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Autore: emovtional    15/04/2016    1 recensioni
Un giorno diverso da quello che tutti sono abituati a credere, in un ipotetico momento immaginario, distorto dalla realtà, Gerard Way annuncia la decisione di sciogliere la band. Come la prenderanno i suoi membri?

Ciò che è scritto non è accaduto davvero ed è frutto della mia immaginazione. I caratteri dei personaggi sono inventati. Lo scopo di questa ff non è di infangare l'immagine dei My Chemical Romance.
Genere: Fluff, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Bob Bryar, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione! Vorrei che leggeste questo prima di iniziare! Non è specificata la data in cui si svolge la storia, ma non è il 23 marzo 2013, le età dei membri non coincidono con la realtà. Frank ha 22 anni, Gerard 26, Mikey 23 e Ray 26. I MyChem sono durati 6 anni, non 12 come nella realtà. Ciò che è scritto in questa storia non è accaduto davvero, i ragazzi non hanno agito nel modo descritto, lo scioglimento non si è svolto in questo modo. Tutto ciò è frutto della mia immaginazione, i caratteri dei personaggi sono inventati e ogni riferimento è puramente casuale. Non voglio influenzarvi o farvi pensare che sia andata in questo modo perché niente di tutto ciò che ho scritto è accaduto. Non voglio infangare l'immagine dei My Chemical Romance.






Strinsi gli occhi e presi un respiro profondo. Inalai l'aria fino a quando necessitai di buttarla fuori. Avrei voluto andarmene e non dare mie notizie fino al mattino seguente, ma dovevo assumermi le responsabilità. Ero il leader della band. Dovevo farlo. Abbassai la maniglia ed entrai nella stanza, sorridendo. Non volevo sorridere. Frank si voltò verso di me, incuriosito a causa del rumore della porta. Anche lui sorrise. Il cuore mi fece male. 
-Ciao.- dissi. Mi sedetti sul divano nero, incrociai le gambe e respirai di nuovo. Ray aveva gli occhi bassi, giocava con il collo di una bottiglia di birra. Passava il dito sul vetro scuro, movimenti circolari e dannatamente lenti. Distolsi lo sguardo per incontrare quello di Frank. Sorrideva. Ancora. Avrei dovuto continuare a fissare le dita di Ray. 
-Ehi, Gerard.- bisbigliò Mikey. Annuii a mio fratello, non aprendo bocca. Non avevo voglia di parlare. Ero intenzionato a dire solo ciò che mi ero prefissato di fare. Nient'altro. 
-Allora...- mi morsi il labbro. Non sapevo se ci sarei riuscito. -come state?- chiesi.
-Alla grande!- urlò Frank. Prese tra le mani la chitarra, camminando verso il divano.
-Frank, aspetta. Devo parlarvi, puoi lasciarla?- 
Il ragazzo mi fissò confuso. Aggrottò le sopracciglia e rimise lo strumento al suo posto.
-Devi parlarci?- 
Annuii. Mi spostai i capelli da un lato, lasciai che la mia mano vagasse tra le ciocche scure. Non ce l'avrei fatta. Frank mi guardava con gli occhi di chi si aspetta qualcosa di grandioso. Ciò che gli dovevo dire non era grandioso. Abbassai lo sguardo. Non riuscivo a sostenere gli occhi speranzosi di Frank in questo momento. 
-Non so come iniziare.- bisbigliai. -È difficile.-
Mi passai le dita sulle palpebre. Il nero che vedevo mi dava sicurezza, ma non coraggio.
-Gerard...- era la voce di Frank. Non mi mossi. Non potevo rischiare di incontrare il viso del ragazzo. Sarei sprofondato sotto terra. E così il mio cuore. Non potevo rischiare.
-Gerard, che succede?- 
Ray e Mikey stavano in silenzio. Potevo sentire il fruscio dei polpastrelli del chitarrista sul vetro.
-Io ho pensato che...- 
-Che?- mi incitò Frank. 
Aprii gli occhi. Lui mi stava guardando. Percepii il mio cuore affondare di altri centimetri. Batteva così forte. Avevo paura, temevo la reazione del mio compagno.
Devi farlo, Gerard.
No, posso rimandare tutto. Non è urgente. 
Lo è, avanti. 
Fallo, Gerard, coraggio.
-Penso che i My Chemical Romance siano arrivati alla loro fine.- 
Riuscii a sostenere lo sguardo di Frank. Anche quando diventò uno sguardo stupito, confuso, arrabbiato e disgustato. Mi fece male. Mi si strinse lo stomaco. Desiderai di strapparlo dal mio corpo, trattenni il respiro. Il dolore non si placò.
-Come?- ciò che disse Frank fu così flebile che quasi non lo sentii. -Perché, Gerard?- continuò con quel tono. Leggero, basso. Tagliente. -È uno scherzo?-
Scossi la testa. Frank aprì la bocca, ma non parlò. Sbatté le palpebre e fece vagare gli occhi tra me e Ray, Ray e Mikey, Mikey e me. Era incredulo, allibito. 
-Sono serio. È la decisione definitiva.- 
-Ma perché?- ancora quel tono. Mi stava tagliando i polmoni, adesso. L'intestino e lo stomaco si contorcevano, il cuore era ormai seppellito, e i polmoni avevano ferite profonde. Necessitavano aria, ma era inutile. Più respiravo, più l'ossigeno se ne andava, passando per i tagli e sfregando rudemente contro la mia pelle. Frank mi stava uccidendo. Ne era inconsapevole, non era colpa sua. Ma lo stava facendo. Mi uccideva costantemente.
-Perché non è più come prima.- mi sforzai di dire anche questo. Non era pianificato. Speravo che Frank accettasse la decisione senza fare domande. Senza contestare. Ma sapevo che non l'avrebbe fatto. Frank era così. Non accettava volentieri ciò che non gli piaceva. 
-In che senso?- era affranto. Il suo viso, il tono di voce che stava usando erano distrutti e feriti. -Gerard... Perché lo stai facendo?-
Sospirai, stringendo gli occhi. Qualcosa mi stava schiacciando. Probabilmente era la terra che inghiottiva il mio cuore sepolto.
-Non rendere le cose più difficili. Ti prego, Frank. Accettalo e basta.- ero stanco. Non volevo più parlarne. 
-Come puoi chiedermi di accettarlo?- non stava ancora urlando. Non aveva ancora perso il controllo. Immaginavo mancasse poco. Davvero poco. Avrebbe dato di matto, questo lo sapevo. Ray aveva smesso di giocare con la bottiglia. Lanciava occhiate veloci a Frank. Anche lui aveva il timore della reazione del compagno. Si aspettava la bomba che era Frank Iero. Però era una bomba strana. Poteva essere positiva e negativa. Poteva essere entrambi. Quando esplodeva mi disintegrava, radeva al suolo gran parte di ciò che lo circondava. Ma appena il boato era concluso, lontano dalle nostre orecchie e dal mio corpo inerme, lui mi riportava in vita. Di nuovo. Mi aiutava a rimettermi in piedi. A respirare. Come se non fosse stato lui ad uccidermi pochi istanti prima. Ma lui non se me accorgeva. Mai. 

Te lo chiedo perché lo stiamo facendo tutti.- 
Frank ebbe uno scatto, si girò velocemente sulla poltrona. Inchiodò i suoi occhi sulle figure di Ray e Mikey. I suoi occhi erano cambiati. Non aveva uno sguardo prettamente deluso. Era anche infuriato. E ferito. 
-Non dite niente? Lo accettate?- chiese, incredulo. Sentii le lame nei polmoni premere più a fondo. Frank le stava spingendo. 
-Sì, Frankie. Dobbiamo farlo.- Ray sorrise in modo malinconico. Era sempre così calmo. Sorrideva anche nei momenti più difficili. Io non riuscivo. La tristezza, l'ansia e l'agitazione mi toglievano qualsiasi briciolo di felicità. Anche quello che giaceva nascosto e dimenticato. 
-Non chiamarmi Frankie.- abbassò la voce il più piccolo, incenerendo con lo sguardo il chitarrista. Mi fissò, e in quell'istante fece la constatazione alla quale non volevo arrivasse. 
-Aspetta.. Voi lo sapevate già?- spalancò gli occhi. Infuriati. -Mikey? Ray, lo sapevi?- 
Interpretò il silenzio come una risposta positiva. Desiderai di non trovarmi lì. Mancava davvero poco. -Gliel'avevi già detto, Gerard?- si rivolse a me. Dovevo rispondere? O restare zitto? Avrebbe dato di matto in tutti e due i casi. Era questo il momento in cui perdeva il controllo. Se avessi aperto bocca o meno, questo era il capolinea. 
-Sì.- sussurrai. Chiusi gli occhi e abbandonai la testa sul cuscino. 
-Ma che cazzo?!- urlò Frank. Mi fece spaventare. Strinsi le mie dita sul braccio. Il dolore che provavo era davvero forte. Non volevo vedere Frank così. -Faccio anche io parte della band, giusto? Non capisco perché tu l'abbia detto a loro e non a me! E non capisco perché tu abbia deciso di scioglierla.-
-Frank..- si intromise Mikey. 
-Non ho finito.- piantò l'indice tatuato in direzione del viso di Mikey. Poi guardò me. Le lance dovevano aver trapassato metà polmone. L'intestino e lo stomaco erano troppo stritolati tra loro per pensare a cosa stesse accadendo di preciso. -Magari avete anche preso la decisione insieme. Beh, di sicuro. E Frank chi è? Che importa, tanto non conta ciò che pensa lui.-
Mi lamentai emettendo un verso di rassegnazione. Serrai gli occhi di nuovo. 
-L'ho deciso soltanto io.-
-E credi che sia meglio?- 
-Non te l'ho detto per evitare questo.- borbottai.
Ci furono secondi di silenzio. Frank stava immagazzinando le informazioni, stava considerando la situazione in cui si trovava.
-Non capisco.- disse. -Io sono cresciuto con questa band. Avevo soltanto 16 anni. Non posso neanche spiegare quanto mi abbia aiutato! Quante cose io abbia imparato stando nei My Chemical Romance.- disse tutto quello con rabbia e delusione.
Non sapevo cosa dire. Le parole di Frank si erano unite alle lame nei miei polmoni, pronte ad infilzarli. Il sangue era sicuramente troppo. Straripava da ogni taglio, da ogni buco.
-Potevi andartene e lasciare a noi il progetto di continuarla.- 
-È la nostra band. Se ne va uno, se ne vanno tutti. Non può esistere senza uno di noi.- parlai. Avevo gli occhi chiusi, comunque. Aprirli era l'ultima cosa che avrei fatto.
-Certo.- borbottò. Stava tentando di non urlare. -E se fosse stato il contrario? Non avresti permesso che io sciogliessi la band.-
-Frank, non capisci.- 
Il fatto era che non funzionava più. Non potevano esistere ancora per molto i My Chemical Romance. Se fosse stato il contrario, come diceva Frank, avrei chiesto spiegazioni e i motivi. L'avrei accettato. Ero sicuro avrei reagito così.
-Esatto, non ci riesco.- si lasciò andare sulla poltrona. Tirò le gambe al petto. Il mio cuore sprofondava sempre più giù. Sembrava ancora più piccolo. Volevo abbracciarlo. Consolarlo e dirgli che l'avremmo superato insieme. Ma restai fermo. 
-Non è facile, è ovvio. Ma anche noi ce ne siamo accorti. È cambiato qualcosa.- Ray si era sporto verso Frank. Lo guardava con tranquillità, le mani erano congiunte. I suoi capelli gli cadevano sugli occhi, leggeri e delicati. 
-Io no! Solo a me importava, allora? Per voi non era importante?- chiese. Era sul punto di lasciarsi andare. La voce tremava. Il dolore nel mio corpo persisteva. Continuo, lancinante. 
-Certo che sì, ci importava. E ci importa. Non pensare il contrario.- disse Mikey. 
I miei due compagni avevano preso il mio posto. Io ero muto. Immobile come uno stupido. Non stavo aiutando Frank. Non stavo facendo niente. Mi sarei picchiato, a dire la verità.
-Era tutto ciò che avevo, Gerard. Mi stai togliendo la sola cosa di cui mi sia mai importato qualcosa.- continuò Frank. Ero sicuro sarei svenuto. La sua voce era così debole e distrutta. Non volevo vivere, se avessi dovuto sentire quella voce per sempre. 
-Hai me.- una spinta di coraggio mi fece dire le due piccole parole che fecero rabbuiare, di più di come lo fosse già, Frank.
-Avevo. Non più. Non c'è più la band, non ci sei più tu.-

Mi guardò. Lo guardai. Nei suoi occhi scorsi il concentrato di delusione più alto che avessi mai visto in vita mia. Il cuore non era più recuperabile, troppo in profondità. La quantità di terra che lo sovrastava era enorme. Pesava, mi schiacciava. Non respiravo. La bomba di Frank era scoppiata, ma questa volta lui non mi stava aiutando a vivere di nuovo. Mi guardava dall'alto, era orgoglioso di ciò che aveva fatto. Osservava l'onda provocata da lui stesso infrangersi contro i più lontani limiti. Per la prima volta, rimanevo sdraiato inerme sul pavimento. Il sangue usciva libero dal mio corpo, i polmoni non riuscivano ad immagazzinare l'aria, avevano troppi tagli, usciva troppo sangue. Il blocco che avevo allo stomaco era esageratamente grande. Non mi rimaneva altro da fare se non guardare Frank. Frank e la sua bellezza, perché anche in queste circostanze lui rimaneva comunque bellissimo. 
Mi risvegliai dalla mia immaginazione sentendo un rumore forte e secco. Alzai lo sguardo. Ray aveva una smorfia sul viso, la sua bottiglia di birra era vuota, ed era appoggiata al tappeto, tra le sue gambe. Mikey mi rivolse un'occhiata, non mi curai di interpretarla, capii soltanto che Frank fosse uscito e si fosse chiuso in bagno. Mi alzai, radunando le forze che mi avevano precedentemente abbandonato a causa della situazione frustrante. Barcollai, mi girò la testa. Il dolore persisteva, comunque. Non pensavo se ne sarebbe andato in futuro. Mi avrebbe sempre accompagnato. Mi sarebbe stato accanto in ogni attimo, come un fedele compagno. Sebbene io non lo volessi. Nessuno lo vuole. Picchiai le nocche sulla porta. 
-Frank.- 
Lo feci ancora. Per altre volte. Lui non rispondeva. Mi sentivo esausto. Volevo dormire, ma non sarei riuscito a farlo, sapendo il dolore causato a Frank. 
Appoggiai la fronte sulla porta ed espirai.
-Frank, apri. Okay?-
-No.- 
-Per favore.-
-No.-
-Voglio parlare con te.-
-Lo stai già facendo.-
Affondai i denti nel labbro inferiore. Normalmente, avrei riso. Ma quel momento non si poteva considerare normale. 
-Ti prego.- 
Sbattei un pugno sulla superficie scura, ma lo feci piano. Non volevo sembrare infuriato. Non lo ero. Ero soltanto stanco.
La serratura scattò. Aspettai alcuni secondi, nei quali mi voltai verso i miei compagni. Loro annuirono ed entrai. Frank era seduto a terra, le gambe abbandonate sul pavimento. Aveva la schiena appoggiata alla vasca, il viso leggermente abbassato. Tra le dita tatuate teneva una sigaretta. Amavo i suoi tatuaggi. Amavo anche il modo in cui fumava. Potevo osservarlo per ore. La portò alla bocca, schiuse le labbra e inspirò il fumo. Scrollò con un colpo secco le dita, la cenere volò come una piuma troppo leggera. Poi riprese il ciclo.
-Mi piace quando fumi.- risi leggermente, per alleviare la tensione.
Ma Frank non rise. Tutto ciò che faceva era fumare. Tutto ciò di cui gli importava era la sua sigaretta. Era a metà.
-Per quanto tempo ce l'avrai con me?- chiesi.
Mi sedetti cautamente accanto a lui. Non volevo che si spostasse. Volevo solo stargli vicino.
-Fino a quando ne avrò voglia.- 
D'accordo, sapeva essere scontroso. Non lo era quasi mai, era difficile che Frank rispondesse male. Eccetto in questi casi. 
-Andrà così, è deciso. Se continuassimo, non sarebbe fantastico come lo era prima. Credimi. Staremo bene. Starai bene.-
Frank mi guardò. Ne rimasi sorpreso. Mi guardò con gli occhi imploranti, malinconici.
-Credimi.- sussurrò soltanto. 
Una morsa lancinante allo stomaco e al cuore, di nuovo. 
Credimi. 
Tornò alla sua sigaretta. L'aveva finita. Un ultimo tiro e la buttò nel water. Mi soffiò il fumo in faccia, storcendo le labbra come era solito fare. Il desiderio di baciare quelle labbra era immenso.
-Mi stai ferendo.- bisbigliò. Gli occhi erano incatenati nei miei. Non ci muovevamo. Io contemplavo la bellezza di Frank. Non so se lui stesse facendo la medesima cosa, ma non importava.
-Mi dispiace.- confessai.
Giocai con i miei jeans. Arrotolai il filo creato dalla spaccatura sul ginocchio. Avevo ancora gli occhi indirizzati verso quelli di Frank.
-Avevo una canzone e volevo fartela leggere. Ne ero davvero fiero. Ma non la potrà sentire nessuno.- ciò che esternava quel ragazzo era puramente delusione e tristezza. Era ferito e io non sapevo cosa fare. Ero stato io a causare quello stato d'animo, ma non avevo idea di come rimediare.
-Puoi cantarla da solista.-
-Non voglio cantarla da solista. Voglio farlo con la mia band.- la sua voce tremò. Distolse lo sguardo e fissò le sue gambe. Le sue spalle ebbero uno spasmo. Si portò le mani sul viso, puntando i gomiti nell'addome. No, Frank, ti prego. Non piangere. 
-Ci aiuteremo lo stesso.- 
-Non è quello, è che pensavo non sarebbe finita. La band mi faceva sentire vivo, era come se fossi parte di qualcosa. Non mi sono mai sentito così bene, se non come quando ho la chitarra tra le mani su un palco. Eccetto quando sto con te, ma anche questo finirà.- le sue parole erano attutite dalle dita che premevano sulla bocca. Il suono era ovattato, ma avevo compreso ogni singola cosa. Desideravo darmi dei pugni in pancia, sull'addome e sul petto, purché facesse smettere il dolore che provavo dentro. Il dolore esterno potevo sopportarlo, ma non quello all'interno. Quello che provavo dentro si insinuava in ogni vena, in ogni cellula del mio corpo, non potevo fermarlo, non potevo toccare il mio corpo e pretendere che si fermasse. Mi contorceva. 
Volevo morire. 
Spostai un braccio e lo appoggiai sulle sue spalle. Avvicinai il suo corpo al mio con una leggera spinta. Lui non si oppose e mi fece sentire meglio. 
-Frank?-
-Mh.- mugugnò, stando sempre con le mani appiccicate al viso. 
Mi faceva tenerezza. Era la persona più dolce che avessi mai conosciuto. In qualunque caso.
-Qualcosa è da capire, qualcos'altro è da accettare.- parlai lentamente, come se non volessi svegliarlo dal sonno, sebbene non stesse dormendo.
Alzò il viso e mi guardò. Gli scese una lacrima, una lacrima solitaria e abbandonata lungo la guancia pallida. Una sola. Non pensai alle conseguenze, non lo feci. Gli baciai la pelle bagnata da quella goccia, sentendola sulle mie labbra. Frank chiuse gli occhi e fece un respiro più lungo. Io mi misi davanti a lui, guardavo il suo viso. Avrei voluto fermare il tempo in quel preciso istante, dove Frank era più bello che mai. Spostai gli occhi sulle sue labbra. Erano troppo perfette per non essere toccate. Espirai dolcemente, sentendo soltanto il suono flebile dei nostri respiri. Poggiai la mano sulla sua guancia, delicatamente, come se si potesse rompere, come se la sua pelle fosse porcellana lavorata dal più capace degli artigiani. Con il pollice gli spostai una ciocca di capelli dagli occhi, una ciocca scura e morbida, lo guardai di nuovo. Chiusi gli occhi. E lo baciai. Baciai le sue labbra impeccabili e strofinai il dito sul suo zigomo. Frank non si ritrasse e ne fui sollevato. Avevo ancora il mio braccio sulle spalle del ragazzo, il palmo sulla guancia e le labbra premute sulle sue. Lui portò lentamente la mano dietro la mia nuca, fece incastrare le sue dita tra i miei capelli e mi spinse verso il suo volto. Avevo baciato Frank molte volte, ma era come se fosse la prima. C'era qualcosa di diverso. Questo bacio era desiderato, non era casuale o per divertimento. Presi il suo viso tra le mie mani, lo costrinsi a guardarmi. Eravamo davvero vicini. Non potevo desiderare nient'altro, era tutto ciò che volevo. Il dolore interno, lacerante e tagliente persisteva. Non capivo il motivo. Ero con Frank, con il ragazzo che amavo. E allora perché il dolore continuava? Perché non se ne andava? 
-Frankie.- bisbigliai. 
Aveva un'espressione da ragazzo smarrito. Ma non era smarrito, c'ero io. C'ero io. Strinsi la presa e mossi i pollici sulla pelle. 
-Lo accetterai. E staremo bene comunque, lo giuro.- 
Frank non parlò, annuì soltanto. Avrei dovuto capire.





Tempo dopo.

C'era il sole. Era una bella giornata. 
Finalmente, dopo innumerevoli giorni di pioggia, il sole era sorto e non era stato ostacolato da nuvole. Era una bella giornata e il mio umore era nettamente migliore. O comunque, migliore rispetto ai giorni che erano passati senza mai vedermi davvero felice. Non riuscivo a esserlo completamente da molto tempo. Non avevo con me quel qualcosa che mi rendesse le giornate serene. Ma non mi potevo lamentare, la mia vita mi piaceva. Uscii dalla casa, portai con me il pacchetto di sigarette e un accendino. Non mi abbandonavano mai.
Il motore di una macchina rombò poco distante da me, fino a cessare. Strinsi la sigaretta tra le dita e la tolsi dalle labbra. Mi sistemai il giubbino e i jeans, incamminandomi verso l'entrata di casa. Il sole era comunque debole. La temperatura non doveva essere elevata. Girai l'angolo e mi trovai sul marciapiede che si affacciava alla strada. Una macchina era parcheggiata davanti a casa mia. Qualcuno era appoggiato alla portiera chiusa, era di spalle. Non lo vedevo. Sembrava stesse meditando sul modo in cui avrebbe dovuto agire. Potevo soltanto osservare la sua schiena, i capelli neri che vibravano a causa del fresco venticello, le mani coperte da un paio di guanti neri, che premevano sul viso, e le cui dita erano tatuate. Aveva qualcosa di conosciuto. 
Feci un tiro dalla sigaretta. Spostai il peso sulla gamba destra, piegando il busto per osservare meglio. 
Ma che diavolo?
Il mio cuore ebbe uno scatto e in meno di un secondo iniziò a palpitare più velocemente. Milioni di immagini si susseguirono nella mia mente, il completo caos. L'ansia e l'agitazione avevano preso il controllo del mio corpo. Mi sudavano le mani ed erano passati pochi secondi. Che avrei dovuto fare? Il coraggio non era un mio pregio, penso l'abbiate capito. Strofinai il palmo della mano sui jeans. Mi pulsava la testa, le tempie battevano al ritmo di una canzone dal ritmo martellante. Sollevai il braccio, portai la mia mano all'altezza del viso. Notai il tremolio delle dita e rabbrividii.
-Frank?- sussurrai. Ero titubante. Ebbi il timore che non mi avesse sentito, e che avessi dovuto ripetere. 
Ma lui si girò di scatto. Spostò le mani dal viso con un movimento repentino, come se la sua pelle scottasse e se ne fosse accorto soltanto sentendo la mia voce. Mi guardò e la mia sigaretta cadde sull'asfalto. Stirò le labbra nel suo sorriso e fui investito dalla malinconia. Era il Frank Iero di anni fa, il suo viso aveva gli stessi lineamenti, perfetti e particolari, non era cambiato. E aveva ancora il suo sorriso, quel sorriso dolce. Mi sembrò di tornare indietro nel tempo. 
-Ti è caduta la sigaretta.- parlò, indicandola. Notai stesse ridacchiando. Era strano sentire la sua voce dopo così tanto tempo. Quanto era passato? Risi e la raccolsi. Non era ancora arrivato il momento di pestarla e pressarla sul terreno caldo.
-Giusto.- feci un altro tiro. Non capii, ma mi rilassai vedendo che Frank si fosse comportato da Frank in una situazione imbarazzante rendendo tutto più semplice. Gliene fui grato.
Il cuore batteva davvero velocemente, ma ero più tranquillo.
-Che ci fai qui, comunque?- storsi la bocca e lasciai che il fumo mi ritornasse sul viso, lasciai che mi schiaffeggiasse. Il vento tirava verso ovest. 
-Per te.- sorrise e fece il giro della macchina. Si piantò dritto davanti a me, lasciando però alcuni metri di distanza. 
-Me?- mi indicai il petto. Ero confuso e curioso. Non nego di aver pensato, per una frazione di secondo, che Frank fosse venuto a casa mia per dirmi che avremmo dovuto rimediare agli errori. Ai nostri errori. Guardai il mozzicone e lo lanciai a terra, lo calpestai. La sigaretta era finita.
-Perché stai inquinando il tuo giardino.- rise il ragazzo. Non era una domanda. Erano le solite stronzate che raccontava Frank quando non sapeva cosa fare, quando voleva dare aria alla bocca. Non erano domande o pensieri importanti. Erano constatazioni ridicole. Ma mi erano sempre piaciute. Scossi la testa e mi asciugai di nuovo il palmo sui jeans. 
Dannato Frank.
-Vuoi entrare? Sederti? Posso prendere una birra, o anche qualcos'altro, non so... Anzi, ma dimmi, Frank, cosa vuoi fare esattamente? Non ho ancora capito perché sei qui.- 
-Non te l'ho ancora detto.- rise. 
Rideva spesso. Aveva riso quattro volte da quando si era presentato davanti a casa mia. Non che mi dispiacesse. Per niente, in realtà.
-Giusto.- borbottai ridacchiando. E io gli avevo dato ragione due volte. Insolito.
-C'è tua moglie?- 
Negai con la testa e mi sedetti sugli scalini di legno che introducevano al portico. Frank attese, titubante. Gli intimai con il braccio di raggiungermi. Si voltò e lanciò rapide occhiate a tutto l'isolato. Lo fissai confuso. 
-Ti senti bene?- chiesi. La mia voce era leggermente preoccupata. Lievemente, davvero.
Frank non rispose, ma mi raggiunse con passi lenti. Appena prese posto accanto a me desiderai tapparmi il naso. Non perché Frank avesse un odore sgradevole, quello mai. Ma perché il suo profumo era troppo buono. Era il profumo di Frank, l'aveva mantenuto, e sentirlo di nuovo mi colmò il cuore di malinconia. Deglutii e congiunsi le mani tra le ginocchia. Mi voltai verso Frank. Lui mi stava già guardando. Inclinò le labbra facendo quel sorriso da ebete innamorato. Non di me comunque, supposi. Quando eravamo insieme lo aveva spesso. Lo aveva praticamente sempre. Quando ancora non avevo sciolto la band. Strinsi la mascella. Ma i tempi erano cambiati. Io ero sposato, Frank era... Frank non era sposato. Giusto! Frank non era sposato. Decisi di chiederglielo. 
-Non sei sposato, vero? Forse mi sono perso qualcosa della tua vita.- sorrisi.
Ci pensai meglio. Mi ero perso praticamente ogni cosa negli ultimi quattro anni. Io avevo 30 anni, e Frank solo 26. Ero così vecchio. L'ultimo periodo in cui conoscevo ancora una sfumatura della vita di Frank risaliva a quando compì 22 anni. Quel giorno non fu il giorno perfetto per un compleanno. Ricordo che litigammo, che sentii che quello sarebbe stato il capolinea. Pochi anni prima era giunto il capolinea per i My Chemical Romance. Quel giorno era il capolinea di Frank e Gerard. Litigammo come mai prima. Mi svegliai senza voce e con un gran mal di testa. Ci eravamo detti "mi dispiace" così tante volte che quelle due parole avevano perso il loro senso. Ma, comunque, non avevamo iniziato di nuovo. Non avevamo riprovato. La decisione era stata di separarci per un po'. Ci saremmo ritrovati dopo alcuni mesi e solo allora avremmo iniziato per l'ennesima volta. Forse quell'ennesima sarebbe stata l'ultima. Non andò per niente così.
-Esatto. Ma per ora.-
Sbattei le palpebre e mi schiarii la voce.
-Per ora?- pregai che la mia voce non risultasse patetica o acuta.
Oh, no. 
-Sì. Ho conosciuto una ragazza, stiamo insieme da tre anni e così ho deciso di sposarla.-
Nessuna risposta. Ero incantato. Milioni di immagini di un effettivo matrimonio di Frank mi tenevano prigioniero. 
-Gee?- 
Vidi la mano del ragazzo sventolarsi davanti agli occhi. Distolsi lo sguardo dal giardino e lo puntai su Frank. Mi guardava con le sopracciglia aggrottate.
-Hai capito?-
In un millesimo di secondo constatai che la soluzione migliore fosse mostrarmi entusiasta e felice per notizia di Frank. Io non lo ero, però. Ero egoista, lo ammetto. 
-Sì!- esultai. -E quando?- 
Frank fece un salto sul posto, spaventato dal mio urlo di finta gioia. Si ricompose.
-Due settimane.- 
-Uh, cazzo, così presto?- spalancai gli occhi ed emisi un risolino. Era un risolino disperato, a dirla tutta.
Il ragazzo si perse con lo sguardo verso la strada. 
-Già. Cioè no, l'abbiamo deciso mesi fa, ma sono venuto soltanto ora da te. Era difficile, sai.- affievolì il tono della voce.
-So.- risposi sospirando. 
Frank mi guardò. Era molto confuso. 
-Cosa?-
-Ho detto soltanto "so".- annuii verso di lui, tentando di comprendere se lui avesse capito.
-So?- 
Non aveva capito. Oh, Frankie. Il cuore mi faceva male quando si comportava da ragazzino. Il cuore mi faceva male quando si comportava da Frank. Il che era frequente, era praticamente riassumibile in ogni istante che passavo con lui, dato che lui era Frank.
-So che è difficile.-
-Oh.-

Frank non era stupido, era molto intelligente. Poteva perdersi in discorsi semplici, ma succedeva soltanto se aveva altre cose a cui pensare.
-So che non sei felice per me.- bisbigliò. Giocò con le sue dita e in quel preciso istante, come se fossi stato catapultato indietro nel tempo, a 6 anni prima, sentii le unghie di Frank trapassarmi di nuovo i polmoni. Gemetti e mi morsi il labbro. Non poteva accadere di nuovo. La bomba di Frank era già esplosa, lo aveva fatto per due volte, lo scioglimento della band e lo scioglimento da me avevano provocato quel danno. Ma ora non poteva rifarlo. 
Frank, perché lo stavi facendo ancora?
-Cosa succede?- il ragazzo si allarmò, mi puntò i suoi occhi nocciola addosso e mi riversò tutta la sua preoccupazione e il suo dolore represso. Tutto il dolore accumulato negli anni, anche dopo la rottura che lo aveva allontanato da me, era sopra il mio corpo. Frank non era stato bene, come non lo ero stato io, ma pensavamo che le cose si sarebbero aggiustate. Pensavamo che le nostre vite dovessero ritornare unite, per questo motivo non ci eravamo preoccupati di aiutarci a trovarci. Ma le cose ci erano sfuggite di mano. Io avevo conosciuto mia moglie, avevo accantonato l'idea che Frank mi volesse ancora, così come lui aveva fatto lo stesso con me. Ignoravamo il fatto che ci volessimo entrambi. Non vedendo Frank il solito dolore che mi provocava non aveva lo stesso effetto. Poteva tornare, ma era debole. Frank mi uccideva, lo faceva da vicino, e ora era accanto a me, e lo stava facendo. Come lo aveva sempre fatto. Ricordate? Frank mi radeva al suolo e poi mi aiutava a vivere. Era successo anche il giorno in cui sciolsi la band. Succedette la solita cosa. Ci impiegò più tempo, sprecò lacrime e altro dolore, ma ci riuscì. Andammo avanti in questo modo per altri due anni. Mi provocava dolore, mi graffiava i polmoni e mi stritolava lo stomaco, mi sotterrava il cuore, ma mi rendeva vivo ogni volta. Avevo raccontato a Frank ciò che mi provocava la sua presenza. Lui si sentì malvagio, ma gli spiegai che non fosse colpa sua. Non lo faceva di proposito, era involontario, ma lui si sentiva come un assassino. Non lo era. Maledizione, lui era tutto fuorché qualcosa di cattivo. Qualsiasi cosa che riguardasse la malvagità non faceva parte di Frank. Perché lui era estremamente puro. Glielo ripetei tante volte. Il mio Frank. Litigammo per questo, l'ultima volta. Quell'ultima volta.
-Di nuovo.- soffocai, stringendo i denti. 
-Quel dolore? Il dolore?- 
Annuii. Frank iniziò a respirare più forte. Non gli piaceva quando capiva che io lo avvertissi.
-Sono io. È colpa mia, sempre.- piagnucolò. Era così dolce. Ma quella dolcezza mi distruggeva.
-Smettila.-
-Ma è così, Gerard!- urlò.
Non mi aveva ancora chiamato con il mio nome. Non glielo sentivo pronunciare da anni. Era talmente forte da farmi provare dolore e beatitudine nello stesso istante. Sorrisi.
-Ridillo.- 
Frank mi guardò con un'espressione preoccupata. Eravamo ancora seduti sugli scalini di casa mia. Non ci sfioravamo nemmeno. 
-Il mio nome.- risi. 
Frank rise e chiuse gli occhi. Scosse la testa e guardò in basso, verso l'erba del giardino. 
-Gerard.- 
Sentii la fitta all'addome, ma venne rimpiazzata da un senso di pace. Magnifico. Mi sentivo bene in quel modo. Mi illuminai. Avevo capito.
-Non devi preoccuparti.-
-Ma continuo a farti male.- cantilenò.
Scossi la testa. Alcune ciocche di capelli mi scesero sulla fronte. 
-Fa parte di quello che provo per te. Va bene.- dissi con dolcezza. Presi la mano di Frank e la accarezzai piano. Lui analizzò il movimento, poi mi guardò. 
-Sono davvero così importante?- 
La sua voce era flebile. Era flebile proprio come quando chiedeva spiegazioni riguardo alla mia decisione di sciogliere la band. Era ironico. Tempo prima la situazione era esattamente il contrario. Io dichiaravo una notizia e Frank la prendeva male. 
-Sì, lo sei.- 
Non mi importava se pensasse la stessa cosa. Continuai a passare il mio dito sul dorso della sua mano. Erano i modi di fare di Frank a farmi provare dolore, il suo modo di parlare, di sorridere o di urlare. Mi faceva male perfino il modo in cui rimaneva immobile ad ascoltare Ray parlare. Quando piangeva era come se fossi morto. Non potevo nemmeno parlare in quel momento. Era così strano da farmi girare la testa. 
Poteva l'amore farmi sentire questo grande senso di dolore interno, compensato da una gioia immensa? Poteva Frank farmi sentire tutto quello? Lo amavo così tanto che mi provocava dolore ogni cosa facesse. Ecco la verità. Ora la conoscete.
Realizzai soltanto in quel momento che Frank fosse davvero lì. L'ennesima fissa allo stomaco e mi piegai in avanti.
-Perché l'abbiamo fatto?- espirai.
-Abbiamo fatto cosa?-
-Ci siamo sposati.- 
Esitò. Forse pensava la stessa cosa. 
-Non lo so. Non possiamo nemmeno cambiare la situazione.-
Stringeva le labbra tra loro e i suoi occhi erano proiettati verso il basso, come prima. Tirai il suo braccio verso di me. 
-Frank..-
-Sì?- alzò il collo e mi rivolse un'occhiata veloce. Deglutii e lui ritornò con il viso sepolto tra le ginocchia. 
-Sei felice?-
Non rispose. Forse la risposta era negativa. Sospirai. Sentivo di voler scomparire. Non volevo esistere. Avevo bisogno di sdraiarmi e di non dovermi sforzare per fare qualsiasi azione. Non guardai più Frank. Non ne avevo nemmeno la forza.
-C'è il sole.-
Frank fece un risolino, ma non era una vera e propria risata. Lo vedevo come uno sbuffo divertito. Solitamente lo facevo quando non avevo voglia di ridere nel modo giusto.
-Non c'era da molto tempo. Sei arrivato tu ed ora c'è il sole.- 
Sorrise e io mi lagnai per la sua estrema bellezza. Frank faceva male per ogni suo aspetto. Non vidi il suo viso illuminarsi dal sorriso, ma la piega delle labbra sulle guance fu abbastanza. 
-Credo di essere felice.- 
Mi stupì. Volevo che lui lo fosse. Non lo ero io, ma lui se lo meritava. Io non lo ero completamente.
-Va bene.- annuii e sorrisi. La pelle della sua mano era liscia e morbida. Allungai un braccio e solleticai la guancia. Era sempre morbida come una volta. Me la ricordavo. Le avevo baciate molte volte quelle guance. Lui non si mosse, si lasciò sfiorare.
-Sei soddisfatto della tua vita?-
-Suppongo di sì.- alzai le spalle. 
Sebbene sentissi il solito fastidio interiore, il mio compito era quello di aiutare e proteggere Frank. Sarebbe stato quello fino alla fine. 
Avevo giurato, ma non eravamo stati bene. Era troppo difficile farlo da lontano. Avremmo dovuto essere vicini.
Frank sospirò. Prese un respiro profondo e ritornò a fissare le nostre mani.
-Quindi, io mi sposo. So che non verrai. Non mi aspetto che tu venga, io non mi sono presentato al tuo. E non so il motivo, ma non preoccuparti.- si leccò le labbra e respirò ancora più forte. -Non ce l'ho con te. Non ce l'ho con te da molto tempo. Ho smesso di farlo quando mi hai baciato nel bagno di casa di Ray. In realtà appena sei entrato. No. Non ce l'ho mai avuta davvero con te. Non sono un buon amico. Non sono stato nemmeno un buon ragazzo, credo.-
Oh. Ignorai il dolore. Guardai il suo profilo e mi trovai a sorridere. Era bellissimo.
-Frankie.- dissi con voce ferma. -Non c'è nessun problema. Non siamo in guerra, ricordi? Siamo come ai vecchi tempi.- schiusi le labbra. Ero incredulo. C'era Frank, c'era il sole. -Siamo come nella fase in cui sentivamo che la nostra band era inesistente fisicamente, ma che continuava ad esistere. E ridevamo per questo! Capisci? Nessun senso di colpa. Nah! Forse qualche rimorso per esserci allontanati, ma tranne questo... Siamo ancora io e te. Okay? Lo saremo sempre. Suona banale e—-
-Odi le cose banali.- aggiunse Frank, sorridendo.
-Giusto.- terza volta che gli davo ragione. Ma lui l'aveva. -Eppure è la verità.- 
Lo guardai. Guardai il suo viso, notai gli occhi lucidi e lo strinsi a me. Il suo volto sul mio petto, mentre io sorridevo dolcemente sui suoi capelli. 
-Mi dispiace.- 
-Va bene.-
-Mi dispiace davvero, Gerard.- la sua voce era tremolante e attutita dalla stoffa della mia maglia. La sensazione paradisiaca mentre diceva il mio nome.
-Lo so, anche a me. Ma ora è tutto al posto giusto.- 
Sentii il movimento del suo viso, stava scuotendo la testa. 
-Non sono sicuro.- borbottò di nuovo. Non stava piangendo, era soltanto triste. Non doveva esserlo. Il mio Frankie non poteva essere triste.
-Io ho una famiglia, tu avrai una famiglia. Anche se andrà così, saremo per sempre Frank e Gerard. Saremo amici. Non ti basta ciò che abbiamo passato? A me sì. E sai perché?-
Lo spinsi piano davanti a me. Vidi tutto ciò che riguardava Frank in quegli occhi. Ogni gioia, ogni delusione, ogni sconfitta, ogni vittoria e ogni dolore. Tutto. Mi si lacerò il cuore, in modo definitivo. Ero apparentemente morto, ma sentii che finalmente stava succedendo qualcosa. E lo stava facendo perché Frank doveva appartenere a me, ma solo astrattamente ed emotivamente. Erano più importanti queste condizioni di qualunque altra. E ora che l'avevo capito, Frank poteva aiutarmi a vivere senza prima distruggermi continuamente. Mi aveva ucciso, ma ora mi avrebbe fatto rivivere per l'ultima volta. 
Saremmo stati lontani, non l'avrei mai più baciato, ma mi bastava ciò che avevamo passato. Non volevo nient'altro di più.
-Perché?-
-Perché la nostra storia è questa. Deve andare così.- sorrisi.
Frank mi osservò confuso. 
-Ti dissi che saremmo stati bene. Ricordi?-
-Sì.- annuì e inclinò leggermente le labbra. Stava comprendendo. Sentii la felicità dentro il mio corpo esplodere. 
-Lo saremo da adesso. Senti la gioia di essere di nuovo 'noi'?- 
Frank rise, con gli occhi ancora lucidi, ma nessuna lacrima sulle guance. Annuì con più forza. Mi alzai e lui mi seguì, diedi uno sguardo al suo bellissimo viso, ad ogni particolare che conoscevo a memoria. 
-Credimi.- dissi ridendo.
Sembravamo due ragazzi ubriachi, i due ragazzi adolescenti che ridevano per ogni cosa stando sul marciapiede ad osservare le macchine sfrecciarci davanti.
E adesso lo poteva fare sul serio. 
Poteva credermi, perché era vero, saremmo stati bene.
Frank sorrise e mi abbracciò, mise il suo volto nella curva del mio collo e strinse le braccia sulla mia schiena. Feci lo stesso, lo strinsi a me. Non avrei potuto baciarlo, mai più, ma andava bene. Lo stavo perdendo perché si stava sposando, ma lo stavo riavendo con me.
I raggi luminosi colpirono me e Frank.
Sentivo il corpo del ragazzo premuto contro il mio e il suo profumo aleggiare intorno a noi. Il profumo di Frank mi entrò dentro, come aveva già fatto. Ci sarebbe rimasto, come sarebbe rimasto il suo ricordo. Stava iniziando il cammino verso la completa felicità.
Sollevai il viso. L'intensità del calore era maggiore. C'era il sole e c'era Frank.
   
 
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