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Autore: Feathers    14/04/2016    4 recensioni
/Cockles Au in Russia!/
Dopo che la sua vita cambia per sempre a causa di una matrioska, Jensen Ackles è costretto a vivere nella Russia del 1955, un'epoca difficile per un americano moderno. Per fortuna, un affascinante e misterioso scrittore di nome Misha Krushnic decide di ospitarlo nel suo appartamento al centro di Mosca. Cosa succederebbe se la loro iniziale diffidenza si trasformasse in una passione incontenibile?
Questa è la storia di un amore clandestino, di quelli tanto intensi da sembrare irreali, ma continuamente messo in grave pericolo dall'omofobia della Russia Sovietica. Riusciranno i due ad uscire dalla terribile situazione in cui si trovano ed a stare insieme senza rischiare la vita?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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                                                                     Hope we come back




Fui spinto contro il tronco dell'albero con poca delicatezza, e succhiato con passione sul collo finché non persi il respiro. Quel suo modo di fare era quasi vampiresco, e mi eccitava da morire - per non parlare del fatto che ci trovavamo in un bosco deserto, dove gli unici suoni distinguibili erano il canto degli uccellini e lo scricchiolio delle foglie sotto i nostri piedi.

 "Cazzo, Misha... " sibilai, abbandonandomi con la testa all'indietro, lasciando che mi toccasse sui fianchi nudi, sul sedere. Sentivo l'erezione premermi contro i pantaloni e farmi quasi male. Gli cinsi la vita con le braccia, avvicinandolo stretto a me, e provai un brivido nel sentire la sua pelle piacevolmente sudata e calda sulla mia. Adoravo da impazzire vedere le sue spalle scoperte e il suo collo candido disseminato di succhiotti.

 Misha ghignò, poggiò la mano sinistra all'albero e sollevò la gamba destra, intrappolandomi lì. Ero tutto suo. Ero sotto il suo controllo. Ingoiai un groppo di saliva mentre lui mi sbottonava i jeans con la mano libera.

 "Ti amo," riuscii a sussurrare, gli occhi socchiusi, strappandogli un meraviglioso e sensuale sorriso. Desideravo baciarlo su quelle labbra perfette, ma poi non lo feci - non volevo distrarlo da quel che stava facendo. Misha liberò il mio glande dalla stoffa leggera. Lo strinse appena fra le dita esperte senza muoverlo; si limitò a contrarre giocosamente le labbra per provocarmi, guardandomi negli occhi.

 "Che aspetti?! Fallo... " lo implorai. Stavo gocciolando vergognosamente - in tutti i sensi.

 Lui sorrise e aumentò la pressione sulla punta, facendomi sobbalzare. Avvicinò le labbra al mio orecchio: "Solo se lo fai anche tu, tesoro."

 Alzai le sopracciglia; mi sentivo il membro bruciare sotto il suo palmo bollente che si muoveva ritmicamente, con una lentezza insopportabile. Gemetti.

 Iniziai a sbottonare in fretta e furia i suoi pantaloni, e afferrai il suo membro, tremando. Misha mi baciò sulle labbra, introdusse la lingua nella mia bocca, e da lì ci baciammo vorticosamente, masturbandoci a vicenda, diventando una sola cosa fra piacere, profumo alla cannella e coccole poco innocenti. L'avrei baciato per tutto il resto della mia esistenza, mi sarei fatto toccare da lui per sempre. Mi aggrappai ai suoi capelli ed ansimai, permettendogli di aumentare la velocità con cui muoveva il palmo.

 Misha continuò a baciarmi finché non raggiunsimo l'orgasmo assieme, ansimando l'uno sulle labbra bagnate dell'altro. Cedemmo, stringendoci i corpi. I nostri petti si sollevavano e si abbassavano ritmicamente, e i nostri battiti lottavano fra di loro mentre il nostro bacio diventava più calmo e affettuoso, meno intenso.

 "Jensen... " mormorò Misha con voce inesistente.

 "Mish... " risposi, ed affondai il naso nell'incavo del suo collo. "Sei... sicuro che questo posto sia vuoto?"

 Lui ridacchiò col poco fiato che gli era rimasto in gola. "Sobolev non si incazza se vede i suoi personaggi del cuore farsi delle seghe nel suo boschetto."

 "Quanto sei volgare... "

 Misha sbuffò, solleticandomi sulla spalla col fiato. "E tu sei un idiota," ribatté, e si liberò a malincuore dal mio abbraccio, riabbottonandosi i pantaloni ed aiutando me a fare lo stesso. Lo guardai mentre mi rimetteva amorevolmente in ordine, e mi scoccava occhiate maliziose.

 "E ora?" sussurrai.

 Misha sollevò lo sguardo, e si grattò la barbetta. Afferrò la sua maglia spiegazzata dal fogliame marroncino sotto l'albero, e la indossò a metà.

 "Ora mia cara Gretel, cerchiamo dei sassolini e li lasciamo in giro per il bosco... Baba Jaga è vicina... " disse.

 "Chi cazzo è Baba Jaga?" chiesi, gli occhi a fessura.

 Misha spalancò stupidamente la bocca arrossata e un po' gonfia di baci. "Famosa leggenda russa! Mio Dio, sto per sposare un attraente ignorante!" esclamò, dandosi una teatrale manata in fronte.

 "Ma vaffanculo... " dissi ridendo, ma poi mi ripetei in testa la sua ultima frase, e mi morì la voce, " ...sposare?" domandai, il mio cuore che perdeva un colpo.

 Misha sorrise timidamente per la prima volta in sette mesi, ed abbassò il capo. "So che è... presto ma... non mi sposeresti... se, se potessi?" chiese, a fior di labbra. Le sue dita scivolarono sulla mia tempia, accarezzandola lentamente.

 Io sbattei le palpebre, arrossendo. Non avevo mai pensato di sposare nessuno. Mai. Mi era venuto in mente solo una volta, ad un compleanno di Cindy, di regalarle un anello, ma poi ci avevo rinunciato - e non era stata una questione di soldi.

 Mi sentii andare in iperventilazione, mentre fissavo quegli occhi blu e speranzosi e quelle fossette adorabili. Il suo sorriso scomparve per un attimo. "Uhm, scusami... forse sono inopportuno... " mormorò.

 "Cosa?! No no no!" mi affrettai a dire, scuotendo la testa. "Oddio... certo che ti sposerei." dissi, la voce non proprio ferma, grattandomi i capelli corti alla base.

 Misha riprese a respirare, e mi fece una tenerezza immensa. Certo che l'avrei sposato. L'avrei sposato mille volte, e non credevo che sarei mai arrivato a pensare una cosa del genere su qualcuno.

 "Davvero?" mi chiese; gli occhi celesti gli splendevano più di prima.

 Annuii. "Sì... davvero."

 "Ne... sono felice." sussurrò, e mi sorrise.

 Si voltò lentamente, e riprese a passeggiare per il bosco, canticchiando per la gioia qualcosa che non conoscevo di sicuro. La sua voce era tornata calda e disinvolta.

 Mi misi la maglietta

 "... I've been through deals such a long long time just trying to kill the pain... And it's hard to hold a candle... in the cold November rain..."

 "Mi piace come canti. Che canzone è?"

 "November Rain... to piace?"

 "Non la conosco... ma sembra orecchiabile."

 "Oh... è molto più di orecchiabile, io la adoro." disse, ridacchiando. Lo raggiunsi, e lo presi scherzosamente a braccetto, guardandomi attorno.

 "Frocetto, fai attenzione che i gufi ci denunciano," scherzò Misha.

 "Ma stai zitto, va!" esclamai, e scoppiai a ridere, immaginandomi un gufo che ci insultava da un albero, scrutandoci con gli occhietti gialli e luccicanti. Adoravo il fatto di riuscire a ridere delle cose più stupide in presenza di Misha. Mi faceva sentire normale, e sembrava tutto così dolce e naturale con lui.

 "Emh... hai dell'acqua? Ho finito la mia." dissi, la voce supplichevole.

 "Ovvio... tu sei quello che finisce sempre tutto per ultimo." ironizzò Misha, e mi fece l'occhiolino.

 "Taci, e passami l'acqua, maritino mio." dissi con sarcasmo.

 Misha rise, ed aprì la cerniera del suo zainetto nero. L'avevamo riempito di un mucchio di cose prima di entrare in bosco, peccato che ci fossimo scordati del preservativo.

 Dovevamo decisamente cercare Mikhail Sobolev, e quella mite sera del 5 Settembre ci era parsa adatta ad una missione simile.

 "Credi sia vicino?" domandai ad un certo punto, ed incrociai lentamente le dita alle sue, avvertendo una scarica elettrica percorrermi il braccio ed arrivare al cuore.

 "Vicinissimo. Sento il profumo di marzapane... "

 "Cretino... " Lo spinsi e scoppiai a ridere.

 Intanto il sole stava tramontando, e non riuscivamo a distinguere quasi nulla in mezzo ai fitti alberi ravvicinati. Ci imbattevamo soltanto in delle rare radure la cui erbetta dorata si ergeva dritta dritta e pareva dover prendere fuoco.

 Mi misi a canticchiare una canzoncina anche io, a voce bassa.

 "My house in Budapest, my, my hidden treasure chest, golden grand piano... my beautiful Castillo... You ooh, you... Ohh I'd leave it all... "

 "Uhm... carina questa." sussurrò Misha.

 "But for you, ooh, you... ooh, I'd leave it all... Oh, for you... Ooh, you
 Ooh, I'd leave it all... And give me one good reason why I should never make a change... Baby if you hold me then all of this will go away... "

 Già cantando qualche strofa ero diventato rosso come un peperone, e mi sforzavo di far finta di nulla guardando di fronte a me e concentrandomi sugli acuti di George Ezra. Ma non riuscii più a fingere indifferenza quando Misha esclamò: "Ma perché non canti più spesso? La tua voce è... oro ed io non me n'ero mai accorto!"

 Tacqui e lo fissai con un sorriso grato, abbassando gli occhi. I suoi erano leggermente lucidi, o forse era la luce soffusa a farmelo credere.

 "Me l'hai dedicata quella canzone, eh? Dimmi la verità... " chiese Misha.

 Sorrisi perché era proprio come lui aveva intuito.

 "Beh... sì. Ho... tanti amici cari nel posto dove abitavo a New York... Jared, Mark, Felicia... ed è un posto che amo nonostante la noia degli ultimi anni. Ma se per stare con te dovessi rinunciare a tutto questo... lo farei senza batter ciglio. Mi... mi basti tu e solo tu." dissi piano. Deglutii. Non vedevo l'espressione di Misha, e nemmeno volevo. Lui si fermò, e mi accarezzò il viso dolcemente.

 "Amore... è molto bello da parte tua... ma non devi rinunciare a nulla." disse dopo una lunga pausa.

 "Non vivevi in Russia nel 2003?"

 "Credi che ci voglia ritornare?" disse Misha sbuffando. "Dopo otto anni lì nel presente e un'altra dozzina nel passato voglio cambiare aria! E accento... "

 Alzai un sopracciglio, contrariato.

 "Ma se è bellissimo il tuo accento... "

 "Ma levati! Invece dimmi, com'è casa tua?"

 "Non come quella di sicuro... " dissi io, additando qualcosa di scuro in fondo al bosco. I rami coprivano quasi tutto il piccolo edificio, nascondendone in parte il tetto spiovente.

 Misha strinse gli occhi a fessura, deluso. "Meh... mi immaginavo qualcosa di più accogliente... non il classico casolare mezzo ristrutturato da film horror... "

 Risi. "Ti caghi addosso mio caro... questo è il problema... " lo presi in giro.

 "Taci," Misha sorrise e mi fece una linguaccia. "A quanto pare non era una leggenda metropolitana, quella di Sobolev. Su... andiamo e bussiamo alla porta dell'autore della nostra storia."

 "Della nostra storia... suona molto... da serie TV." dissi.

 "Ma noi ci siamo in una serie TV, secondo me... in un universo parallelo siamo due attori amanti che nascondono la propria bisessualità ai fan e si scopano nei camerini prima di girare le scene... "

 "Che fantasia,"

 Mi mossi con lentezza in mezzo alle foglie secche, scostandole con la punta dei piedi. Misha si separò dal mio braccio, e marciò più in fretta. Da vicino, la casa appariva decisamente meno minacciosa. Era solo una vecchia catapecchia di campagna con la staccionata in legno nero che la circondava quasi completamente.

 Salimmo sugli scalini che facevano un rumore di rotto di fronte alla porta, e bussammo due volte, dapprima pian piano, poi con più energia. Nessuno ci apriva.

 "Non c'è... " mormorai, aggrottando le sopracciglia.

 "Uhm... mai arrendersi. Dev'esserci... " rispose Misha, come se fosse ovvio, e si portò il dito sul labbro spaccato a causa del freddo.

 Bussò per la terza volta e tese l'orecchio. Non un fruscio, non un rumore: solo il bubolare del gufo sull'albero contorto alla nostra destra.

 "È vuota... che sfortuna... " Fece dietrofront, e mi chiese di seguirlo. Io deglutii, ma all'improvviso la porta si spalancò, facendoci sobbalzare entrambi.

 Una uomo pallidissimo e allampanato ci osservava attentamente dall'uscio, gli occhi verdognoli puntati soprattutto sui miei. "Che... che cosa cercate?"

 Mi schiarii la gola e Misha iniziò a tormentarsi il labbro inferiore. "Emh, salve... lei deve essere... " iniziai a mormorare.

 "Il signor Sobolev... giusto?" mi venne in aiuto Misha.

 L'uomo aggrottò le fini sopracciglia. Dimostrava circa quarantotto anni o giù di lì, e pareva nervoso. Inspirò pesantemente. "Cosa... volete da lui?"

 Misha esitò, ed infilò le dita in una tasca dello zainetto. "Ecco... si tratta di questo... " Tirò fuori The Damned Matrioska, con un sospiro. "Mikhail è... l'autore di questo libro. Avevamo bisogno di alcune informazioni su di esso, specie sulla versione originale."

 Osservai Misha con brama, in parte invidiando la sua sicurezza e disinvoltura.

 Il signore strinse gli occhi, e scosse la testa. "Non... non posso fornirvele," balbettò, e fece per chiuderci la porta stridente in faccia. Pareva che avesse qualche strana difficoltà di linguaggio.

 "No! Aspetti signor Sobolev... "

 Mikhail si fermò.

 " ...siamo degli amici, anche se siamo solo degli sconosciuti per favore si fidi... non siamo cattive persone." tentò di persuaderlo Misha.

 Mikhail rimase a studiare ogni nostro movimento dallo spiraglio della porta, le nocche bianche per lo sforzo di tenerla socchiusa. Capii al volo che le deduzioni di Misha sul suo passato di merda erano più che vere.

 "Non abbia paura... " ripeté Misha.

 "Chi siete?" mormorò quello, la voce bassa.

 "Siamo Misha... e Jensen... " disse Misha, indicando prima lui e poi me con un gesto della mano.

 Io inspirai, e infilai le mani in tasca. "Sì. Quei Misha e Jensen." dissi, sorridendo appena.

 Mikhail uscì un po' la testa, e strinse ancora di più lo spessore della porta con le dita. "C-cosa? No... che... che razza di scherzo è questo?" chiese, la voce voleva sembrare irritata, ma in realtà era solo spaventata.

 "Lo sappiamo che può sembrare assurdo... ma vede... The Damned Matrioska è una storia vera... noi abbiamo viaggiato nel tempo proprio come i protagonisti della sua favola... tutto è andato così finora. La Matrioska esiste. Noi due... esistiamo." dissi lentamente, col tono più sincero che potevo, gli occhi bassi.

 Prima di guardare la reazione di Mikhail, sbirciai quella di Misha.

 "Bravo," sussurrò lui con un fil di voce, e ghignò per un nanosecondo.

 Il signor Sobolev si massaggiò la fronte rugosa con due dita, spazientito. "Ma che... Dio buono... sogno ancora o son desto? In effetti... avete entrambi le caratteristiche dei miei personaggi. Tu, occhi smeraldini... timido e taciturno. E tu... capelli scuri un po' in disordine... con quell'ironia pungente. Venite dal futuro? Oh! Ma che dico?! È tardi... ed ho bisogno del letto... temo di star delirando. Devo ricordarmi di evitare il whisky la sera... " brontolò, e si girò un'altra volta.

 "No! Aspetti, cavolo! Abbiamo bisogno di lei, Sobolev... è questione di vita o di morte. Ci ascolti!" esclamò Misha, la voce decisa, facendolo immobilizzare all'istante.

 Mikhail sospirò, tirandosi nervosamente l'orlo della giacca di fustagno. "Bene. Ditemi subito cosa volete sapere e poi ve ne andate, Misha e Jensen!" urlò, abbastanza incazzato, marcando i nostri presunti nomi. Doveva di sicuro credere che lo stessimo prendendo spudoratamente per il culo.

 "Abbiamo bisogno di lei... " ripetei. "Ascolti. Sappiamo che c'era un'altra versione di questo libro. Un'altra versione drammatica su due omosessuali... ecco, stando alle ricerche... " Tirai fuori un taccuino, la carta bianca scricchiolò, "Stando alle ricerche... ci è accaduto finora tutto ciò che è successo a loro, che avevano perfino i nostri stessi nomi... e non sappiamo se lei è qualche tipo di profeta, o cos'altro..." mormorai piano.

 Ci fu una lunga pausa; il sole era ormai tramontato quasi del tutto, facendo scendere delle grosse ombre su di noi.

 "Entrate... " disse Mikhail, la voce flebile, dopo tutte quelle esitazioni, lasciando sia me che Misha a bocca aperta.

 Ubbidimmo, e varcammo l'ingresso, ritrovandoci in una cucina antica che odorava di cipolle e pane appena sfornato.

 "Su. Parlate."

 Non ci misimo più di cinque minuti a raccontargli la nostra storia, nonostante stessimo bevendo un caffè. Scoprimmo che Mikhail in fondo sapeva che saremmo venuti. L'aveva sognato un mese prima, al suo compleanno. Restò scioccato quando gli parlammo del simbolo, delle premonizioni, e di tutte le altre cose allucinanti che ci erano successe negli ultimi mesi. Ci pregò di parlargli della nostra vera epoca, di come il mondo era cambiato dopo una sessantina d'anni.

 "Vi giuro... credevo fosse uno stupido sogno il mio... uno scherzo della mia mente." disse Mikhail, "A - a quanto pare mi sbagliavo... tutto... ogni piccola cosa di voi, ogni vostro ricordo sembrano rispecchiare quelli dei miei personaggi. E ci sono cose... che avevo deciso di non scrivere - e che voi mi state raccontando! - per cui, mi vedo costretto a credervi." Sospirò, i gomiti poggiati pesantemente sul tavolo.

 Io e Misha ci consultammo con un rapido sguardo. Non ci servivano le parole per dirci qualcosa; bastava un luccichio negli occhi, o una semplice mossa delle sopracciglia.

 "Come finiva il libro originale?" domandò Misha, e si portò la tazzina alle labbra.

 Mikhail alzò lo sguardo, triste. "Il vecchio libro comprendeva due volumi. Non ho mai ultimato il secondo, né avuto la possibilità di farlo dopo. Sapete cosa è successo... "

 "Sì." disse subito Misha, annuendo per delicatezza. "Ma... ci dica... se tutto questo è vero... come possiamo tornare indietro?" chiese, scuotendo la testa.

 "Ci vuole la Matrioska... "

 "A parte quella," risposi, "Quella che ci era capitata fra le mani... ci è accidentalmente caduta per terra. È nel presente adesso, nel 2015."

 "Oh, maledizione. Mi dispiace. Resterete qui, allora." disse Mikhail, sospirando.

 "E non c'è assolutamente nulla che potremmo fare?" chiese Misha, senza perdere le speranze che io avevo già buttato. "Proprio nulla?" ripeté.

 Mikhail guardò entrambi negli occhi. "Forse... "

 "Cosa?"

 "Forse... c'è una sola soluzione... ma non sono sicuro se funzionerà o meno, non l'ho mai scritta perché mi faceva male pensarci, era solo un'idea... " mormorò Sobolev, il tono grave.

 "E sarebbe?" chiesimo io e Misha in coro.

 "In fondo... non aveva scritto neppure quando Misha da piccolo aveva fatto il bagno al mare in mutande, eppure l'ha davvero fatto." dissi, trattenendo un risolino.

 Mikhail sorrise per la prima volta, incrociando le braccia con fare infreddolito. "Bene. Magari è come dite voi. Lo spero tanto."

 Misha ridusse gli occhi a due fessure. "Qualunque cosa pur di uscire da quest'epoca. Ci sono stato abbastanza." disse, secco. Quando era arrabbiato era particolarmente affascinante.

 Sobolev si morse le labbra. "C'è una... data speciale in cui potete tornare. È una costante. È il mio sempre. Lo era... almeno credo. Nel senso che è... e sarebbe stata sempre l'unica scappatoia disponibile per chi finisce indietro nel tempo e non possiede più la Matrioska. C'è un modo per tornare, ma arriverete necessariamente il 15 Luglio dell'anno 2016."

 Calò il silenzio.

 Io rimasi basito, e sbattei le palpebre. "Il 15 Luglio?"

 "S-sì... " disse Mikhail, senza guardarci.

 "Uhm... è una data importante per lei?"

 Mikhail arrossì violentemente. "No no no... casuale... una data casuale... " farfugliò, senza riuscire a non sorridere appena.

 Misha annuì per educazione. "Bene. Provare per credere. Cosa dobbiamo fare?"

 "Dovete... sacrificare un oggetto a cui tenete." disse Mikhail precipitosamente, felice del cambio d'argomento. "Tutti e due. Bruciate il vostro oggetto... e nel frattempo pronunciate all'incontrario questa... formula... "

 Scese dalla sedia, andò in fretta a rovistare nella sua stanza e tornò con un mucchio di fogli legati con un'inelegante cordicella grigia.

 "Cos'è?" chiese Misha.

 "Un pezzo del secondo libro di The Damned Matrioska. Potete tenerlo... io non lo finirò mai." borbottò, atono. "Sul retro c'è la formula che il mago ha usato per maledire la Matrioska. Al contrario dovrebbe funzionare... e alla fine dovete dire la famosa... data." mormorò in fretta, come se parlare del 15 Luglio gli facesse bruciare la lingua.

 "Bene. La ringraziamo davvero tanto." disse Misha, e mi guardò.

 Mikhail si passò una mano fra i radi capelli scuri. "Ancora non posso credere a quel che hanno sentito le mie orecchie."

 Misha sorrise sommessamente. "Quasi nemmeno noi crediamo a tutto questo gran casino."

 -----------------

 Io e Misha uscimmo da casa sua, lanciandoci sguardi interrogativi. Avrebbe funzionato il suo metodo? E quale oggetto avremmo dovuto bruciare per salvarci?

 Camminammo con calma verso l'uscita del bosco, tenendoci per mano. Misha accarezzava il mio polso col pollice. Io tenni il capo basso, evitando di dire una parola e sentivo che qualcosa non andava.

 Misha si schiarì la gola.

 "Che ti succede?" mi domandò con voce roca.

 Deglutii. "Io... "

 "Cosa?" Misha si fermò.

 Strinsi le dita sul suo palmo, come per paura che mi lasciasse andare. Perdere lui era la mia peggiore fobia.

 "Sono spaventato. E ansioso." Odiavo doverglielo spiegare, perché adesso che stavamo a San Pietroburgo tutto si era sistemato, io avevo trovato un lavoretto in un locale e nessuno pareva sospettare di noi. E, soprattutto, Misha si era ripreso un po'.

 Eppure da giorni avevo una morsa allo stomaco che mi infastidiva, mi toglieva la fame, mi uccideva. Mi faceva star male e non capivo perché.

 Misha sorrise nell'oscurità, e mi circondò le spalle con un braccio, attirandomi a sé. "Amore mio, è solo suggestione: anche io sono stato male, ma dobbiamo solo essere cauti. Stai tranquillo."

 Respirai pesantemente.

 "Mi credi?"

 "C-certo che ti credo... "

 Misha si rasserenò, ed io presi una sigaretta e il mio accendino dalla tasca. Guardai la cenere accendersi con uno strano piacere - mi parve quasi di bruciare le mie preoccupazioni. Ma Misha mi sfiorò la mano: "No, aspetta. Fuma dopo."

 "Perché?" protestai.

 "... siamo vicini alla fine di questo pacifico posto buio ed isolato, quindi... baciami." mormorò sensualmente, fermandosi ed afferrandomi per il braccio. Aderì il suo corpo caldo al mio, e introdusse le mani nella mia maglietta, all'altezza dei fianchi, facendole scivolare con dolcezza. Nemmeno al liceo avevo mai provato brividi paragonabili a quelli. Schiuse le labbra morbide, sfiorò le mie, e mi diede uno dei baci più lenti e affettuosi di sempre.

 Appoggiai la fronte alla sua, e gli presi entrambi i polsi, intrecciando le sue dita alle mie, e sorrisi.

 "Cosa pensi che sia?"

 "Che cosa, Mish?" chiesi.

 "Il 15 Luglio... " Lo vidi curvare le labbra in un sorriso malizioso. "Secondo me è una data molto significativa per Sobolev."

 "Misha, ti prego... non fare il pettegolo! Sono affari suoi... " lo rimproverai, beccandomi una risata sguaiata da parte sua.

 Tornammo a casa, mantenendo le distanze per strada.

 Quella sera sarebbe toccato a me scrivere.

 ---------------

 Note dell'autrice:
 E va beneee alla fine la fic non è andata in pausa, non per ora almeno... dato che con tutto lo studio da liceo che mi ritrovo è complicato concentrarsi, pazientate bimbi miei se faccio errori

Hey, lettori! *si nasconde* scusatemi, ho fatto un errore alla prima pubblicazione di questo capitolo... non sapevo che canzone far cantare a Misha ed all'inizio ho dimenticato lo spazio vuoto. Sorry! :( ora ho sistemato tutto
   
 
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