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Autore: ElFa_89    05/04/2009    1 recensioni
Aveva preso tutto dalla madre, tranne quegli occhi.
Una volta vivi e lucenti, segno della spensieratezza.
Poi con il tempo si erano fatti sbiaditi, avevano perso come la loro linfa vitale.
E adesso Daphne ogni volta che si guardava allo specchio non poteva fare a meno di notare quanto quegli occhi assomigliassero sempre più a quelli di suo padre.
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Daphne Greengrass
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premetto che è la mia prima Fiction su HP

Premetto che è la mia prima Fiction su HP!

Ho deciso di scrivere questa fiction su Daphne nonostante sia un personaggio secondario perché non sopportavo l’idea che non avesse un volto o un’anima, quindi mi sono messa a armeggiare con tastiera  e mouse e eccomi qui!

Spero vi possa piacere!

Un bacione e buona lettura!

 

 

RIFLESSI

 

 

 

 

 

 

Si guardò allo specchio.

La sua immagina si rifletteva su quella lastra di vetro fredda.

Un’immagina di una ragazza bellissima, forse troppo.

I lunghi capelli biondi le ricadevano sulle spalle per poi scendere giù fino all’altezza della vita.

La pelle chiara le dava un’aria quasi diafana.

Era bella non c’era che dire.

Si guardò nuovamente allo specchio.

La sua divisa era perfetta, strinse leggermente il nodo alla cravatta  e spostò una ciocca di capelli che le copriva lo stemma della sua casa.

Slytherin.

L’orgoglio di suo padre, la dannazione di sua madre.

Si trovò a fissare la sua immagina riflessa allo specchio, troppo perfetta per essere vera.

E incrociò un paio di occhi.

Occhi azzurro cielo.

Occhi che avevano fatto innamorare molti suoi amici.

Occhi che la facevano rendere viva.

Ma che ormai da troppo tempo sembravano essere spenti, sbiaditi.

Mentre guardava i suoi occhi riflessi allo specchio non le trapelò nessuna emozione.

Come era consono a ogni giovane serpeverde.

E lei lo sapeva.

Sapeva le leggi della sua casa.

Ma non le temeva.

Lei era un sangue puro, era abituata a obbedire.

Sua padre le aveva fatto da maestro mentre sua madre copriva il ruolo di entrambi i suoi genitori.

Poi era morta.

E Daphne era cresciuta troppo in fretta.

Senza una figura di riferimento stabile aveva dovuto accontentarsi di suo padre

E ogni giorno che lo rivedeva si spaventava di se stessa.

Aveva preso tutto dalla madre, tranne quegli occhi.

Una volta vivi e lucenti, segno della spensieratezza.

Poi con il tempo si erano fatti sbiaditi, avevano perso come la loro linfa vitale.

E adesso Daphne ogni volta che si guardava allo specchio non poteva fare a meno di notare quanto quegli occhi assomigliassero sempre più a quelli di suo padre.

Era schifata da questo.

Se ne rendeva conto pienamente, Daphne era diventata piano piano quello che il padre voleva.

Fredda e  calcolatrice.

Bella ma dannata.

Giovane ma vecchia dentro.

Si passò distrattamente una mano sul viso e si coprì gli occhi.

Sospiro.

Per Hogwards lei non era altro che l’emblema della perfezione.

La ragazza che ognuno avrebbe mai desiderato.

Forte.

Perché per vivere aveva imparato che era necessario esserlo.

Orgogliosa, come ogni brava serpeverde.

Ma Daphne lo sapeva, anche le più bella rosa ha le sue spine.

E Daphne con le sue ci faceva i conti troppo spesso.

Scese le scale e entrò nella sala comune.

Come solito c’era lei ad aspettarla, la sua unica ‘amica’.

-ciao Daphne-

-ciao Pansy-

erano cresciute insieme, si conoscevano fin da quando erano in fasce.

Pansy c’era sempre stata.

Nonostante tutto lei c’era.

Lei era l’unica a sapere.

Perché sapeva che per lei non le sarebbe stato difficile accettarlo.

Si ricorda ancora quando le aveva detto il suo segreto.

La verità l’aveva colpita in piena faccia.

E per la prima volta dalla morte della madre Daphne si era concessa un pianto.

Tra le braccia di lei,l’unica a cui poteva dire la verità.

Daphne era per i ragazzi il sogno irraggiungibile, quella che loro definivano il loro prototipo di donna.

Anche se non la conoscevano.

Non c’era ragazzo a Hogwards che non avesse provato almeno una volta il desiderio di uscire con lei.

Ma ormai da quasi un anno a Daphne sembrava non interessare nessuno.

Nessuno poteva vedere il cambiamento della ragazza.

La sua muta rassegnazione.

L’impatto con la realtà, una cruda realtà che aveva voluto prendere il suo prezzo.

Troppo presto per una qualunque ragazzina di 17 anni.

Nessuno l’avrebbe retta.

Ma lei invece ne era capace.

Daphne era riuscita in quello che chiunque altro aveva fallito.

Daphne era una serpeverde.

Se lo ripeteva ogni sera prima di andare a dormire.

O almeno di provarci.

Nessuno si era accorto del suo cambiamento.

Daphne era sempre stata una ragazza dura e chiusa.

Non si sapeva nulla di lei che non fossero dati anagrafici.

L’unica a sapere qualcosa era Pansy che guardava bene dal non parlare.

Lei agli occhi dei serpeverde era la regina.

Non c’era nessun altra ragazza che avrebbe potuto ricoprire quel ruolo.

E non sapevano quanto avevano ragione.

Daphne era la regina.

Non perché portasse la corona.

Ma semplicemente perché la rispettavano chi per stima chi per paura.

E Daphne aveva imparato che la paura era un’ottima alleata.

Uscì dalla sala comune con Pansy.

Camminarono per i sotterranei in perfetto silenzio.

Pansy sapeva che Daphne era intrattabile di mattina, almeno non prima di un caffè.

Entrarono in sala grande.

E come se qualcuno avesse annunciato il suo arrivo, paia di occhi si concentrarono sulla sua figura.

Ma lei c’era abituata.

E da brava serpeverde camminava a mento insù.

Raggiunse il suo tavolo e si sedette al solito posto.

Il suo posto.

Il posto che veniva occupato solo da lei.

Dalla regina delle serpi.

Si servì del caffè, senza zucchero.

Mentre Pansy armeggiava con la brocca di latte.

Ogni mattina la solita recita.

Ogni mattina da troppo tempo.

A Hogwards si vociferava che Daphne aveva un sorriso bellissimo, che potesse stregare.

Chi si vantava di averlo visto confermava sempre.

Peccato che il sorriso di Daphne era spento da troppo tempo ormai e le uniche persone che avevano avuto modo di vederlo o erano morte o erano vicino a lei in quell’istante.

Daphne non sorrideva da troppo tempo.

Per quello il suo sorriso era forse divenuto questione di storie e leggende.

Chissà da quant’è che non sorrideva.

Un sorriso vero, sincero.

Alzò leggermente lo sguardo per posare la tazza ormai mezza vuota di caffè.

Era veramente da tanto che non sorrideva.

Sospiro.

Finì il suo caffè in un sorso.

Si alzo e si diresse verso il portone.

Pansy non ci fece caso, succedeva tutte le mattine.

Uscì dalla sala seguita da gli sguardi sognanti di molti ragazzi e facendo cenno con il capo a quelli che la sorridevano.

Attraversò l’entrata del castello e posò una mano sul portone di vecchia e spessa quercia.

Spinse leggermente.

Era sempre aperto a quell’ora.

Uscì dal castello e l’aria fresca del mattino la colpì in pieno viso.

Un viso impassibile.

Quasi di ghiaccio,

scese un paio di scalini e si appoggiò sul corrimano di granito bianco.

E come ogni mattina sfilò dal portasigarette d’argento una sigaretta.

L’accese con un colpo di bacchetta.

Guardò attentamente l’oggetto che aveva in mano, un regalo di suo padre.

Quasi gli facesse piacere che fumasse.

C’erano incise le sue iniziali.

DG.

Con due blasoni su cui erano attorcigliati due serpenti.

L’orgoglio di suo padre.

La dannazione di sua madre e ora pure la sua.

Se lo infilò in tasca con fare distratto.

E si lasciò trasportare dal suo rituale mattutino.

Il tabacco aveva la capacità di intontirla.

E a lei qualunque cosa andava bene.

Finì la sigaretta e incurante delle lamentele che avrebbe suscitato in Gazza buttò il mozzicone sui gradini.

Lei era una purosangue, poteva permetterselo.

Salì gli scalini e rientrò nel castello.

Percorse la via dei sotterranei fino a arrivare di fronte al quadro di Salazar.

-Purosangue- sentenziò

 e il quadro si aprì dopo averle fatto un cenno con il capo.

Attraversò la sala.

Pansy era lì.

La salutò con un sorriso.

Daphne si limitò a annuire.

Insieme a lei c’erano Malfoy e Zabini.

La salutarono.

Lei si limitò a un cenno del capo.

Loro non avrebbero capito.

Sentì lo sguardo  di Zabini seguirla per tutto il tragitto della sala comune fino a quando scomparve su per le scale.

Lui non doveva sapere.

Entrò nella sua stanza e si trovò di nuovo faccia a faccia con quei due occhi azzurro cielo.

-se solo sapessero…- sussurro

fece scivolare la mano sinistra sull’avambraccio destro e strinse con forza.

Insofferente al atto che stava stropicciando la camicia.

Poi prese la borsa e uscì chiudendosi la porta alle spalle.

 

 

 

 

 

Spero vi sia piaciuta!!!

Premetto che questa fiction mi è stata ispirata indirettamente da una fiction di Gigantopica  che mi ha fatto apprezzare per la prima volta il personaggio di Daphne!

E così ho deciso di scrivere una one-shot su di lei!

Che dire spero che vi sia piaciuta e spero mi lascerete un recensione!!!

Un bacione  a tutti quelli che leggeranno queste righe!

 

 

 

 

 

 

KISS KISS

  
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