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Autore: arashi17    20/04/2016    6 recensioni
"Min Yoongi era quella tipica persona opposta a me: troppo calma, troppo silenziosa, troppo privata, troppo bastarda, troppo tagliente, troppo intima. Eppure la sua calma si intrecciava alla perfezione con la mia vivacità, i suoi silenzi si sgretolavano benissimo con le mie risate calde, la sua privacy si lasciava tranquillamente violare dalla mia curiosità, la sua bastardaggine riempiva i miei disappunti, le sue parole taglienti mettevano a freno con semplicità ogni mia azione ed in fine la sua intimità modellava perfettamente la mia superficialità.
Eravamo nati per consumare le nostre esistenze insieme, e di questo sentivo di non esserne sicuro soltanto io. Lo capivo dai suoi modi e dai suoi sguardi, da quel sorriso scemato nel vedere Hoseok raggiungerci e intimargli di dover andare via."
*YOONMIN*
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Park Jimin, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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H e a r t  L i n e s






“…Proprio lì, le foglie autunnali sono ritte in strada
Sembra che ci stiano guardando
Le nostre mani si toccassero, anche solo per un momento
È un momento che comunque si perderebbe in briciole
Non ho potuto non notare, avvolto dai venti autunnali
Il discorso e le espressioni facciali che si sono fatte fredde all’improvviso
Posso solo guardare la nostra relazione appassire.”

Pagina 259, angolo alto destro.
 
Questa, fu la prima traccia di Min Yoongi che ricevetti.

Labile. Distruttiva. E sproporzionatamente triste. Proprio come era lui.

Aprii il libro di inglese a pagina duecento cinquantanove e sfiorai quell’inchiostro nero che riaffiorava dalla carta, esplorai quelle lettere di bella calligrafia come ad accertarmi della loro natura e, come al solito, mi persi ad immaginare il vecchio proprietario del libro intento a scriverle durante una barbosa ora di inglese.

Pensai alle sue mani che stringevano la penna e disegnavano forme fugaci sulla carta, pensai al suo sguardo vigile e attento a non commettere banali errori grammaticali, pensai a quanto avrei voluto ascoltare la canzone dalla quale aveva estratto quella citazione e mi disperai perché avevo cercato ovunque, ma quelle parole sembravano non appartenere a questo mondo.

Mi alzai dalle scomodissime sedie in legno e in serie dell’aula e prontamente afferrai la mia borsa, ci buttai dentro le penne, il cellulare e il libro e sfilai tra quei lunghi e stretti banchi per poi spalancare la porta e provare un vertiginoso senso di piacere nell’avere davanti le scale della fuga.

Detestavo la 14N, così internata, così irraggiungibile, così mastodontica al suo interno ma quasi impossibile da scovare. Mi persi la prima volta che ebbi lezione nella 14N e maledissi quella rampa infinita di scale che dal ponte centrale si dilungava verso il basso, come un ascensore che scende al piano inferiore. Ma più che altro, la detestavo perché l’unico modo per entrarvi era salire sul ponte e percorrere quelle scale, nonostante sia effettivamente situata ad un piano sottostante il ponte. Era per questo che, dopo averle odiate una prima volta, si finiva inesorabilmente con l’amare quelle scale, che ti liberavano dall’angustia di dover trascorrerci ore infernali in quel tugurio nascosto.

Ma quel giorno credetti che tutti gli dei ce l’avessero con me.

Ai piedi della rampa, sbracato su di un gradino, un tizio dal dubbio gusto per le tinte per capelli se ne stava a leggere un mattone più alto di lui ascoltando qualcosa nelle cuffiette e picchiettando il piede contro l’ultimo gradino.

Era snervante come non si curasse nel modo più categorico del passaggio che stava sbarrando, gli guardavo quelle gambe spalancate e piegate sulle ginocchia e mi chiedevo come potesse non comprendere che da lì sarebbero dovuti passare tutti gli studenti e che quindi non avrebbe dovuto ostruirne totalmente il passaggio.

Strinsi la fascia della borsa sulla spalla e mi avvicinai prendendo un grosso respiro.

“Potresti farmi passare?”

Per quanto vivace ed espansivo fossi, con gli estranei qualcosa mi bloccava. La consapevolezza di non saper nulla della persona che avevo davanti mi irrigidiva e mi infondeva uno stato di irrequietezza e nervosismo cronici che andavano esteticamente ad intaccare più parti del mio corpo, dando il via a quegli stupidi tic che mi portavo dietro da quando ero bambino.

Così, constatando che quel ragazzo non mi aveva né visto né sentito, cominciai a mordermi le labbra tirando via delle piccole pellicine e lasciando spazio ad un brivido di dolore; continuai con il muovere compulsivamente le dita delle mie mani strette in piccoli pugni e a guardarmi intorno.

“Mi fai passare?!?”

Urlai irritato, erano già diversi minuti che aspettavo qualsiasi suo movimento ma l’unica cosa che mutò in quella cornice statica, furono i suoi occhi che si sollevarono e si impiantarono nei miei.

Soggezione. Fu la prima sensazione che quel ragazzo mi trasmise. Sentire il suo sguardo addosso paralizzò persino il mio sangue e mi permisi di deglutire, spostando la direzione dei miei occhi così da non guardarlo.

“Devo… passare.”

Mormorai teso e conscio del fatto che lui avesse ancora le cuffie nelle orecchie, ma forse lesse il mio labiale e, nel silenzio più tombale, spostò le gambe e le allungò perpendicolarmente ai gradini, lasciandomi lo spazio per poter salire.

Salii in fretta quelle scale, superando quel ragazzo dai capelli grigi che mi aveva trasmesso un malessere inspiegabile dentro e, raggiunto il ponte centrale, mi buttai sulla prima panca disponibile per riprendere fiato.

Mi concessi dieci minuti di assoluto relax, dieci minuti tutti per me e decisi che farmi qualche tiro delle mie Lucky Strike blu non sarebbe stata così malaccio come idea. Portai il filtro della sigaretta tra le labbra e scoccai la rotella dell’accendino, bruciando l’estremità della Lucky e inspirando il primo fumo.

Osservai le nuvolette bluastre che si sollevavano dalla mia bocca e contemplai ogni loro forma con una cautela disarmante: avevo bisogno di calmarmi da quel precedente nervosismo infondato e solo fumando ci sarei riuscito.

Mentre gettavo via il filtro consumato e mettevo la borsa in spalla, notai Jung Hoseok avvicinarsi. Potevo sentire perfettamente il suo discorso al cellulare, un qualcosa tipo alza il culo e vieni a lezione! No, Suga, non esiste che salti anche questa! e mi fermai ad osservare la sua giacca morbida, i capelli sconvolti dal vento e quel borsone da palestra che dava tutta l’aria di pesare parecchio. Pensandoci, anche il ragazzo sulle scale aveva un borsone identico, probabilmente entrambi erano iscritti a qualche club sportivo universitario.

Non appena mi riconobbe si avvicinò abbassando il cellulare e coprendo il microfono con le dita, sorrideva come se mi conoscesse da sempre.

“Jimin ah! Quasi non ti riconoscevo, hai tinto i capelli di castano, stai bene!”

Mi arruffò con una mano tutti i capelli che effettivamente avevo tinto qualche giorno prima e riprese a parlare, ignorando gli insulti e i richiami di chiunque fosse in chiamata con lui.

“Il libro va bene? Non è che manca qualche pagina, hm?”

Ma non potei mai rispondere poiché dal cellulare si sentì un Hoseok se non rispondi ti lascio a piedi, cazzo! e il diretto interessato sobbalzò rimettendo il telefono all’orecchio.

Si congedò in un istante, veloce come il vento, ed io rimasi a guardarlo andar via gesticolando freneticamente. Avrei voluto dirgli di aver trovato un piccolo blocco note nel libro, pieno di pensieri e citazioni del proprietario, ma Hoseok era già lontano, così feci spallucce e camminai lento sul ponte godendomi il tramonto e il chiacchiericcio degli studenti.
 
*
 
“Stesso giorno, stessa luna
Ogni momento si ripete ogni giorno
La mia vita è in mezzo
Ventenni senza lavoro che hanno paura del domani
Fa ridere, quando sei bambino pensi che tutto è possibile
Quando ti rendi conto quanto è difficile vivere le giornate
Continua a sentire il ritmo del “control”, continua a scaricarlo
Ogni giorno è la ripetizione del ctrl+c, ctrl+v”

Pagina 24, angolo basso sinistro.

 
Lessi quella frase durante una notte di insonnia estrema causa esame imminente e ne rimasi spiazzato.

Acciuffai il libro che sporgeva dalla mensola e cominciai a sfogliare dall’ultima pagina fermandomi per puro caso a pagina ventiquattro. Era la solita calligrafia ma l’inchiostro utilizzato questa volta era il blu. A giudicare dai vari ricalchi e dai segni sfumati delle lettere, la penna che aveva utilizzato stava per esaurirsi, probabilmente non sarebbe durata altri tre giorni.

La frase era accompagnata da stupidi scarabocchi e da piccoli mandala deformi che nonostante fossero imperfetti, abbellivano la serietà della pagina. Sorrisi immaginando Min Yoongi annoiato e ripresi a leggere quella bella frase finché non ebbi la grande idea di cercare quel ragazzo su Twitter.

Digitai il suo nome ma non ottenni nessun risultato: nessun contatto, nessuna foto, nessuna citazione, assolutamente nulla. Era assurdo come non riuscissi a carpire informazioni su quel ragazzo, era assurdo come la sua presenza sui social fosse esente in ogni modo possibile. L’unico contatto a disposizione che avevo, era il suo account registrato nel blog della nostra università. Min Yoongi, nato a Daegu il nove Marzo del millenovecento novantatré, residente a Seoul, facoltà di Lettere.

Sapevo quindi che aveva ventitré anni e che aveva messo un annuncio sul blog dove vendeva il suo libro di inglese I e a me serviva disperatamente quel volume per poter affrontare le lezioni e l’esame finale.

Lo contattai immediatamente chiedendogli a quanto lo vendesse e la cifra dichiarata pareva irrisoriamente troppo bassa per quello che in realtà costava quel libro. Il suo movente fu un secco è pieno di scarabocchi ma nonostante il libro non fosse in ottime condizioni, quel prezzo mi appariva davvero ridicolo. Alla fine accettai e ci mettemmo d’accordo sulla data, l’ora e il luogo dello scambio.

Al Bridge. Per le quattro di pomeriggio, domani stesso. Aveva annunciato solenne, ed io mi presentai il giorno dopo al bar citato che troneggiava nella zona ristoro al centro del ponte universitario.

Alle quattro c’era sempre un incredibile via vai di persone: professori in ritardo, distributori di volantini per le serate nei locali notturni, matricole in piena crisi isterica pronte a maledire la struttura a labirinto dell’ateneo, studenti che si affrettavano a raggiungere le loro lezioni, altri rilassati che passeggiavano lungo gli infiniti quattro chilometri di ponte, incuranti di tutto in apparenza ma pettegoli fin nel midollo.

Me ne stavo comodamente adagiato su di una sedia a fumare una sigaretta offerta e a sorseggiare il mio tea freddo quando un ragazzo dai capelli corvini ed uno strambo sorriso sulle labbra mi si avvicinò.

“Sei Park Jimin, giusto?”

Aprii di poco gli occhi e inspirai l’ultimo tiro prima di buttar via la cicca e mi affrettai ad annuire, soffiar via il fumo e sorridere al nuovo arrivato.

“HM! Hm, sì- sì, sono io. Tu devi essere Min Yoongi hyung!”

Con ancora residui di fumo in gola, risposi invitandolo a sedersi e scegliere qualcosa dal piccolo menù. Lo osservai qualche istante e tutto in quel ragazzo mi convinceva che non poteva essere Yoongi. Il ragazzo che mi sedeva davanti non sembrava lo stesso con cui avevo parlato il giorno prima, aveva un’aura diversa, sapevo in cuor mio che non era lui.

“Un caffè lo accetto volentieri! Comunque sono Jung Hoseok, Yoongi ha avuto un contrattempo e mi ha chiesto di portarti il libro. Più che chiesto me lo ha ordinato sbraitando, ma fa lo stesso!”

Fece spallucce non trattenendo una risatina allegra e acuta che fece voltare alcuni dei ragazzi seduti ai tavolini attorno, ma non me ne curai poiché, come per incanto, stavo ridendo anche io.

“Sì, beh, Yoongi è un po’ particolare, non è semplice condividere lo stesso appartamento ma si campa!”

“Oh, siete coinquilini quindi! Che meraviglia, io abito con la mia famiglia a pochi isolati da qui, ma avrei decisamente preferito comprare un piccolo appartamento con degli amici!”

Frugò nelle sue tasche e ne estrasse un contenitore in metallo con del tabacco già rollato al suo interno.

“Fumi?”

Mi porse il piccolo contenitore offrendomi da fumare e sfilai una delle stecche portandomela alla bocca. Veloce, Hoseok hyung si chinò sul tavolo per accendermi il drum e aspirammo insieme il primo tiro.

“La vita da studente fuori sede non è facile però. Non ti bastano mai i soldi, troppe spese, troppe bollette, troppo liquore. Siamo perennemente ubriachi noi! Ed è per questo che fumo questa bella signorina.”

Fece un fugace gesto con la mano per innalzare la sigaretta faidate e ghignò mentre il suo caffè arrivava ed io accavallavo le gambe mettendomi comodo. Era piacevole parlarci.

“Pensa un po’, Jimin ah. Yoongi prima fumava solo Marlboro rosse. Uno di quei tipi fanatici eh, non da sigarettina qualsiasi. Adesso si rolla il tabacco pure mentre cammina e gesticola. Sei fortunato tu ad abitare qui vicino!”

Iniziò a raccontarmi di Yoongi come se nulla fosse, come se quel ragazzo fosse il nostro fulcro, come se Min Yoongi fosse il segreto del nostro incontro, ed in effetti non era poi così errata come motivazione, ma il modo con cui se ne parlava aveva qualcosa di candido, di suggestivo, di solenne.

Immaginai questo Min Yoongi come una figura autoritaria, una di quelle figure per le quali ti blocchi per strada per non intralciarle il cammino, una di quelle figure che non riuscirai mai a guardare negli occhi senza provare un brivido dentro. Lo immaginai bellissimo, così follemente bello da poter mettere in ginocchio una nazione. Eppure, nonostante quanto supremo lo stessi immaginando, le labbra di Hoseok speculavano non più e non meno su di un semplice ragazzo squattrinato che viveva di stenti in un appartamento universitario.

Jung Hoseok terminò il suo caffè degustandosi poi l’ultimo tiro di sigaretta e rilassò le spalle in un attimo di isolamento tutto per sé, di conseguenza afferrò il libro riposto in una semplice cartellina plastificata e lo poggiò sul tavolino nella mia direzione.

“Prima che me ne dimentichi, eccoti il libro. È una palla abnorme, ci tengo che tu lo sappia! Ho studiato inglese I anche io da questo libro, pare che i professori qui lo prediligano.”

Annuii stendendomi sulla sedia per sfilarmi dalle tasche dei jeans il portafogli e ne estrassi la somma stipulata, la poggiai in prossimità di Hoseok hyung e osservai la copertina del libro.

“Già dal nome sembra noiosissimo.”

“E lo è, fidati di questo hyung! Bene, adesso perdonami ma ho un impegno e devo scappare! Spero di rivederti presto e scusa Yoongi per non essere venuto di persona!”

Ci alzammo dalle nostre sedie, entrambi sorridenti e sinceramente lieti di esserci conosciuti, poi lui corse fuori dal piccolo chioschetto continuando a sbracciarsi per salutarmi.

“E grazie ancora per il caffè!”

Mi limitai a sorridere e spaparanzarmi ancora su quella sedia. Non avevo la benché minima voglia di seguire la lezione di informatica che avrei avuto da lì a mezz’ora e decisi di aprire la cartellina blu che sovrastava il tavolino. Ordinai una ciambellina al cioccolato e presi il libro tra le mie mani. Ne sfogliai velocemente le pagine e mi fermai alla duecento cinquantanove: nell’angolo alto a destra troneggiava una lunga scritta che dava tutta l’impressione di non essere un memo della lezione seguita.

Ed infatti, quella che lessi fu una frase che mi trafisse direttamente il cuore e mi annullò per diversi istanti la cognizione del tempo.

Volevo assolutamente conoscere Min Yoongi.
 
*
 

Quando mi accorsi del sottile blocco note dimenticato alla fine del libro di inglese I, erano già trascorse tre settimane dal mio incontro con Hoseok hyung.

Era pomeriggio inoltrato e la calura primaverile si stava intensificando facendomi sudare abbastanza da sentire la maglia aderire contro le spalle. Non era di certo una situazione piacevole, ma la consapevolezza che più tardi sarei tornato a casa mi tranquillizzava.

Entrai nella biblioteca del mio dipartimento, la più vasta delle quattro presenti nell’università, e cercai un posto libero divincolandomi tra i grossi tavoli in legno massiccio e scuro. Un silenzio religioso vigeva nella sala grande e per miracolo adocchiai un angolino libero accanto ad una delle immense vetrate che davano sul cortile.

Mi ci fiondai a capofitto e notai che tutti gli studenti presenti a quel tavolo se ne stavano così concentrati a studiare da non notare la mia presenza. Tutti tranne uno.

Il ragazzo di fronte al mio posto era rannicchiato su se stesso, le braccia intrecciate sul libro e il viso premutoci contro. Solo i suoi capelli folti e grigio topo sbucavano ribelli e ricadevano morbidi sulle braccia.

Pensai a quanto stanco avrebbe dovuto essere quella persona e provai tenerezza nei suoi confronti, poi mi sedetti e cominciai a studiare assorto, quasi più concentrato dei colleghi accanto. Dopo circa due ore senza mai sollevare lo sguardo dal libro, mi stiracchiai dondolando lieve la sedia e notai che nel tavolo eravamo rimasti solo in quattro: io, la ragazza con la Louis Vuitton in bella vista, un tipetto occhialuto che impazziva alla calcolatrice e il ragazzo di fronte a me, ancora immerso nel mondo dei sogni.

Spostai la mia attenzione alla mia borsa e presi il libro di inglese deciso a fare qualche esercizio, ma qualcosa scivolò via sul pavimento e quando me ne riappropriai, capii che quello era il quadernino degli appunti di Min Yoongi. Peccato che al suo interno ci fosse di tutto fuorché appunti scolastici.

“Hoseok ha rotto la mia tazza di Kunamon. Hoseok ha rotto anche le mie cuffie. Hoseok ha rotto il cazzo.”

Soppressi una risata che sarebbe risultata troppo alta, ma quella prima frase che avevo beccato sfogliando quel libricino mi aveva smosso il buon umore.

“Ho preso venticinque all’esame. Mamma non è rimasta particolarmente soddisfatta.”

“Il professor Lee ha rotto le palle. Vorrei soltanto essere in un castello abbandonato e dormire.”

“Hoseok si è scolato tutte le mie birre. Quando torna non troverà più i suoi CD.”

“Ho sonno.”

“Namjoon ha spaccato anche ‘sta notte. Sono proprio un coglione buono a nulla.”

Sfogliavo avanti e indietro quelle poche paginette imbrattate di disegnini e scritte ricalcate più volte, volevo conoscere più a fondo quel ragazzo che dava l’apparenza di essere schivo e taciturno, ma più sfogliavo, più un senso di oppressione e tristezza mi catturava.

Il Min Yoongi descritto in quelle righe era un ragazzo insicuro e solitario, circondato da mille amici che adorava ma con il cuore perennemente adombrato. Sembrava non andasse d’accordo con i genitori, pareva avesse questa sorta di rivalità nei confronti di questo Namjoon, o per meglio dire, un’invidia che odiava provare, consapevole di non aver nessun diritto di parola in quanto era lui il primo a non agire.

Sospirai mettendo da parte il blocchetto e aprii il libro nelle prime pagine. Una delle tante frasi da lui scritte sormontava la stupida foto che accompagnava la descrizione a lato.
“Improvvisamente, i miei occhi si riempiono di lacrime.
Sei tu a formarle, ti vedo persino quando respiro.
L’amore fiorisce come fiori di pesco, ma poi viene facilmente spezzato via.
È stato come l’avevo sempre sognato.
Abbiamo bruciato come fuochi d’artificio, ma sono rimaste solo ceneri.
Ehi ragazza, ho capito a quale conclusione sei arrivata per conto tuo.
Le tue mani, il tuo corpo, il tuo calore più ardente dell’equatore.
Tutto sparito.
Ma io sono ancora qui, sullo stesso punto di questa melodia,
sul simbolo di ripetizione.
Sono diventato dipendente da questa musica ormai terminata.”

Pagina 5, sulla foto in basso.

 
Le lettere si trapiantavano nella mia mente come spine nella pelle, la rabbia e la desolazione di quelle frasi abbandonate lì, su quel pezzetto di carta scialbo, ribollivano nel mio sangue e scoppiavano all’altezza del mio petto, provocandomi un bruciore inusuale sulle gote. Sconvolgente, come qualsiasi parola che quella persona avesse scritto mi si piazzasse all’interno dei confini del cuore.

Deglutii alla fine, quella frase buttata lì aveva bisogno di una continuazione, aveva bisogno di una voce che la urlasse, aveva il disperato desiderio di vivere come tutte le cose del mondo ed io, per quanto ignorassi l’origine di quelle citazioni e la loro finalità, schiusi le labbra e sussurrai la prima riga, cantandola sotto il comando di un motivo che stavo inventando al momento, non curante di chi ci fosse vicino a me.

Ciò che ne era venuto fuori era una stupida melodia malinconica, una melodia che mi aveva fatto guadagnare le occhiate vigili dei tre seduti con me.
L’occhialuto storse le labbra e, sistemate le sue cose si avviò verso un nuovo tavolo, mentre la ragazza con la Louis Vuitton abbozzò un sorriso e unì le mani battendole silenziosamente, come a volersi complimentare con quel tacito gesto.

E poi lo vidi. Vidi gli occhi più belli del mondo scrutarmi dentro fin nel più profondo e imbarazzante angolino di me stesso, vidi le occhiaie opache che si intravedevano sotto quell’ammasso di capelli arruffati e l’intreccio delle braccia, vidi la luminosità di quello sguardo appena risvegliato e la serietà trapassarmi le membra, vidi il silenzio farsi più silenzioso e in quella cripta di respiri stanchi e libri consumati, un unico ed esplosivo suono fece eco.

Il mio cuore aveva battuto violento, provocandomi uno spasmo surreale, come un pugno ricevuto dall’interno e aveva rimbombato nel mio torace, sconfinandosi oltre gli scaffali. Deviai lo sguardo immediatamente e arrossii con così tanta irruenza da farmi vergognare più di quanto già non lo fossi e tirai indietro la sedia con goffaggine, stridendo contro il pavimento. Qualcuno mi intimò di starmene buono ma non me ne curai, troppo impegnato a riporre le mie cose nella borsa e correre via, lontano da quel luogo, lontano da quegli occhi profondi più dell’universo che avevano cercato nei miei un qualcosa di troppo grande.

 
*
 

Sito ufficiale della Seoul University/ Forum free/ Messaggio Privato da: Park Jimin

“Buonasera, hyung. Perdona il disturbo ma solo adesso ho notato nel libro che mi hai venduto un blocco note, mi chiedevo se potessimo incontrarci così potrei restituirtelo. Nel caso lo rivolessi, vediamoci domani al Bridge per le cinque e mezza.
A presto, Jimin.”


Messaggio Privato inviato correttamente a: Min Yoongi

Pigiare il tasto invio sulla tastiera del computer mi era costato uno sforzo immane quella notte. Tremavo tanto per quella stupida ansia che mi aveva reso suo prigioniero tanto da non contare più quanti errori grammaticali avevo fatto mentre scrivevo quel messaggio ridicolo.

Alla fine lo avevo fatto.

Mi ero impuntato con tutto il coraggio del mondo e mi ero deciso a scrivergli sul suo contatto privato nel blog dell’università.

Non era mia intenzione restituire quel blocco note, ma mi ero reso conto sempre più che proprio quel piccolo blocchetto mi avrebbe potuto portare a Min Yoongi. In fondo c’erano pensieri puramente personali al suo interno, perché mai non avrebbe dovuto riprenderselo? Ma se una parte di me bramava che Yoongi si facesse vivo il giorno dopo al bar, un’altra parte strillava e inveiva contro il mio gesto di liberarmi di quei pensieri così tristi e belli, così pieni di quella vita che non conoscevo ma di cui mi stavo assurdamente innamorando.

“Tutto questo casino per conoscere quel ragazzo. Hai incontrato Jung Hoseok per ben quattro volte in questi mesi, e non sei mai riuscito a chiedergli di Min Yoongi?”

“Non è così semplice, TaeTae.”

Taehyung mi guardava con un’espressione tra l’annoiato e l’incomprensione. Sedeva a gambe incrociate sul mio letto e spelacchiava due pupazzi che da quando ero piccolo non si erano mossi dalla mia stanza. Gli riservai uno sguardo truce e sospirai stanco delle sue lamentele.

“Non gli stai mica chiedendo di uscire insieme, Chim! E tu sei sempre stato un tipo estroverso, semplicemente non capisco.”

Ci pensai su degli istanti e finii col buttarmi di schiena sul letto, sfiorando le gambe di Taehyung che si era voltato con testa e spalle verso di me. Arricciò le labbra e mi lanciò un pupazzo che scansai facilmente. Non aveva di certo torto, lui, ma come avrei potuto mai spiegare a qualcuno che stavo cominciando a provare qualcosa nei confronti di Min Yoongi attraverso le sue frasi?

Era estremamente ridicolo ciò che mi stava succedendo, non aveva alcun senso e non si era mai sentito prima di un ragazzo che si innamora di un altro ragazzo per delle stupide citazioni trascritte nel suo libro di inglese. Per giunta, Min Yoongi parlava sempre al femminile quando scriveva e ciò mi devastava la bocca dello stomaco e faceva morire tutte le farfalle che vi volavano scombussolandomi i pensieri.  

Alla fine Taehyung aveva rinunciato a comprendere ciò che mi stava succedendo e si era rintanato nelle lenzuola accendendo la TV e facendo zapping convulsivo. Restai poggiato sui suoi fianchi con le braccia fino alla mezzanotte, e mentre lui sghignazzava a causa della trasmissione che aveva scelto di vedere, io sospiravo nella speranza che l’icona di una nuova mail giungesse nella mia casella di posta elettronica.

L’indomani mi preparai per l’università e quando le lancette del mio orologio segnarono le cinque e un quarto, l’ansia mi pervase tutto. Uscii dall’aula di inglese e camminando verso i bagni decisi di accendermi una sigaretta. La fumai in brevissimo tempo e la gettai al vento entrando nei bagni maschili con decisamente poca grazia. Mi parai davanti gli specchi reggendomi saldamente dal lavello e presi un grande, grandissimo respiro.

Potevo farcela, non stava per accadere nulla di particolare o di emozionante, Min Yoongi si sarebbe rivelato un bruttissimo ragazzone basso e grassoccio, magari con la barba incolta e l’acne sparsa sulle guance. Ma sì, doveva essere per forza un cesso eclatante perché a me non poteva di certo andar bene, non ero io quello fortunato nel gruppo di amici, quello era Jungkook senza ombra di dubbio, ma non io.

Sobbalzai quando la porta del gabinetto alle mie spalle si spalancò e nello specchio l’immagine del ragazzo dai capelli grigio topo si materializzò in pochi istanti.

Ci guardammo attraverso lo specchio: io con l’espressione spaesata e visibilmente a disagio, lui con un’apatia e una serietà da far tremare la terra sotto ai nostri piedi. Restammo immobili in quella posizione per circa tre secondi, ma parvero come i tre secondi di un terremoto: infinitamente lunghi;  solo quando qualcuno gridò da fuori, la sua attenzione si distolse dalla mia.

“Suga!!! Andiamo, muoviti! Che stai facendo in quel bagno? Sono le cinque e mezza!”

Il ragazzo dai folti capelli grigi voltò il viso verso la porta per poi avvicinarsi e appostarsi al mio fianco aprendo il rubinetto. Deglutii ed abbassai lo sguardo lavandomi le mani a mia volta ma sarei un bugiardo se dicessi che non lo guardai di sottecchi per tutto il tempo.

“Che rottura…” borbottò. “Sto arrivando!”

Gridò quell’ultima frase e richiuse il rubinetto asciugandosi le mani sui jeans, quindi mi superò ed uscì dal bagno scomparendo dalla mia visuale.
Suga. Un soprannome stranissimo, pensai asciugandomi con della carta. Quello Suga mi inquietava, non riuscivo a capire il motivo delle mie reazioni e sensazioni ogni volta che incrociavo il cammino con lui. Di certo era di bella presenza, eppure più lo guardavo più mi sembrava che ci fosse dell’altro oltre a quegli occhi profondi…

Raggiunsi il Bridge ad un minuto esatto dall’orario che avevo stabilito e mi appostai al tavolino in ombra, quello più appartato possibile. Il solito cameriere di bell’aspetto venne a prendere il mio ordine e mi sorrise dolcemente quando chiesi un caffè freddo e dei biscottini. Quindi mi rilassai sulla sedia, o almeno avrei voluto riuscirci, e mi persi ad osservare il ponte brulicante di anime.

Poi lo vidi ancora.

Suga camminava lentamente sul ponte, le mani nelle tasche e i capelli a svolazzare nel vento. Vedevo la sua bocca muoversi e solo in quel momento mi resi conto che stava parlando con qualcuno. Spostai la mia attenzione alla sua destra e sentii un battito rude al cuore. Jung Hoseok gli camminava amichevolmente accanto e davano tutta l’impressione di conoscersi bene.

Sarà solo un caso, pensai, in fin dei conti Hoseok hyung conosceva un certo Suga, sicuramente sarebbero filati dritti lungo il ponte o magari lo hyung mi avrebbe salutato da lontano proseguendo la sua passeggiata, ma così non fu.

Si fermarono davanti l’entrata del chioschetto e si salutarono. Hoseok mi fece segno con le mani e ricambiai il saluto prima di vederlo correre via e tornai a fissare nella direzione di Suga.

“Sei Jimin, hm? Ho ricevuto la tua mail ieri.”

Min Yoongi non era né basso né grasso, forse un pochetto basso sì, ma non tanto quanto me l’ero immaginato. Non era un cesso eclatante e non aveva neanche barba e brufoli. Il suo viso, proprio come l’avevo sempre visto, era liscio e candido senza alcun alone di barba o residui di acne sparsi. I capelli riversi sugli occhi coprivano quella che doveva essere una fronte alta, ma non nascondevano gli svariati piercing alle orecchie che spiccavano e brillavano contro i raggi del tramonto ormai prossimo.

Si sedette dinnanzi a me accendendosi del drum appena rollato ed io lo imitai con una Lucky Strike. Seguirono diversi istanti di silenzio rotti solo all’arrivo del cameriere che di colpo appariva più solare che mai.

“Yoongi, sei venuto a trovarmi! Cosa ti porto?”

“Jin hyung, non verrei mai a trovare uno che si veste di rosa. E comunque un ginseng va benissimo.”

Perfetto, quel Min Yoongi, alias Suga, conosceva mezzo ateneo ma soltanto io non sapevo della sua esistenza.

“Quindi, ho lasciato il mio block notes nel libro.”

“Hm, ho pensato che lo rivole-”

“E tu lo hai letto, no?”

Ciccò i residui del tabacco bruciato nel posacenere ed accavallò le cosce buttando via il fumo di un altro tiro appena inspirato, poi mi depositò lo sguardo dentro le pupille e mi ritrovai denudato di ogni possibile scusa o alibi da utilizzare a mia discolpa.

“Credevo… fossero appunti. Non era mia intenzione…”

“Non era tua intenzione… ma appurato che non fossero appunti hai continuato a ficcanasare invece di contattarmi.”

Sbem. Mi aveva scoperto con una semplicità da far schifo ed io me ne restavo lì come un babbeo a boccheggiare.

“Dalla volta in biblioteca è passato più di un mese, eppure quel giorno il blocchetto l’avevi notato benissimo.”

Ero totalmente mortificato, la gola asciutta e la voglia di vivere che moriva ad ogni sua parola. Mi strinsi nelle spalle ed abbassai il viso mettendo uno stupido broncio, nemmeno fossi un bambino piccolo, e annuii colpevole fissando le mie scarpe sbiadite. Dio che situazione terrificante, ma chi me lo aveva fatto fare di contattarlo? Avrei potuto essere a casa mia a studiare e mangiare patatine, invece ero lì a sorbirmi il richiamo legittimo di quel ragazzo.

“Però devo ammettere che quel motivetto non era niente male. E che avevi una bella voce mentre cantavi, nonostante bisbigliassi.”

Sgranai gli occhi incredulo, non potevo immaginare che Yoongi potesse dirmi una cosa simile, eppure l’aveva fatto ed io stavo arrossendo vistosamente.

“Alza quella testa, non voglio mica ucciderti. Se vuoi puoi tenere quel block notes, buttalo se ti va, a me non serve.”

Fece spallucce e continuò a fumare come se nulla fosse, mentre io prendevo coraggio e lo guardavo con un rossore in viso tanto intenso da sembrare una lattina di coca cola. Però ero ritornato nuovamente felice: non solo avevo finalmente visto quel ragazzo, potevo anche tenere il suo taccuino! Per una volta ero stato graziato.

“Immagino tu abbia anche letto le scritte nel libro, hm?”

“Ecco… quelle sono davvero state inevitabili. Mi chiedo solo cosa fossero. Sono frasi stupende e mi sono permesso di cercarle su Google, ma non ho mai trovato nulla…”

Mi guardò con sorpresa e un guizzo nei suoi occhi glieli illuminò scacciando via quel velo malinconico che li contraddistingueva. Si umettò le labbra con la saliva ed io deviai lo sguardo in preda ad una folle tachicardia. Il mio corpo rispondeva a degli ordini invisibili dettati da chissà quale legge, semplicemente agiva a seconda delle azioni di Yoongi, a seconda delle sue parole, a seconda dei suoi sguardi, a seconda addirittura dei suoi respiri. Si azionava in un battito di ciglia ed io, vittima di me stesso, mi ritrovavo in preda ad un infarto, imbarazzato fino alle radici dei capelli, rilassato o teso, piacevolmente sconvolto o terribilmente ansioso.

Ma la cosa che più mi lasciò basito fu il notare il ghigno di Min Yoongi a quel mio imbarazzo innaturale. Lui aveva notato a sua volta. Lui aveva capito perfettamente cosa la mia testolina bacata stesse elaborando e ghignò scoprendo appena i denti, mentre l’angolino destro delle sue labbra si spingeva soddisfatto verso l’alto e lo zigomo si riempiva, sporgendo in un movimento bellissimo.

“Sono mie. Ci credo che non hai trovato nulla su internet.”

Forse fu quella realizzazione, forse fu l’associare a quelle frasi meravigliose un volto ancor più meraviglioso, forse fu per una strana casualità del mio destino, ma giurai a me stesso che il mio cuore cominciò a battere una melodia diversa.

 Il mio filo rosso era finito in quella immensa matassa fatta di dubbi e insicurezze, aveva perso la strada e se ne restava là, al centro di quel labirinto infinito con quella matassa di fili che seguivano ognuno la propria strada. Quale avrei dovuto seguire?

Poi riconobbi un filo. Quel filo dello stesso colore delle emozione che le frasi di Yoongi mi suscitavano e decisi che seguire quel filo dalle tonalità limpide e trasparenti come il mare e colorate come un prato di fiori non sarebbe stata una cattiva idea. Così lo afferrai, lo afferrai forte e sbrogliai quella matassa che mi aveva in pugno.

Alla fine di quel labirinto c’era lui. Min Yoongi di spalle che attendeva, come tutte le altre mete alle uscite del labirinto, il mio arrivo.

Abbassai lo sguardo e quando lo rialzai Yoongi era lì, a sorridere del mio rossore scemo, ignaro che stessi stringendo il suo filo trasparente ma pieno di sfumature così forte da farmi male.

“Perché arrossisci in questo modo? Non ti sarai innamorato di me!”

E alla fine decisi che sarebbe stato giusto seguire le sue spalle ed uscire da quel labirinto. Seguirlo mentre il mondo intorno a noi si riempiva delle sue parole, si colorava di scritte e il mio cuore si beava della loro bellezza fino a scoppiare.

“Ti piacerebbe.”

Risposi ridacchiando e scuotendo la testa, lui ricambiò la risata e accartocciò la sigaretta nel posacenere. Ogni suo gesto mi appariva leggero e vitale e anche se l’avevo appena conosciuto, grazie a quelle parole sparse nel libro potevo dire con certezza di conoscerlo più a fondo di qualsiasi suo altro amico.

Un’ora era trascorsa rapida come le bici che sfrecciavano la sera sul ponte e noi non avevamo più smesso di chiacchierare.

Min Yoongi era quella tipica persona opposta a me: troppo calma, troppo silenziosa, troppo privata, troppo bastarda, troppo tagliente, troppo intima. Eppure la sua calma si intrecciava alla perfezione con la mia vivacità, i suoi silenzi si sgretolavano benissimo con le mie risate calde, la sua privacy si lasciava tranquillamente violare dalla mia curiosità, la sua bastardaggine riempiva i miei disappunti, le sue parole taglienti mettevano a freno con semplicità ogni mia azione ed in fine la sua intimità modellava perfettamente la mia superficialità.

Eravamo nati per consumare le nostre esistenze insieme, e di questo sentivo di non esserne sicuro soltanto io. Lo capivo dai suoi modi e dai suoi sguardi, da quel sorriso scemato nel vedere Hoseok raggiungerci e intimargli di dover andare via.

Ci salutammo con una semplice stretta di mano e quando sfilò la sua dandomi poi le spalle, sul mio palmo era comparso un foglio ripiegato.
“Mentre sono su questo vuoto e caldo palco
Temo il vuoto, senza saperne il perché
Dietro di me le mie emozioni sono complicate
Vivere in una crisi esistenziale
Ho solo preteso di essere schietto a riguardo.
Non è la prima volta che fingo, legherò con la finzione
Provo a nasconderlo ma non riesco
Mentre il palco si raffredda
guardo i posti svuotarsi.”

Questo è il mio numero, fatti sentire. Yoongi.
 
 
*
 

È buffo come il tempo trascorra così velocemente quando si sta bene e si è in buona compagnia. A distanza di un anno da quel nostro incontro, posso dire che sono cambiate diverse cose nella mia, nostra, vita.

La prima è che adesso ho una compagnia di amici completamente fottuti.

La seconda è che adesso Yoongi sorride molto di più.

La terza è che gli ho fatto capire che Namjoon non rappresenta un ostacolo al suo sogno, ma che invece sia un prezioso amico con il quale confrontarsi.

E la quarta è che adesso nel mio letto non ci dorme più Taehyung, ma il mio ragazzo.

Me ne sto poggiato al muretto in penombra nel retro del piccolo palco, attendo che la solita serata del giovedì notte si animi nel piccolo lato ovest dell’università che non viene utilizzato e che da anni ormai ospita un locale all’aperto con tanto di palco e pista da ballo.

Yoongi mi stringe tra le sue braccia sottili e preme il mio corpo contro quel muro che sfrega la mia pelle sotto la maglia, incurante di farmi male. È sempre la stessa storia prima di una serata: la tensione lo assale e la paura di sbagliare e non piacere lo devastano. Quindi io sono l’unico calmante che realmente lo rilassa e quando le sue labbra si scontrano con le mie, posso avvertirne la dolcezza sprigionarsi incessante.

I baci e le carezze di Yoongi prendono piede nel mio essere sin dalla prima volta, mi fanno stringere quel filo trasparente più forte che mai e mi trasmettono tutto ciò che di bello nell’universo c’è. Adesso mi abbraccia, mi culla innamorato e nasconde il viso arrossato nell’incavo del mio collo.

“Adesso chi è che arrossisce, eh?”

Lui sbuffa e mi intima di tacere, il Min Yoongi imbarazzato è certamente uno dei miei preferiti, quindi lo coccolo io questa volta, almeno finché non sono costretto a lasciarlo per farlo salire sul palco. Hanno dato vita a questo duo, lui e Namjoon e devo ammetterlo: hanno un discreto successo. Così mi mobilito e cerco gli altri nella folla già esaltata, mi unisco a loro e la serata prende vita, balliamo e ci spingiamo, urliamo ubriachi e felici, e sicuramente tra di noi c’è chi domani avrà un esame per il quale sta sputando l’anima, chi sta pensando di scoparsi la tipa dalla gonna troppo corta, chi è così ubriaco che non pensa a nulla, chi si è appena lasciato e chi invece ha trovato l’amore, ma quello che più di ogni altra cosa so, ha appena mosso dei passetti timidi sul palco, stringe il suo microfono e lascia partire la base.

È la prima volta che Yoongi presenta un suo solo e Namjoon riempie egregiamente di cori quel testo che è la soluzione ai problemi del mondo. Resto fermo in mezzo a quella folla scatenata che canta appresso al mio ragazzo e ripenso a quel libro che ormai non mi serve più ma che mi è servito a prendere un ventisette bello pieno all’esame, ripenso alla prima citazione che lessi e a quell’emozione sconfinata che non avevo idea potesse trasformarsi in amore.

E adesso ho una nuova frase da aggiungere alla mia collezione personale, anzi, ho una canzone intera da poter trascrivere. Mentre penso a questo, Yoongi salta e urla su quel palco, riempie le nostre menti e devasta quel piccolo squarcio di mondo; non potrei essere più felice di così.

Le luci ci illuminano e il puzzo di erba e alcolici si diffonde nell’aria, c’è una matassa di fili che continua ad intrecciarsi su quella pista ed io sono in mezzo. Eppure so che mi basterà sollevare lo sguardo e cercare il suo, per trovare la mia uscita.

 
“Se non puoi tornare indietro, allora supera i tuoi sbagli e dimenticati di loro
NON FA NIENTE,
 non è facile, ma scolpisci questa frase nel tuo petto
Se senti che stai per scontrarti allora accelera
Tu idiota, forza
NON FA NIENTE, NON IMPORTA
Non importa quanto la strada sia spinosa, tu corri
NON FA NIENTE, NON IMPORTA
Ci sono così tante cose al mondo su cui tu non hai potere
È meglio che tu non ci dia peso, non importa
Se hai il presentimento che stai per schiantarti, allora accelera idiota
NON FA NIENTE, NON IMPORTA
Siamo troppo giovani e immaturi per rinunciare, idiota
NON FA NIENTE
Se hai il presentimento che stai per schiantarti, allora accelera idiota
Se hai il presentimento che stai per schiantarti, allora accelera idiota
NON IMPORTA”







Non sense:
Sono tornata con una nuova one shot ^^
L'idea mi è venuta in mente la settimana scorsa proprio mentre una mia collega comprava un libro da una ragazza del terzo, così mi sono detta "perché no?" ed eccomi qui.
Non ho molto da dire, spero che vi possa piacere e spero che troviate carina l'idea di inserire le strofe di Yoongi come sue frasi nella storia.
Spero mi farete sapere con qualche commentino, io sono sempre felice di riceverne ^^
Ho creato un mio account su Wattpad, se volete seguirmi anche lì, vi lascio il link.

https://www.wattpad.com/user/GraceArashi17
Passate una buona serata, e Forever Young è stupenda <3
A presto,
Grace
   
 
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