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Autore: Final_Sophie_Fantasy    20/04/2016    3 recensioni
Il Fato creò gli Dei; gli Dei l'Universo. La pace saturò in guerra; la guerra frantumò mondi e li convogliò in una dimensione. Un ciclo destinato a durare in eterno, Armonia e Discordia in lotta tra loro. Guerrieri convocati per porre fine al conflitto. Al tredicesimo ciclo, lo scontro sembra giungere al termine con la sconfitta della Discordia. Ma poiché senza l’ordine non si distinguerebbe il caos, senza quest’ultimo il primo cesserebbe. Così Shinryu tornò a purificare i guerrieri, invocati di nuovo a combattere al fianco dell’Armonia e della Discordia. Ma questa volta agli Dei è sfuggito qualcosa… o qualcuno…
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Aggiunta Copertina
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Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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« COSMOOOOOSS!!!!  »
L’urlo del Dio squarciò il Baratro dal cielo fino alle sue radici più profonde. I quattro pugni del mostro furono sbattuti violentemente per terra, creando un terremoto che scosse l’intero piazzale, crepando la pietra dura.
Chaos guardò il pietrisco frantumato nei suoi palmi, la roccia sotto di lui ricomporsi; fu preso da una rabbia ancora più cieca. Strinse i pugni, polverizzando anche il più piccolo dei sassi, rivoltò la testa cornuta indietro, aprendo le zanne in un ruggito bestiale.
Vide il suo trono viola davanti, sopra un minimo rialzo. Si alzò in volo, sbattendo le ali. Incrociò le quattro braccia sul petto, richiuse le membrane sul suo corpo, raccolse ogni sua energia. Poi, con uno scatto improvviso, rivelò il suo ventre. Aria e fuoco si sprigionarono dall’interno del suo corpo, convogliarono in un raggio di vasta estensione, distrussero lo scranno.
Il Dio della Discordia guardò il trono cadere blocco dopo blocco per terra. Quando fu solo un relitto, s’abbassò per tornare a toccare il terreno. Non si preoccupò affatto… si sarebbe ricomposto in meno di un giorno.
Garland aveva guardato la scena nel completo silenzio, occhi solo per la furia del suo padrone. Ma quando lo vide rimanere fermo per almeno mezzo minuto, osò:
« Mio Signore… »
Chaos mosse violentemente la coda, minacciandolo e costringendolo ad indietreggiare. Si voltò di poco, giusto per vederlo appena con gli occhi fiammeggianti:
« Cosa!? »
Garland si ricompose e lo guardò, non temeva quello sguardo.
« Non c’è motivo di rimproverarsi per la sconfitta. Siamo ancora tutti in gioco, per quanto abbiamo perso dei preziosi alleati… »
« Preziosi alleati…!? » Marcò con stupore e odio il Dio mentre si voltava.
« Quella ragazza… » Continuò Chaos « … ha il potere del Drago Purificatore… Sai cosa vuol dire questo? »
Garland osò un passo avanti, sapeva con che carte stava giocando e lui poteva scoprire quella vincente:
« Sarà impedita, non le verrà concesso alcun potere! » Chaos lo guardò con interesse « Perché siamo noi in questo ciclo ad avere un vantaggio. »
Garland fermò il discorso, assaporando bene gli occhi bestiali del Dio, guardandone il corpo per metà rivestito di lava, per metà ancora con la sua forma originaria dei primi cicli. Sotto l’elmo sorrise, gustandosi tutta l’ansia muta che la divinità stava patendo, senza un solo lamento. C’era davvero qualcosa di animalesco in questo nuovo Chaos, mutato dai cambiamenti.
« Noi… » Disse improvvisamente il guerriero « … possiamo rendervi immortale… »
Una figura comparve dalla scalinata per il Baratro.
Chaos abbassò gli occhi sulla mano protesa in avanti del nuovo arrivato.
Lo scintillio, quel barlume oscuro, una luce che faceva cadere nel buio una stanza illuminata.
Garland sorrise ancora di più, soddisfatto dall’espressione più che basita del Dio:
« Possiamo rivoltare contro Cosmos le sue stesse armi… le sue mosse saranno le nostre. »
Sul volto mostruoso di Chaos, dopo diversi minuti, comparve un ghigno:
« Questo ciclo si rivela molto più interessante… »
« Il gioco è già iniziato, mio Signore, e anche se ne verranno a conoscenza, avranno il terrore di batterci in tempo. Ma noi siamo già un passo in più davanti a loro. Manterremo il distacco. » Disse il guerriero.
Garland poi si voltò verso il compagno che lentamente ritirava la mano, facendo sparire quella luce oscura:
« Ottimo lavoro, Golbez… »
Lo stregone tenne il capo chino e non rispose mentre la risata pazzoide del Dio gli feriva le orecchie.
 
***
 
Correva.
Correva.
Il pavimento sporco e scuro.  Il fuoco le faceva paura, così vicino. Percepiva ancora il suo calore istigarla a muovere le piccole gambe tremanti.
La neve era rossa in alcuni punti.
Era caduta su un’asse di una casa.
Aveva battuto il ginocchio e si era sbucciata i palmi di pelle debole e infantile.
Era arrivata un’esplosione, che aveva tirato giù un’altra abitazione, lei era caduta di nuovo per l’onda d’urto. Aveva gridato, tappandosi le orecchie come sentiva i proiettili di mostri robotici fischiarle sopra la testa. Si era rialzata, aveva corso. Aveva sbattuto contro alcuni abitanti in fuga, cercando di stare in piedi nel marasma di gambe che le parevano senza padrone. Era uscita viva e subito aveva avuto davanti un secondo mostro robotico. Aveva sparato un colpo contro quella folla in fuga. Le urla si erano spente. Lei aveva rilasciato un gemito, era scappata in mezzo alle gambe enormi della bestia in ferro. Ne aveva viste altre, intorno, e pure soldati in divise rosse e armature nere.
E lame, tante lame, che dall’elsa sputavano fuoco.
Solo i draghi sputano fuoco…
 
Era arrivata alla piazza, distrutta. Corpi ovunque. Soldati cattivi in ogni angolo a gridare parole che lei non capiva.
Un mostro robotico le era passato accanto, rischiando di calpestarla.
Un’altra esplosione e la fontana dove andava a giocare con mamma e i suoi amici fu ridotta in frantumi. Era caduta in ginocchio, tappandosi gli occhi, gridando. Ma non piangendo. Non trovava le lacrime per farlo. Non capiva. Non capiva niente, niente.
Aveva freddo, aveva paura del fuoco, voleva la neve.
 
Poi lo aveva visto.
Il Lupo Nero.
La bestia senza occhi in cui guardare, un predatore che non potevi riconoscere, che non potevi sapere cosa provava quando ti fissava in agguato.
Ma era stato un cacciatore stolto, non era stato capace di cogliere l’occasione di vittoria. Aveva abbassato la lama sottile, le aveva ringhiato e si era voltato, ululando ai suoi compagni di branco di cercare ancora col loro fiuto letale.
L’aveva lasciata nella piazza.
 
Dal cielo erano arrivati i draghi. Avevano incendiato lo spiazzo, avevano scacciato i lupi, avevano sciolto la neve.
Ma lei sapeva che papà non era con loro nei cieli… era caduto, lo avevano preso e bloccato nel terreno. E la mamma era rimasta indietro. I suoi amici dovevano essere a dormire nelle loro case.
Perché i grandi litigano così tanto? Perché fanno questo? Non si picchiano le persone, si abbracciano e si salutano… perché bisogna picchiare gli amici? Io non picchio mai…
Guerra.
Lei non conosceva questa parola.
La vedeva e sentiva, ma non avrebbe mai creduto che potesse anche avere un nome.
Era caduta per terra, in un angolo, coprendosi con delle assi ancora intere. Aveva guardato i draghi ruggire nel cielo, lì dove ormai suo padre non l’avrebbe più portata in sella alla sua cavalcatura. E quando sarebbero tornati, la mamma avrebbe dovuto rimproverarlo perché era pericoloso, ma il profumo dell’arrosto avrebbe risolto tutto. Gli amici sarebbero comparsi alla sua finestra, lei avrebbe guardato sua madre, un suo sorriso, una battuta di suo padre e sarebbe corsa fuori a giocare.
Casa.
Guerra.
Bianco e nero.
Una lacrima  aveva bagnato le piccole squame sulle gote. Aveva stretto il codino in mano, si era rannicchiata. Aveva visto il buio.
 
“Ricordi?”
Sì, io ricordo…
 
***
 
Glush…
Glush…
Glush…
Un vento tiepido sibilava dolce nell’aria.
Non c’era più alcun rumore. Non c’era più alcun odore. Nessuna fatica, nessuna rabbia. C’era pace, c’era silenzio… nella sua testa.
Nella memoria tormentata da sprazzi di ricordi, riusciva a trovare tranquillità.
Aprì gli occhi, li chiuse, buio e luce s’alternarono diverse volte fino a quando non fu capace di distinguere colori e contorni sfocati.
Il cielo nuvoloso era chiarissimo, le nubi scure si erano ritirate in alto.
Rimase così, a guardare un vuoto continuo, senza alcun pensiero in testa, scoprendo che non aveva nulla su cui rimuginare. Nessuna domanda, nessuna risposta, nessun giudizio, nessun complimento da farsi. Il color acquamarina dei suoi occhi era vago, spento.
Mosse una mano istintivamente portandola al ventre. Ma quella ebbe un crampo che la fece gemere e l’arto si bloccò contratto sulla sua pancia. Ansimò per non muovere altro e peggiorare il dolore. Poggiò la testa indietro e lasciò ogni lamento a sé stesso.
Sentì il contatto con una pelle morbida e calda.
Abbassò lo sguardo, inclinando un poco la testa.
Yuna era in piedi accanto a lei, una mano poggiata sulla sua dolorante. Aveva gli occhi chiusi. Ginevra sentì i nervi dell’arto distendersi dal loro intorpidimento, rilassarli e distenderli. Fu scossa da una sensazione di sollievo e poté sospirare con consolazione.
« Grazie… » Disse con voce talmente bassa che si fece pena da sola.
L’Invocatrice le rivolse i suoi iridi blu e verde con un sorriso e la sua voce era molto bassa… o forse era lei che la percepiva così:
« Sentivo che qualcosa era cambiato in questa convocazione. Ma non credevo che un tale richiamo potesse venire addirittura da uno di noi.  »
Ginevra era diventata seria e aveva abbassato gli occhi. Avrebbe voluto rispondere ma non sentiva le forze, né la voglia.
Bello essere pigri…, si rimproverò in testa.
Yuna le sorrise ancora più apertamente e scosse il capo, muovendo ariosamente il liscio caschetto di capelli bruni:
« Tranquilla, non volevo certo instaurare un dialogo oltremodo impegnativo. Per ora, hai bisogno di molto riposo e… »
« GYYYYN!! »
Entrambe le ragazze si voltarono per vedere due ragazzi arrivare in corsa vicino a loro.
Ginevra si rese conto solo in quel momento, quando ebbe girato il capo, che era stesa su una costruzione in pietra bianca, come un basso e duro letto che spuntava dal terreno. Ed in effetti Yuna l’aveva guardata dall’alto per tutto quel tempo. Ma la vide alzarsi da inginocchiata e lasciare spazio a due figure fin troppo famigliari.
Oltre alle due invadenti teste nel suo campo visivo, riuscì a scorgere il paesaggio del Santuario dell’Ordine.
Si trovava in una piazza determinata da pareti ovali e concave che coprivano in parte la visuale dal di fuori. Dentro la struttura presentava altri di quei ripostigli ma non scorse appena in tempo chi vi fosse.
« Bartz… Zidane… » Disse lei, stentando un sorriso.
Cercò di alzarsi almeno a sedere, ma la schiena scricchiolò e la fece gemere. Una mano scattante di Bartz la fece ristendere sulla pietra bianca:
« Ehi, stai giù! Non sei ancora in forma! »
« Sono contenta stiate bene… » Disse mentre espirava dal sollievo di sentire i muscoli di nuovo rilassati.
Zidane la guardava e lei, seppur con ancora la vista sfocata, distinse bene il livido sull’occhio del Jenoma:
« Ci vuole ben altro per tirarci giù! » Esclamò lui.
Lei ricambiò una risatina e Bartz si sedette comodamente per terra:
« Ma parliamo di te… allora, cosa ricordi? »
Ginevra sbarrò gli occhi offuscati, aprì di poco la bocca come se la parole fossero lì sul punto di uscire. Ma dalle labbra venne solo un:
« Ricordi…? »
Zidane si sedette pure lui:
« Beh, sì, dello scontro… ti ricordi di come hai combattuto? »
No… no era suo padre ad aver combattuto… almeno fino ad un certo punto… fino a quando aveva visto un drago cadere su una casa in fiamme.
« Io… ho combattuto? » Chiese.
Yuna si era fatta ancora più vicina mentre Bartz parlava con entusiasmo:
« Sì! Sì, tu! Sei diventata un drago, capisci!? Hai aiutato Yuna con il suo Manikin, hai salvato il Guerriero della Luce, hai sfidato Garland e Chaos stesso!! Sei riuscita a difenderti da lui! Da un Dio! »
Ginevra scosse il capo, strizzando gli occhi:
« Eh!? »
Non capiva…
Zidane intervenne, pressando su di lei con entrambi i due enormi occhi blu:
« E poi sei andata contro un nuovo Guerriero di Chaos che non pensavamo ci fosse! Hai combattuto da maestra! Poi… non è andata nel modo migliore, ma sei sopravvissuta! »
Bartz diede un colpetto alla spalla dell’amico:
« A proposito… come si chiama sto tizio nuovo? »
Zidane pensò, si grattò la testa, poi batté il pugno sul palmo della mano:
« Ah, già! Gaius van Baelsar! Lo chiamano anche il Lupo Nero! »
Ginevra sbarrò gli occhi.
La confusione tra passato e presente, tra mondo originale e nuova dimensione arrivò ad un ordine, capì, ricordò tutto come doveva essere. Lo scontro, il suo, le fu chiaro e vivo. La spada nel ventre, il ricordo di lui nella piazza in fiamme. Scattò a sedere:
« GAIUS!!!??? » Gridò.
La colse un improvviso malore, perse l’equilibrio, il mondo vorticò e si ritrovò con la faccia nel velo d’acqua del Santuario dell’Ordine. Yuna fu la prima ad intervenire e la prese delicatamente per le spalle, facendola stendere di nuovo sul suo ripostiglio:
« Ok, ragazzi, non stressatela… Tranquilla, Ginevra, và tutto bene… »
L’Au’Ra aveva la testa ciondolante, tornava a vedere doppio e sfocato alternatamente a momenti di lucidità. Le facce preoccupate di Bartz e Zidane le comparvero davanti:
« Ehi, Gyn! Scusaci! Tutto bene? » Fece il moro.
Zidane lo calmò:
« Sta buono, faccio io! Ehi, Gyn! » Lei cercò di guardarlo anche se al momento ne vedeva due di Zidane. Il Jenoma le portò davanti gli occhi tre dita e le chiese:
« Quante sono? »
Lei corrugò la fronte, gli elementi da enumerare sdoppiarsi e sfocare, così azzardò un numero:
« Sssei…? »
Zidane storse la bocca guardando l’amico:
« Beh, quasi… »
Bartz fece spallucce.
 
Si sparse un fischio nell’aria e i quattro si voltarono.
Ginevra aveva recuperato un minimo di salute dormendo per qualche ora. La vista era tornata, aveva parlato anche con qualche guerriero messo meglio degli altri che era andato a trovarla nei momenti di lucidità. Notava comunque che i rapporti non erano ancora fondati.
L’Au’Ra riuscì a portarsi seduta, poggiando di fianco la ben terza pozione che le veniva imposta per la ferita, oltre che ai due Elisir vuoti.
Boko sopraggiunse e frenò, scuotendo il capo.
Era probabilmente la prima volta dopo lo scontro che la bestia poteva trovare un momento di pace: le piume erano rovinate e scomposte, le zampe indolenzite e gli occhi stanchi. Bartz venne subito in contro al suo compagno e allo stesso momento, Guerriero scese dalle spalle dell’animale, porgendo la mano alla figura luminosa.
Cosmos rifiutò gentilmente il gesto, scendendo leggera a terra. Ma come i piedi furono sul velo d’acqua si vide costretta all’aiuto del suo prediletto poiché quasi cadde al suolo, mettendo in allarme tutti i guerrieri presenti. La Dea fu portata con attenta vigilanza del Guerriero fino ad uno dei ripostigli e lì lei si poté sedere con sguardo quasi rattristato per la situazione che stava instaurando. Arrivarono subito dopo Lightning, Cecil e Shantotto che avevano coperto le spalle al chocobo lungo la strada di ritorno dal campo di battaglia.
Tutti si guardarono con sguardi intenditori, ma in silenzio, fino a quando la Dea chiuse gli occhi e disse:
« Mi dispiace che mi debba presentare in questo modo davanti a voi… quando dovrei essere io a sostenervi… »
Guerriero le era al fianco, come una guardia del corpo, e rispose a nome di tutti:
« Non era scontato che tornassimo tutti quanti completamente indenni… questo non escludeva nemmeno te. »
Cosmos distolse lo sguardo da lui, ma negli occhi luminosi si intendeva la nota di ringraziamento.
 
Tidus mise una mano sulla spalla di Cecil e il Paladino si voltò per guardarlo. Il ragazzo era serio.
Tidus era sempre stato uno spirito animato, scalmanato  e testardo come un bambino, forte come un campione ma dolce e tenero quando si presentava l’occasione… e forse anche un po’ stupido ogni tanto. Rare volte lo aveva visto così serio. Solo quando affrontava argomenti personali, cioè che riguardavano sempre suo padre, il Blitzballer assumeva quello sguardo. Quella situazione non rientrava certo nell’ambito famigliare, eppure quegli occhi c’erano.
Cecil allora capì che quella situazione era ancora più seria. Svelare le sue conoscenze così davanti a tutti comportava dei rischi: avrebbero potuto perdere la situazione di mano. Ma nessuno era ancora cosciente del suo segreto, tranne Tidus, nessuno gli sarebbe stato a fianco, lui che aveva sempre contato sugli amici. Ma se i suoi compagni erano tali, sicuramente l’avrebbero capito.
Così prese respiro e con passo deciso allontanò la mano del compagno dalla sua spalla e si avvicinò al centro.
Cosmos intese subito le intenzioni del suo guerriero e si preparò già da subito a tenere discorso. Quando il Paladino fu di fronte alla Dea con sguardo indecifrabile da quanto duro, lei disse:
« Tieni qualcosa di grande in te. Ti ascolto. »
Cecil chiuse gli occhi, sentendo l’attenzione di tutti precipitargli addosso:
« Comprendo bene che la notizia che vi sto per riferire, mia Dea, sarà più terribile che sorprendente. Vi chiedo perdono per la mia impazienza, ma tenere una scoperta così grande solo per me stesso sarebbe inaccettabile. » Fece una pausa « Sono venuto a conoscenza… no, ho visto con i miei stessi occhi, che i Guerrieri della Discordia sono stati abilitati di una nuova forza in questo ciclo. Una forza che un tempo credevamo di possedere solo noi. » Vide gli occhi della Dea e si preparò a vederli incrinarsi « I Cristalli. »
Ascoltò le esclamazioni incredule di tutti, sorbendo tutto come fosse una punizione… dal’altronde era suo fratello il primo ad aver toccato tale potere avverso.
Pur conoscendo la risposta, si chiese perché mai.
Si consolò e stupì allo stesso tempo di vedere lo sguardo della Dea immutabile, fosse anche che nascondeva tutto dentro le fu riconoscente.
« Non è possibile! » Sbottò Lightning, sovrastando tutti con il suo tono stupito e già isterico.
Guerriero mise tutti a tacere con la domanda:
« Come fai a saperlo per certo? Non può essere stato un errore? »
Cecil lo guardò, sapendo benissimo che i suoi occhi nel profondo provavano una terribile tristezza:
« Il segreto dei Cristalli… solo chi è sicuro di sé stesso, chi si riconosce e sa difendere la propria personalità… chi consoce il suo obbiettivo e il suo volere… solo coloro che sono così posso trovare la luce del Cristallo. Mio fratello è arrivato in questa dimensione ormai ben conscio di ciò che voleva, conosceva i suoi obbiettivi, conosceva tutto alla perfezione… io sono stato la chiave di tutto, come in passato. Ha trovato il suo Cristallo, un Cristallo dell’Oscurità, benché le sue intenzioni  non lo richiedessero. »
Guerriero era esterrefatto e abbassò lo sguardo già immerso nei suoi pensieri.
Cosmos pure aveva smesso di fissarlo, raccolta probabilmente in riflessione.
Quel silenzio fu un’ottima occasione perché i vari guerrieri riprendessero i loro dibattiti che dopo pochi minuti si fecero sempre più accesi, sfiorando il litigio e la contesa.
La situazione precipitava inesorabile dalle mani di tutti, nessuno sembrava intenzionato a lasciare la propria opinione e il proprio panico per ristabilire il tutto.
Cosmos, tra i suoi pensieri, alzò puramente senza motivo verso un punto lontano, incrociando un dolce volto coperto di squame.
 
Ginevra guardava tutto senza comprendere.
Conosceva la loro storia, sì, ma perché tutti sembravano improvvisamente instupiditi? Invece di cercare una soluzione erano finiti a dibattere sul peggio del peggio, aumentando soltanto il loro panico.
Non seppe perché, ma trovò tutto quello terribilmente infantile, tanto che le venne una sensazione di nervoso nello stomaco.
Potrei rimettere Elisir e pozioni tutte insieme se non la smettono…
Così s’alzò, percependo con rivoltante fastidio la ferita sul ventre. Tenendo una mano sulle bende sotto il vestito, zoppicò fino ad un angolo dove tutti potessero vederla.
« Ehi! » Disse, ma la sua voce non raggiunse nessuno.
« EHII!! » Urlò, sforzandosi al massimo.
Calò un azzardato silenzio e dovette battere la soggezione e l’imbarazzo per prendere parola:
« Ehm… ehm… » Lightning aveva già occhio omicida per l’interruzione provocata « Ascoltatemi, potrò essere stupida e ingenua, perché so veramente poco della vostra storia… però… però ce l’avete sempre fatta, giusto? Avete sempre battuto ogni difficoltà, vi siete sempre fatti coraggio. Esiste la speranza, no? Ne avete sempre avuta e ora che ne dovete possedere di più, la dimenticate… non è una cosa… idiota? Le discussioni non portano a niente, litigare non serve, crea solo scompiglio e aumenta la paura. Io credo che si possa fare qualcosa… no, no, dobbiamo fare qualcosa. Perdere fede in tutto proprio adesso non ha alcun senso. Se siamo qui per lottare, facciamolo! Potrebbe essere un ultimo sforzo richiesto prima di tornare definitivamente a casa… non lo sappiamo, ma si continua a credere. »
Non voleva credere che negli sguardi degli altri guerrieri riuscisse a scorgere una nota qui di stupore, là di consenso, più in là ancora di dubbio. Però aveva cambiato qualcosa nei suoi compagni e questo bastava a soddisfarla.
Cosmos si alzò alle sue spalle e con volto più luminoso annuì:
« La vostra compagna ha sicuramente molta più dote di quanto credessi. Ascoltate le sue parole, guerrieri, sono veritiere. Tutti voi avete visto i suoi poteri e ora ci dimostra anche una grande forza d'animo che è capace di spingerti tutti più avanti. Accogliamo questo suo sforzo e facciamo rinascere una speranza. »
Ginevra sorrise come vide Guerriero consentire e alzare la voce per iniziare un discorso ai compagni.
Gonfiò il petto e il sorriso si fece ancora più radioso quando Bartz e Zidane la acclamarono dal fondo del gruppo.
 
Kain guardò i guerrieri radunarsi, i discorsi accendersi su argomenti privi di ansia o paura. Guardò Ginevra, soddisfatta, il sorriso sulle labbra, gli occhi di una bambina piena di gioia come riusciva a vedere consenso nei compagni.
Quanto ancora era infante quella ragazza?
Si chiese ancora per la millesima volta come fosse stato così buono di cuore da lasciarla convincerlo.
Incrinò la bocca in un sorriso.
Sentiva la sua presenza svanire. Il lavoro a cui era stato costretto era fatto. Ginevra sembrava averlo dimenticato.
Ma nonostante tutto era contento che la piccoletta fosse riuscita ad ottenere un minimo di dignità.
Si staccò dalla parte, sciogliendo le braccia conserte lungo i fianchi. Sfilò la lancia dal terreno.
Guardò un’ultima volta indietro, al sorriso di Ginevra.
La salutò.
Saltò per sparire nelle nuvole.
 

Salveeee!
Scusate, scusate, scusate, scusate, scusate (x10000) l'immenso ritardo di qualche mese ma... non mi dilungo. Vi dirò soltanto che ho troppe robe. Punto. 
Questo capitolo l'ho iniziato a scrivere tempo addietro e l'ho finito appena adesso. Immaginate voi lo sforzo disumano (esagerata). Lo spunto viene a meno, scrivi male, viene fuori schifezza. Perdonate la reazione orribile di Cosmos e il suo ancora più orripilante discorso alle parole di Gyn, migliorerò il capitolo appena posso, ma non potevo non aggiornare dopo tanto tempo (mi mancava). Dunque, dimenticate le sue parole e sappiate solo che Ginevra si sta facendo le ossa tra le file dell'Armonia.
E poi ci sono i Cristalli dell'Oscurità... ma non ho molto da dirvi, dato che Cecil ha già spiegato tutto (bravo ragazzo u.u). Li ho inseriti principalmente perché giocando a Dissidia mi sono chiesta: ma perché Armonia sì e Discordia no? Ecco, ora sono pari.
Al prossimo aggiornamento più o meno vicino!
Byeee!
   
 
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