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Autore: Nimel17    17/04/2016    8 recensioni
Una differente versione sulla notte di Lucia nel castello dell'Innominato
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Innominato, Lucia Mondella
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cos'è questo fuoco

 

 

 

 

Signore potentissimo
Grandissimo mestiere
Più forte di ogni forza
Più grande del potere!

 

 

 

"Dove mi state portando?"
Signore, quanto freddo.... Lucia si strinse nel suo scialle di lana, camminando a passi riluttanti dietro la figura della vecchia serva. Quel semplice gesto le portò un poco di calore sulla pelle, ma dentro di sé sentiva la paura ghiacciarle il cuore, le vene e l'anima; nessuna coperta avrebbe potuto scioglierle quel gelo. Cos'era successo? Era stata fatta entrare in una carrozza in tutta fretta, ma non sapeva per chi lavorasse quel bravo, né se fosse stata rapita per conto di Don Rodrigo o per qualche altro spaventoso motivo. Era dunque tanto disgraziata? Sin da piccola, aveva disprezzato donne come Elena di Troia, che con la loro bellezza e il loro egoismo causavano sciagura e dolore ai loro cari: e ora, lei e Renzo erano stati costretti a scappare, di notte, alla stregua dei poco di buono. Quel nobile prepotente aveva dato loro la caccia come un bracconiere con dei cerbiatti spaventati, aveva spinto Renzo a gettarsi nel mezzo delle rivolte di Milano e lei a cercare asilo in un convento, lasciando il loro amato paesino e la sicurezza dei campi, di casa.
Ed era tutta colpa sua.
Deglutì, per ricacciare nel petto un groppo che minacciava di farla piangere. Non avrebbe pianto, la sua fede l'avrebbe sostenuta, avrebbe tenuto la testa alta, doveva essere forte, per se stessa e per Renzo. Il suo stato, tuttavia, non era in apparenza calmo come sperava, perché la serva si era voltata verso di lei, gli occhi scintillanti nel viso rugoso.
"State tranquilla, fanciulla. Siete bella e siete giovane, cos'avete da temere?"
"Cos'ho da temere? E me lo chiedete? Sono stata portata qui con la forza..."
"Il Nibbio non vi ha fatto del male, certamente, il Padrone l'aveva proibito."
"Il dolore fisico lo sopporterei ben più volentieri di quest'angoscia che mi lacera dentro."
"Suvvia, bambina, non dovete lasciarvi abbattere. Se siete stata condotta qui, c'è una buona ragione."
Lucia si lasciò scappare un riso isterico, che tuttavia le guadagnò un cenno d'approvazione da parte dell'anziana donna.
"Ecco, brava. Non correrete nessun pericolo, qui. Il Padrone è l'uomo più rispettato del contado..."
"Più temuto, vorrete dire!"
"Quando arriverete alla mia età, retta fanciulla, capirete che timore e rispetto spesso se ne vanno a braccetto. Sapete, il mio defunto marito, che Dio l'abbia in gloria, lavorava per lui. Morì per mano di un  bravo, durante un assalto organizzato dal signor conte. Sapete cosa fece il Padrone?"
"Si scusò per avere mandato un uomo alla morte?"
"Lo vendicò, ragazza. Trafisse il miserabile e ho visto con i miei occhi il sangue di quel porco mescolarsi alla polvere."
La giovane smise di ribattere e proseguì a occhi bassi, capendo che niente di quello che avrebbe detto avrebbe smosso la serva dalle sue convinzioni. Come poteva farle intendere che colui che venerava come Dio era in realtà un mostro? Ne era certissima, anche se non lo conosceva neppure di nome: ma chi altro avrebbe potuto rapire una giovane fanciulla dalla sicurezza del convento?
"Posso... posso sapere come si chiama il padrone del castello?"
Lucia non avrebbe saputo dire come fosse arrivata in quel salotto, freddo nonostante il fuoco acceso. C'era troppa penombra per poter distinguere chiaramente i quadri appesi alle pareti, probabilmente si trattava di ritratti di famiglia e lei fu lieta di non essere in grado di vederli; di fronte a lei c'era una libreria alta fino al soffitto e, per un istante, le parve che dovesse cadere e schiacciarla, tanto era grande e maestosa, persino eccessiva per quella stanza. Il resto del mobilio era scarso e si limitava ad una scrivania, una sedia e due poltrone: chi l'avrebbe mai detto che l'Inferno fosse un castello come tutti gli altri? In che girone era entrata? 
Era sicura, infatti, che di lì a poco avrebbe incontrato il Diavolo, giacché il nome sussurrato dalla serva era attribuito da tutti a Satana salito sulla Terra; si fece il segno della croce, tentando di far cessare il tremito delle mani. Oh, come si era sbagliata, riservando in passato quel titolo a Don Rodrigo! Quel nobile prepotente poteva essere Belzebù, o un altro demone infernale, ma non aveva la stessa grandezza malefica dell'uomo che l'aveva fatta rapire e portare in quel covo di dannati.
Signore, dammi la forza necessaria per superare questa avversità.
Lei era nel giusto. Se lo ripeté, mentre si accomodava su una delle due poltrone, ma serviva a ben poco, perché nella testa non risuonava altro che quel nome. Le gesta di quell'uomo orribile erano giunte persino nel suo modesto paesino, mancava poco che le madri lo utilizzassero come spauracchio al posto dell'Uomo Nero per far comportare bene i figli; si diceva che avesse avuto l'ardire di uccidere qualcuno sul sagrato di una chiesa e che genere di uomo poteva fare una cosa simile? Senza contare i duelli, gli assalti in carrozza, i ricatti, gli intrighi e molti altri crimini su cui la legge chiudeva un occhio per il rango e la ricchezza del nobiluomo. 
Strinse sul palmo il crocifisso che portava al collo, l'ultimo regalo del suo caro padre, morto quando era ancora una bambina: poteva anche essere nella casa del Diavolo, ma aveva la protezione di Dio e questo le fece alzare la testa e raddrizzare le spalle, con il cuore che le batteva più velocemente per quell'improvvisa sicurezza.
"Spero siate stata comoda. Perdonatemi se vi ho fatta aspettare."
La voce proveniva dalle sue spalle, ma Lucia non si voltò, non volendo dare l'impressione di essersi spaventata; si sarebbe aspettata un rumore di zoccoli, degno del piede caprino del Caduto... no, il passo era in verità silenzioso e felpato. Forse, ancora più inquietante.
"Siete voi il padrone, qui. Potete fare ciò che vi aggrada, entro i limiti stabiliti da Dio."
"Temo che mi rimarrebbe ben poco da  fare."
Quelle parole la gettarono nuovamente nello sgomento, ma confidava che il Signore l'avrebbe protetta, o almeno, così sperava. Sentì che il suo rapitore spostava una sedia per sedersi nella parte più in ombra della stanza, dove probabilmente si sentiva più a suo agio: lei non poteva vederlo, mentre era in piena vista per lui, come la pietanza principale di un banchetto.
"Vi aspettavo diversa."
"I criminali non fanno più ricerche sulle loro vittime?"
"Per una fanciulla dalla fama di santa in terra, avete una lingua tagliente. A Don Rodrigo non piacerà, ma la cosa non mi tange."
"Don Rodrigo? A causa sua mi trovo dunque qui?"
"Pensavo fosse ovvio."
"Perdonatemi, non sono familiare con il funzionamento della mente di un farabutto."
Troppo tardi, Lucia si pentì di averlo offeso: quell'uomo aveva ucciso per molto meno, dopotutto. Si preparò ad uno scatto di rabbia, a sentire una lama gelida sul collo, tuttavia il suo insulto venne accolto con una semplice risata. Si sentì umiliata per non essere riuscita neanche a scuotere quell'atteggiamento compassato, per non avergli fatto provare nemmeno un poco di vergogna.
"Vedo che avete del fuoco, in voi. Fuoco sacro, immagino mi ribatterete. Posso sapere il vostro nome?"
La giovane donna esitò impercettibilmente, pensando a quelle credenze popolari riguardo i nomi e il loro potere, ma era già prigioniera e non c'era bisogno d'incupire ulteriormente il ritratto della situazione in cui si trovava.
"Lucia. Lucia Mondella."
"Vedete, signorina Lucia, non capisco. Siete di una bellezza comune: lunghi capelli scuri e occhi grandi, non avete nulla che avrebbe potuto attrarre a tal punto Don Rodrigo."
"Vi state prendendo gioco di me?"
"Le voci sul mio conto non sono abbastanza veritiere, se credete che avrei permesso a un uomo di parlarmi come avete fatto voi. Quel bravo signore, tuttavia, vi crede un malleabile agnellino, pronto a cedere. Qual è il vostro paradosso, contadina senza storia?"
"Mi date troppa importanza, non sono che l'oggetto di una scommessa. Così i potenti si divertono con noi povera gente, possiamo solo chinarci mentre ci calpestano e avere fede in Dio."
"Mi chiedevo quando avreste tirato in ballo il vostro paladino celeste. Cosa credete, che piomberà in questa stanza con una spada di fiamma per liberarvi?"
Lucia arrossì per quella derisione così sprezzante e, prima che potesse rendersene conto, si era alzata in piedi e si era voltata verso la sagoma in penombra. 
"Non avete dunque nessun rispetto? Vi interessa così poco passare l'eternità all'Inferno, per prendervi gioco di Lui?"
"Il vostro Dio non è che uno spauracchio, l'unica arma che le povere anime deboli come voi hanno a loro disposizione. Io ho già quello che mi difende, non ne ho bisogno. Tenetevi pure il vostro scudo divino, signorina Lucia, perché quando lascerete questo castello, il Signore sarà l'unico ad avere pietà di voi."
Lei deglutì, tornando a sedersi e passandosi una mano sulla gola come per far ridiscendere il cuore al suo posto; mai, quanto in quel momento, aveva realmente avvertito la minaccia che costituiva Don Rodrigo. Aveva sempre sperato che, grazie alla forza della sua fede, le cose si sarebbero risolte, che Fra' Cristoforo avrebbe infuso nel nobile prepotente una coscienza e il rimorso... invece, il Diavolo l'avrebbe consegnata su un vassoio d'argento al suo persecutore.
Non si accorse di essersi messa a tremare fino a quando due mani le si posarono con fermezza sulle spalle, affondando le dita sul suo abito tanto da poterle quasi sentire sulla pelle. Le bruciavano.
"Suvvia, stavate andando bene. Calmatevi, non avete nulla da temere qui."
Lucia si sforzò di obbedire, ma quell'improvvisa vicinanza non faceva che agitarla di più: avrebbe dovuto provare ribrezzo, invece non ci riusciva, nonostante ora lui le stesse accarezzando i capelli.
"Non potete capire cosa significhi essere una donna alla mercé dei potenti. Cosa ho mai fatto per attirarmi le attenzioni di quel debosciato? Stavo solo facendo il mio lavoro, come tutte le mie brave compaesane..."
"Commiserarsi non serve a nulla. Fareste meglio ad accettare il vostro destino, soffrirete di meno."
Quando fu finalmente libera dalla stretta, la fanciulla tirò un sospiro di sollievo, ma fu di breve durata: il suo rapitore le si era inginocchiato davanti e con l'indice le aveva alzato la testa.
La prima occhiata del nobile le fece capire l'origine dell'autorità che sembrava esercitare sulle altre persone. Il Diavolo aveva capelli scuri striati di grigio e un volto dai lineamenti asciutti e taglienti, segnato da una cicatrice che percorreva una guancia fino agli occhi neri, così intensi che parevano ardere come il fuoco, in contrasto con la sua carnagione pallida. Portava una barbetta curata e un pizzetto, come andava di moda tra i ricchi nobiluomini e i suoi vestiti erano delle tinte fosche che ci si poteva aspettare da un criminale della sua risma; Lucia rispose al suo sguardo, incapace di guardare altrove, sentendosi come un topo in trappola. Lui la scrutava come se fosse stata il rompicapo più complesso del mondo, come nessuno aveva mai fatto prima e lei avrebbe dato qualunque cosa pur di sottrarsi a quell'esame, che le pesava addosso come se la stesse fisicamente soffocando.
"Lasciatemi andare! Siete già ricco e potente abbastanza, cosa può esservi stato promesso da indurvi a tenermi qui contro la mia volontà? Liberatemi, fate quest'unica buona azione! Dio perdona molte cose per un'unica opera di misericordia..."
L'altro sorrise, facendo scorrere il dito sul collo e causandole un brivido, dovuto sicuramente alla paura e non all'atto in sé... com'era diverso dalle timide carezze di Renzo! Si alzò di scatto, inorridita con se stessa: eppure lo sapeva che Satana agiva grazie alle armi della lusinga e della seduzione, lo sapeva e stava quasi per permetterlo ugualmente!
"Pace, signorina, non avete motivo di saltare via come una cerbiatta."
"Pace, signore, ma con questa poltrona tra noi. Non mi avevate forse detto che sarei stata al sicuro?"
"Vi sentite in pericolo?"
Sì. E lui doveva saperlo bene, perché un angolo della bocca gli si era alzato in un sorriso consapevole e derisorio al tempo stesso; Lucia si sentiva un libro aperto e la cosa la umiliava, mentre prima l'aveva sempre considerata una virtù. 
"Straordinario... davvero straordinario."
"C-cosa?"
"Ho capito, finalmente, cosa ha visto Don Rodrigo per fargli perdere a tal punto la testa dietro a una sottana."
"Non m'importa, voglio solo sapere come fuggire dalla sua persecuzione!"
In due passi le era arrivato davanti e le aveva afferrato le braccia, impedendole di scappare. Lei non ci provò nemmeno.
"Siete pura. E non parlo del semplice fatto di non essere stata toccata da un uomo, né della vostra religiosità, per quanto possiate compiacervene. Questa ce l'hanno anche le brave monache come la vostra amica Gertrude, eppure sono corrotte quasi quanto me. Mi riferisco alla vostra ottimistica certezza che il Bene trionferà sul Male, comportandovi di conseguenza e rimanendo coerente a questa utopica convinzione."
Lucia si odiò per il rossore che sentì salirle alle guance. Se solo quell'uomo abietto avesse agito come Don Rodrigo, mentendo e senza preoccuparsi di lei come persona... se solo l'avesse apertamente minacciata, o le avesse usato violenza, sarebbe rimasta salda nel suo disprezzo. Non era nemmeno la cortesia che le mostrava a confonderla, ma piuttosto il rispetto. Si era preso gioco di quello in cui credeva, ma non di lei, trattandola quasi da sua pari e non come un insetto da calpestare a capriccio. Non aveva denigrato la sua debolezza, definendola da donnicciola e, quando le parlava, parlava a lei, non semplicemente a quello che vedeva davanti ai suoi occhi. 
Nemmeno Renzo l'aveva mai fatto.
Signore, cosa stava facendo? Come aveva potuto comparare anche lontanamente i due uomini?  
E non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal Male, amen.
Era questo, dunque, quello che stava provando? Tentazione? Ma per cosa?
L'unico rifugio che le era accessibile era l'ignoranza.
"Io... io non capisco cosa intendiate affermare."
Lui l'attirò ancora più vicina, gli sarebbe bastato stendere le braccia per circondarla interamente. Odorava di polvere da sparo.
"Mentire è peccato, ragazza mia. Avete ragione di pensare a me e a Don Rodrigo come a persone crudeli e insensibili. Potreste arrivare a credere che siamo il Male incarnato. Ebbene, quelli come noi desiderano di più ciò che non possono avere e per questo veniamo attratti da chi è sincero dove noi inganniamo, compassionevole dove noi siamo spietati, sensibile quando siamo indifferenti. Capite, Lucia?"
Signore, il suo volto era troppo vicino, i suoi occhi sembravano avere ancora più potere a quella distanza quasi nulla. Si tolse la catenina che portava legata al collo e ne strinse il crocifisso, per sentirlo parte di lei.
"Dite delle sciocchezze. Il Bene e il Male non si possono capire."
"Siete certa che si debbano comprendere a vicenda?"
In un istante, aveva raggiunto le sue labbra e l'aveva liberata dalla sua stretta oppressiva, preferendo infilarle le dita tra i capelli e accarezzarli. Il suo primo istinto fu di lottare, premendo una mano sul velluto del farsetto, ma per tutta risposta lui aumentò la pressione sulla bocca e sulla capigliatura,  spingendola fino farla indietreggiare con le spalle alla parete; sentiva i contorni delle pietre sulla schiena e, senza accorgersene, mollò la presa sulla croce, che cadde a terra con un tintinnio. 
Non vi badò. Si sentiva senza fiato, confusa, febbricitante, sottomessa alla crudeltà di quel gesto, forte, ma nello stesso tempo non abbastanza forte. Si accorse di avere avuto gli occhi chiusi solo quando li riaprì e vide i suoi capelli brizzolati all'altezza del mento, le labbra che avevano liberato le sue ora lasciavano un'impronta bollente sulla sua pelle; tentò di recuperare il fiato con brevi e veloci respiri, mentre le sue dita si aggrappavano, inerti e gelide, alle spalle di lui. Il cuore le batteva come se volesse uscire dal petto. Un braccio le passò intorno alla vita e la strinse, attirandola ancora più vicino, anche se Lucia non lo avrebbe creduto possibile. Non sapeva se si trovava in Paradiso o all'Inferno, se aveva più caldo o più freddo, se era spaventata o euforica, ma si sentiva sciogliere ogni volta che la sua bocca trovava l'altra, ogni volta che sentiva quel respiro che odorava di tabacco sulla guancia.  Le gambe le tremavano e non riuscì più a reggersi, si sentì cadere come se fosse caduta in fondo alle acque del lago di Como, ma fortunatamente la presa di lui era ben salda. 
La fece sedere con delicatezza, divertito dall'espressione vitrea della fanciulla.
"Visto? Non è necessario che il Bene e il Male si intendano: io capisco il linguaggio dei vostri baci, e voi quello dei miei."



"Padrone...."
"Sì, Nibbio?"
"Avete lasciato libera la ragazza."
"Corretto. In fondo, chi è mai Don Rodrigo per dirmi quello che devo fare?"
"Non capisco, signore. Perché?"
"Forse... perché la amo."

 

 

Nota dell'autrice: L'Innominato è sempre stato uno dei miei personaggi preferiti dell'opera manzoniana e il pallino che la sua conversione improvvisa fosse dovuta a un inaspettato amore per Lucia non mi ha mai abbandonata... di qui la citazione finale della Bella e la Bestia. Non dovete considerare Lucia troppo OC, si trovava in una situazione completamente nuova ed è naturale non sapere come comportarsi davanti a un individuo carismatico come il Conte del Sagrato. Grazie a chi leggerà questa storia, buona domenica.

 

Queste mani come morsa...
Fatti prendere...serrare...
Queste labbra sono il fuoco
E ti debbono bruciare
Contadina senza storia
Io ti insegnerò l'amore...
Che non sa di chiese e incenso
Che non ha nessun pudore...

  
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