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Autore: Hana S    19/04/2016    1 recensioni
La storia si svolge dopo l'avventura del film. Ora Jack e Sally sono sposati ed hanno una bambina. Racconterò come penso si possano svolgere la loro vita, cosa succederebbe se il Bau Bau tornasse e seguiremo passo passo la crescita della principessa di Halloween Town.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jack Skeletron, Nuovo personaggio, Sally, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAP 12 – Una nuova vita

I giorni trascorrevano pieni di emozioni e nuove scoperte, Skelbi era tutta un “Perché?”; “Come mai?”; “Cos’è questo?”; “E quello?”; a volte i suoi genitori si meravigliavano di quanto quella bambina fosse loquace, ma forse per troppi anni era stata esclusa dal mondo ed ora voleva solo conoscere ogni cosa di tutto ciò che le stava intorno.

Jack non perse tempo e le insegnò a leggere, anche se la piccola riusciva già a distinguere alcune lettere; fare conti e soprattutto come spaventare al meglio la gente; perché a detta sua: “Una buona principessa deve sempre sapere come spaventare!”.

Sally invece si occupò di insegnarle attività manuali; come rammendare e confezionare abiti, come cucinare squisiti piatti e come prendersi cure delle piantine che crescevano nel giardino di casa. Su quest’ultimo punto madre e figlia avevano idee diverse; Skelbi abituata ai verdeggianti paesaggi del regno degli umani e alle illustrazioni dei suoi libri e Sally che aveva sempre vissuto in un regno dal terreno arido e dagli alberi spogli. Così il giardino diventò un alternarsi di fiori secchi e colorati, questi ultimi resistevano grazie alle cure della bambina.

L’Uomo Nero spesso passava li vicino e si fermava a contemplare quella meraviglia

«Principessa» Skelbi si voltò di scatto.

«Buona sera» accennò una riverenza, molto goffa, ma presto avrebbe imparato come farne una giusta.

«È opera sua questo giardino?»

«Mio e della mamma!» disse la piccola regalando all’essere un gran sorriso.

«È molto bello …»

«Skelbi! Vieni è ora di cena» la voce proveniva dall’interno della casa.

«Arrivo mamma!» Skelbi si affrettò sul vialetto del giardino, ma a metà si fermò e voltatasi salutò il nuovo amico «Grazie di tutto! Arrivederci!» fece un cenno con la mano e poi riprese la sua strada.

«Arrivederci principessa Skelbi»

20 anni dopo

«Dai Zero, vuoi farti battere da uno scheletro?» lunghi capelli rossi fluttuavano nell’aria, mentre una figura correva tra le lapidi del cimitero e  la gonna nera svolazzava di qua e di la. Il cagnolino accettò la sfida e accelerò l’andatura; in un batter d’occhio raggiunsero la città, la giovane saltò sopra un muretto e scrutò la folla festante. Un carro attraversò la piazza e si fermò davanti al pozzo, sopra di esso era stata posizionata della paglia, ed una figura immobile vestita di stracci e con una zucca al posto della testa, attendeva. Gli abitanti lanciarono delle lanterne al suo interno ed il fantoccio prese fuoco, improvvisamente si destò e si tuffò nel pozzo, subito dopo Jack emerse dall’acqua tra le grida di acclamazione di tutti.

La giovane corse verso suo padre e saltò fra le sue braccia «Papà! Halloween è stato fantastico, anche quest’anno!»

«Grazie tesoro, andiamo a casa»

«Dottore, ancora niente?» chiese Jack entrando nel laboratorio.

«Nulla, sono desolato» il Dr. Finklestein abbassò lo sguardo, sperando che la soluzione si palesasse per magia davanti a lui; ma su quei vecchi tomi impolverati non aveva trovato niente.

Seduto a quel tavolo c’era anche l’Uomo Nero, continuava a scorrere le pagine di quei libri che avevano riempito la stanza, con un’assiduità quasi maniacale.

«Amico mio» Jack posò la mano sulla spalla del BauBau e questi si ridestò, era talmente preso dalla lettura che non si era nemmeno accorto che il suo re era entrato.

«Mi perdoni, io …»

«Non serve che ti giustifichi, continuiamo la ricerca. Ci sarà pur qualcosa in questi libri! E noi la troveremo!» i tre ripresero la ricerca, con più vigore di prima.

L’Uomo Nero passeggiava nella foresta, assorto nei suoi pensieri; vagabondò per qualche ora fra quell’alternarsi quasi infinito di alberi

“Trent’anni” passo dopo passo tornò davanti all’albero dove anni prima aveva sigillato il nemico del suo mondo. Appoggiò la mano al tronco, una fitta improvvisa alla testa.

“Lo sai bene che non ci riuscirai, liberami!” si accasciò a terra. Tentava invano di rialzarsi ma le fitte si facevano sempre più forti. “Liberami! Vuoi continuare a sentirti così …”

«… male?» una mano si posò delicatamente sulla sua spalla e quella voce sparì, così come i forti dolori.

L’Uomo Nero alzò la sguardo e i suoi occhi incrociarono quelli della principessa.

«Come?» disse con un filo di voce.

«Stai male?»

«Non più, ti ringrazio» con l’aiuto di Skelbi si rialzò e alla ragazza sfuggì una risatina.

«Sono io la causa di tanta ilarità?»

«Beh, è la prima volta che mi dai del “tu” di solito sei sempre un “principessa è un piacere incontrarvi” “come state”» dicendo questo mimava i movimenti dell’uomo, che per la prima volta nella suo vita, rise di gusto.

«Chiedo perdono» disse asciugandosi gli occhi.

«Non devi preoccuparti, anni fa mi hai salvato la vita» Skelbi appoggiò i pugni sui fianchi «Non c’è ragione per essere così distaccati».

«Grazie principessa»

«Skelbi, preferisco essere chiamata così» il sorriso della ragazza riscaldò il cuore dell’Uomo Nero.

Seduta sulla lapide, Skebi fissava il vuoto ripensando a ciò che l’amico le aveva raccontato «Quindi lui potrebbe tornare, se non trovi risposta ai tuoi dubbi?»

«Si, non voglio mentirti. Se nei prossimi trent’anni non trovo una soluzione, non voglio pensare a cosa potrebbe accadere» seduto appoggiando la schiena alla lapide accanto alla ragazza, l’uomo alzò gli occhi al grigio cielo.

«Forza allora!» proclamò la ragazza alzandosi e porgendo una mano all’amico «Colmiamo il vuoto!»

Da quel giorno anche Skelbi si buttò a capofitto nella ricerca, anche durante le lunghe passeggiate con l’Uomo Nero, il tema principale delle loro conversazioni erano le ricerche. Ma poi la curiosità dell’uomo lo spingeva a chiederle di raccontare delle meraviglie degli altri mondi che lui non aveva mai visitato.

Allora Skelbi gli parlava di Easter Town e dei coniglietti fifoni, di Thanksgiving Village e dei suoi abitanti: grossi tacchini con il cappello da pellegrino e le loro signore con le cuffiette adorne di pizzi. E del suo luogo preferito: Christmas Town, degli elfi suoi amici, di Babbo Natale e della grande festa che si teneva al suo ritorno dopo aver consegnato tutti i doni ai piccoli umani.  Parlando di quest’ultima, gli occhi della giovane, anche se vuoti, sembrava brillassero.

«Deve essere proprio bella questa festa»

«Già, papà mi accompagna lì tutti gli anni» un pensiero si insidiò nella mente della ragazza «Mi ci puoi accompagnare tu quest’anno!»

«Io … Ecco …» la giovane si era piazzata davanti a lui e si sarebbe anche messa in ginocchio pur di convincerlo «Va bene Skelbi»

«Come!?» Jack era incredulo «Perché? Siamo sempre andati insieme!»

«Non conosce nulla degli altri mondi, papà. E per una sera può anche non stare rintanato con il dottore in quel tugurio con il naso sempre su quei libri polverosi!»

«Skelbi tesoro, non muoverti o non riuscirò a sistemarti i capelli»

«Certo mamma, scusa»

In alto i capelli della ragazza furono raccolti in uno chignon decorato con una spilla a forma di zucca ghignante, quelli sotto lasciati sciolti furono pettinati in modo da formare dei morbidi boccoli.

«Ecco fatto» Skelbi si alzò e si ammirò allo specchio, era il primo vestito che realizzava per la festa, solitamente ci pensava Sally. Era dorato e molto ampio, come quello che era raffigurato nel suo libro di fiabe.

Bussarono alla porta, fu Jack a far entrare l’ospite. L’Uomo Nero indossava pantaloni scuri e i suoi soliti stivali, camicia bianca ed una bella giacca blu a doppio petto con la “coda di rondine” tutto realizzato da Skelbi, che inutilmente lo aveva pregato di lasciare il suo cappello per una sera.

«Buona sera a tutti»

«Amico mio, ti affido mia figlia per questa sera. Divertitevi alla festa e per favore …» disse Jack appoggiando entrambe le mani sulle spalle dell’uomo «… controlla che non si strafoghi di dolci» il tono ironico del re fece sorridere Sally e l’Uomo nero, mentre Skelbi non apprezzò l’intervento del padre.

«Non sono così ingorda! … Sono quei dolci ad essere troppo buoni …» mugugnò indossando i guanti.

Partirono poco dopo, il re e la regina li salutarono mentre si allontanavano.

Raggiunti gli alberi con i portali aprirono quello per il regno del Natale.

«Pronto?» ma l’uomo non fece in tempo ad annuire che la giovane gli afferrò la mano e saltò nel portale.

L’atterraggio fu morbido, e per la prima volta l’Uomo Nero toccò la neve, vide in lontananza un paese illuminato e poteva sentire le campane suonare a festa.

«Dai, muoviamoci. Babbo Natale sta per arrivare».

Giunti all’ingresso della città, salutarono i fratelli Alabaster tutti e due indossavano vestiti per grandi occasioni (a detta degli elfi): un frac verde per lui, ed un grazioso vestitino rosso per lei adorno di un bel nastro verde in vita che formava un fiocco sul retro del vestito.

Furono ben sorpresi, ed un po’ spaventati, nel vedere l’accompagnatore dell’amica. Ma vennero subito distratti dal suono che si udiva in lontananza dei campanelli di una slitta. Si diressero tutti ai margini della pista di atterraggio, quando la slitta toccò terra colorati fuochi d’artificio illuminarono il cielo. Babbo Natale scese dalla slitta e diede disposizioni affinché sistemassero le sue renne.

Salutò Skelbi ed il nuovo ospite e tutti gli abitanti del regno, dopo un breve discorso con cui si complimentò con tutti per il meraviglioso lavoro svolto nell’ultimo anno diede inizio ai festeggiamenti, e tutti si diressero nella grande sala dei ricevimenti.

L’uomo Nero fissò ancora una volta il succo nel suo bicchiere e chiuse gli occhi. Ascoltò la musica e i passi degli ospiti che sulla pista da ballo, le risate e il tintinnare dei bicchieri.

«D-d-desidera una t-tart-tina s-signore?» aprì gli occhi e fisso il piccolo elfo davanti a lui, che sbiancò in un attimo.

«No, ti ringrazio» sollevato dallo scoprire che l’Uomo Nero non era ostile, l’elfo si allontanò velocemente, portando il bicchiere che gentilmente l’uomo gli aveva restituito.

L’uomo osservo la folla festante, e i suoi occhi si posarono su una figura che volteggiava sulle note di una allegra canzone, Skelbi teneva sollevato un lembo del vestito per poter ballare meglio. Rideva e anche in quella confusione lui poteva senza problemi distinguere il suono della sua voce. Distolse lo sguardo ed usci, raggiunse un gazebo adorno di nastri verdi e rossi e una corona fatta con rami di pino sovrastava i gradini che portavano all’interno della struttura. Sulle colonne di legno erano appese piccole lanterne che creavano un’ atmosfera piacevole.

«Hei! Non ti diverti?»

«Ti chiedo scusa e che non sono abituato a tutto questo» disse l’uomo appoggiando i gomiti alla balaustra.

Skelbi si sedette accanto imbronciata «Uffa, volevo ballare anche con te, ma se aspetto che sia tu a chiedermelo la festa  fa in tempo a finire!»

«Perdonami, ma non so come si fa a ballare».

«Te lo insegno io!» Skelbi afferrò la mano dell’amico e lo portò al centro del gazebo.

Gli mise la mano destra  sulla palla e portò quella dell’uomo a cingerle il fianco. Si sentirono in lontananza le note dell’orchestra e i due seguirono la melodia. Cominciò a nevicare mentre le due figure danzavano e come un velo, la neve che lentamente cadeva li celava al mondo.

Non avevano più bisogno di musica, si persero l’uno nello sguardo dell’altra e piano piano si fermarono. Immobili, sentivano solo i loro respiri, i volti si avvicinarono e un bacio. Qualcosa batté dentro di loro e pose fine a quel momento poiché Skelbi si scansò subito.

«Perdonami» disse allontanandosi.

L’Uomo Nero la guardò camminare verso la sala dove c’erano tutti gli altri «Skelbi aspetta!» urlò e corse verso di lei. La strinse a se «Non andartene ti prego».

La giovane che si teneva il viso fra le mani sussurrò appena «Ti prego, torniamo a casa».

Non aveva fatto molte parole con i genitori, disse solo che era stanca e si ritirò in camera sua.

Seduta sul letto scorreva il dito fra le balze del vestito, e in un attimo la scena di quel bacio si ripresentò davanti a lei. Scosse la testa, si cambiò velocemente e gettò il vestito nell’armadio. Si mise sotto le coperte, sperando che addormentandosi potesse per un attimo scordare tutto.

Il sonno arrivò solo in tarda nottata e fu agitato, si alzò nel cuore della notte e uscì dalla stanza. Camminava avanti e indietro assorta nei suoi pensieri.

«Skelbi?» Sally fece capolino dalla sua stanza «Tesoro cosa c’è, è dal tuo ritorno che sei strana»

«Mamma …» Skelbi le si gettò al collo. Tornarono nella sua camera e sedute sul letto la ragazza raccontò alla madre cosa era successo da sconvolgerla così tanto.

«Sei spaventata?»

«Si, e tanto! L’uomo Nero è sempre stato un buon amico, ma quando ho sentito quella strana sensazione dentro di me, io …» abbassò lo sguardo e fissò il pavimento.

«Sai, a me e a papà successe la stessa cosa quando ci baciammo la prima volta» la giovane guardò la madre «Non capimmo cos’era, ma era successa a tutti e due nello stesso momento. Non è nulla di male …» disse accarezzando i capelli della figlia «… ne di sbagliato. Forse ti è successo troppo presto e sei spaventata, ma io sono qui per te, se vorrai aiuto per affrontare tutto questo» si abbracciarono.

«Mamma, non dire nulla a papà per adesso»

«Certo tesoro»

Anche il sonno dell’Uomo Nero fu molto tormentato, si mise a sedere sul letto e portò la mano al petto, dove poche ore prima aveva avvertito qualcosa di strano, ma tutto taceva.

“Cosa sarà stato?”

Skelbi stava innaffiando i suoi fiori, era tranquilla e per adesso i pensieri che l’avevano tormentata per tutta la notte si erano quietati.

«Skelbi?» l’innaffiatoio e cadde dalle mani e si voltò «Perdonami se ti ho spaventata».

Rimasero in silenzio per alcuni interminabili secondi «Vorrei solo scoprire cosa è successo ieri sera»

«Io no invece» si voltò incamminandosi verso casa. L’uomo rimase immobile, l’aveva vista tremare pronunciando quelle parole e non volendo turbarla oltre si allontanò.

Skelbi si diresse verso la biblioteca del padre, entrata chiuse a chiave la porta. Prese un grosso libro e cercò tra le mille definizioni che si trovavano al suo interno e si fermò sulla parola ‘Amore’; richiuse i libro e lo ripose sullo scaffale.

Sedutasi, con la schiena contro il muro, portò a se le ginocchia e rimase in quella posizione per alcuni minuti, infine un sorriso le si dipinse sul volto.

 

Note:

Ciao! Perdonate la lunga assenza, spero che il capitolo possa ripagarvi dell’attesa. Con il prossimo si concluderà questa storia che devo ammettere, mi ha emozionato scrivere.

Grazie a quanti commenteranno e anche a quelli che dedicheranno qualche minuto a leggere la mia storia.

A presto.

  
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