parte del contenuto.
 
-Oh no! Smettila di distrarmi ed esci subito dalla cucina!- gli ordino con fermezza mentre corro verso la mia zuppa di miso e abbasso la fiamma.
 
-Va bene, va bene, come vuoi... Cinquanta yen.- conclude lui con aria di scherno mentre si allontana.
 
Sempre la stessa storia... sembra che viva per infastidirmi. A quanto pare prova una soddisfazione unica e impagabile a farmi arrabbiare. Gli faccio una linguaccia mentre è ormai di spalle, ma immaginando il suo sorriso di superiorità che odio a morte.
 
Sicuramente ieri sera mi avrà chiamato per nome solo per prendermi in giro.
 
Guardo il ripiano della cucina e finalmente il cuociriso emette il fischio caratteristico che indica il termine della cottura.
 
-Idiota- sussurro, mentre prendo un po' di verdura e inizio ad affettarla con tutte le mie forze.
 
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-Non avresti dovuto disturbarti!- dice Ryoga mentre guarda l'enorme quantità di portate sulla tavola del soggiorno. Al suo fianco, Ranma osserva un piatto di uova fritte con aria decisamente scortese.
 
-È il minimo che potessi fare per ricambiare.- rispondo con un sorriso, mentre con la coda dell'occhio fulmino con un solo sguardo il cretino con il codino.
 
-Sembra tutto molto appetitoso... da tanto tempo non mangio qualcosa di preparato in casa.- prosegue lusinghiero e io sorrido ancora, con sincerità.
 
-Dai Ryoga, sono sicura che presto incontrerai una brava ragazza che cucini per te.- rispondo, di buon umore.
 
-Beh, oggi ne ho una proprio di fronte a me.- risponde, dandomi corda con un sorriso accattivante. È indubbiamente un ragazzo adorabile.
 
-A-ehm- si schiarisce la gola Ranma, che ha smesso di analizzare meticolosamente il piatto. -Quando avete finito di flirtare potremmo parlare di cose importanti?
 
-Sei il solito idiota, stiamo solo parlando, vero Ryoga?
 
-Sì, certo...- dice con un sospiro.
 
-Inoltre, cosa hai da dire di tanto urgente? La colazione si fredda.
 
-Ieri siamo stati quasi rapiti dalla yakuza se non te ne fossi accorta. - mi risponde con aria sarcastica.
 
-Certo che me ne sono accorta, quel tipo mi ha puntato un coltello alla gola!- gli dico, iniziando ad alterarmi.
 
-Quindi avrai capito che siamo in pericolo.
 
-E tu avrai capito che in soli cinque giorni, cioè da quando ti conosco, hanno cercato di rapirmi due volte e il primo tentativo è anche andato a segno!
 
-Ti rapiscono perché non ti conoscono davvero, altrimenti ti lascerebbero in pace, stanne certa!
 
-Ragazzi...- Ryoga cerca di interromperci con un gesto della mano, nel tentativo di calmare le acque.
 
-I problemi che ho con la mia famiglia non ti riguardano!
 
-Invece sì, se mi costringi a fare il giro del paese, perseguitata da delinquenti di ogni sorta!
 
-Rag...
 
-Bene, sai già cosa potresti fare! È molto semplice, muoviti e vattene a casa, frignona!
 
-Basta!- urla Ryoga facendoci ammutolire e mi rendo conto troppo tardi di essermi comportata come una ragazzina capricciosa. –Akane-san si è impegnata molto per preparare questa deliziosa colazione, quindi parleremo dopo.- afferma prendendo un po' di riso dalla sua ciotola e mettendolo in bocca.
 
-Sì sì, va bene...- protesta Ranma, imitandolo.
 
Entrambi zittiscono per alcuni secondi e restano immobili.
 
-Che vi prende?- chiedo, preoccupata.
 
Ryoga si muove al rallentatore e le bacchette gli scivolano di mano, finendo sulla tavola.
 
-È... È...
 
-È tossico!- esclama Ranma tornando in sé, dopo alcuni secondi di shock. -Stai cercando di avvelenarci?
 
-Non è buono?- mi stupisco, aggrottando le sopracciglia.
 
-Ma non l'hai assaggiato?
 
-Non permetterò che insulti la cucina casalinga di Akane-san!- dice Ryoga sollevando a fatica lo sguardo.
 
-Nelle verdure saltate ci sono pezzi di legno del tagliere!- continua Ranma inorridito e io arrossisco di ira e frustrazione contemporaneamente.
 
Non sono mai stata un granché in cucina ed è quasi un miracolo che io riesca a miscelare bene erbe e medicine tradizionali. Ma deridermi in questa maniera dopo essermi sforzata tanto... imbecille!
 
Mi alzo dalla tavola e prendo il suo piatto.
 
-Non mangiarlo allora!- dico, mentre lui guarda la sua ciotola di riso tra le mie mani.
 
-Cosa? Ho mangiato di peggio e il cibo non si spreca.- ribatte, togliendomi la ciotola di mano e mangiando un altro boccone. -Puah!
 
-Ho detto di non mangiarlo!
 
-E io ho detto che voglio mangiare questa schifezza, ok? Almeno smettila di infastidirmi!- e prosegue inghiottendo riso e mangiando alcuni pezzi di verdura che separa accuratamente dai frammenti di tagliere. Ma come diavolo sono finiti in pentola?
 
Lo guardo per alcuni istanti e nonostante l'offesa per il sapore della mia pietanza non posso fare a meno di sorridere (ma solo un poco) mentre lo osservo mangiare in maniera compulsiva.
 
-E... qual è il piano?- chiedo mentre entrambi i ragazzi si guardano di sottecchi. Anche Ryoga inizia a ingoiare rapidamente tutto mentre si lanciano occhiate di sfida. Giurerei che stiano combattendo una stupida disputa silenziosa.
 
-Il piano non è cambiato, dobbiamo trovare mio padre per sapere che cosa sta succedendo.
 
-Pensi che riusciremo a trovarlo qui a Tokyo?
 
-Sì, se sappiamo dove cercare.
 
-Dobbiamo entrare ancora in bettole piene di delinquenti?- sospiro, pensando a tutto quello che sto passando in così pochi giorni rispetto alla mia vita tranquilla, al sicuro con la mia famiglia.
 
-Mio padre non è l'unico che ha contatti in città, questa volta non ci scapperà.- entrambi terminano la colazione nello stesso tempo, posando le ciotole sulla tavola con un colpo secco. Si guardano assottigliando gli occhi e Ranma fa schioccare la lingua.
 
-Allora usciamo immediatamente.- dico mentre il mio sguardo si posa prima su uno poi sull'altro, senza capirci niente.
 
-Questa è l'unica cosa su cui siamo d'accordo. —risponde il codinato alzandosi in piedi per andare a prendere il suo zaino.
 
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-Grazie mille per la tua ospitalità.- dico facendo un inchino. Ryoga si gratta la testa, imbarazzato.
 
-Figurati.
 
-Mi dispiace per il casino nel ristorante, dì a Ucchan che lavorerò per ripagare i danni appena risolvo... beh lo sai già.- dice Ranma, indicandomi sfacciatamente.
 
-Di sicuro non vede l'ora di avervi di nuovo ai suoi ordini.
 
-Stanne certa- risponde, ridendo.—A proposito... ma dov'è?
 
-Non lo sai? È andata a casa sua a Osaka, ci sarà una grande festa perché il ristorante è stato quotato in borsa per la prima volta.
 
Ranma fa un fischio, stupito.
 
-Ucchan sì che è riuscita a far fruttare come si deve la sua attività.
 
-Sai com'è fatta, non fa altro che lavorare.
 
Entrambi si guardano un'ultima volta e poi si danno il cinque, lasciandomi esterrefatta. Un gesto complice, rodato da anni, si nota subito. Anche se non fanno altro che discutere, si intuisce che sono davvero buoni amici.
 
Ranma si incammina con la sua solita andatura e io mi volto di nuovo verso Ryoga, facendo un altro inchino. Spero davvero di rivederlo, un giorno.
 
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-Prima le signore.- dice il ragazzo con il codino aprendo la porta di un sudicio locale da dove fuoriesce una nuvola di fumo che mi irrita gli occhi. Con una mano gli faccio cenno di spostarsi e Ranma mi guarda con un sorriso divertito.
 
-Grazie- rispondo, calcando la parola che spero vivamente suoni come un insulto.
 
Metto un piede nel locale e, con stupore, scopro che non si tratta di un altro posto di dubbia fama, ma di un piccolo ristorante che ha solo un bancone e un unico commensale. In questo locale non entrano più di quattro persone.
 
-Cosa prendete?- chiede il cuoco, che armeggia su un barbecue con carbone su cui vedo yakitori e gyoza. Ma mio marito non lo ascolta. Avanza bruscamente fin dove si trova l'unico cliente del locale e gira violentemente lo sgabello su cui è seduto.
 
-Non sei riuscito a resistere, vero? Sapevo di trovarti qui.
 
-Ra-Ranma?- dice meravigliato un tipo grassoccio e con grandi occhiali che riconosco come il tipo che mi ha rubato il portafoglio.
 
-Non è possibile!- esclamo, avvicinandomi a lui per poterlo guardare bene. -Ranma, è tuo padre!
 
-Come hai fatto a sapere che ero qui?- dice lui, finendo di masticare il boccone.
 
-Quando sei in città vieni sempre in posti come questo a mangiare 'sta roba. Ti conosco bene, vecchio. Ragioni con lo stomaco!
 
-Come ti permetti di...!
 
-La sua quarta porzione di frittura, signore.- dice il cuoco lasciando davanti a noi un piatto pieno di gyoza.
 
Ranma lo guarda soddisfatto e prende la sua roba senza pensarci, avvicinando il volto a quello di suo padre.
 
-E ora facciamo quattro chiacchiere.
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-Così tu sei la piccola Akane.- dice l'uomo, sistemandosi gli occhiali e guardandomi attentamente. –Devo dire che la nostra idea non è stata poi così male... non è vero, Ranma?
 
Il ragazzo sbuffa sdegnato. Ci troviamo in un bar del centro, seduti a un tavolo mentre io bevo distrattamente una bibita e lancio timide occhiate a mio suocero.
 
-A chi mai verrebbe in mente un'idea così assurda di un matrimonio combinato tra due persone che neanche si conoscono, a loro insaputa?- dice Ranma, al mio fianco, dando un piccolo colpo sul tavolo.
 
-All'epoca era complicato, pensavamo fosse il modo migliore per unire le nostre scuole e poi...
 
-Eri ubriaco.
 
-Già, ero molto ubriaco.
 
Distoglie lo sguardo e io mi schiarisco la gola. Per fortuna o purtroppo ho già fatto questo discorso.
 
-Signor Saotome, ora la cosa importante è sapere che ha fatto di così tremendo da metterci alle calcagna persino la yakuza.
 
-Che hai rubato questa volta?- chiede l'artista marziale molto seriamente, sembra abituato a una situazione del genere.
 
L'uomo incrocia le braccia con aria riflessiva.
 
-In realtà stavolta non ho rubato niente.- dice, contrariato.
 
-Bugiardo! Hai sottratto qualcosa a quel delinquente di Kuno!
 
-Non era sua! Me l'ha rubata lui molto tempo fa!
 
Entrambi solleviamo un sopracciglio e incrociamo le braccia mentre dal viso di mio suocero scivola un'enorme goccia di sudore.
 
-E va bene, vi dirò tutto. Più di vent'anni fa, quando Ranma era appena nato... avevamo bisogno di denaro.
 
-Certo, come no.- replica il moro coprendosi il viso con una mano.
 
-La famiglia di tua madre discende da tempo da una grande stirpe di samurai che hanno servito il paese con onore e per questo tua madre ha eredito una discreta collezione di katana. Io volevo solo un po' di soldi per sfamare il mio figlioletto, chi può incolparmi per quello che ho fatto?- dice, mentre grosse lacrime gli rotolano al di sotto degli occhiali.
 
-Sicuramente li hai spesi in sake.- risponde lui, scettico.
 
-Non avevamo niente di valore a parte quelle vecchie katana. Le ho vendute tutte al padre di Kuno per appena un milione di yen. All'epoca ero davvero disperato.
 
-Hai venduto tutta l'eredità della mamma?
 
-Non sapevo che altro fare, Ranma!
 
-Cercare un lavoro, forse?
 
-Sono un artista marziale!
 
-Sei un ladro!
 
Entrambi si sono alzati e tutto il bar, inclusi i camerieri, ci stanno guardando con interesse. Io tiro leggermente la manica della casacca di Ranma, invitandolo a calmarsi e rimettersi seduto. Genma non tarda a imitarlo.
 
Si schiarisce la voce e incrocia di nuovo le braccia.
 
-Dopo averle vendute, tua madre si arrabbiò molto con me e per alcuni giorni non mi rivolse la parola. Accettò di parlarmi quando le raccontai del mio progetto di portarti con me in un viaggio di addestramento per farti diventare un vero uomo. E quello del tuo futuro matrimonio, ovvio. Sono trascorsi tanti anni e quell'incidente sembrava essere stato dimenticato del tutto... finché alcuni mesi fa ho saputo che alcune di quelle katana potrebbero avere un valore inestimabile.
 
-Inestimabile?- chiedo interessata, l'uomo annuisce con aria grave.
 
-Avete mai sentito parlare del tesoro nascosto di Yamashita?
 
-Il che?- chiede Ranma con sospetto, ma io trattengo il fiato.
 
-Parla di Tomoyuki Yamashita?- chiedo perplessa e lui tace.
 
-Mi vuoi spiegare chi è questo tipo?- mi chiede di nuovo con impazienza e io mi preparo a sfoggiare una delle mie passioni, senza ombra di dubbio, cioè la storia.
 
-Il generale Yamashita era uno dei soldati che hanno combattuto al fronte durante la Seconda guerra mondiale. Si dice che, con la scusa di essere in guerra, commise crimini orribili, mise a ferro e fuoco villaggi, templi, città e uccise centinaia di persone sfruttando il suo esercito. Finì i suoi giorni nelle Filippine, dove si dice che abbia nascosto dell'oro in tutti i templi, paesi e villaggi saccheggiati in tutto Oriente. Il valore è davvero incalcolabile.
 
-Interessante.-annuisce Genma, soddisfatto della spiegazione.
 
-Andiamo vecchio... vuoi dirmi che proprio tu, in tutto il mondo, sai dov'è il tesoro di questo delinquente?
 
-Ancora no, ma lo saprò presto.
 
-Sì? E come?
 
-Ingenuamente ho venduto al padre di Kuno, per un pugno di yen, l'unico oggetto in grado di decifrare il mistero.
 
-Una delle spade di mamma è la chiave per trovare il tesoro di Yamashita? Dai, papà, inventati una palla migliore.
 
-Ranma! Sai qual è il cognome da nubile di tua madre?- chiede, osservandoci attentamente. Il ragazzo con il codino non risponde e diventa pensieroso, cercando di ricordare qualcosa che sicuramente non troverà mai nella sua memoria. -A quei tempi io ero giovane e aitante e appena conobbi tua madre me ne innamorai perdutamente. Mi offrii di portare il suo cognome ed entrare a far parte della sua famiglia ma rifiutò e non so perché. In quel momento pensai che mi amasse così tanto da essere disposta a portare il cognome di un artista marziale importante come me, ma con il passare degli anni... con il passare degli anni ho iniziato a pensare che mi nascondesse qualcosa.
 
-Dove vuoi arrivare?
 
Per tutta risposta mio suocero prende l'enorme zaino che ha poggiato accanto a sé, tira fuori un pacchetto voluminoso che mette sotto il nostro naso e ne scopre solo una parte: l'impugnatura di una magnifica katana samurai.
 
-Questa è la katana di Tomoyuki Yamashita.
 
-Non è possibile!- esclamo esterrefatta. -Yamashita fu catturato dalle truppe americane alla fine della guerra e consegnò la sua katana proprio a loro! La katana di Yamashita è in un museo di New York!
 
-No! Yamashita diede agli americani una katana ma non era altro che una pietosa imitazione di questa. Credi che un guerriero, un samurai, darebbe una spada di oltre 400 anni a quattro americani ignoranti? Mai!
 
-Yamashita è stato un genocida ed è morto impiccato.- spiego a mio suocero, che sembra aver dimenticato il punto principale della storia.
 
-Sì, è morto per i suoi crimini ma ha fatto anche grandi cose.
 
-Papà... mi stai dicendo che la mamma aveva una katana che indica la mappa di un tesoro e tu l'hai rubata per andare a cercarlo? Ma hai una vaga idea di quanto sia assurda tutta questa storia?
 
-Ranma, il cognome da nubile di tua madre è Yamashita.- risponde, facendo una pausa teatrale, poi prosegue. -All'epoca pensai che fosse un cognome comune e che lei, dopo avervi rinunciato, stesse cercando di liberarsene, ma mi sbagliavo. In realtà tua madre è l'unica nipote in vita di Yamashita e sposando me in fretta e furia sperava di nascondere le sue origini, di sfuggire al passato.
 
-Non può essere!- dico sempre più allucinata. Ranma resta immobile accanto a me, teso e con le braccia incrociate sul petto.
 
-Sai cosa significa per te, Ranma? Sei il pronipote di Tomoyuki Yamashita e il legittimo erede del suo tesoro. Questa katana ti appartiene.
 
Entrambi lo guardiamo senza battere ciglio, osservo di sottecchi oltre la mia spalla il ragazzo con il codino e noto che gli tremano un po' le mani.
 
-Anche se così fosse, anche se fossi l'erede di una montagna di tesori... credi che io voglia il denaro di un ladro? L'eredità di un assassino?
 
Genma lo guarda indignato.
 
-L'oro non ha colpa dei crimini del tuo bisnonno!
 
-Se questa katana mi appartiene, allora so perfettamente cosa farne.- dice afferrando l'impugnatura, ma suo padre è più rapido e poggia la sua mano prima di lui, cercando di dissuaderlo da qualsiasi idea che non coincida con i propri piani. –Vado a restituirla a quello stupido di Kuno, che con un po' di fortuna la conserverà in qualche cantina in cui sarà dimenticata per sempre.
 
-Quel tipo non ha idea di quello che ha tra le mani! E quando lo scoprirà andrà alla ricerca del tesoro. Ranma, vuoi forse negare ai tuoi genitori una vecchiaia tranquilla?
 
-Penso di restituirgliela e di chiudere questa storia.- dichiara con voce così forte che persino io mi intimidisco.
 
-Vedo che non ti rendi conto della situazione. Ho visto alcuni "amici" in cerca di informazioni e finanziamenti per i miei progetti, ma temo proprio di non aver fatto altro che spargere questa voce: "Chiunque possieda la katana avrà la chiave per il tesoro di Yamashita".
 
-Per questo la yakuza ci perseguita?- chiede Ranma cercando di trattenersi. Ho l'impressione che esploderà da un momento all'altro.
 
-Non so proprio come possano essersene accorti...
 
-Sei stato proprio tu a diffondere la voce, vecchio psicopatico! Per colpa tua la mamma è in pericolo!
 
-È colpa sua! Avrebbe dovuto dirmelo anni fa! Sono solo un povero marito ingannato!
 
-Ora calmatevi!- esclamo, cercando di rasserenare un po' gli animi. -Quello che dobbiamo fare è chiamare la polizia, sapranno di sicuro cosa fare con la katana e Kuno dovrà rinunciare al debito quando si accorge che non può più recuperare la sua merce.
 
Entrambi mi fissano accigliati e capisco che le mie parole non hanno ottenuto l'effetto sperato.
 
-Che ingenua- dice Ranma. -Kuno non si fermerà neanche davanti alla polizia, la cosa migliore è dargli quello che cerca e tappargli la bocca.
 
-M-ma quella spada dovrebbe stare in un museo!
 
-Neanche per idea! Questa spada è la mia garanzia per la pensione!- Ci interrompe Genma, che sotto il nostro sguardo attento ha ripreso l'arma per rimetterla nel suo zaino da viaggio. -Se non volete collaborare dovrò cercare qualcun altro che lo faccia.
 
-Dove credi di andare con quel coso, vecchio!- dice Ranma, alzandosi in piedi e affrontandolo infuriato. -Dammi la katana.
 
-Su, figliolo, non sta bene discutere con il tuo anziano padre.
 
-Hai idea di tutti i problemi che ci hai causato? Non rendere le cose ancora più difficili.
 
-Allora aiutami a decifrare il messaggio, ti darò la metà di quello che troveremo.
 
-Non hai sentito che non voglio quello schifo di tesoro?! Ridammela e chiudiamo la questione una volta per tutte!
 
-Se è questo che vuoi... prendila tu stesso.- dice, mentre muove rapidamente le dita.
 
-No!- esclama Ranma un secondo dopo che suo padre getta per terra una bomba fumogena, che sprigiona una densa cortina di fumo bianco e ci impedisce di vedere.
 
Tossisco forte come tutti gli altri clienti e dipendenti del locale, che fuggono verso l'uscita. Non vedo niente e nessuno. Riesco a stento a uscire dal bar, poggiarmi a una parete di un edificio e respirare aria pura, cercando di riprendermi.
 
Giro la testa nervosamente rendendomi conto di essere rimasta sola.
 
-Ranma?- dico, con molta riluttanza, mentre smetto di asciugarmi le lacrime causatemi dal fumo. Ma di Ranma e di suo padre non c'è neanche l'ombra e capisco troppo tardi che l'animata discussione è finita di sicuro in un combattimento... e mi hanno lasciato sola. Come se fossi un peso inutile, un maledetto incomodo.
 
Serro i denti, frustrata per essere stata lasciata ancora una volta al di fuori di qualsiasi decisione... già, devo essere proprio questo per lui, un dannatissimo peso.
 
Trattengo le lacrime ripetendo nella mia mente che sono una donna adulta, che queste cose non mi importano... che di sicuro Ranma tornerà a cercarmi, devo solo aspettare.
 
Il fumo si è dissolto e i clienti spaventati si allontanano, forse temendo un nuovo attacco. Una delle cameriere sposta lo sguardo su di me, sembra arrabbiata, mi si avvicina con passo nervoso e intuisco che si lamenterà con me dell'incidente dato che mi ha visto in compagnia di quei due.
 
Metto su la mia migliore faccia di bronzo mentre si piazza davanti a me.
 
-Allora, paghi tu il conto per tutte queste persone?- chiede, infuriata... come darle torto?
 
Deglutisco a vuoto dato che in tasca non ho neanche un misero yen. Che vergogna, non mi sono mai sentita così in imbarazzo in vita mia!
 
-Ehm... non ho soldi.- sussurro, sentendo le mie guance tingersi di rosso. Appena rivedo quei due giuro che li ammazzo.
 
-Non hai soldi?- ripete urlando e attirando l'attenzione di varie persone su di noi. -Quindi sono costretta a chiamare la polizia.
 
Corrugo le sopracciglia sentendomi in trappola, no, questo no! Concludere questa assurda avventura con precedenti penali è proprio quello che mi manca! Inspiro profondamente e mi inchino per scusarmi prima di scappare correndo a gambe levate.
 
-Non scappare, ladruncola!- sento alle mie spalle. Ma io salto su un tetto basso e subito dopo mi arrampico su un altro tetto un po' più in alto. Arrivo con difficoltà su una terrazza dalla quale intravedo alcuni dei tetti dei negozi circostanti.
 
-Merda- mastico tra i denti senza fiato, mentre mi appoggio sulle ginocchia, sentendo il sudore scorrere dalla mia fronte e rotolare fino al mento. Lo asciugo con il dorso della mano e guardo di nuovo in alto.
 
Ora sì che mi sono persa.
 
L'ultima volta in cui è successo avevo appena cinque anni, quando fui attaccata da un animale selvaggio e Shinnosuke mi salvò. Non ricordo per quanto tempo vagai nel bosco, ma quelle sensazioni sono ancora piuttosto vivide nella mia memoria: l'angoscia, la disperazione, la paura...
 
Non so perché questo ricordo mi riaffiora alla mente proprio ora dato che sono a Tokyo e non in un bosco e, soprattutto, non sono una bambina piccola. Posso cavarmela da sola, che diamine, potrei persino tornare a casa e dimenticarmi di questa situazione assurda.
 
Posso dimenticare gli attacchi, gli scontri, le notti in cui ho dormito male, il freddo e gli autobus.
Posso dimenticarmi di lui.
 
Mi stringo nel cappotto, in preda ai brividi. Posso davvero riuscirci?
 
-Akane Saotome?- mi volto spaventata, poiché dovrei essere sola in questa terrazza e, soprattutto, nessuno dovrebbe sapere il mio nome. Per non parlare del mio cognome.
 
Sollevo lo sguardo trovandomi faccia a faccia con un uomo non molto più alto di me, di corporatura esile e con un sorriso perfido. Ha la carnagione chiarissima e la testa coperta da un cappuccio.
 
-Sì, sei tu.- risponde a se stesso.
 
Non sono codarda ma nonostante tutto mi sento paralizzata dalla paura. Impiego alcuni secondi a rendermi conto che si tratta del tipo di ieri che ci ha attaccato nel locale e che non ha esitato un attimo a puntarmi un coltello al collo e minacciare di tagliarmi la gola.
 
Faccio un passo indietro, tremante, perché so che vuole usarmi solo per arrivare a mio suocero e ora più che mai ne comprendo il motivo. Capisco che per la yakuza valgo molto più che il mio peso corrispondente in oro. Sono la vittima perfetta, un ottimo riscatto.
 
Quello stupido si pentirà di avermi lasciato sola.
 
-Non avvicinarti.- riesco a dire con la gola secca. Retrocedo di un altro passo e le mie gambe urtano contro il basso cornicione del tetto, dal quale do un'occhiata al di sopra della mia spalla per avere conferma di quello che avevo già intuito. Sono in trappola. Deglutisco mentre lui mi guarda senza cambiare espressione.
 
-Non ti farò del male.
 
Sì, come no! Sono un'artista marziale, stavolta non mi prenderà alla sprovvista, ma in un batter d'occhio si è già lanciato contro di me. Maledizione, è velocissimo!
 
Mi afferra per un braccio con fermezza e io cerco di liberarmi dalla presa mentre tenta di gettarmi per terra per facilitare le cose. Lo guardo concentrata mentre il sudore mi scivola via dalle tempie, il freddo dell'ambiente trasforma il mio fiato in nuvolette bianche di vapore. Il tipo non sa che la mia specialità è il judo.
 
Mi lascio mettere un braccio dietro la schiena di proposito, si mette alle mie spalle e cerca di colpirmi le gambe per gettarmi a terra, una tipica mossa di difesa che conosco alla perfezione.
Alzo la gamba destra mentre mi volto, con la sua mano che continua a stringermi il braccio contro la spalla. Quando mi trovo di fronte a lui e alzo l'altro braccio per assestargli un colpo mi lascia andare perché probabilmente ha intuito le mie intenzioni.
 
Mi contempla dubbioso, mi scruta e io lo imito.
 
-Va bene, l'hai voluto tu...- dice tranquillo mentre armeggia nel suo cappotto con una mano e tira fuori un coltello affilato che muove con destrezza prima di mostrarmi la lama lucida.
 
-Codardo- farfuglio mentre i miei piedi urtano ancora una volta contro il cornicione... penso proprio che farò una pazzia.
 
-Devi solo seguirmi, nient'altro.
 
-Perché? Mi ha lasciato sola, non vedi? Non sono abbastanza importante per lui! Non otterrai niente da me!
 
-Questo lascialo decidere a noi!
 
Serro i denti disperata e non penso, agisco e basta. Lo spingo bruscamente e corro verso l'altro lato dell'edificio, sentendomi senza vie d'uscita, lui mi afferra per un polso e me lo torce, urlo cercando di liberarmi e subito dopo punta il coltello contro di me. Sento il sangue scorrere dalla mia guancia ma sopporto il dolore, riesco a liberarmi dalla presa e continuo a correre finché non raggiungo il cornicione e, infine, salto.
 
Vedo tutta la mia vita scorrermi davanti agli occhi in un solo secondo... da dove ho tirato fuori tutto questo coraggio, questa audacia? Dalla paura? Dalla disperazione?
Posso farcela. Sotto di me vedo il tetto successivo e rotolo giù finché tutto non termina. Sollevo la testa, stupita di me stessa, mentre l'adrenalina invade il mio corpo e mi fa sentire più viva che mai. Il tipo mi guarda con la bocca spalancata dall'altro lato, la sua espressione cambia e si indurisce, poi lo vedo sparire... qualcosa mi dice che non si è ancora arreso.
 
Mi rialzo a una velocità che non sapevo di avere e mi accorgo di essere finita in un'altra terrazza, al centro della quale scorgo una porta. Corro e afferro la maniglia, davanti a me compare una lunghissima rampa di scale che mi porterà di nuovo in strada, ne sono sicura. Ma se quello lì è più veloce di me e mi prende prima che io riesca a scendere?
 
Non ho tempo di restare imbambolata a farmi domande, ogni secondo è prezioso. Scendo dalle scale facendo due gradini per volta e guardandomi costantemente alle spalle, anche se sono certa che dietro di me non ci sia nessuno... ormai sto diventando paranoica.
 
Non so più quanti gradini ho fatto, di quanti piani sono scesa finché non si apre un'altra porta, entro in un lungo corridoio e mi sembra di trovarmi in un albergo. Continuo a correre fino agli ascensori e premo il pulsante più volte, ormai sull'orlo dell'isterismo.
 
-Dai, dai, apriti una buona volta!- e proprio in quel momento le porte dell'ascensore si aprono davanti a me. Dentro c'è una coppia che mi osserva con timore, cosa che mi sembra strana finché non osservo la mia immagine riflessa nello specchio del piccolo abitacolo.
 
Faccio un piccolo inchino prima di farmi piccola contro un angolo dell'ascensore e cerco di sistemare la mia roba sporca di polvere, asciugo goffamente il piccolo rivolo di sangue dal mio viso e mi rendo conto, con mio enorme sollievo, che la ferita è superficiale.
 
La coppia mi guarda di traverso e io la ignoro, sono troppo nervosa per stamparmi in faccia un sorriso di circostanza. Quando finalmente arriviamo al piano terra, esco mettendomi al lato della coppia in modo da nascondermi a qualsiasi sguardo, dato che non posso fidarmi di nessuno.
 
Attraverso le porte e finalmente mi trovo all'esterno. Sento un sollievo incredibile appena mi incammino in strada e vedo che nessuno mi presta attenzione. Proseguo con passi nervosi, sempre più rapidi, perdendomi tra la folla, senza smettere di guardarmi alle spalle, una, due, più volte, finché non lo incontro di nuovo.
 
Lo yakuza con il cappuccio mi segue, è a pochi metri da me. Le mie pulsazioni aumentano rapidamente, sento il cuore che mi palpita in gola e riprendo a calpestare il suolo, per fuggire ancora. Urto contro alcune persone che trovo sul mio percorso, non chiedo neanche scusa per le gomitate che assesto involontariamente a destra e a manca, corro tra la folla eppure mi sento sola.
 
All'improvviso mi sembra di sentire solo un silenzio assordante attorno a me, percepisco solo l'eco minacciosa dei suoi passi dietro i miei, mentre immagino l'arma lucida pronta a colpirmi.
 
Non so dove nascondermi, non so dove andare, riesco solo a correre disperata mentre prego che le mie gambe siano più rapide delle sue e mi salvino dalle sue intenzioni.
 
Sento le lacrime accumularsi nei miei occhi, no, se inizio a piangere le cose peggioreranno, tutta la mia forza svanirà nel nulla, tornerò a sentirmi vulnerabile e lui mi avrà in pugno. Prendo rapidamente varie boccate d'aria mentre tutto inizia a vorticarmi attorno... dov'è? L'ho seminato o si è nascosto nell'ombra pronto ad attaccarmi?
 
I volti della gente si mescolano tra loro e mi ruotano attorno, giro su me stessa rendendomi conto di aver perso definitivamente il controllo.
 
All'improvviso vedo spuntare una mano tra i volti e tutto torna normale intorno a me. La osservo atterrita mentre mi afferra il polso e urlo cercando di liberarmi. Ma mi tira verso di sé, è troppo forte.
 
-No! No, per favore!- supplico tra i singhiozzi, senza poter più trattenere le lacrime, nonostante tutta la fatica fatta finora.
 
-Ma che dici!
 
-Lasciami!- continuo a urlare isterica, afferrando le dita strette sulla mia pelle.
 
-Che ti succede? Sono io, Ranma!- sollevo lo sguardo e incrocio un paio di occhi azzurri familiari. Le lacrime non smettono di scorrere e sento che qualcosa dentro di me si rompe.
 
-Ran...?- cerco di dire, incerta, mentre la paura si dissolve e le gambe mi tremano.
 
-Ma dove eri andata a finire?- chiede. I suoi occhi mi guardano contrariati e le sue parole mi accarezzano dolcemente. Sollievo, ecco quello che sento, capisco di essere in salvo.
 
-Ranma!
 
Non penso neanche per un attimo, non ci riesco. Tutta la paura mi ha svuotato l'anima e l'unica cosa che voglio è sentirmi scorrere nelle vene questa sensazione di tranquillità che lui riesce a trasmettermi. Affondo il viso nel suo petto, trovando riparo nel suo calore, e gli avvolgo la vita con le braccia. Mi sento così piccola mentre piango senza sosta. Non ho mai avuto così tanta paura in tutta la mia vita.
 
Lui resta immobile come una statua, tanto che inizio a sentirmi a disagio, fino a quando non lo sento rilassare i muscoli e posare una mano sulla mia testa.
 
-Stupida! Cosa ti è successo?- chiede con voce timorosa e io mi allontano da lui di qualche centimetro sentendomi un'idiota per aver avuto una reazione così infantile.
 
-Il ragazzo di ieri mi sta inseguendo e...
 
I suoi occhi fissano un attimo il mio viso prima di alzarsi nervosi e spostarsi sulla folla, cercando di scorgere qualcosa. Siamo in una via centrale e le persone camminano attorno a noi mentre il sole inizia a tramontare.
 
Sembra un animale selvaggio che annusa l'aria, pericoloso e pronto a scattare. L'ha individuato, lo so, me ne accorgo perché trattiene il fiato e le sue pupille si contraggono.
Apre il suo cappotto e mi sento una bambina quando mi copre con uno dei risvolti, stringendomi contro di lui e nascondendomi a qualsiasi sguardo.
 
Mi trascina praticamente alla sua andatura e, con passi rapidi, corriamo e ci rifugiamo in un vicolo stretto, buio e silenzioso. Ranma mi tiene tra la parete e il suo corpo, mi nasconde completamente dietro le sue spalle larghe e poggia una mano accanto alla mia testa. Guarda al di sopra della sua spalla assottigliando gli occhi azzurri, in attesa.
 
Tremo. Non so se di freddo o di paura. Non so se è a causa dell'adrenalina dovuta al salto e all'inseguimento, so solo che le ginocchia minacciano di non reggere più il mio peso.
 
Il suo calore è soffocante, alzo timidamente lo sguardo e osservo il suo mento perfetto e il pomo d'Adamo che spunta dal colletto della casacca cinese che indossa sempre. Riabbasso gli occhi in preda alla vergogna per i miei stupidi pensieri e, come se li avessi formulati ad alta voce, si gira e mi prende il mento tra le dita. Resto ferma, mentre i nostri occhi si incrociano e mi sento inondata da qualcosa senza nome e logica.
 
-Ti sta cercando, fingi.- sussurra lentamente e io arrossisco così violentemente che sono sicura di brillare nell'oscurità.
 
-C-che cosa hai intenzione di...?- spiccico a malapena parola, mentre avvicina le labbra alle mie, oltrepassando tutti i limiti della ragione.
 
-È imbarazzante guardare una coppia che si bacia, andrà via e inizierà a cercare da un'altra parte.- dice come se niente fosse e il mio rossore si tramuta in pallore in pochi istanti.
 
-C-c-che si b-b-ba...cia?- l'ultima sillaba sfugge alla mia gola con un'ottava più alta del normale.
 
-Ssshhhh!- sibila mentre rimane immobile. Non posso muovermi, mi sento come un innocuo insetto intrappolato in una ragnatela, chiudo gli occhi e stringo forte le palpebre, desiderando con tutta me stessa che questo momento finisca, che lo yakuza la smetta di cercarmi e che io possa riprendere a respirare.
 
Le sue dita lasciano il mio mento e accarezzano con delicatezza la mia guancia... sento una fitta di dolore quando toccano la mia ferita.
 
-Auch!- protesto, riaprendo gli occhi controvoglia.
 
-È stato lui?- chiede cercando di contenersi, mentre le dita gli si increspano contro la parete trasformandosi in un pugno d'acciaio.
 
-Ti preoccupi di questo? Ho rischiato di ammazzarmi!- mi lascio sfuggire a pochi centimetri dal suo volto e lo vedo sbattere le palpebre senza capire.
 
-Cosa?
 
-Ho dovuto saltare giù da un tetto per evitare che mi rapisse.
 
-Sei... tutto questo non sarebbe successo se fossi rimasta accanto a me!
 
-Io non mi sono allontanata! Sei stato tu a lasciarmi!
 
-No! Io ti ho presa per mano e sono uscito correndo dietro mio padre... dopo un po' mi sono reso conto che non eri tu.
 
-Mi hai confuso con un'estranea?- chiedo, incredula.
 
-Urlava come te.- si scusa, arrossendo lievemente. La cosa strana è che stiamo discutendo ma non si è ancora separato da me di un solo centimetro e non so come dirglielo senza che la situazione degeneri più di quanto non lo sia già.
 
-Io non urlo!
 
-Sì che urli!- ascoltiamo una voce sconosciuta ed entrambi ci voltiamo nello stesso istante, scorgendo all'ingresso del vicolo il tipo di ieri, accompagnato da un altro paio di ceffi. Ranma non tarda neanche un decimo di secondo a spostarmi al suo fianco e affrontarli.
 
-Pensi di fare il duro lottando contro le donne?- chiede, e posso notare la rabbia nella sua voce. Trattengo il fiato, non è la prima volta che reagisce così ma è la prima volta che mi accorgo che la sua rabbia è dovuta all'iperprotezione nei miei confronti.
 
Si comporterà sempre così? Con tutte? Mi mordo il labbro inferiore lottando con tutte le mie forze per tornare in me, non è il momento né il luogo giusto per porsi certe domande.
 
-Sa cavarsela da sola.- risponde lo yakuza. -Ma la lascerei in pace se decidessi di venire con noi.
 
È chiaramente una sfida, no, peggio: gli sta tendendo una pericolosa trappola per spingerlo a consegnarsi a loro in cambio della mia incolumità ed è un colpo decisamente basso. Afferro il braccio di Ranma e lui mi guarda con la coda dell'occhio, io nego energicamente con la testa cercando di fargli capire che non deve neanche pensare a un'eventualità simile.
 
-Non so niente di questa storia, mio padre mi ha incastrato come sempre. Invece di perdere tempo con noi, dovreste cercare lui.
 
-Ci stiamo provando ma ci sfugge sempre... proprio come tua madre.
 
_Mi...?- trattiene il fiato prima di esplodere. –Se osi metterle un dito addosso ti ammazzo!
 
-Io non voglio fare del male a nessuno, eseguo solo degli ordini.
 
-Lei non ha niente a che fare con tutto questo!
 
-Questo è quello che ha fatto credere a tutti.
 
In questo momento inizio a sentire l'aura di Ranma risvegliarsi dal suo breve letargo e sollevarsi ferocemente. È disposto a tutto per difendere le persone a cui tiene, su questo non ho dubbi.
 
Lo yakuza fa un gesto con la testa rivolto ai suoi uomini che iniziano ad avanzare verso di noi. Ranma indietreggia tenendomi dietro una spalla senza smettere di guardarli, ma siamo in un vicolo cieco, non ci resta che combattere ancora.
 
Proprio allora avverto il rumore di un coperchio di uno dei bidoni della spazzatura lì vicino che cade per terra ed entrambi ci voltiamo con il cuore a mille, ma si tratta solo di un gatto randagio. Mi concentro nuovamente sugli uomini che si avvicinano a noi sempre di più ma Ranma non reagisce. Il suo sguardo si è fissato sul piccolo animale che, sornione, inizia a fare le fusa contento di ricevere quelli che ai suoi occhi sono semplici ospiti.
 
-Un ga-ga-ga-tto!- balbetta e io giro il collo rapidamente per osservarlo.
 
-Ma che diamine ti prende?- chiedo, cosciente del fatto che il codinato non sta per niente bene. Chiunque direbbe che sia uscito di senno.
 
-È un gatto!!- urla senza perdere d'occhio il felino che si avvicina a noi e inizia a strofinarsi contro la sua gamba.
 
-Embè? Quelli invece sono yakuza!!- esclamo indicando il nostro problema principale, ma i miei sforzi non producono alcun risultato. Ranma urla isterico e si nasconde dietro di me, dando le spalle ai nostri inseguitori mentre con le mani tremanti mi afferra per le spalle e si nasconde dall'innocente felino che sembra piuttosto divertito dalla situazione.
 
-Prendeteli!- sento la voce del ragazzo con il cappuccio e ho appena il tempo di reagire. I due uomini si fiondano su Ranma e io mi sforzo di staccarmi da lui. Il gatto rizza il pelo e inizia a soffiare, salta e si unisce allo scontro con morsi e graffi affilati.
 
Non so cosa sta succedendo ma mi sembra che tutto vada a rotoli.
 
Sento mio marito che inizia a ridere come un folle. Uno degli uomini approfitta della situazione per piegarmi un braccio dietro la schiena e urlo di dolore. Mi separa da lui e mi getta per terra. Sono in trappola, non riesco a pensare e mi divincolo cercando una via d'uscita.
 
-Miiiiiiaaaaaaauuuuuuu- con la mia guancia spiaccicata contro il suolo e quel tipaccio su di me non riesco a capire da dove arrivi questo suono inquietante. Se non fosse impossibile, giurerei che in questo vicolo ci sia una pantera in agguato tra i bidoni della spazzatura. Cerco di sollevare lo sguardo e intravedo Ranma in una posizione strana... non mi pare di conoscere questo tipo di tecnica, sembra... sembra...
 
Prima che la mia mente abbia formulato l'idea, l'artista marziale riprende a miagolare e io sento il sangue congelarsi nelle vene... che succede? Che gli prende?
 
È così rapido che neanche riesco a vederlo: a quattro zampe getta a terra l'uomo che mi ha attaccato e lo fa volare per aria, mentre io mi giro a bocca aperta e lui si mette davanti a me come ha fatto prima, ma stavolta non è in sé, sembra che un gatto si sia impossessato del suo corpo.
 
Gli altri due yakuza si guardano esitanti e io mi alzo con gambe tremanti.
 
-Ranma?- chiedo spaventata, ma lui non risponde, non sembra più lo stesso.
 
Soffia e inizia a correre a quattro zampe per tutto il vicolo, stringe la mano destra a mo' di zampa e colpisce il suolo, creando un enorme solco nel cemento. È semplicemente impossibile.
 
Deglutisco a vuoto e osservo la scena come se non la stessi vivendo davvero ma fossi una semplice spettatrice: Ranma salta e graffia, i nostri inseguitori non tardano a rendersi conto di essere in netto svantaggio e se la danno a gambe ma, con mia sorpresa, lui li insegue.
 
Non posso crederci!
 
Non so che fare. Esco nella via principale e vedo il ragazzo con il codino che salta da tutte le parti.
 
-Ranma!- urlo mentre mi faccio di nuovo largo tra la gente. In un attimo la situazione si è ribaltata, ora sono io quella che insegue tutti, questa situazione è terribilmente assurda. La testa mi gira se penso all'immediato cambiamento dell'artista marziale mentre le gambe si affrettano per raggiungerlo, dato che in questo stato sembra capace di fare qualsiasi cosa.
 
Lo vedo saltare sulla testa delle persone, seminando il panico e lasciando dietro di sé sguardi increduli. Davvero si è trasformato in gatto? Ma com'è possibile?
 
Continuo a correre finché non lo perdo di vista, non vedo nessuno intorno a me, né gli yakuza né il ragazzo-gatto. Ruoto su me stessa mentre il sudore mi bagna la fronte e i vestiti, sono esausta e sull'orlo di un collasso. Mi sono allontanata parecchio dalla via centrale e davanti a me c'è l'ingresso di uno dei parchi più grandi di Tokyo.
 
Sarà forse là? Mi addentro con cautela nel lungo viale e mi dirigo verso una zona più boscosa. Se si è trasformato in gatto, allora deve pensare come un gatto.
 
-Ranma? Dove sei? Micio, micio, micio...- provo a chiamarlo sentendomi stupida, spostando con attenzione rami ed erba.
 
Cammino senza fare rumore, guardando bene dove metto i piedi. Mi fermo quando sento che mi cade qualcosa su una spalla: lo prendo con le dita e mi accorgo che si tratta di un truciolo di corteccia di albero, alzo la testa e lì, sul ramo più alto, vedo il ragazzo con il codino.
 
Una parte di me sospira di sollievo ma l'altra è troppo spaventata per sapere cosa fare.
 
-Scendi immediatamente!- esclamo, ma lui non mi degna di uno sguardo, sembra si stia affilando le unghie sul povero tronco dal quale cadono sottili e perfetti trucioli di legno. -Gatto cattivo!-
 
Questa esclamazione pare distoglierlo da quello che sta facendo, punta gli occhi su di me e mi guarda con interesse, appollaiandosi sul ramo.
 
-Non vuoi scendere?- chiedo, anche se sono cosciente che la mia voce suona più come la minaccia di una padrona arrabbiata che rimprovera il suo animale domestico.
 
Volta la testa con una lentezza esasperante e mi sorprende saltando su un albero vicino, poi su un altro ancora e prosegue di albero in albero, scendendo poco per volta e a quattro zampe. Quando atterra e avanza verso di me mi sento stupida. Non è stata un'idea geniale rimproverarlo così! Si è trasformato in una dannata bestia e non capisce quello che dico!
 
Sembra posseduto, da solo ha seminato il panico nelle strade e ha messo in fuga gli yakuza in un battibaleno.
 
I suoi pugni sono in grado di spaccare pietre, le sue gambe riescono a saltare così in alto... e io ho pensato anche solo per un secondo di essere in grado di affrontarlo? Deglutisco a vuoto e indietreggio di un passo, mi sento come se fossi accerchiata da una pantera.
 
In questo stato potrebbe farmi fuori.
 
-Ranma, torna in te.- lo supplico, sentendomi per la prima volta spaventata da lui. I suoi occhi azzurri sono più allungati e mi fissano mentre avanza minaccioso. – Gattino, sta' buono... – non posso dire nient'altro, continuo a indietreggiare con passi incerti finché non urto contro una radice e cado sbattendo il fondoschiena. Quando rialzo lo sguardo, lo vedo lanciarsi su di me.
 
Ranma emette un piccolo ruggito con la gola, poggia le mani sui miei fianchi e... si accoccola sulle mie gambe.
 
Sono così sorpresa che non riesco a dire una parola, si acciambella su di me come se fosse davvero un gatto. Pesa. Arrossisco furiosamente mentre poggia una guancia sulle mie cosce e inizia a fare le fusa sonoramente.
 
-E-ehi, spostati!- gli chiedo, anche se ammetto che il suo calore è piacevole con questo freddo. Presa da mille dubbi e poche certezze, poggio la mano sui suoi capelli e lo accarezzo come farei con qualsiasi altro animale da compagnia. -Andiamo, pesi molto.- dico, più conciliante, ma le mie carezze sembrano averlo reso ancora più felice. Apre di nuovo gli occhi felini e mi guarda attentamente, mentre io non oso neanche sbattere le palpebre.
 
Si avvicina a me e inaspettatamente lecca la ferita sulla mia guancia. In maniera delicata e precisa fa scorrere la punta della lingua sul taglio, eliminando i resti di sangue e lasciandomi paralizzata. Tremo dalla testa ai piedi, spalanco la bocca attonita, un attimo prima che ripeta il gesto.

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-No! Gatto cattivo!- esclamo, cercando di allontanarlo da me, ma non si muove di un millimetro, è troppo forte per me. –Levati di dosso e torna in te una buona volta!- gli chiedo di nuovo, ma lui sembra troppo concentrato su quello che sta facendo per prestarmi attenzione.
 
Poggio le mani sul suo petto e giro la testa, no, non va bene per niente che continui...
 
-Ti ho detto che...!- allontana la lingua dalla mia guancia e allunga un po' il collo per sfiorare le mie labbra. Le mie mani iniziano a tremare e sento la forza abbandonarmi, come se tutti i muscoli si fossero trasformati in gelatina. Che curioso, appena qualche minuto fa morivo di paura all'idea di averlo così vicino e ora sono incapace di allontanarlo.
 
Cattura le mie labbra e mi spinge facendo sdraiare al suolo, tra l'erba fresca e le foglie cadute.
 
Le nostre labbra non si muovono ma non si separano. Per lui sembra piacevole sfiorare continuamente la bocca con la mia in un eterno bacio "in iato". Sento il suo fiato contro la mia pelle che mi riscalda dal freddo, facendomi perdere la nozione del tempo... mi perdo in me stessa finché non sento un grugnito gutturale, come delle fusa più energiche che sembrano preludere a qualcosa di molto più profondo.
 
-No!- le mie mani ritrovano la forza che mi mancava, lo spingo su un fianco e mi rimetto seduta per poi coprirmi la bocca con la mano tremante. Ma che è successo? Cosa è stato? Che ho fatto? I miei occhi si riempiono di lacrime e mi sento scossa e indignata, mentre Ranma si riavvicina a me, annusa i miei vestiti e inizia a strofinare il petto contro la mia spalla.
 
Mi allontano come se scottasse, i suoi occhi azzurri sembrano preoccupati dal mio comportamento. Alzo la mano pronta a colpirlo, per fargli pagare la sua offesa, ma lo vedo raggomitolarsi su se stesso e chiudere gli occhi, spaventato.
 
Resto ferma con la mano ancora sollevata e capisco che non sono davanti a Ranma, ma a un gatto impaurito. È un animale che si lascia guidare dall'istinto, che appena risponde al proprio nome, figuriamoci se comprende la logica umana.
Ma allora... perché l'ha fatto? Da quando i gatti baciano così?
 
Sento di essere giunta al limite. Voglio picchiarlo, voglio rovesciargli addosso la mia rabbia, ma non posso farlo finché ha le sembianze di una creatura spaventata.
 
Serro il pugno e ingoio la mia rabbia, mi alzo e tolgo le foglie attaccate al mio cappotto. Asciugo la lacrima che mi scorre sulla guancia e internamente mi scuso un milione di volte con Shinnosuke. Non potrà mai saperlo. Non saprà mai niente di questi giorni strani lontano da lui.
 
Ranma saltella intorno a me e quando inizio ad allontanarmi mi segue trotterellando a quattro zampe. Troppe emozioni in un solo giorno. La cosa migliore ora è cercare una stanza di un albergo economico e pregare che questo stupido recuperi il lume della ragione. E sarà meglio per lui che accada il prima possibile.
 
-Andiamo, micetto.- gli dico in maniera scherzosa, che a lui passa completamente inosservata.
 
Dovrò dargli una ciotola di latte per cena.
 
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NdA
Salve cari lettori!
Ecco qui il nuovo capitolo! Ci ho messo un po' a scriverlo e credo di non sbagliarmi se dico che ogni volta le cose si complicano sempre di più per i due protagonisti.
Mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, succedono cose moooolto interessanti che avranno conseguenze in futuro! E infine incontrano Genma. E che casino ha creato!
Per quanto riguarda il tesoro occulto di Yamashita, volevo solo dire che quello che ho scritto è accaduto vero, tranne ovviamente la storia della katana. L'originale è davvero esposta al museo militare di West Point e, che io sappia, non è mai uscita da lì ahah! Questa storia mi ha ispirato quando ho fatto un po' di ricerche sui misteri irrisolti e mi sembrava adatta per la mia fan fiction. Insomma, senza volerlo si impara sempre qualcosa.
Grazie davvero di cuore a tutti quelli che mi seguono e che continuano a leggere e a lasciarmi recensioni.
A presto!
LUM
 
NdT
Mi dispiace aver tardato così tanto con l'aggiornamento ma ho avuto diversi intoppi! Quindi, se dovete tirare qualche pomodoro marcio, puntate alla traduttrice ritardataria non all'autrice, mi raccomando!
Spero comunque che continuiate a seguire questa versione italiana della ff e che continui a piacervi. Per farmi perdonare ho tardato ancora un pochino l'aggiornamento per dedicare a chi continua a seguirci questo disegnino su Ranma-gatto che qui ho trovato particolarmente adorabile XD A prestissimo (è una promessa) con il 10° capitolo.
Grazie come sempre anche da parte mia a chi continua a leggere, anche in silenzio, e soprattutto a recensire!
Spirit99
   
 
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