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Autore: Rebecca04    17/04/2016    8 recensioni
Merlin, nuovo studente all'Albion High School, viene continuamente preso di mira dalle cheerleader della scuola.
Tentando di vendicarsi finirà ancor più nei guai, venendo obbligato a impersonare la mascotte della squadra di basket, capitanata dall'insopportabile Arthur Pendragon.
Tra i due sarà scontro al primo sguardo...
[6° classificata alla seconda edizione del contest "AU - Wherever we are" indetto da EmmaStarr sul Forum di EFP]
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gaius, Merlino, Morgana, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Gwen/Lancillotto, Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ciao a tutti :)
Come scritto nell'introduzione la storia partecipa alla seconda edizione del contest "AU - Wherever we are" indetto da EmmaStarr sul forum di EFP.
Partecipo col pacchetto #Scolastico (stile High School americana).
Un ringraziamento speciale a mary del che ha letto la storia in anticipo, dandomi preziosi consigli.
Buona lettura!


A Lovely Idiot
(o ‘Come il capitano si innamorò della mascotte’)


Red Dragons

Sigan bussò senza sosta contro la porta della presidenza, mentre con l’altra mano tratteneva Merlin per un polso.
La preside aprì subito, preoccupata per il trambusto.
“Cornelius?” chiese stupita, per poi passare lo sguardo al ragazzo accanto a lui.
“Ho pizzicato questo studente mentre cercava di rubare la salamandra del laboratorio di biologia” chiarì rapidamente il bidello.
Merlin storse il naso, con tutta l’immondizia che c’era da raccogliere in quella scuola, cheerleader comprese, il bidello doveva proprio prendersela con lui?
“È un drago barbuto” pronunciò il ragazzo verso l’inserviente, “e non lo stavo rubando, solo prendendo in prestito.” Alzò lo sguardo verso Sigan.
Di certo gli alunni avevano ragione a soprannominarlo ‘Monty’, di profilo il naso del dipendente mimava alla perfezione quello del famoso miliardario Montgomery Burns, e come non notare quell’accenno di gobba tra le spalle del viscido.
Cornelius spostò la presa dal braccio dello studente alla sua spalla, spingendolo di ben due passi dentro l’ufficio. “È tutto suo preside” disse secco, ignorando completamente il commento dell’altro.
“Grazie Cornelius, vai pure, mi occuperò io della faccenda.” Annis si schiarì la voce e non appena il bidello fu fuori dalla portata d’orecchio sospirò, aveva fin troppe manie di grandezza per il suo ruolo.
“Accomodati.” Indicò al ragazzo la piccola sedia imbottita davanti alla scrivania.
Merlin si sedette, doveva chiarire subito la situazione, perché non poteva permettersi guai.
“Io non lo stavo rubando…”
“Ehi, aspetta un attimo.” La donna avanzò verso la sua seduta, accomodandosi. “Prima di tutto il tuo nome.”
“Merlin, Merlin Emrys” bofonchiò il moretto guardandola; da quando era lì aveva sempre sentito voci sulla indiscussa professionalità e diligenza della preside, sarebbe bastato spiegare il malinteso.
“Emrys… ” Annis digitò il cognome del ragazzo sulla tastiera del computer.
In pochi secondi il profilo di Merlin era sotto gli occhi della donna, che leggeva riga dopo riga.
“Sei con noi solo da questo anno, capisco perché non mi sei famigliare… Ottima media, un notevole numero di corsi extracurriculari… ” Rindirizzò lo sguardo sull’allievo. “Perché rubare la mascotte della scuola, dunque?” domandò perplessa.
“Come le stavo dicendo preside non avevo alcuna intenzione di rubare Kilgharrah, mi serviva solo per una mezz’ora” esalò tutto d’un fiato.
“E per cosa?” La donna alzò un sopracciglio.
Merlin si morse leggermente il labbro. “Un esperimento” mugugnò.
“Concordato con il professore di biologia presumo, lo chiamo subito.” La preside spostò la mano verso la cornetta del telefono.
“No!” Merlin interruppe il gesto della donna con quella esclamazione. “Il professore non ne era proprio a conoscenza… ”
“Merlin,” disse autoritaria, “ti conviene spiegarmi, se non vuoi che la faccenda si complichi.”
Il ragazzo si sistemò meglio sulla sedia, allungando le mani sulle ginocchia, sguardo basso da cane bastonato.
“Volevo nascondere Kilgharrah nell’armadietto di una mia amica per scherzo. Mi sarei assicurato che non gli accadesse niente di male, giuro!”
Non stava proprio confessando tutta la verità: voleva davvero far prendere uno spavento a una ragazza, ma si trattava di Vivian, la capo cheerleader che non smetteva un minuto di prenderlo in giro.
Annis sospirò. “Non sono presenti richiami nel tuo profilo, ma non posso tollerare che qualcuno rapisca la mascotte della scuola.” Osservò di nuovo la scheda cambiando argomento. “Non vedo alcuna attività sportiva tra i tuoi interessi.”
Merlin annuì; non si vedeva proprio in mezzo a gente che non conosceva l’uso del deodorante o che passava la proprio vita a rincorrere una palla.
“Non voglio rovinare il tuo curriculum, quindi ti affiderò un nuovo incarico. Sfortunatamente l’alunno che impersonava la nostra mascotte alle partite di pallacanestro si è infortunato, coglila come un’occasione per appassionarti agli eventi sportivi.”
La bocca dello studente si aprì e si richiuse. Lo stava condannando a trascorrere i prossimi weekend in un costume da drago, sicuramente fetido.
“Ma… “
“Oppure potrei sospenderti?” pronunciò velocemente la donna, sfoderando un sorriso.
“No, no, no. Accetto!”
Furono le ultime parole che Merlin disse prima di ritrovarsi nei corridoi della Albion High School, camminando in direzione della palestra.
Le sfortune capitavano proprio tutte a lui.
Spinse il maniglione della porta antipanico, entrando a passo da condannato sul pavimento in linoleum della stanza, che, ovviamente, non poteva essere vuota. La squadra di basket stava giusto finendo l’allenamento con una sequenza di tiri liberi.
“Posso aiutarti ragazzo?” Il coach Alator lo stava squadrando dalle panchine delle riserve.
Merlin prese un respiro e si diresse verso l’uomo, mentre i giocatori lo osservavano tra un tiro e l’altro.
“Guarda che le selezioni le abbiamo già chiuse da un bel po’” disse immediatamente l’uomo una volta trovatosi davanti lo studente.
“Oh no.” Merlin si accorse subito di aver detto quella frase in modo troppo disgustato. “Mi ha mandato la preside, per impersonare la mascotte.” Allungò il foglio che la donna gli aveva rilasciato poco prima.
A quelle parole le riserve scoppiarono a ridere, riconoscendolo.
Il coach tossicchiò con disapprovazione per zittirli. “L’allenamento è finito, andate a cambiarvi!” sbraitò poi verso il campo da gioco.
L’ammasso di canotte rosse corse verso gli spogliatoi, cercando di trattenere il chiacchiericcio.  
“Capisco” proferì il coach riportando l’attenzione all’appunto della donna. “Vieni con me, ti consegno il costume.”
Merlin lo seguì all’interno degli spogliatoi fino al suo ufficio, dove Alator afferrò lo scatolone che conteneva il costume, piazzandolo tra le braccia della futura mascotte.
“D’ora in poi dovrai prendertene cura come fosse una parte di te, la tua seconda pelle per intenderci.”
Merlin, che si stava adoperando al massimo per non far cadere la scatola, fissò il coach speranzoso. Avevano entrambi le orecchie a sventola dopo tutto, dovevano essere solidali tra loro.
“Il mio predecessore tornerà presto, vero?”
L’uomo digrignò i denti, ridendogli in faccia un secondo dopo. “George è inciampato sulle scalinate due partite fa, con la frattura della gamba penso ne avrà almeno per un mese.”
Il moro si sentì mancare, lui non poteva sprecare tutto quel tempo, soprattutto non ricevendo nemmeno crediti per ciò che stava facendo.
“Ti servirà anche questo.” Alator gli passò un piccolo quadernetto preso dalla scrivania. “Qui sono indicate le date delle partite a cui non puoi mancare e inoltre i passi di danza.”
“Passi di danza?” domandò spiazzato Merlin.
“Non puoi di certo ciondolare in giro per il campo come un tritone impazzito.”
Drago, santo cielo… Perché nessuno si sforza di imparare che la mascotte di questa scuola è un drago?
“Dovrai imparare il balletto porta fortuna dei Red Dragons, i miei ragazzi sono alquanto pretenziosi,” commentò divertito il coach, andando a scrutare i vari trofei nella vetrinetta della stanza. “Sarebbe buona cosa se venissi anche agli allenamenti.“
Merlin tentò un sorriso. “Sicuramente non mancherò.“ Come no.
Se ne andò subito dopo, mentre Alator si perdeva tra le foto di squadra appese alla parete.
Non bastava infilarsi in un costume, ora doveva pure ballare ‘Il lago dei cigni’ davanti alla scuola, come se non fosse già preso in giro abbastanza.
Si imbucò in uno stanzino degli spogliatoi, appoggiando il cartone sulle panche situate al centro della stanza, davanti agli armadietti.
Agguantò la testa del drago esaminandola attentamente, almeno non vi erano residui di vomito o di sangue del povero George.
Gli occhi in plastica gialla catturavano il riflesso delle lampade al neon della saletta, mentre gli altri accessori del muso erano tutti in morbida stoffa: due narici scure, due sopracciglia che non avevano mai visto un’estetista e due corna bianche che facevano capolino dalla testa, lunghe non più di trenta centimetri.
La bocca del drago era la fessura attraverso cui Merlin doveva vedere e respirare, ma una fila di denti aguzzi la contornava, forse, per questo l’altro ragazzo era caduto, non avendo la visuale perfettamente chiara.
Lasciò la testa sulla panca e prese il busto del dragone, niente di molto particolare per fortuna. Il ventre liscio e giallastro riportava la scritta ‘Red Dragons’ e la schiena rosso fuoco era adornata da una fila di scaglie lungo il centro, che continuavano anche sulla coda del costume.
Il ragazzo brontolò un po’ nel vedere che le sue mani sarebbero state fasciate in possenti zampe artigliate, come i suoi piedi; avrebbe di sicuro fatto presto la fine del suo predecessore.
Guardò l’ora sull’orologio appeso al muro dello stanzino, di lì a poco le lezioni sarebbero finite e non poteva di certo imbucarsi agli ultimi minuti di uno qualunque dei suoi corsi.
Riosservò il costume e poi iniziò a liberarsi delle scarpe, l’avrebbe provato subito. Via il dente via il dolore, no?
Abbassò la lampo laterale e infilò un piede alla volta, per poi richiudere la cerniera. Ora gli serviva uno specchio.
Afferrò la testa e uscì nel corridoio centrale, scrutando a destra e a sinistra alla ricerca di un bagno. Quando scorse l’insegna delle toilette ci si fiondò dentro, ammirando la sua sagoma nei piccoli specchi sopra i lavandini.
“Interessante scelta d’abbigliamento.”
Merlin si irrigidì a quella voce, voltandosi e scoprendo il capitano della squadra di basket all’ingresso; non indossava più la divisa, ma un maglioncino rossiccio e dei semplici jeans. 
Arthur Pendragon non gli era mai stato particolarmente simpatico, non che ci scambiasse molte parole, nessuna per intenderci, ma ogni volta che lo osservava era sempre in compagnia di Vivian: i due erano sicuramente in combutta.
“Guarda che è la mascotte della tua squadra… “ Si rigirò, cercando di ignorare l’altro.
“Ti diverti a travestirti da drago ora? Io ti vedrei di più in un paio di pantaloni a zampa d’elefante.”
“E io in un costume da asino” concluse soddisfatto il moro, ritrovandosi a sorridere come un ebete al suo riflesso.
Il biondo sembrò tentennare, ma i Pendragon non potevano mai uscirne sconfitti, comandamento di famiglia.
“Ehi!” Una terza voce li richiamò. “Allora è vero, hippie Merlin sarà la nostra mascotte!” Gwaine si avvicinò a Merlin, incurante dello sguardo omicida del ragazzo. “Ti balla un po’ perché sei magro, ma non stai male, vero Arthur?”
Il biondo sorrise. “Perfetto, non vedo l’ora di veder danzare hippie Merlin, sicuramente spruzzerà pace e amore sugli spalti.”
Merlin tentava invano di stringere i pugni per sbollirsi, ma doveva aver inserito erroneamente le dita nel costume, non riuscendo a piegare tre artigli su cinque.
“Non ho scelto io di diventare la mascotte, mi hanno obbligato.” Tentò di giustificarsi il moro, cercando di allontanare Gwaine con un colpo di coda.
Il giocatore studiò l’appendice del costume colpire le sue gambe. “Questo dovrebbe intimidirmi?” chiese divertito. “Non mi fa nemmeno il solletico.” Cominciò a ridere, come il capitano.
“Sto perdendo il mio tempo qui… “ disse Merlin sbuffando. “È meglio che me ne vada prima di iniziare a rincitrullirmi come voi due.” Si allontanò dai lavandini, passando tra i compagni.
“Aspetta, non puoi già andartene.” Arthur allungò una mano per bloccarlo, ma la repentina giravolta dell’altro lo fece rimanere di stucco e con la cerniera del costume tra le mani.
Merlin sgranò gli occhi vedendo la chiusura della sua lampo fra le grinfie del biondo. “L’hai rotta!” urlò in preda al panico. “Hai rotto il costume!” gridò ancora più forte. “Come farò ad uscire da questo coso??”
“È stata colpa tua, perché ti sei spostato?” rispose adirato il capitano.
“Non cercare di fregarmi Pendragon, l’avevi già pianificato!”
“E quando, di grazia??”
Gwaine si stampò una mano sul volto. “Ragazzi calmatevi, sono sicuro che si aggiusta… “
“Taci tu, sei un complice. Lo dirò al coach!”
“Cosa?” Gwaine lo guardò sorpreso.
“Tu non lo dici a nessuno.” Arthur agguantò la mandibola del costume, avvicinandolo a sé.
“Si può sapere cos’è questo casino??” Alator calciò malamente la porta del bagno, entrando con grandi falcate.
Un paio di occhiate tra i due giocatori e Merlin si ritrovò sottobraccio ad Arthur e Gwaine, con la mano del capitano pressata sulla bocca.
“Stavamo spiegando a Merlin che deve sentirsi il benvenuto” chiarì Gwaine.
“Chi è Merlin? “ Alator seguì i tre con lo sguardo, mentre la mascotte roteava gli occhi.
“La nuova mascotte coach” pronunciò confuso Arthur.
“Ah, già, quello nuovo.” Spostò le pupille sul drago. “Mi raccomando al costume, come una seconda pelle, ricorda.”
I due amici fecero annuire il terzo di forza, mentre Alator se ne andava sorridente.
“Ci hai quasi messo nei guai“ commentò esasperato il biondo, adocchiando gli occhi del moro.
Merlin lo fissò per qualche secondo, prendendo un’ardua decisione per liberarsi dell’asino.
Arthur spostò di corsa la presa dalla bocca dell’altro, inveendo contro il drago.
“Mi hai leccato la mano!”
“Ben ti sta! Così impari a tapparmela!“
Gwaine scoppiò di nuovo a ridere. “Fate scintille insieme!”
 Arthur lo fulminò sul posto e Merlin fece lo stesso.
“Non guardatemi così o non vi dirò chi può aggiustare il costume.“
“Tu sai chi può farlo??”
“Certo, la sorella di Arthur, se non sbaglio, seguiva il corso di cucito.”
“Morgana?” borbottò il biondo, “avrà seguito si e no due lezioni per accontentare Gwen.”
“Allora chiediamo a Gwen” concluse Gwaine.
“Io non ci vado da loro.” Puntualizzò subito il biondo, incrociando le braccia al petto.
“L’ultima volta Morgana l’ha atterrato.” Gwaine rise, appoggiandosi al muro per non crollare. “Arthur Pendragon atterrato da una ragazza!”
“Quella ragazza, se così si può definire, ha fatto judo.”
Merlin li osservava litigare senza venirne a capo; conosceva di nome Morgana Pendragon, ai corsi si nascondeva sempre nelle ultime file come lui e sapeva che nessuno osava contraddirla.
“Ehm, possiamo andare da questa Gwen? Non voglio finire i miei giorni in questo costume.” Si lamentò.
“Solo se non è con Morgana” disse senza accettare obiezioni il biondo.
“Hai paura delle donne, che capitano… ” commentò Merlin divertito, mentre Gwaine cercava di trattenersi per non irritare di più Arthur.
“Guarda che non sono io quello incastrato in una lucertola.“
“È un drago! Perché nessuno lo capisce??”
“Non vorrei interrompere, ma potremmo trovare un altro posto dove discutere?” Gwaine si avviò verso l’uscita, notando che i due si erano convinti a seguirlo.
Due stanze più avanti Lancelot e Percival stavano finendo di cambiarsi, quando videro entrare i tre nello spogliatoio.
“Ragazzi, conoscete tutti hippie Merlin, giusto?” Gwaine ammiccò ai due compagni di squadra.
La mascotte si trattenne dal lanciargli contro la testa del drago. “Quello non è il mio nome… “
“Si, certo. Veniamo al sodo” bofonchiò il giocatore.
Merlin sospirò, osservando i giocatori davanti a sé. Sapeva chi erano, ma non si era mai fermato a parlare con loro.
Lancelot, come Arthur, frequentava numerosi dei suoi stessi corsi essendo al terzo anno, mentre Gwaine e Percival erano un anno più giovani, se pur i due metri di altezza dell’ultimo destassero qualche dubbio.
“Lance, abbiamo urgente bisogno di Gwen.”
“Come?” domandò stranito il ragazzo, mentre tentava di chiudere l’armadietto.
“Arthur ha rotto la lampo del costume, Gwen di sicuro sa aggiustarla.”
“Quindi tu sei chiuso lì dentro?” Percival si avvicinò al nuovo arrivato.
“A quanto pare si,” vociferò rassegnato Merlin.
“Tranquillo, sistemeremo tutto.” Accennò un sorriso, battendo un paio di volte la mano gigante sulla spalla di Merlin.
Al moro parve che anche la bocca del costume fosse caduta raso terra, un giocatore apprensivo non si vedeva tutti i giorni.
“Dovremmo portarti subito da Gwen, dov’è?” Percival si voltò verso Lancelot.
“A quanto ne so si vede con Morgana a quest’ora, aula centoquattro, se non ricordo male.”
“Ecco! Se c’è lei io non ci vado” mugugnò in risposta Arthur.
“Scusa ma a casa come fai? È tua sorella, cioè… “
“Non sono affari tuoi o sbaglio?” Si indispettì il biondo, lanciandogli un’occhiataccia.
Merlin si zittì. Che gran cafone…
“Ti accompagniamo noi, non ti preoccupare.” Lance afferrò la sua sacca e si accostò alla mascotte.
“Muoviamoci prima che tutti escano dalle aule.” Percival iniziò a spingere il drago verso l’uscita, seguito dagli altri due amici.
“Tu non vieni, capitano?” chiese ironico Gwaine.
 Arthur soffiò. “Se mi colpisce me la pagherai.” Si avviò fuori dalla stanza, seguendo gli altri.
 
 
Gwaine bussò alla porta della stanza centoquattro, sentendo subito del trambusto dall’altra parte.
Nessuno usava quell’aula, forse perché era nei sotterranei della scuola, vicino al locale caldaie.
“Chi è?” Una sottile voce femminile chiese timidamente.
“Sono Gwaine, con i ragazzi.”
Morgana uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé. “Potevi dirlo subito.”
Merlin la scrutò titubante, non era in una posizione favorevole per giudicare gli abiti degli altri, ma era vestita davvero in modo inusuale.
“Benvenuti al Wicca club!” La ragazza abbassò il cappuccio che le incorniciava il viso, lasciando che i riccioli neri le coprissero il decolté, con sommo rammarico di Gwaine.
Allentò la cintura che stringeva in vita la mantella che la avvolgeva, facendo intravedere i suoi abiti da tutti i giorni.
“Abbiamo un Wicca club a scuola?” sussurrò Merlin.
“Non ufficialmente… “ sibilò Lance, “tu non hai visto nulla.”
Morgana sorrise ai ragazzi. “Lui è nuovo.” Indicò la mascotte. “Aspetta.“ Fece qualche passo verso il moro, indagando all’interno della fessura del costume. “È hippie Merlin!”
Merlin indietreggiò preoccupato, questa improvvisa attenzione lo spaventava.
Arthur lo afferrò prima che potesse pestargli un piede. “Avremmo bisogno di Gwen.” Cercò di risultare sicuro di sé.
“Te la chiamo immediatamente fratellino.”  Gli ammiccò, sparendo dietro la porta, mentre il biondo roteava gli occhi.
Dopo pochi secondi Gwen era davanti ai ragazzi, stranamente vestita in una semplice camicetta e una gonna.
“Che posso fare per voi?” Sorrise, lanciando una particolare occhiatina a Lance, che arrossì leggermente.
“Ci servono le tue abilità da sarta” spiegò subito Percival, arpionando le mani sulle spalle del drago.
Merlin, che stava per illuminare Gwen sull’attentato al costume da parte di Arthur, si sentì improvvisamente ruotare verso destra.
“La lampo si è rotta.” Il ragazzone puntò il dito sulla zip, a cui mancava il cursore della chiusura.
“Lui l’ha rotta,” sbiascicò il moretto una volta riacquistato l’orientamento, seppellendo Arthur con lo sguardo.
“Non è stata colpa mia… Se tu non avessi deciso di contorcerti in quella sottospecie di giravolta ora non saremmo in questo guaio.” Il capitano si passò la mano tra i capelli dal nervosismo, lasciando uno scompigliato ciuffo biondo dietro di sé.
“Non è difficile da riparare, ma mi serviranno un paio di cose.” Gwen si mosse di lato per intravedere il ragazzo dentro al costume. “Dovresti venire con me nell’aula del club di cucito, a quest’ora non dovrebbe esserci nessuno.”
Merlin, che era fermo a contemplare il suo arci nemico, sobbalzò quando notò i due occhi nocciola della ragazza fissarlo. “Si, si certo! Vengo dove vuoi… “ Le sue guance si imporporarono, non voleva dare una cattiva impressione di sé.
“Guarda che Gwen è già impegnata.” Gwaine diede una lieve gomitata a Lance.
“Eh? No, ma io, non ho intenzione… Cioè.” Merlin cercava di articolare qualcosa di sensato, ma senza successo.
“Tranquillo, Gwaine scherza sempre, anche troppo.” La ragazza prese a braccetto la mascotte e la trascinò con sé in direzione delle scale. “Ti porto nell’aula di cucito e ti aggiusto la lampo” disse in tono rassicurante, mentre si accertava che Merlin mettesse correttamente le zampe sugli scalini.
“Oh, grazie, grazie” tossicchiò ancora imbarazzato, mentre gli atleti li osservavano divertiti.
“Ci vediamo domani agli allenamenti!” Gwaine sorrise, mentre lo salutava con una mano.
“Non fare caso a loro.” Gwen lo continuò a sostenere per l’avambraccio, anche finito la pericolosa salita delle scale.
“L’aula è giusto qui.” Puntò il dito verso la seconda porta sulla sinistra di fronte a loro. “Adesso è vuota, nessuno ci disturberà.” Ci si infilò, con Merlin al suo fianco.
Gwen attraversò l’aula dirigendosi verso una vecchia libreria appoggiata alla parete, ospitante varie scatole trasparenti, che, per quanto poteva scorgere Merlin, contenevano molteplici bottoni di vario genere, nastri e anche utensili.
I banchi della stanza erano stati tutti raggruppati al centro di essa, in modo da formare un grande rettangolo, su cui poggiavano tre cucitrici. Le sedie erano poste tutte attorno e la cattedra era sommersa da rulli di stoffe e scampoli di ogni tipo.
Dei fili collegati ai lati opposti delle mura erano usati come appendiabiti: vari lavori in stoffa, uncinetto e dei veri e propri abiti erano appesi lungo l’aula.
“Tutto pronto, siediti pure.” Gwen spostò una delle sedie attorno al rettangolo di banchi, spingendola verso l’altro.
Il moro squadrò la ragazza mentre era intenta a recuperare i ferri del mestiere. Non aveva mai scambiato due chiacchiere con lei, essendo Gwen al primo anno non frequentavo gli stessi corsi, ma si ricordava di averla notata pranzare frequentemente con Morgana, cosa assai strana, visto che i ‘primini’ non si avvicinavano agli studenti degli ultimi anni.
Non si ricordava nemmeno di averla vista in compagnia di Lancelot, sicuramente stavano insieme da poco…
Merlin si sedette e si tolse la testa del costume, perché diavolo non ci aveva pensato prima??
“Io, sono Merlin… Scusa se non mi sono presentato.“ Tese la mano verso la ragazza.
“Piacere.” Gwen strinse la mano del costume, sorridendo quando uno degli artigli le solleticò la pelle del polso. “So chi sei comunque.”
“La mia fama mi precede“ borbottò il moro, mentre la ragazza cominciava a lavorare attorno alla zip, “e pensare che mi sono trasferito qui solo da quest’anno.”
“Non dovresti badarci più di tanto, troveranno presto un nuovo capro espiatorio.” Raccolse un paio di forbicine e un nuovo cursore dalla scatola che aveva appoggiato di fianco a sé. “Sarei curiosa di sapere come sei finito in questo costume.”  
Merlin sbirciò il lavoro di forbici che Gwen si stava adoperando a fare. “Ho combinato un guaio. Potevo scegliere tra sospensione o mascotte.”
“Strano, non ti vedo a far danni per la scuola.”
“Sono stato scoperto mentre cercavo di prendere Kilgharrah, il drago barbuto… “
“Del laboratorio di biologia.”
“Già.” La guardò pensieroso. “Strano che tu conosca la nostra mascotte. Di solito le ragazze scappano urlando.”
“Oh, assolutamente no. Mi sono iscritta subito ai corsi di biologia e di quasi tutte le materie scientifiche.” Diede un’ultima rapida sforbiciata e infilò il nuovo cursore nella lampo. “A posto!”
“Finalmente.” Merlin saltò in piedi. “Meglio che vada prima che tutti escano e mi vedano così. È stato un piacere conoscerti.” Sorrise alla ragazza.
“Anche per me. Ci vedremo sicuramente alle partite.”
“Non ricordarmelo… “ Si avviò verso l’uscita mentre l’altra rideva.
Percorse velocemente i corridoi e ritornò in palestra, tuffandosi negli spogliatoi. Doveva togliersi quel costume e riporlo nello scatolone.
Ritrovò la stanzetta dove aveva lasciato le sue cose, mentre la campanella di fine lezioni risuonava nell’edificio.
In cinque minuti il vestito da drago era riposto nello scatolone e lui aveva di nuovo addosso i suoi abiti.
Cercò di riaggiustarsi i capelli corvini in modo da coprire le grandi orecchie, arricciò le maniche della felpa blu, annodò il kefiah rosso al collo e si rinfilò nei jeans.
Camminò lentamente fuori dalla palestra fino ad arrivare al parcheggio, dove lo attendeva il suo passaggio.
Il clacson del furgoncino Volkswagen richiamò subito la sua attenzione.
Certamente era grato a suo zio per l’aiuto che stava dando a lui e a sua madre, ma avrebbe preferito andare a piedi che su quell’affare.
Osservò la fiancata divisa in tre distinti settori: il primo, che si sviluppava dalle ruote, era un prato verde scuro, ma comunque vivace, su cui poggiavano diverse margherite stilizzate di colore più chiaro. Il secondo livello era di un verde tendente al giallo, interrotto all’altezza degli sportelli dalla scritta ‘Flower Power’ in un grassetto variopinto.
Merlin aveva chiesto diverse volte allo zio di farlo ridipingere, ma l’uomo aveva detto che il furgone faceva una gran pubblicità alla sua erboristeria, che casualmente portava lo stesso nome.
Secondo lui Gaius, in verità, era troppo affezionato a quel macinino; come tutti i vecchietti adorava ricordare i tempi della sua gioventù.
Merlin si focalizzò sulla margherita multicolore accanto alla scritta, quella l’aveva dipinta lui a soli cinque anni, così lo zio si sarebbe sempre ricordato del suo nipotino: da bambino era sempre stato un gran sentimentale…
L’ultimo settore era rappresentato dal tettuccio, che rispecchiava un cielo tranquillo, ma l’elemento più stupefacente della fiancata era l’arcobaleno che dal cielo si infrangeva sul prato.
Forse la cosa più imbarazzante del mezzo di trasporto erano i differenti simboli di pace sul retro, accompagnati da messaggi che inneggiavano all’amore, quelli potevano esseri ampiamente evitati.
Il ragazzo si sbrigò a salire sul furgone, mentre il gruppo di cheerleader sghignazzava imperterrito.
Qualche risata se la sarebbe aspettata anche lui, ma un nomignolo come ‘hippie Merlin’ mai.
Per fortuna nel suo abbigliamento non vi era nulla che ricordasse quei tempi o chissà come sarebbe finita.
“Tutto bene oggi, figliolo? Che hai lì dentro?” Lo sguardo indagatore di Gaius si posò sulla scatola.
“Una nuova attività extracurricolare, non potevo proprio rifiutare questa occasione” rispose sarcastico.
Gaius si limitò a riaccendere il motore umettandosi le labbra.
“Visto, la grande Dea l’ha condotto da noi.“ Morgana si sistemò lo zainetto sulle spalle.
“Non sarà comunque facile convincerlo“ replicò Gwen.
“Troveremo il suo punto debole.” Morgana seguì il furgoncino con lo sguardo. “Ci serve che lui stia dalla nostra parte.”
 
 
Merlin strisciò fuori dall’aula di matematica, la sera prima si era praticamente addormentato sui libri e ora era più stanco che mai.
Una mano si appoggiò sulla sua spalla. “Ciao Merlin.” Lancelot sorrise.
“Uhm, Lancelot… “ Il moro lo scrutò titubante. “Hai bisogno di qualcosa?”
“Io e Arthur ci chiedevamo se avessi intenzione di venire agli allenamenti di oggi.”
“Oh… Ehm, il costume l’ho portato, ma non ho avuto il tempo di provare i passi del balletto.”
“C’è tempo per quello. Ci vediamo dopo pranzo allora.”
“ … Certo. A-A dopo.” Osservò l’altro eclissarsi tra i corridoi.
“Merlin, Merlin!” Brufolo Will fu di fianco a lui in un lampo. “Pranziamo insieme, giusto?”
“Certo Will.” Il ragazzo si incamminò verso la mensa con l’altro a fianco.
“Ho visto che parlavi con uno dei giocatori di basket“ sbiascicò l’amico, mentre cercava di non sembrare insicuro.
“Ah sì, non ti ho detto la novità, sarò la nuova mascotte alle partite.”
“Cosa?? Quello è un covo di mostri! Ti tortureranno e… “
“Will, tranquillo. So badare a me stesso. Comunque non sembrano così male, alcuni di loro.”
“A me non convincono.” Will si sedette al solito tavolo ai lati dell’ampia sala mensa, cercando con gli occhi gli atleti.
“Il ragazzo con cui parlavo si chiama Lancelot, è gentile. Anche Percival.”
“Percival?? Vuoi dire il gigante?? A lezione una volta è caduto dalla sedia, un paio di ragazzi si sono nascosti sotto i banchi per paura che fosse un terremoto.”
Merlin schioccò la lingua contro il palato. “Non ci credo.” Tirò fuori dallo zaino il suo pranzo al sacco.
“Puoi chiedere a qualcun altro del secondo anno se non ti fidi. Uhm, l’altro più giovane, Gwaine mi sembra si chiami… È un idiota.”
“Ne sembri sicuro al centro per cento.”
“Continua a chiamarmi brufolo Will anche se non ho più problemi con l’acne. A proposito, puoi chiedere a tuo zio altra di quella crema? Sta facendo davvero miracoli.”
“Certo.” Merlin addentò il suo panino mentre l’amico faceva lo stesso.
Lui e Will si erano incontrati per puro caso a inizio anno, entrambi preferivano mangiare da soli che in mezzo alla confusione e avevano finito per condividere il tavolino più isolato della mensa.
Inoltre anche l’altro ragazzo aveva un problema coi nomignoli, ma i brufoli erano più facili da far scomparire rispetto a un furgone.
“Dopo pranzo devo andare agli allenamenti.”
Will gli lanciò un’occhiataccia. “Non puoi proprio evitare questa cosa?”
“La preside ha scoperto quella faccenda di Kilgharrah… Non ho scelta.”
“Te l’avevo detto che era una cattiva idea. Dovevi seguire il mio consiglio e darle fuoco ai capelli.”
“Così sarei finito in manette.” Merlin avvolse gli ultimi resti del panino nel cellofan. “Io vado, devo fermarmi a dare da mangiare a Kilgharrah prima di andare in palestra.”
“Ok, stasera dimmi come è andata.”
Il moro gli sorrise e si avviò verso l’uscita, non accorgendosi di un paio di occhi azzurri che lo seguivano.
“Arthur… Arthur!” Vivian si sedette poco regalmente sulle ginocchia del capitano. “Domani c’è la partita! Farò il tifo per te, sai?” pronunciò con la sua voce civettuola.
“Grazie Vivian, ma credo che sia in concomitanza con la partita di football. Al basket toccherà la squadra di cheerleader di riserva.”
“Oh no. Come farai senza di me??”
Arthur sgranò gli occhi verso Lance, in una supplichevole richiesta d’aiuto.
“Uhm, Vivian.” Lance attirò l’attenzione della ragazza. “Sta entrando Valliant con la squadra di football o sbaglio?”
“Hai proprio ragione Lance! Ci vediamo dopo Arthur!”
Il biondo si stampò in faccia il sorriso più falso che avesse. “Non vedo l’ora.“
La ragazza si alzò e si diresse verso gli altri giocatori, iniziando a strusciarsi contro Valliant poco dopo.
“Che due coglioni, non la sopporto.”
Gwaine rise, quasi strozzandosi con la crostata di mele. “Dovresti trovarti qualcuna, forse ti lascerebbe in pace.” Sorrise. “O qualcuno.” Aggiunse, riprendendo a mangiare.
“Non avevamo detto di smetterla con questa storia??” brontolò Arthur.
Da quando quella rivista leggermente ambigua gli era caduta dallo zaino, Gwaine non aveva mai smesso di riempirlo di domande.
Certo, era colpa anche sua: aveva dovuto nascondere l’oggetto del misfatto alla svelta quando, la sera prima, Morgana era entrata senza bussare in camera sua. Lo zaino era il nascondiglio più vicino, si era solo dimenticato di toglierla da lì.
Però era stato Gwaine a far cadere lo zainetto negli spogliatoi e sempre lui ad afferrare alla velocità della luce la rivista, evidentemente credeva di trovare delle donne nude e non uomini.
I compagni erano rimasti tutti sbigottiti e il biondo li aveva convinti che fosse stata la sorella a fargli uno scherzo, ma Gwaine non aveva creduto a una singola parola.
“Perché non pensi ai tuoi problemi, mm? Non mi sembra che tu stia facendo progressi!“ Il capitano lo squadrò.
L’altro si finse offeso. “Non è facile farsi notare da tua sorella,“ mugugnò. “Dovrei travestirmi da mago, forse mi noterebbe.”
Arthur puntò in direzione del tavolo della sorella, dove lei e Gwen stavano pranzando. “Non sono sicuro di volerti come cognato.”
“Questo è troppo! Non aspettarti che ti protegga dagli attaccanti domani!” urlò indispettito, mentre gli altri riprendevano a ridere.
 
 
Merlin era intento a sistemarsi il costume negli spogliatoi quando sentì alcuni passi dietro di lui.
“Ciao.” Elyan si accostò alla porta, scrutando il nuovo compagno.
“Ciao, sono Merlin, la mascotte provvisoria.”
“Elyan, mia sorella Gwen mi ha parlato di te.”
“Oh sì… Se non fosse stato per lei sarei rimasto chiuso in questo costume fino a casa.”
“Già, mi ha detto.” Il ragazzo sorrise, cercando di non ridere.
“Tu non giochi?”
“Mi sono infortunato la scorsa partita, il coach insiste per tenermi a riposo almeno un’altra settimana.”
“Mi spiace. Dove ti sei fatto male?”
“Al braccio. Pensare che era una partita amichevole… Alcune squadre dovrebbero essere eliminate dal torneo.”
Merlin lo fissò sorpreso. “Davvero? Che squadra era?”
“I White Goats, il loro capitano è di una scorrettezza unica.”
“Hai provato a parlarne con qualcuno? Il coach non mi sembra uno da far passare scorrettezze del genere.”
“Esatto. Alla partita ha quasi fatto a botte con l’arbitro, ma non si è risolto nulla. Spero che nessun college offra una borsa di studio a quei caproni. Comunque te ne accorgerai alla partita, dovremo sfidarci di nuovo con loro.”
“Terrò gli occhi ben aperti.” Merlin si fece aria con una mano. “Questo coso tiene davvero caldo.”
“Non dovresti tenere i vestiti sotto, George stava in mutande.”
“Penso sia un buon consiglio.”
“Dovresti metterlo subito in pratica.” Il ragazzo lo squadrò per poi guardare verso la palestra. “Ti conviene sbrigarti, fuori stanno per iniziare.”
“Certo, mi cambio e arrivo.” Aspettò che l’altro se ne andasse e cominciò a spogliarsi.
Piegò i suoi vestiti e li infilò in uno degli armadietti vuoti, ignorando di essere osservato.
Si girò per riprendere il costume e notò il biondo sulla porta. “Che fai? Mi stai spiando??”
“Certo che no, ho dimenticato la borraccia.” Camminò verso l’altro, cercando di rimanere indifferente.
“Oh… Ok.” Merlin si sbrigò a rimettersi il costume, ma non si accorse di aver invertito la posizione delle gambe.
“Lo stai mettendo all’incontrario… “ commentò il biondo, mentre trafficava con il lucchetto.
“Diamine!” mugugnò seccato Merlin.
Arthur osservò con la coda dell’occhio la pelle nivea del ragazzo, che contrastava perfettamente con l’accenno di peluria nera sul suo petto, anche se non vi era accenno di muscoli il fisico era comunque tonico.
“Dovresti stare più attento o lo romperai di nuovo.” Il biondo si chinò per prendere la borraccia dal ripiano più basso dell’armadietto e gli occhi del moro si posarono sulle fossette del bacino del capitano, leggermente scavate proprio sopra l’elastico dei pantaloncini.
Arthur non si era nemmeno accorto che la canotta si era arrotolata.
“Non sono stato io a romperlo la prima volta e non mi sembra che tu sia in una posizione per ribattere.”
Il biondo roteò gli occhi. “Che vorresti dire?”
“Non sai nemmeno sistemarti una canotta.” Merlin rise, e continuò mentre Arthur si aggiustava la divisa leggermente rosso in viso.
“Guarda un po’ chi c’è… “ Valliant si affacciò allo spogliatoio. “Disturbo qualcosa?”
“Che cosa vuoi Valliant?” Arthur non si degnò nemmeno di girarsi, voltandogli le spalle.
“Ho visto che a pranzo te la spassavi con Vivian.”
“Te l’ho già detto, lei non mi interessa.”
“A me non risulta.“
“Se hai dei problemi gestisciteli da solo. Io non posso perdere tempo.” Il biondo si voltò glaciale verso l’altro.
Merlin non sapeva che fare, era rimasto muto a guardare il quarterback.
Valliant era il capitano della squadra di football come Arthur quello della squadra di basket, ma i due non si assomigliavano per niente.
Valliant usava ogni pretesto per attaccar briga e se non c’era lo inventava, più di una volta il moro aveva visto ragazzini col naso sanguinante o maltrattati senza motivo.
“Solo io e te, alle cinque. Solito posto dietro la rimessa. Vieni, se non sei un codardo.” Il quarterback lanciò un’occhiataccia alla mascotte e se ne andò con un ghigno dipinto in faccia.
Il biondo riprese a frugare nell’armadietto come se non fosse successo niente, mentre Merlin sentiva ancora gli occhi del quarterback su di sé.
“Non avrai intenzione di andare, vero?” Il moro fissò preoccupato Arthur.
“Certo che ci vado. Non sono un codardo.”
“Ti pesterà a sangue!”
“Grazie per la fiducia… Ma sono sicuro che tu non possa capire perché devo andare.”
“Perché mai non potrei capire?”
“Beh, se tu sapessi cos’è l’orgoglio non indosseresti di certo quel costume.” Arthur scrollò le spalle, guardandolo dal basso verso l’alto.
“Ah, è così! Allora sarò davvero felice quando domani sarai all’ospedale!” Si tirò su di fretta e furia la lampo per poi marciare via. Stronzo!
Uscì dagli spogliatoi trovando l’intera squadra già in palestra.
“Sei venuto Me… “
“È Merlin, signore.” Uno dei giocatori sussurrò vicino all’orecchio del coach.
“Merlin!” Alator sghignazzò mentre la mascotte si avvicinava. “Presumo tu sia venuto ad augurare buon allenamento ai ragazzi.”
Il drago lo guardò perplesso, non suonava come una domanda. “Ehm… “ Cercò di rimanere abbastanza distante dal gruppo di giocatori, il suo istinto gli stava consigliando di correre fuori da lì.
“Dai Merlin, facci vedere a che punto sei col balletto.” Gwaine gli sorrise, alzandosi dalla panchina dove era seduto.
“No, io… Io voglio prima vedervi giocare. Mi date una gran ispirazione.”
“Così ti voglio ragazzo! Stai già entrando nella mentalità giusta!” Alator prese in mano il fischietto che aveva al collo, portandolo alla bocca per fischiare. “Iniziamo con qualche giro di campo, forza!”
Il gruppetto di ragazzi si sparse, cominciando l’allenamento.
Merlin non credeva di aver detto nemmeno qualcosa di sensato, ma ad Alator era piaciuto quindi meglio per lui.
Arthur gli passò di fianco per entrare in campo e tentò il più possibile di ignorarlo.
“Segui l’allenamento?” Alator indicò la panchina delle riserve con lo sguardo.
“Si.” Merlin si sedette ammirando i giocatori, che su ordine del coach stavano per iniziare una mini sfida a gruppetti.
Doveva ammettere che di talento ne avevano da vendere: Gwaine era sempre al momento giusto nel posto giusto, non mancava mai un passaggio, il lavoro di Percival in difesa era pressoché eccezionale e Lancelot era un palleggiatore unico, coordinava mani e gambe in maniera strabiliante.
C’erano anche dei ragazzi che non aveva visto il giorno precedente come Tristan e Leon, loro erano entrambi del quarto anno e davano l’idea di essere degli ottimi strateghi.
La mascotte inseguiva i passaggi lungo il campo, ma abbassava gli occhi quando la palla finiva in mano al capitano.
Non concepiva che Arthur non comprendesse quanto le parole che aveva detto erano state pesanti; eppure sembrava che il biondo non si fosse nemmeno scalfito, prendeva i passaggi uno dopo l’altro e i punti dei canestri si sommavano vertiginosamente.
Ci fu un momento in cui i loro sguardi si incontrarono, ma entrambi fecero finta di niente.
Merlin continuò a seguire la partita, mentre sbirciava i passi di ballo sui fogli che aveva con sé.
Entrare dalle scalinate inneggiando il nome della squadra.
Procedere per gli scalini fino a bordo pista, salutando e incitando la folla usando lo slogan.
Per un momento pensò di soffocarsi con il foglio, avrebbe dovuto pure recitare uno slogan.
Prendere la palla e… Fa che non debba fare canestro.
Palleggiare a destra e a sinistra e concludere con la palla fra le mani.
Sospirò, per ora era salvo.
“Ragazzo, come procede?”
“Eh? Cioè bene, sto imparando il balletto. Stasera a casa mi allenerò senza sosta.”
“Perfetto, ora vai pure a cambiarti, per oggi abbiamo finito.” Alator si spostò verso il campo fischiando. “Facciamo gruppo e parliamo degli errori di oggi.” Il coach iniziò a spiegare i vari pasticci dell’allenamento, ma si ricordò pure di premiare i vari sforzi dei ragazzi.
“Tutti a casa, forza! Ah… Domani ultimo allenamento prima della partita. Qui alle due!”
I giocatori corsero verso gli spogliatoi mentre Merlin era rimasto imbambolato.
“Ti sei affezionato al costume?” Elyan, che era stato seduto sulla panchina con lui tutto il tempo, lo stava guardando preoccupato.
“Che-che ore sono?”
“Un quarto alle cinque. L’allenatore ha sforato di un po’.”
Merlin rifletté per qualche secondo, per poi correre verso le porte della palestra. “Devo andare. Non posso fargli fare questa sciocchezza.”
Arthur era un asino, anzi, il principe degli asini, ma non era un buon motivo per lasciarlo usare come sacco da boxe.
Elyan lo fissò pensieroso e al tempo stesso perplesso, di che diamine stava parlando?
 
“Wow, pure in anticipo Arthur… “ Il quarterback scrutava il biondo dal capanno degli attrezzi.
“Voglio concludere questo storia alla svelta.”
“Come desideri tu.” Valliant bussò due volte contro la porta della rimessa e tre dei suoi compagni uscirono dalla porticina.
“Dovevo aspettarmelo. La tua parola non vale niente.” Il capitano alzò la guardia. “Su, fatevi sotto.”
 
“Ehi, Merlin. Dove corri??” Morgana lo fermò in mezzo al corridoio ormai deserto.
“Morgana Pendragon” esalò il moro, mentre riprendeva fiato.
“Si, sono io.” La ragazza sorrise. “Volevo giusto parlarti.”
“No, non ora. Arthur è nei guai.”
“Come?? Che c’entra Arthur??” La sorella si incupì subito.
“Valliant, scontro, dietro alla rimessa alle cinque.”
“Dobbiamo andare, quel tipo non gioca mai secondo le regole.” Morgana afferrò saldamente la mano dell’altro e iniziò a correre verso l’uscita.
“Mi dici che è saltato in mente a mio fratello??”
“Valliant l’ha sfidato, per Vivian mi sembra… “ Come facesse Morgana a correre e parlare assieme Merlin non riusciva a capirlo.
“Ad Arthur non importa niente di quella gatta morta, lui è fissato col suo orgoglio. Si farebbe spaccare la mascella pur di non arrendersi. Eccoci!”
Entrambi sorpassarono il capanno e rimasero senza parole per qualche secondo.
“Morgana..? Vattene via, ho la situazione sotto controllo.” Arthur si rialzò, facendosi forza con le mani sul terreno.
Due giocatori erano a terra a leccarsi le ferite, mentre il quarterback e un altro ragazzo erano ancora in piedi.
“Stai sanguinando… “ Merlin si accostò al biondo, cercando di aiutarlo ad alzarsi, ma Arthur lo cacciò via.
Un destro di uno dei giocatori gli aveva procurato un graffio sulla tempia.
“Ho detto di andarvene!” Guardò i due sfidanti rimasti. “Chi è il prossimo?”
“Arthur, smettila.” Morgana si affiancò e lo strinse a sé. “E per quanto riguarda te vattene, codardo!” La sorella urlò contro Valliant.
“Sto tremando… “ disse in tono ironico il quarterback. “A me non fai paura Morgana. Continuiamo la sfida.”
Morgana si spostò davanti al fratello, come fece Merlin.
“Fai un altro passo Valliant e ti posso assicurare che il medico del campionato riceverà una soffiata su di te.”
“Cosa vorresti dire?”
“Che quei muscoli non sono spuntati da soli… “ Gli occhi di Morgana divennero freddi. “Se fossi in voi me ne andrei.”
“Non finisce qui Pendragon.” Valliant li scrutò e poi fece cenno ai suoi di andarsene, mentre gli altri tre rimanevano immobili.
Merlin si rilassò una volta allontanati. “Ma… Come?”
“Valliant non ha mai fatto niente secondo le regole e l’ho beccato un paio di volte vicino al locale caldaie con un tizio su cui girano brutte voci.”
“Vi avevo detto di lasciarmi fare. Penseranno che sono… “
“Un egoista!” Merlin si voltò verso Arthur. “Domani hai una partita e ti metti a fare a cazzotti! Che ti dice il cervello?? Anzi, tu non lo hai il cervello! Testa di… Di fagiolo!”
Dire che il biondo era rimasto senza parole era riduttivo, mentre Morgana amava hippie Merlin ogni secondo di più.
“Testa di fagiolo? Fai sul serio?” Arthur cercò di alzare il sopracciglio, ma la fitta di dolore per il colpo ricevuto prima lo fece desistere.
“Per non dire di peggio!” Merlin lo guardò di nuovo per poi allontanarsi. Ma che te ne importa a te di lui… Devi pensare a te Merlin, solo a te! Hai persino sporcato il costume di erba per lui!
“Che idiota,“ sbuffò il biondo, prima che la sorella pigiasse il dito sulla ferita. “Ehi! Ahio… Perché??” Diede una leggera pacca sulla mano di Morgana per farla spostare.
La ragazza lo fulminò. “Perché te lo meriti, lui ha ragione!”
Arthur la scrutò incredulo. “Non posso credere che mia sorella appoggi una lucertola gigante.”
Morgana sorrise. “Andiamo a casa a mettere del ghiaccio su quella fronte.” Si avviò, ma il biondo rimaneva fermo.
“Forza, fratellino… Non mi costringerai a raccontare che una ragazza ti ha salvato??”
“Guarda che sei solo due minuti più vecchia di me, strega! E me la sarei cavata anche senza il tuo aiuto!” Arthur si mise a seguirla, più per far sentire le sue ragioni che tornare a casa.
“Certo, certo.” Morgana sorrise e si voltò verso il fratello. “Dovresti ringraziare Merlin, è stato lui a dirmi dov’eri.”
“Chi?? Domani gliela farò pagare! Farò in modo che il coach gli faccia lucidare tutto le palle da basket che abbiamo!“ 


 
Note:
Prima di tutto lascio alcune informazioni sulla scuola americana.
La scuola superiore americana o High School è suddivisa in quattro anni: Freshmen (14/15 anni), Sophomores (15/16 anni), Juniors (16/17 anni) e Seniors (17/18 anni).
Gli studenti devono cominciare a raccogliere crediti dal loro primo anno in base al college che vorranno frequentare. Alcuni corsi sono obbligatori, mentre altri a scelta. Sono presenti anche numerosi club e attività extra scolastiche.
Inoltre se si “fallisce” un corso, non si ripete l’anno, ma l’anno successivo si dovrà seguire sia il corso di livello precedente (quello “fallito”) che quello di livello successivo e passarli entrambi.
(Fonte: Wikipedia)

Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ne pubblicherò uno a settimana, per un totale di cinque.
Un saluto e se vi va lasciate un commento <3
Allego foto di immagini che hanno ispirato il capitolo e dei personaggi secondari che compaiono in esso.
 
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Foto presa da Internet; fonte d’ispirazione per il furgoncino di Gaius.    
 
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Cornelius Sigan (il bidello): potete stregone che aiutò a costruire Camelot, per poi essere decapitato dal re impaurito dai suoi enormi poteri.
Dopo aver preso il controllo del corpo del servo Cedric, che libera la sua anima, si scontra con Merlin, perdendo.
 
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Regina Annis (la preside): è la sovrana che regna accanto a Camelot.
All’inizio dichiara guerra ad Artù, ma alla fine diventeranno preziosi alleati.
 
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Alator (il coach): è un sacerdote guerriero che vive a Catha.
Viene ingaggiato da Morgana per rapire Gaius e fargli confessare chi è Emrys, ma una volta scoperta l’identità del mago decide di non rivelarla e proteggerlo.
  
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