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Autore: Eic    19/04/2016    0 recensioni
"Un bigliettino fu fatto scivolare nella stanza e subito dopo il rumore dei passi continuò imperterrito nella direzione da cui aveva sentito lo sconosciuto avvicinarsi.
Raccolse il biglietto.
“Egregio Sig. Benati,
siamo lieti di invitarLa al primo incontro annuale della nostra organizzazione.
Per motivi di sicurezza, Le chiediamo di non farne parola con nessuno.
In seguito sono riportate le informazioni per luogo e ora.
00.00, Aula Magna.
La preghiamo inoltre, di non venire accompagnato.
Giacca e cravatta sono gradite.
E.”
La vita che abbiamo è il prodotto delle scelte e delle decisioni prese.
Certe decisioni però sono particolarmente difficili da prendere e possono avere conseguenze terribili.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il Commissario DeNovi.

I neonati quando vengono al mondo hanno un colore degli occhi molto particolare, molto liquido.

Può essere ad esempio violetto, grigio o di un celeste chiarissimo.

Dopo un paio di giorni dalla nascita però acquisiscono il colore degli occhi definitivo.

È così che funziona per tutto.

O meglio, è cosi che funziona per la maggior parte delle persone.

 

Il commissario DeNovi era nato nel non troppo lontano 1975, in una piccola cittadina di periferia nell’entroterra della Francia e i suoi occhi erano di un verde chiarissimo il primo giorno in cui vide la luce del sole, così come lo sarebbero stati il giorno in cui li avrebbe chiusi definitivamente.

Figlio di italiani emigrati in Francia per motivi economici, aveva sempre sentito parlare con rammarico e nostalgia dell’Italia.

In Francia aveva vissuto la sua infanzia e la sua adolescenza, ma sentiva di non appartenere a quel luogo, tant’è che all’età di 17 anni, con la maturità in mano, una valigia e un indirizzo, partì alla volta di Milano.

Volle studiare Filosofia, ma non gli piacque, provò dunque Giurisprudenza, ma non gli piacque neppure quella.

Fu poi la volta di Psicologia e finalmente trovò la sua strada.

Era uno dei cosiddetti “uomini-vino”, di quelli che più il tempo passa e più diventano attraenti. La dimostrazione stava nel fatto che aveva avuto più donne nella sua vita adulta che nella sua adolescenza.

Alto, fisico tonico e capigliatura nera e folta gli conferivano un’aria imponente e autoritaria, che lo rendeva molto popolare anche in commissariato.

Le occhiate delle donne erano sempre rivolte a lui… e di conseguenza anche quelle dei mariti lo seguivano in ogni momento della giornata.

Era una persona riservata, taciturna, che nascondeva il suo animo impetuoso e impulsivo.

Aveva lasciato andare le innumerevoli passioni che aveva avuto da giovane per votarsi completamente al lavoro. Ma ultimamente una nuova passione era nata: il golf. Gli apriva mente e cuore. Gli piaceva esercitare il controllo sulle cose e il golf era controllo.

Probabilmente questa mania era stata il motivo predominante per il quale le sue relazioni erano state spesso un disastro.

Diciamo pure sempre.

Il suo motto era “Homo faber fortunae suae”, e “lupo solitario” probabilmente l’espressione che più gli si addiceva.

 

Quando il tenente Bassi entrò per affidargli il “caso Benati”, stava pensando se partecipare o meno ad un torneo di cui aveva sentito parlare il giorno prima al Golf Club.

I documenti parlavano chiaro.

Il cadavere di un ragazzo, appena trasferitosi nel Residence di un’università milanese, era stato ritrovato nelle docce comuni da un altro studente che poi aveva avvertito le forze dell’ordine.

Il ragazzo, anche lui inquilino del Residence, si stava andando a fare una doccia dopo una partita di calcio. Aveva raccontato che era solito andare sempre nell’ultimo box doccia per avere un po’ di privacy ed era proprio là che aveva visto il cadavere del ragazzo rannicchiato in posizione fetale. Un asciugamano gli copriva il volto. Per il resto il corpo era nudo. 

A primo acchito poteva sembrare che Benati fosse scivolato, sbattendo la testa.

Ma il medico legale aveva decretato la morte per avvelenamento. 

Nonostante questo, dopo anni di servizio e casi di ogni genere, DeNovi non era facilmente impressionabile e un omicidio di questo stampo, non solleticava poi così tanto la sua fantasia.

Probabilmente il ragazzo aveva assunto qualche droga tagliata male. 

Formulare però ipotesi senza trovarsi davanti alla scena del delitto non faceva per lui.

Così prese il cappotto e uscì dal suo ufficio.

 

 





 

  
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