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Autore: Arwen297    16/04/2016    3 recensioni
Una ragazza dell'alta società alle prese con un ambiente soffocante e di cui non si sente parte. Un ragazzo come tanti che per guadagnarsi da vivere corre in corse clandestine e non.
Cosa riserverà loro il destino? Niente...o forse tutto.
Presente coppia Seiya/Michiru
Avevo iniziato a pubblicare questa storia tempo fa, sotto altro titolo. Ora l'ho ripresa in mano, modificato alcuni capitoli nel loro contenuto e ne ho uniti altri.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri, Crack Pairing | Personaggi: Haruka/Heles, Mamoru/Marzio, Michiru/Milena, Seiya, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Note dell'autrice: Eccomi qui col capitolo numero 19. Spero che vi piaccia e come sempre se notate qualcosa che non funziona nella sintassi ecc.. fatemi sapere il vostro parere anche in privato. Per chi mi pregava di non lasciare troppo in sospeso per il seguito della storia, posso solo dire che in questa verrà risolto solo una delle due trame stese mentre l'altra sarà il fulcro del seguito. Vi auguro buona lettura.



19 Capitolo: Tornata a casa


Erano passate due settimane da quando Usagi era riuscita a vedere Michiru per darle il tablet e, sebbene avesse Skype sempre aperto, la violinista non si era fatta viva. Sua sorella l'aveva avvisata che ci sarebbe voluto tempo e pazienza, ma così non era troppo? L'attesa era per lei snervante. Odiava non essere padrona del suo futuro, e in quel momento non lo era affatto.

Mi sono cacciata davvero in una bruttissima situazione. Chi me lo ha fatto fare? In fondo la amava e non era una cottarella passeggera. Lo strazio che viveva da settimane al pensiero che fosse finita le aveva dilagnato l'anima.

Fissò la scrivania della segrataria di fronte a se, un'anziana bassa e con qualche taglia in più le sorrise bonariamente. Fin dalla prima visita in quello studio aveva preso in simpatia quella donnina che si occupava di gestire gli appuntamenti dell'avvocato che Mamoru le aveva procurato.

L'arredamento era moderno e sofisticato, sui toni del nero e del metallo. Le sedie in sala di attesa erano ergonomiche e in plexiglass, così da sembrare di vetro. L'archietto che si era occupato della sistemazione dello studio aveva gusto, non c'era ombra di dubbio.

«Haruka vieni pure Yuichiro». Il suo avvocato fece capolino alla porta del suo studio, salutando con un cenno il cliente prima di lei. Il fatto che le dava del tu l'aveva messa subito a suo agio, non le era affatto sembrato uno di quei avvocati spocchiosi ed arroganti, ma tutto il contrario. Si diresse verso la stanza passando affianco all'uomo.

«Ci sono novità? Come mai mi hai chiamata?». Gli chiese, senza preoccuparsi di non dargli del lei, col fatto che era un amico della famiglia di quello che probabilmente sarebbe stato il suo futuro cognato l'aveva categoricamente ripresa sul distacco con cui si era rivolta a lui in sede del primo incontro.

«Si ci sono delle grosse novità, come ti avevo precedentemente accennato la polizia aveva sequestrato le telecamere della banca presente nella via dove si è verificato l'incidente per controllare se in una di quelle rivolte sulla strada era rimasto registrato il vostro passaggio. E la risposta è positiva. Fortuna vuole che la targa dell'altra macchina fosse abbastanza leggibile quindi eccola qua». Le spiegò l'uomo porgendole un foglio con una foto in bianco e nero «Ti dice qualcosa questa targa?»

«Non mi è nuova credo che come pensavo c'entri Takeshi». Rispose, trattenendo la rabbia che quella conferma le fece salire. Non era il luogo più adatto per fare scenate, ma una volta uscita di li avrebbe dato sfogo alle sue emozioni. Era poco ma sicuro.

«Inoltre, sono stato informato dal Maresciallo che proseguiranno le indagini. Il loro obbiettivo è scovare un eventuale mandante, in questi giorni analizzeranno i tabulati telefonici di Takeshi e sentiranno nuovamente la versione di Seiya Kou perché a quanto sembra ci sono alcune cose che non tornano. Le indagini insomma procedono bene. Per il momento ti consiglio di non denunciare i Kaioh per le minacce che ti hanno fatto a casa loro, meglio avere un testimone per farlo» gli spiegò.

«Certo se tu per ora non lo ritieni necessario seguo il tuo consiglio, a me interessa che lascino in pace la mia famiglia. Altrimenti non credo che risponderò delle mie azioni», esclamò a denti stretti.

«Se lo faranno prenderemo immediatamente provvedimenti»

«Bene sono contenta di sentirti dire questo». Concluse lei.

«Appena ho nuove notizie ti aggiorno, preferisco parlartene in studio a voce onde evitare che ti facciano controllare il telefono». Rispose lui. «So come agiscono le famiglie potenti».

«Certamente fai bene, ci vediamo alla prossima allora» . Rispose l'avvocato, congedandola dal suo studio.

Non appena uscì dalla stanza si sentì decisamente più leggera rispetto a prima, salutò la segretaria e si diresse verso l'uscita dello studio. Si era fatto tardi e le rimaneva giusto il tempo per andare a casa di sua madre per cena. Avrebbe rivisto nuovamente Usagi e con molte probabilità anche Mamoru.


***


« Michiru per favore, devi mangiare qualcosa, non puoi fare lo sciopero della fame in eterno». La voce del moro interruppe per l'ennesima volta il flusso dei suoi pensieri. Non gli rispose, da quando era stata dimessa dall'ospedale qualche settimana prima vivere alla villa era stato tutt'altro che semplice. L'appetito già minimo in ospedale, era scomparito completamente. Quella casa per lei era diventata ancor di più una prigione e la presenza di Seiya nei suoi confronti era sempre invadente, come in quel momento per l'appunto.

« E' inutile che mi convinci a mangiare non ho fame, voglio solamente essere lasciata sola...non mi sembra ci sia così tanto da capire ». Gli disse.

«Non puoi continuare ad andare avanti così, tornerai in ospedale in meno di una settimana se non ricominci a mangiare. Pensavo fossi più matura».

Possibile che non capisca che non me ne frega nulla della salute? Non posso più uscire da sola, tutte le persone a cui volevo bene qui dentro sono state licenziate. I nuovi domestici sono peggio dei miei genitori e per lui l'unico problema è il mio appetito.

« Posso sapere quante volte io te lo debba dire? Ti ho già detto che per me mangiare in questo momento non ha importanza, questa casa per me è un inferno, lo era già in passato ma in questo momento lo è ancor di più. La tua presenza mi infastidisce perché anche tu sei la causa di tutto questo». Ripeteva quella frase tutti i giorni. Senza ottenere molti risultati.

«Lo sai che io l'ho fatto per te, per proteggerti Michi. Non meritavi una persona così viscida e falsa al tuo fianco. Capisco il tuo stato d'animo, ma non potevo tener nascosto tutto ai tuoi genitori...come avrei potuto giustificare l'incidente?». La voce pentita di lui arrivò le sue orecchie, spingendola a voltarsi e a osservarlo con gli occhi appena sopra il bordo del lenzuolo.

Il ragazzo sembrava davvero triste, non riuscì a captare nessuna finzione in lui. Forse era stata troppo frettolosa nel giudicarlo in base al suo istinto. In fondo il suo cuore le aveva suggerito di fidarsi ciecamente di Haruka e i risultati erano sotto gli occhi di tutti, giornali compresi.

Probabilmente il suo intuito non funzionava più troppo bene. Gli occhi blu zaffiro lo osservarono avvicinarsi lentamente al letto. Quasi impaurito. Riconobbe a se stessa che in quell'ultimo periodo non lo aveva affatto trattato bene.

Quanto so essere cattiva a volte, alla fine lui non c'entra. La situazione è quasi totalmente colpa mia. I miei genitori hanno ragione, sono stata un irresponsabile a fidarmi di una sconosciuta che mentiva sulla sua identità. Probabilmente era solo interessata ai miei soldi, in fondo non conosco nulla di lei.

Nei pochi attimi liberi aveva avuto l'impulso di prendere il tablet di Usagi, ma la paura di pentirsi di contattare la bionda era forte. Era realmente disposta a sentirla? Ad ascoltare le sue giustificazioni? Non lo sapeva.

«Mangi qualcosina allora? Fallo per me». Il ragazzo le porse il piatto con qualche uramaki con salmone, phidalphia e avocado. Accanto due grossi onigiri, e sulla sinistra dei pezzi di sushi.

«Seiya davvero, non lo faccio per farti un dispetto, il mio stomaco proprio è chiuso. Quando sono giù per qualcosa mi capita molto spesso, passerà». Mormorò lei, cercando di convincere anche se stessa. Perché, prima o poi, doveva passare no?

«Bevo solo un pò di tè con lo zucchero grazie lo stesso per aver pensato a me». Prese dunque la tazza sul vassoio, al tè non riusciva a dire di no. Era più forte di lei, probabilmente era semplicemente drogata di teina. Un pò come suo padre lo era con la caffeina.

«Credo che parlerò con i miei genitori, non riesco a stare a casa e prima di iniziare l'anno scolastico vorrei andare qualche settimana dai nonni almeno cambio aria e può farmi bene». Decise di metterlo al corrente delle sue intenzioni, non sapeva nemmeno lei perchè, ma era l'unico che le si era dimostrato amichevole dalla fine della degenza e in generale. Motociclista a parte.

« Cambiare aria ti aiuterà sicuramente, non credo che i tuoi genitori ti dicano di no». Le rispose.

« Non esserne troppo sicuro. Specie dopo gli ultimi avvenimenti». I suoi occhi blu fissarono la finestra della sua camera, e non potè fare a meno di pensare alle sue fughe di qualche settimana prima.

Chissa cosa stai facendo Haruka. I suoi occhi si inumidirono al pensiero di quei pochi giorni in cui era stata bene, non potè fare a meno di paragonarli alla situazione in cui era ora. Senza la possibilità di rivederla, senza la possibilità di chiarire e molto probabilmente senza la possibilità

«Qualcosa non va?». Seiya era visibilmente preoccupato per il peggioramento improvviso del suo umore.

«Nulla di particolare, comunque vorrei dormire adesso se non ti dispiace, poi dovrei fare anche i compiti e con te in camera non riesco..». Tentò di sviare il discorso. «Quando avrò fatto tutto semmai ti richiamo, tanto non scappo puoi star tranquillo ho solo voglia di tornare a fare le cose che facevo tutto qua.» E in effetti quella era una mezza verità. Voleva veramente ritornare ai suoi hobby, nonostante tutto.

«Come desideri, ma se hai bisogno non esitare a contattarmi mi raccomando ». Concluse, dirigendosi verso la porta. La violinista, tolto il problema del mangiare , aveva reagito bene a tutta quella storia. Fin troppo rispetto a quanto si aspettava in realtà. Sapeva in cuor suo che probabilmente sarebbe stato necessario qualcosa di più che un semplice incidente per farla capitolare, tuttavia non poteva agire senza il consenso dei suoi genitori. Poteva dunque solamente aspettare l'evolversi degli eventi, nella speranza di riuscire prima o poi a raggiungere il suo vero scopo.


***


Sua mamma aveva preparato un'ottima cena, in tavola erano state servite tutti i piatti che lei, Mamoru e Haruka preferivano. E nonostante il grande numero erano stati tutti spazzolati via.

Da grande spero di imparare a cucinare come lei, così da poter fare tutti i manicaretti migliori al mio Mamo-chan. Fu il suo pensiero mentre stringeva più forte la mano di lui nella sua.

«Qualcosa non va Usagi? ». Le chiese lui.

« No pensavo solamente che spero di imparare a cucinare bene come mia mamma così quando andremo a vivere insieme ti faccio tante cose buone da mangiare». Lo guardò dolcemente, avevano deciso di fare una passeggiata dopo cena, ed erano dunque sul lungo mare a godersi l'aria tranquilla di fine estate. Il mare era calmo e soffiava una leggera brezza marina.

« Sono sicuro che diventerai bravissima, ci vogliono solamente pazienza e dedizione. Ma sono sicura che riuscirai piccola». La rassicurò lui, l'aveva amata fin dal primo momento. Aveva capito subito che era destinato a lei e non era riuscito più a farsela scappare. Nonostante fosse più piccola di lui non gli importava, e a quanto gli sembrava non importava nemmeno a sua suocera e a sua cognata. Lo avevano accolto tutti bene in famiglia.

Ti amo tanto Usagi, non so come farei se ti succedesse qualcosa.

« Credo che sia ora di tornare a casa, si è fatto tardi e io domani ho lezione molto presto, se dormo tardi non riuscirò ad essere molto attivo». Le disse. Fosse stato per lui avrebbe passato l'eternità con lei.

« Hai ragione Mamo, io anche devo svegliarmi presto domani, meglio se andiamo così anche mia mamma non si preoccupa troppo. Ha già tanti pensieri per mia sorella poverina. Sai lei è tanto apprensiva, si spaventa per nulla, non ha ancora superato la morte di papà completamente e la minima cosa la ansia parecchio.»

Non lo ammise, ma anche lei era molto preoccupata. Se erano veri i sospetti di Haruka, significava che c'era qualcuno che era disposto a uccidere delle persone nella sua stessa città. E se volevano farla pagare a sua sorella, potevano arrivare­ anche a loro. Un brivido le percorse la schiena al solo pensiero.

« Come è giusto che sia, vostra madre vi vuole molto bene voi due siete la sua forza per andare avanti ogni singolo giorno. Ha avuto voi fin dall'inizio e questo l'ha aiutata molto. Continuerete a farlo sempre, anche se un giorno adrete entrambe via di casa. Hai freddo amore che hai i brividi?». Le chiese apprensivo « Sono sicura che vostro padre e vostro fratello sono orgogliosi di voi ovunque siano in questo momento ».

«No sto benissimo, ho solo tanti pensieri». Sorrise.

«Mi sa che è meglio tornare a casa, altrimenti tua mamma penserà che ti ho rapita, inizia a farsi tardi. E visti i problemi che ci sono meglio non farla impensierire più del dovuto». Propose lui, l'avrebbe accompagnata quasi a casa in modo da essere sicuro che nessuno le facesse nulla. In cuor suo sperava di trovare un posto dove fermarsi proprio davanti al palazzo, ma spesso era tutto occupato. Motivo per il quale Usagi era costretta a fare duecento metri a piedi prima di entrare nel giardino seguiti dalla distanza per raggiungere il portone.

«Hai ragione, anche se starei con te per ore». Fu la risposta di lei.


***


Sua sorella e il fidanzato erano usciti ormai da due ore. Lei aveva deciso di far compagnia a sua mamma fino a quando la ragazzina non fosse tornata a casa. In modo da rassicurarla se avesse ritardato. In fondo anche lei sentiva che era giusto così, probabilmente quella notte si sarebbe fermata li a dormire, non era esattamente dell'umore giusto per rientrare a casa e stare da sola fino al giorno dopo.

«Ci sono aggiornamenti per l'incidente?». Le chiese la madre.

«No mamma, niente di significativo stanno ancora indagando ma l'avvocato è abbastanza ottimista. Io mi fido di lui quindi non mi preoccuperei eccessivamente si vede bene che sa il fatto suo». Mormorò. Per lei il problema principale era un altro: non aver ancora sentito Michiru per cercare di chiarire la sua posizione per quanto delicata essa fosse, tutti quei giorni senza sentirla la stavano sfinendo.

«Hai avuto notizie di quella ragazza che era con te in macchina? Sta bene?». Fu la seconda domanda della madre. I telegiornali avevano solamente annunciato che per gravi motivi i concerti fino a Ottobre erano annullati in seguito erano stati comunicati gli estremi per il rimborso, ma nessuno aveva lasciato trapelare le motivazioni.

«Ne so quanto te, lei non mi ha più contattata... ha saputo che sono una ragazza per mezzo di terze persone e io non avevo ancora trovato il coraggio necessario per dirle la verità». Mormorò afflitta. «Le ragazze mi avevano avvisata di dirglielo il prima possibile, e io davvero volevo dirglielo perché era giusto, ma non si è mai creata l'occasione. Avevo troppa paura della sua reazione. E alla fine ho azzeccato, sono due settimane che non si fa sentire e so per certo che sta bene».

«Probabilmente ha solo bisogno di più tempo Haruka, cerca di capirla. Per me è normale vederti uscire con ragazze. Per tua sorella pure. Molto probabilmente lei ha sempre frequentato ragazzi senza ottenere particolarmente risultati oppure non è mai uscita con un possibile fidanzato. Arrivi tu che sei cotta, probabilmente rientri anche nei suoi gusti personali e poi alla fine scopre che sei una donna. Sarà confusa, si sentirà presa in giro da te perché lo ha saputo da un'altra persona e non ha potuto sentirselo dire dalla diretta interessata. Dai tempo al tempo figlia mia, vedrai che presto o tardi le cose si sistemeranno». Vedere sua figlia più grande così abbattuta per lei era insopportabile. La sua bambina era lo spettro di se stessa in quel momento. Il tormento era chiaro negli occhi verdi di lei, tuttavia sapeva che oltre a consolarla non poteva fare altro. Doveva uscire da sola da questa delusione amorosa, costi quel che costi. E lei sarebbe stata sempre li pronta a sostenerla in ogni battaglia personale e non.

«Hai ragione mamma. Ormai il latte è stato versato e non posso fare diversamente, anche se mi sto pentendo di qualsiasi cosa. Se sapevo che sarebbe andata a finire così le avrei detto tutto fin dal primo istante credimi io...». La voce le morì in gola. Non aveva altre parole da spendere, ormai tutto ciò che poteva dire lo aveva esposto. Inutilmente. Doveva solo aspettare di sentire il suo avvocato.

La sua attenzione fu catturata dal cellulare che vibrava. Gli occhi corsero a guardare l'orologio più vicino.

Chi può essere a quest'ora?. La sua mente produsse solo una risposte per quanto improbabile fosse. Si alzò dal divano per raggiungere lo smartphone sul quale vide scritto anonimo. Questo voleva dire che sicuramente non era sua sorella. Non era nemmeno Michiru perchè non le sembrava il tipo. Ma allora chi poteva essere?


***


«Amore ti scrivo quando arrivo a casa, così ci diamo la buona notte». Mamoru si fermò nel primo spazio grande abbastanza per accostare con la sua macchina. Come sempre fin troppo lontano dal cancello della palazzina della fidanzata.

«Aspetto un tuo messaggio allora». Mormorò la biondina aprendo lo sportello del mezzo. Si protese dunque verso il guidatore per un bacio sulle labbra. «Mi manchi già sappilo». Prese la borsa che aveva appoggiato in terra tra i piedi e uscì attraversando la strada per raggiungere il marciapiede approfittando del fatto che la strada era totalmente deserta.

Accelerò leggermente il passo mossa da un'improvvisa inquietudine dalla motivazione all'apparenza sconosciuta.

E' meglio che mi sbrigo, ho una strana sensazione...come se io non fossi sola stasera. Accelerò il passo, mentre il bruno le passava vicino in macchina. Lo vide scomparire in fondo alla strada proprio nell'esatto momento in cui varcò il cancello per entrare nel giardino del palazzo. Uno dei lampioni che lo illuminavano era fulminato ormai da qualche giorno, così gran parte dello spiazzo era immerso nella semi oscurità. Si diresse dunque verso il portone fermandosi accanto ad esso per tirare fuori le chiavi di casa. Un rumore improvviso la fece voltare allarmata.

Usagi non essere sciocca, sarà sicuramente un gatto o un cane che si è introfulato dal cancello. Pensò, mentre rovistava alla ricerca delle chiavi.

Fu questioni secondi e si ritrovò in terra senza capirne la causa. Subito dopo sentì una presa forte appartenente a un uomo muscoloso afferlarla per tirarla su.

Nel suo campo visivo comparve una seconda persona, il volto furbamente incapucciato per non farsi riconoscere, solo un tatuaggio a forma di croce celtica sul collo faceva bella mostra di se poco lontana dallo spasmo muscolare.

«Ma guarda, guarda che bel bocconcino che abbiamo qui. Averlo saputo prima non facevo tutte quelle resistenze quando ci hanno contattato». Disse egli. L'alito di menta misto a una leggera nota alcolica.

«Lasciatemi andare cosa volete da me?». Esclamò lei, l'ultima cosa da fare era far vedere che aveva paura di loro.

«Oh da te non vogliamo niente, forse solo una bella scopata per godere un pò come si deve». I denti bianchi brillarono alla luna grazie al ghigno «Tuttavia anche se ci piacerebbe scoparti non è il motivo per cui siamo qua». Il tipo davanti a lei fece un cenno muto al compare.

Usagi sentì immediatamente una fitta acuta alla gamba, che la costrinse ad abbassarsi, prima di ricevere un secondo calcio questa volta all'altezza del fianco. Un gemito le sfuggì sommessamente. Il respiro corto per la paura. Avrebbe voluto reagire, ma non sapeva come potevano difendersi. Avrebbe potuto urlare, ma avrebbero potuto ammazzarla per quello.

Un terzo colpo, poi un quarto e un quinto si abbatterono su di lei. Seguiti da un numero imprecisato di percosse ai suoi occhi gratuiti.

Non ebbe idea di quanto durò quel trattamento. Realizzò solo il gusto del sangue sulle labbra dopo uno schiaffo in pieno viso, e una serie di dolori al minimo muscolo contratto.

«Bene possiamo anche chiamare la destinataria di questo bel lavoretto». A parlare era sempre il solito dei due, lo vide vagamente prendere il telefono, rimanendo immobile per evitare di spronarli a colpirla ancora.

Ora è tutto chiaro, tutto questo è per Haruka. Quei poveri vigliacchi hanno colpito me perchè sanno quanto le possa far male tutto questo. La cattiveria di chi aveva di fronte la ferì ancor di più che i colpi che le avevano inferto, lacrime amare le iniziarono a scorrere sulle guance.

«Puttanella non piangere, che te ne arrivano il triplo. Quella sporca lesbica così impara a infilarsi in cose più grandi di lei». Sibilò l'uomo che inizialmente l'aveva tenuta da dietro.

I suoi timori erano giusti quindi, avevano massacrato di botte lei, per arrivare alla sorella. Potevano centrare solamente due persone con quei due loschi individui.

«Pronto? Parlo con Haruka Tenou?».


***


La voce che le colpì il timpano le sembrò a metà tra il conosciuto e l'ignoto. Aveva come la sensazione che non le fosse nuova. Ma non seppe collegarla a qualche viso a lei conosciuto. Sicuro però che quella voce cercasse lei.

«Si sono io, chi parla?». Chiese incuriosita. Chi poteva cercarla a quest'ora? Per di più mantenendo il numero anonimo. Non prometteva niente di buono.

Spero solo che non c'entri Usagi altrimenti fanculo al buon senso: pianto un casino. Se le hanno fatto del male per arrivare a me giuro sulla mia stessa vita che non la passeranno liscia.

«Non ha importanza. Scendi nel portone, c'è un regalo per te, la tua sorellina ti sta aspettando ed è impaziente di vederti».

Usagi... No Usagi no!! Brutto bastardo!

«NO! USAGI NO! Che cosa le avete fatto?? » l'urlo strozzato che le uscì dalla gola non passò innoservato a sua madre che si voltò allarmata. L'unica risposta che ottenne è la chiusura della comunicazione.

«Che succede??». Domandò immediatamente la donna.

Gli occhi verdi la fissarono quasi smarriti, prima di realizzare che la ragazzina era giù nel portone chissà in quali condizioni.

Le spiegazioni dopo, devo andare da lei. Devo vedere come sta. La mia Usagi.A sua madre rivolse solo una muta risposta, prima di precipitarsi correndo verso la porta di casa, per poi prendere l'ascensore.

Doveva contenere la rabbia, doveva cercare di rimanere lucida perché anche in quell'occasione era lei ad avere l'obbligo di essere forte, di rappresentare un porto sicuro per la ragazza che andava a salvare. Rischiava, poteva essere una trappola e non esserci nessuno se non loro pronti a fare una rissa. Ma non poteva rischiare di lasciarla in balia di quella feccia.

I minuti in ascensore le sembrarono eterni.

Quando cazzo ti fermi al piano terra. Quando! Sei un ascensore di merda sappilo.

Fu il suo pensiero, il pugno contratto e tremante dalla rabbia.

Quando l'ascensore si aprì inizialmente scorse solo l'atrio vuoto. Solo in un secondo momento vide lei sdraiata in posizione fetale fuori. Si diresse il più piano possibile. Col cuore in gola, mentre qualcuno chiamava nuovamente l'ascensore su.


***


Sentì nuovamente dei passi che si avvicinavano a lei, ma non riuscì a capire da dove provenissero. Sopratutto da chi. Erano forse di nuovo tornati i suoi aguzzini? La presenza si abbassò verso il basso e la sfiorò.

«Non toccarmi!! Per favo..». Le parole le morirono in gola, inglobate da un singhiozzo che le scosse le spalle provocandole un enorme fitta.

«Usagi sono io... sono io Haruka...». Sentì una voce a lei familiare, prima di avvertire le mani della sorella che l'afferrarono per metterla dolcemente a sedere.

Non appena i suoi occhi celesti incontrarono quelli verdi dell'altra le lacrime incominciarono a scorrere copiose, infermabili come un fiume in piena. Improvvisamente il dolore muscolare e non solo passò in secondo piano. Improvvisamente non contavano più le probabile fratture. In quel momento l'unica cosa che le importava e rimanere tra le braccia di una persona che l'amava. «Piccola.. è tutto finito... è tutto finito, non ti faranno più del male te lo prometto. Piangi quanto vuoi tesoro vedrai che starai meglio dopo...». La sentì mormorare al suo orecchio.

«E' stato terribile Haru.. volevo urlare...volevo farmi sentire, scappare.. ma la paura è stata più forte... ho avuto tanta paura...io ...io...». Non riuscì a terminare la frase. «Ho avuto paura di non rivederti più...di non rivedere più la mamma...». Anche se era durata pochissimo la violenza, aveva avuto seriamente paura di morire, e non voleva arrecare loro ancora dolore. Non voleva arrecarlo al suo Mamo-chan.

«Lo so Usagi, ci sono io qui con te...ti prometto che non ti faranno più del male..» la consolò. Dei passi femminili rimbombarono nel portone. Passi femminili che erano familiari a entrambe. Camminata che si trasformò in una breve corsa verso di loro.

«Oh santo cielo, Usagi che cosa ti hanno fatto?». L'allarmismo di sua madre era quasi palpabile. «Devo chiamare un ambulanza, meglio se ti portiamo in ospedale». Percepì il tono professionale, per qualche strano motivo la donna che l'aveva messa al mondo si era trasformata nella dottoressa responsabile di un intero reparto nonostante l'età relativamente giovane.

«Mamma, non è il caso di chiamare subito l'ambulanza, dalle il tempo di calmarsi prima, poi la chiamiamo. Credimi è meglio così..magari non c'è nemmeno bisogno di chiamare l'ospedale ora vediamo quando si alza se ha qualcosa di rotto...». Furono le parole della motociclista.

Si sentì improvvisamente un pò meglio, di andare in ospedale non aveva proprio voglia: voleva solamente tornare a casa. Stare con loro due e con ....Mamoru.

«Posso..posso chiamare Mamoru?». Mormorò tirando su col naso. «Può...può dormire da noi?».

«Certo che si, dormiremo tutti qui stanotte.. al massimo io dormo sul divano..così lui dorme nel mio letto e state insieme...». Le rispose la sorella.

A quella concessione, mosse appena la testa sollevandosi dal petto di lei. Rivelando agli occhi delle altre due un labbro decisamente gonfio e una parte del viso leggermente più scura. Sulle gambe facevano la loro apparizione diversi lividi.

«Riesci ad alzarti Usagi?». Chiese la dottoressa, prima di provare a farla alzare. Movimento che rivelò al trio l'impossibilità della ragazza di poggiare il piede destro.

Questa me la pagate fottuti aristocratici, sapete solo mandare sti pezzi di merda così da uscirne puliti. Io vi rovino.



   
 
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