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Autore: catstaringathesea    21/04/2016    0 recensioni
"...Ma io sono sempre ansiosa, nervosa, preoccupata, piena di paure e timidezza. Non sopporto mai nessuno, mi arrabbio per tutto e sono insopportabile. Ma quando sono con te, mi sento così in pace, felice, tutte le ansie, i problemi, le preoccupazioni vanno via, e il mondo sembra migliore, quando mi sorridi, mi fai il solletico e mi stringi, e mi raggomitolo su di te. Quando siamo insieme ci siamo solo noi, il nostro amore, i nostri respiri, le risate e i sorrisi; ecco, quando sono con te, io, mi sento completa."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Domenica 7 febbraio, ore 14:54.

Penso notte e giorno a quegli occhi, quei maledetti occhi marroni che mi perseguitano.

Lunedì 8 febbraio, ore 16:28.

Rileggere vecchie conversazioni e sorridere; concepire che non tornerà mai e piangere.

Martedì 9 febbraio, ore 21:17.

È successo davvero, siamo diventati degli estranei, quando prima eravamo l'amore.

Mercoledì 10 febbraio, ore 18:15.

Vienimi a cercare e dimmi che senza di me non puoi stare...

Giovedì 11 febbraio; ore 1:01.

Penso sempre a te prima di addormentarmi. Le parole che mi hai detto, come apparivi. Le cose di cui abbiamo riso, i momenti di silenzio che abbiamo condiviso. E quando sogno, sogno te. Perché sei tu, sempre tu.

Venerdì 12 febbraio, ore 4:59.

Se un giorno tornerai, sappi che ti sto aspettando. Ho perso l'occasione di dirti, forse per l'ultima volta, una cosa molto semplice: ti amo. Forse è tardi, ma voglio che tu lo sappia.

Sabato 13 febbraio, ore 23:23.

Ciao. Anzi, buonasera. Tra di noi non è rimasto nulla. Solo tanto vuoto. Cosa ci ha portati a essere così estranei? Un soffio di vento ci ha fatti incontrare e un altro è bastato per staccarci?

Domenica 14 febbraio, ore 9:12.

Will you be my Valentine?

Fissai con aria indifferente il messaggio. Mi limitati ad alzare un sopracciglio, più stupita del fatto che sapesse scrivere una frase di senso compiuto in inglese che per altro. Mossi il dito sullo schermo del cellulare, e rilessi tutti i messaggi che mi aveva mandato in quella settimana. Una vocina mi fece notare che doveva essere la quattrocentosessantottesima volta che li riguardavo, ma io la ignorai.

Feci una smorfia di disgusto. Davvero pensava di riconquistarmi con qualche frase scopiazzata da Tumblr? Almeno poteva sforzarsi e scriverle personalmente. Nonostante tutto, però, una piccola, piccolissima parte di me apprezzava il pensiero. Misi giù il cellulare e mi stiracchiai. Mi ero appena svegliata e, dato che la notte precedente mi ero dimenticata di chiudere lo scuro della finestra di camera mia, una tenue luce azzurrina penetrava attraverso il vetro. Mi risistemai sotto le coperte in posizione fetale e strinsi a me il cuscino. La luce del cellulare mi abbagliava, ma non potevo fare a meno di rileggere quell'ultimo messaggio. Era san Valentino, e a quanto pareva voleva festeggiarlo con me. Forse aveva solo scelto una ragazza a caso nella sua rubrica, per non rimanere solo proprio quel giorno, e la sorte aveva eletto me come vittima. Per la prima volta da molti giorni fui tentata di rispondergli. Qualcosa di sgarbato e sarcastico, forse. Iniziai a muovere i pollici sulla tastiera.

"No, non sarò la tua Valentina. Se vuoi puoi chiedere a qualche ragazza con quel nome di essere "tua" - avrai l'imbarazzo della scelta - o, se proprio non ne trovi nessuna, puoi sempre chiedere a tuo fratello. Il nome ce l'ha già, quindi sarebbe perfetto, no?" premetti invio. Dopo nemmeno venti secondi rispose.

"È questa la ragazza che amo."

"Tu non mi ami."

"Se oggi non esci con me non lo scoprirai mai."

Tentennai. Non volevo dargliela vinta così facilmente, ma d'altronde mi sentivo così sola... Non avevo voglia di passare, per l'ennesimo anno di fila, un altro giorno degli innamorati così deprimente.

Feci un respiro profondo e pensai a cosa rispondere. In fondo non c'era niente di male ad essere amici, no?

Almeno non sarei rimasta tutto il giorno in casa, guardando il soffitto e riempendomi di cioccolatini. Appena mi ero decisa a rispondergli, però, mi arrivò un altro messaggio.

"Ti prego, ho bisogno di vederti."

Stupita, sbattei le palpebre. In quei giorni avevo ripensato alla nostra storia, e mi ero resa conto che erano più le volte in cui mi aveva fatta soffrire di quelle in cui ero stata felice; quindi, ero arrivata alla conclusione che, forse, non fosse vero amore. Io ero innamorata di lui, ma c'era un'enorme differenza tra l'essere innamorati e l'amore, quello vero. L'amore è fondere le proprie anime in una sola. È completarsi a vicenda. L'amore è sostenersi, sfogarsi, rassicurarsi e darsi conforto nei momenti difficili. L'amore è risate spontanee, abbracci inaspettati, sguardi carichi di milioni di significati. L'amore è essere felici, essere felici insieme. Dimenticarsi di tutti i problemi, delle liti, delle incazzature, dei nostri sbagli. L'amore esiste, eccome se esiste. L'amore è la forza più grande del mondo. Ma io, non c'era bisogno che me lo nascondessi, mi rendevo conto che qualcosa di così grande non c'era mai stato tra noi. Quell'amore che spacca le pietre, che arriva oltre i confini dell'universo, che è più forte di qualsiasi altra cosa. Forse all'inizio sembrava tutto perfetto, farfalle nello stomaco, sorriso stampato in faccia dalla mattina alla sera, euforia che scorre nelle vene. Poi, però, sono sorti i primi, inevitabili problemi. Forse non eravamo fatti l'uno per l'altra. Oppure lo eravamo, e le cose dovevano semplicemente andare così. Forse non eravamo destinati ad avere un amore perfetto. Ma la domanda era, esisteva davvero un amore perfetto? Il nostro era comunque amore. Una specie di amore. Un po'ingarbugliato, strano, complicato, ma lo era. in quel momento, distesa sul mio letto con la luce del mattino che mi rischiarava la pelle, ne fui più sicura che mai. Così gli scrissi "ok", un semplice ok, un "vediamo come va". Per mettere le cose in chiaro, poi, aggiunsi un "dobbiamo parlare".

Qualsiasi fidanzato avrebbe tremato davanti a una frase del genere, ma quella era diversa. Era un "cerchiamo di aggiustare le cose". "Riproviamo".

Non so cosa mi fosse preso. Forse l'amore nell'aria, lo spirito di san Valentino. Speranza. Non sapevo nemmeno io cosa stessi sperando; sapevo già che, molto probabilmente, tutto sarebbe stato inutile, vano. Forse ci saremmo allontanati ancora di più, fino a raggiungere un punto di non ritorno. Nonostante tutto, però, valeva la pena provare. Lottare. Anche se non sapevo per cosa.

Mi diede un orario, e decidemmo di incontrarci in un parco quel pomeriggio.

Quando mancavano dieci minuti all'ora prestabilita, uscii di casa e con il cuore in gola mi diressi al luogo scelto. Respiravo profondamente per evitare che la mia ansia mi mangiasse viva, ma appena fui abbastanza vicina da poter distinguere chiaramente due sagome sedute una di fianco all'altra su una panchina, mi bloccai di colpo. Il mio cuore mancò un battito. Di fianco a Giacomo potevo intravedere una lunga cascata di capelli biondi, che oscillavano riflettendo la luce del sole ad ogni movimento della testa. Incredula, fui tentata di tornare indietro, ma poi decisi di proseguire. Era giunto il momento di strangolarlo con le mie stesse mani.

Cercai di assumere un'andatura e un portamento dignitoso, da persona sicura di sé. Gonfiai il petto e tenni alto il mento, rivolgendo agli alberi attorno a me uno sguardo di superiorità.

Quando giunsi dietro la coppia, dopo essere stata investita da un'ondata di profumo spaventosamente fruttato, mi schiarii la voce per attirare la loro attenzione. La ragazza si girò per prima, e mi rivolse un'occhiataccia. Nella frazione di secondo in cui vidi il suo volto, il mio troia-radar impazzì. Rossetto bordeaux, quasi viola, fondotinta spalmato con badile e cazzuola, ciglia finte con mascara cementificato e guance così piene di fard da risultare arancioni. Ah, e una bella ricrescita di almeno due dita.

Nonostante il suo aspetto aggraziato ed elegante, ero consapevole che molti ragazzi l'avrebbero trovata sexy. Il motivo rimaneva un mistero.

Giacomo stava usando imperterrito il cellulare: evidentemente non si era accorto della mia presenza. Quando sentii il cellulare vibrare, lo estrassi e mi resi conto che stava scrivendo a me.

"Dove sei?"

"Dietro di te, idiota."

Mi schiarii la voce per la seconda volta e la ragazza, infastidita, sbottò: - Jack, mi spieghi che cazzo vuole questa?

- Complimenti per la finezza. - commentai sarcastica.

- Ma che vuoi? Vattene, non stare qui a fissarmi, sei inquietante!

- Fatti dare spiegazioni da "Jack". Io non mi muovo di qui.

Nel frattempo, Giacomo ci stava guardando allibito.

- Cos'è, non ti aspettavi che sarei venuta e hai chiamato la puttana di turno a farti compagnia? - lo accusai.

La bionda, indignata, spalancò la bocca (rivelando un disgustoso brillantino incollato su un dente) e guardò prima me e poi Giacomo, aspettandosi di essere difesa.

- No, no. Vieni qui, siediti. - mi disse lui.

- Jack, mi spieghi che cazzo sta succedendo?

- Smettila di parlare come uno scaricatore di porto, Cristo!

Lei incrociò le braccia sul petto e mise il broncio. Poi, d'un tratto, come se avesse appena avuto l'idea del secolo, guardò Giacomo con gli occhi spalancati e gli chiese, curiosa: - non avrai mica pensato a un threesome?

Entrambi la fissammo allibiti. Giacomo la ignorò.

Io ero seduta alla sua destra, e mi sentivo irrequieta. Non mi piaceva stargli così vicino; quella specie di attrazione, come una scarica elettrica, che c'era sempre stata tra la sua pelle e la mia stava iniziando a farsi sentire, e io dovevo cercare in tutti i modi di rimanere distaccata. Per mantenere un atteggiamento scontroso, lo attaccai.

- Hai un minuto per spiegarmi perché sono qui, chi cazzo è questa e che cazzo vuoi dalla mia vita.

Devo ammetterlo, il mio linguaggio era degno di una principessa.

- Wow, sono felice di sapere che sei contenta di vedermi.

- Ti restano solo cinquanta secondi.

- Tu sei esasperante...

- Non è questo che ti ho chiesto.

- ...Ed è uno dei motivi per cui mi fai impazzire.

A quel punto incrociai le braccia e lo guardai storto.

- Ok, ok, ho capito. - Si arrese. - È arrivato il momento di passare alle cose serie.

Si volse verso la ragazza, e ci presentò. Era Milù, la ragazza con cui si stava baciando nella foto che avevo visto sul suo cellulare. Sentii improvvisamente un peso sul cuore. Allora era tutto vero. Si erano incontrati, come desiderava lei, e chissà cosa avevano fatto insieme. Le sue intenzioni si capivano molto chiaramente dai messaggi che avevo letto sul cellulare di Giacomo, e all'improvviso un'immagine orribile mi si materializzò nella mente. Presi il mento di Giacomo tra le mie mani e lo obbligai a voltarsi. Poi, con voce rotta, gli chiesi una spiegazione.

- Perché mi hai fatta venire qui? Vuoi solo farmi soffrire? Tu lo trovi divertente, vero? Per te è tutto un gioco, come lo è sempre stato.

Per me, invece, non era altro che un'ennesima delusione. Non volevo piangere, anche perché avevo deciso che i miei sentimenti sarebbero dovuti rimanere imperturbati qualsiasi cosa lui avesse fatto o detto. Difficile convincere il mio cuore della stessa cosa, però. Lui, povero illuso, continuava a battere per quello stramaledetto ragazzo. Così, una lacrima mi scivolò lungo la guancia. Me la asciugai con rabbia e mi alzai, guardando i due con aria di disgusto. Lui non mi aveva nemmeno risposto.

- Aspetta, dove vai? - Giacomo mi scrutò con sguardo preoccupato.

- Me ne vado. Continuo a non capire cosa ci faccia io qui.

Mentre mi stavo voltando, però, mi afferrò una mano e mi costrinse a rimanere. Non mi girai, e concentrai la mia attenzione sui rami secchi degli alberi attorno, sui quali la brina si era ormai sciolta.

- Ti devo spiegare.

Sentii una presenza dietro di me, e due mani posate sulle mie spalle mi costrinsero a voltarmi di nuovo.

Mi trovavo a due millimetri dal naso di Giacomo, e il suo respiro investiva il mio viso. Chiusi gli occhi, per resistere alla tentazione di guardarlo.

- Vuoi sapere perché sei qui?

Annuii.

- Sei qui affinché io possa dimostrarti che sei l'unica, per me. Per dimostrarti che ti amo, solo te. Amo solo te. Guardami.

Schiusi un occhio. Nel frattempo Milù, che si era alzata, mosse un passo verso di noi con un'espressione imbufalita e iniziò a gridarci contro. Per evitare che mi spaccasse i timpani mi allontanai un po', confusa per ciò che avevo appena sentito.

- Cos'è tutta questa sceneggiata? - urlò, infuriata. - Mi hai fatto fare centinaia di kilometri per vederci, per provare a tornare insieme e poi dici a 'sta deficiente che la ami? Ma che problemi hai?

Giacomo le rivolse un sorrisetto divertito.

- Non ti ho fatta venire per rimetterci insieme. Ti ho fatta venire qui per mettere le cose in chiaro: tra noi è finita. Finita per sempre.

- E non potevi dirmelo per messaggio? Sai quanto mi è costato il biglietto del treno?

- No, e non mi interessa. Se te lo avessi scritto tu non mi avresti ascoltato, e avresti continuato a scrivermi sperando che io cedessi alle tue provocazioni. Provocazioni che Angelica, la ragazza qui presente, ha letto. E, dopo averle lette, mi ha lasciato per colpa tua.

- Io? Che colpa ho io, scusa?

- Hai la colpa di continuare, dopo tutto il tempo che è passato, a rompermi i coglioni. Non ci voglio stare con te, mi hai capito bene? Non mi piaci, e di sicuro non ho mai provato niente per te che fosse simile all'amore. Ora che lo provo, invece, per un'altra persona, devi lasciarmi in pace. Io non ti appartengo, hai capito?

- Sei uno stronzo! - Giacomo alzò gli occhi al cielo. - Mi avevi detto che avremmo potuto riprovarci!

- Invece no, mi dispiace. L'unico motivo per cui ti ho detto di venire è quello di dimostrare a lei, la ragazza che amo, che tra noi due è finita. Altrimenti non ci avrebbe mai creduto, e io l'avrei persa per sempre. Non è così?

Si girò verso di me e mi guardò negli occhi. Sì, era proprio così.

- Per questo mi hai chiesto di uscire? - chiesi in un sussurro.

- Sì, perché sei una zuccona testarda. Non mi avresti mai creduto, se non l'avessi visto con i tuoi occhi. Chiunque avrebbe tratto le conclusioni sbagliate da quei messaggi, e capisco perché tu ti sia arrabbiata.

- Mi fate schifo. - S'inserì la bionda.

- Anche tu mi fai schifo, ad essere sincero. - Le rispose Giacomo.

Indignata, prese la sua borsa firmata dalla panchina e se ne andò sculettando e maledicendoci.

Un po' mi dispiaceva per lei. Solo un po'. O forse no.

Eravamo rimasti solo noi due. Per il freddo iniziai a tremare e a sfregarmi le mani. Giacomo, notandolo, si avvicinò a me e mi riscaldò in un abbraccio. Tutto il freddo che stavo provando, sia fisicamente che dentro di me, se ne andò via. Appoggiai una guancia sul suo petto e mi lasciai cullare teneramente tra le sue braccia. Facevo ancora fatica a rielaborare tutto quello che era appena successo.

- Cosa stavi dicendo prima? - Gli domandai con un sorriso.

- Che amo solo te, forse?

- Sì, credo fosse quello.

- E tu?

- Io?

- Sì, tu. Mi ami ancora?

- Mah, non lo so. - Dissi con aria dubbiosa, ridendo sotto i baffi.

- Come posso fare per farti rinnamorare di me? - Dalla sua fronte corrugata si vedeva che era estremamente preoccupato.

- Non ce n'è bisogno.

Mi alzai in punta di piedi e, senza pensarci due volte, posai un piccolo bacio sulle sue labbra. Nello stesso momento, qualcosa di bagnato cadde sulla punta del mio naso. Guardai verso l'alto, e vidi che aveva iniziato a nevicare. Mi misi a ridere e a fare giravolte sul prato, che di lì a poco sarebbe diventato una distesa bianca. Iniziai a correre tra gli alberi, inseguita da Giacomo.

- Vediamo se mi prendi! - giridai.

A causa della mia scarsa atleticità, mi raggiunse dopo pochissimo. O, forse, ero stata io a volermi far prendere.

Nel momento in cui mi prese per i fianchi i nostri piedi si incastrarono e cademmo a terra, continuando a ridere nonostante le nostre giacche fossero zuppe di terra. Il mio petto si alzava e si abbassava velocemente, un po' per il fiatone e un po' per la gioia che stavo ricominciando a provare. Ci fu un attimo di silenzio, durante il quale ci guardammo negli occhi, scrutandoci bramosamente come se non avessimo aspettato altro da troppo tempo. Si sporse verso di me e mi baciò teneramente, prima piano, poi con più passione, come se dopo un lungo periodo di astinenza potesse finalmente avere la sua droga. Gli scoccai un breve bacio su una guancia, e poi ci alzammo. Ci avviammo verso casa, mano nella mano.

   
 
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