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Autore: Doctor Nowhere    17/04/2016    0 recensioni
Cinque figure, flagellate dalla tempesta. Quattro uomini, una bambina. Non hanno un posto dove andare, non hanno un posto dove tornare. Hanno solo qualcosa da cui scappare.
Axel Schmidt, un tedesco grande e grosso ma costretto a sorreggersi su una stampella.
Florin Dragan, un gentiluomo rumeno, raffinato ed egoista.
Theodore Winston Starkey, un americano dotato di grande senso pratico.
Francesco Leone, un piccolo, gobbo e codardo scienziato italiano.
Jackie, una misteriosa bambina dagli occhi color smeraldo.
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Qualcuno sa quanto può essere orribile il vento. Non intendo il vento dei tornadi e dei cicloni, che spazza via tutto senza pietà né ragione. Io dico il vento, il vento crudele che soffia nelle notti di luna spezzata, in cui la tenue luce delle stelle non può rischiarare abbastanza il velo dell'oscurità per gli esseri umani che, malcapitati, si trovassero a vagare senza meta.

Cinque figure avevano quel tristo destino quella notte. Cinque ombre si stagliavano, barcollanti e tremanti, flagellate dal freddo e dal vento, che colpiva la nuda pelle dei corpi a cui appartenevano.

Tre dei cinque camminavano lievemente più spediti, e procedevano guidando la lenta processione. Il primo si appoggiava con sempre maggior forza e necessità a un bastone da passeggio, il secondo, il più grosso del gruppo ma anche il più affaticato, zoppicava reggendosi a un ramo adattato a stampella di fortuna, mentre il terzo, forse più robusto, proseguiva senza aiuti, nonostante mostrasse anche lui qualche difficoltà.

I due che seguivano più indietro avevano più problemi a camminare. Uno era gobbo, e proseguiva quasi a gattoni, tanto il tempo inclemente si accaniva su di lui. Sembrava appoggiarsi e insieme spingere in avanti l'ultima figura, la più minuta, che non gli arrivava alla spalla, per quanto in basso si trovasse la suddetta spalla.

I compagni emettevano gemiti e lamenti. Erano bagnati fino all'osso, e senza alcun tipo di indumento, se non qualche lenzuolo rozzamente tagliato, che avevano recuperato per grazia divina poco prima che iniziasse la notte e la tormenta. Certo, il proprietario di suddetti lenzuoli non sarebbe stato contento, ma di certo servivano molto più a quei viandanti che non a lui.

Il terzo che seguiva, di tanto in tanto si fermava, e controllava che gli ultimi due non si fossero fermati, abbattuti dalla loro debolezza.

Ma fu il secondo ad arrestarsi per primo. Era il più grosso e massiccio del gruppo, ma la gamba zoppa lo provava troppo. Sbuffò e scivolò nel fango, tentando inutilmente di reggersi al suo ramo.

"Avanti Schmidt!" lo chiamò subito quello che lo seguiva, avvicinandosi e tentando di sollevarlo "Non possiamo fermarci adesso!"

Il bestione bofonchiò qualcosa di incomprensibile. Poi disse, tenendo la testa bassa "Ma a che serve? Non ce la posso fare!"

Il suo soccorritore imprecò, e volse gli occhi al capofila che, imperterrito, continuava a tentare di resistere alla tempesta, incurante che uno dei suoi compagni fosse crollato come un cadavere di un impiccato giù dall'albero una volta che viene tagliata la corda.

"Ehi, Dragan!" lo chiamò, tentando di sollevare Schimdt "Ci serve aiuto qui!"

L'interpellato si voltò. Il pezzo di lenzuolo che si era sistemato per coprirsi nella maniera più dignitosa possibile svolazzava violentemente, tanto da costringerlo a tenere la mano libera sul nodo che aveva fatto, e che era a continuo rischio. Osservò la situazione e scosse la testa "Non possiamo fermarci o rallentarci, signor Starkey. Lei sa perfettamente che cosa ci insegue. E, per inciso, gradirei essere chiamato conte Dragan"

"Ehi, Conte del mio cazzo!" bofonchiò debolmente Schmidt, lanciandogli un'occhiata piena d'ira "Credi che non sappia cosa abbiamo dietro? Credi che faccia apposta a zoppicare?"

Mentre parlava, gli ultimi due lo raggiunsero. Il gobbo, che rispondeva al nome di Francesco Leone, fece ciò che gli era possibile per aiutare Starkey a sollevare il loro compagno, mentre la piccola, una bambina che non dimostrava dieci anni, ma che aveva occhi verdi come lo smeraldo e lunghi capelli neri d'inchiostro resi sozzi dal maltempo, continuò a camminare e li superò.

Schmidt prese fiato, e poi riprese a inveire contro l'uomo che gli stava davanti "E' comodo parlare per te, non sei tu quello con la gamba frantumata... sei solo un egoista e un vigliacco!"

"Come osi!" esplose in un lampo d'ira il conte "Come osi rivolgerti in questo modo a me, lurido maiale?" afferrò il bastone, e parve sul punto di scagliarsi contro lo zoppo, ma una folata di vento persino più forte delle altre lo sbilanciò, e fu costretto ad appoggiarsi alla sua arma improvvisata per non cadere a terra.

Anche i tre che provavano a reggersi insieme subirono l'effetto di quella sferzata micidiale, e se Starkey non fosse stato molto più forte di un uomo medio, sarebbero finiti tutti quanti a sguazzare di nuovo nel fango.

Poi, all'improvviso, senza motivo apparente, la tempesta cessò. Il vento infernale si placò, la pioggia s'interruppe, e le nuvole si diradarono leggermente, permettendo di scorgere qualche stella in più. I quattro rimasero a fissarsi stupiti, anzi, forse addirittura sbigottiti. "Che diamine è successo?" sussurrò con voce roca Leone, scuotendo la testa, cercando di inquadrare quanto più possibile con i suoi occhi grigi. Starkey socchiuse gli occhi, pensieroso, e fece un verso cupo.

Gli occhi di Dragan dardeggiarono subito nella sua direzione "Lei dice che... che è possibile...?"

"Non posso escluderlo" sussurrò a malincuore Starkey, poi sputò per terra.

Dragan, con aria preoccupata, se non addirittura terrorizzata, mosse leggermente l'impugnatura del bastone, e qualcosa brillò nella debole luce lunare. "No... no... dopo tutto questo... non possono averci trovati..."

Il gigantesco Schmidt tentò di rimettersi in piedi, ma era ancora troppo debole, e ricadde appoggiato ai suoi due compagni. Poi, di colpo, guardò a destra. Poi a sinistra. Poi di nuovo a destra. Poi alzò la testa, e cercò di guardare più lontano che poteva intorno a sé. Infine bofonchiò "Dove si è cacciata Jackie?"

Un brivido li scosse tutti. Dragan prese ad avvicinarsi circospetto ai suoi compagni di sventura, e sollevò ancora di qualche centimetro l'impugnatura del suo bastone, rivelando una lama. "Non mi piace" commentò.

Rimasero qualche istante in silenzio, scrutandosi intorno. Francesco provò a chinarsi ancora un po' più di quanto non lo costringesse la sua natura, cercando nel fango le tracce dei piccoli piedi della sua piccola amica, ma forse era troppo buio, o forse i suoi occhi erano troppo deboli, e non riuscì a trovarle.

D'un tratto, la voce della bambina li riscosse: "Di qua!"

Come un sol uomo, i quattro voltarono la testa. La piccola aveva scalato un albero, e indicava un punto in lontanza, una collinetta che copriva loro la visuale sull'orizzonte. Gli uomini si diressero dove Jackie indicava loro, e videro delle luci in lontanza.

"Quelli sono lampioni" osservò il conte Dragan. "Quindi" sussurrò Francesco "Siamo vicini a una città"

"Muoviamoci" esortò Starkey, aiutando il gigante a reggersi. Il gobbo, prima di avviarsi, si avvicinò all'albero e tese le braccia, aiutando Jackie a scendere.

Erano tutti stanchi e sporchi, ma la vista di un luogo in cui avrebbero potuto chiedere ospitalità e riposarsi diede loro nuove energie, e si diressero verso la città con rinnovato vigore. Solo il nobile ogni tanto si guardava intorno sospettoso, per assicurarsi di non essere seguito. Mentre camminavano, il gobbo faceva di tutto per rendersi più presentabile possibile, soprattutto, cercò di pulire la faccia e il corpicino esile della bambina, per quanto gli consentivano le sue mani tremolanti per la stanchezza. Di tanto in tanto sospirava. Quanta sofferenza aveva dovuto vedere quella povera piccola!

 

   
 
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