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Autore: Alwaysmiling_    21/04/2016    2 recensioni
Ino non capiva da cosa derivasse quella silenziosa intesa, però la apprezzava all’inverosimile. Le piaceva sapere di ritrovarsi con lui e di non essere giudicata, di poter parlare quanto voleva o di restare in religioso silenzio fino a che le stelle non avessero osato trapuntare il cielo. Capiva quanto profondo fosse il suo rapporto con quel ragazzo, che ora era cresciuto ed era diventato un uomo, e se ne compiaceva: la consapevolezza che lui si era fatto strada in lei e che adesso le stesse sottopelle la faceva sorridere.
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Due amici, compagni di classe e poi compagni di squadra che si guarderanno intorno per tanti anni, fino a che non arriveranno a comprendere che chi cercavano era proprio dietro l’angolo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ino Yamanaka, Shikamaru Nara | Coppie: Shikamaru/Ino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Desclaimers: I personaggi citati in questa storia non mi appartengono bensì appartengono al mangaka Masashi Kishimoto. Non è stata scritta a scopo di lucro o plagio ma solo per puro piacere personale.
Personaggi: Ino Yamanaka, Shikamaru Nara
Pairing: ShikaruxIno
Genere: introspettivo, sentimentale
Avvertimenti: nessuno
Note dell’autore: Buonasera a tutti, torno con questo mio primo esperimento su questa coppia. Personalmente sono tra quelle che credeva fortemente in loro, tanto che scoprirli con persone differenti alla fine mi ha lasciato parzialmente delusa. In ogni caso ho colto un momento d’ispirazione improvvisa per provare a cambiare quella che è la visione canonica di Kishimoto e spero possiate apprezzarla.
La storia non ha un’ambientazione definita, ecco perché non ho specificato il contesto. Diciamo pure che comincia dall’inizio e che si destreggia fino, e poco oltre, la Quarta Grande Guerra Ninja. Non temete non sono presenti spoiler, di alcun genere.
Spero possiate apprezzare il mio modo di scrivere e che qualcuno si fermi a esprimere un parere su questo esperimento.
Buona lettura.

Alwaysmiling_
                    
                                                 
 
Sottopelle

 
 
La parola panico, e tutto ciò che ne derivava, non era mai stata ammessa nel suo vocabolario. Quell’affannarsi nel pensare a tutti gli scenari più catastrofici, quell’arrovellarsi il cervello accompagnato dal fiato che diveniva sempre più pesante in una situazione troppo scomoda … no davvero, non era da lei.
Aveva sempre preferito una vita simile a una linea, una linea spezzata come quella di un elettrocardiogramma, piena di alti e bassi, ma pur sempre una linea. Non poteva concepire delle interruzioni in quella spezzata, non voleva imperfezioni e se lei si fosse lasciata avvolgere in inutili elucubrazioni o avesse mandato il cervello in cortocircuito, avrebbe eretto dei veri e propri muri su di essa. Delle interruzioni scomode che non le avrebbero permesso di andare avanti e di condurre la vita che voleva, con la fobia del panico sempre pronto ad assalirla.
Era fermamente convinta, infatti, che bastava cedere una sola volta ed era finita.
Per fortuna lei era sempre stata brava a gestire le sue paure, l’astrazione del suo Clan poi, lo richiedeva fermamente! La sua tecnica di famiglia infatti, fiore all’occhiello del Dipartimento Interrogatori, necessitava di una grande fermezza di spirito e autostima, qualità che sicuramente ad Ino non mancavano.
L’utilizzatore della tecnica non doveva farsi buttar giù da nulla e doveva essere completamente padrone di ogni suo gesto perché, se chi per primo la usava non lo fosse stato, come poteva sperare di incatenare nelle spire della Jutsu un’altra persona?
Ino perciò si faceva forza di tutte le voci di corridoio che giravano sulla sua famiglia, per convincersi che anche lei sarebbe stata un membro valido del Clan Yamanaka. E andava fiera del fatto che non avesse nulla in comune con quelle ragazze, da lei definite “mediocri”, che si riempivano la testa di complessi. Lei davvero non le sopportava e spesso per questo motivo si ritrovava a litigare con la sua amica Sakura, capogruppo delle ragazze insicure.
 Eppure con lei non era mai riuscita ad essere il pezzo di ghiaccio, quel concentrato di acidità e risposte pronte che invece le piaceva essere con gli altri. Nonostante Ino fosse più vanitosa del normale e si ritenesse con capacità superiori a quelle degli altri, con Sakura era stata costretta ad ammorbidirsi. Volente o nolente quella ragazza aveva smosso qualcosa in lei, aveva calamitato la sua attenzione facendo sì che prendesse a cuore il suo caso, impegnandosi al massimo per cercare di farla uscire dal guscio in cui si era rintanata.
Ino aveva sempre voluto un’amica e questa doveva essere decisamente una persona forte, capace di tenerle testa! Avrebbe dovuto temprare quella piccola e dolce bambina dai capelli rosa per farla distaccare dalla timidezza e insicurezza causate da un’infanzia di prese in giro.
E alla fine Sakura ce l’aveva fatta, era diventata una kunoichi eccezionale ed era riuscita a tener testa ad Ino, rendendola orgogliosa di se stessa, tanto quanto un creatore in contemplazione della sua opera.
 
Però c’era stato un periodo in cui lei non c’era stata e Ino aveva avuto la profonda necessità di colmare di nuovo quel vuoto. Ci aveva davvero provato e si era molto impegnata anche, solo che era stata capace di trovarsi soltanto due amici maschi fuori dal comune, forse all’apparenza tra i più desolanti di tutto il Villaggio Nascosto della Foglia. Infatti, quando li aveva conosciuti e aveva scoperto che sarebbe stata nel Team 8 con quei due falliti e non nel Team 7 con quello splendore di Sasuke, lei non aveva potuto fare a meno di indignarsi. Era andata da suo padre a sbattere i piedi per poi chiudersi in mutismo irritante nei confronti dei suoi nuovi compagni di squadra perché secondo lei erano “davvero degli sfigati”, proprio come aveva raccontato a Inoichi qualche tempo dopo, quando aveva revocato il silenzio ostinato nei confronti dei suoi famigliari.
A dir la verità aveva un po’ faticato ad accettare quella situazione, lei che si credeva un astro nascente in società! Però, se all’inizio aveva sputato sentenze e insulti senza conoscere la vera sostanza, poi si era dovuta ricredere di gran lunga, su tutti i fronti.
Choji per esempio, era stato largamente criticato da Ino che in apparenza lo riteneva un ciccione senza ritegno la cui massima aspirazione era ruminare tuberi fritti  e ingozzarsi di carne alla brace. Poi però aveva scoperto che era un ragazzo tremendamente dolce e, nonostante avesse un appetito compulsivo che faceva sì che un perpetuo crick crack accompagnasse tutte le loro chiacchierate, si era dimostrato davvero speciale. Una persona che sebbene si ingarbugliasse con le parole, quando doveva esprimere un concetto particolarmente astratto riusciva sempre a strapparti un sorriso e farti capire ciò che voleva comunicarti. E mai avrebbe dimenticato i toni soavi che la sua voce assumeva quando qualcuno insultava lui o i suoi amici!
Rispettoso e forte era forse il binomio di parole che più si addiceva, secondo Ino, a quel ragazzo. Si addicevano a lui tanto quanto il panico fosse lontano dalle attitudini della bionda!
Lei non era affatto una debole!
Era forte come il suo maestro: Asuma Sarutobi. Bel tipo, nonostante anche lui non avesse superato la valutazione iniziale. Non che non incutesse timore, ma Ino doveva ammettere che messo a confronto con quel feticista delle bende di Kakashi-sensei e con la ninja assassina dagli occhi scarlatti, il nipote dell’Hokage era quello meno entusiasmante. L’aveva identificato come quello che più rientrava negli schemi della normalità, nonostante la vita che conducevano i ninja non fosse affatto “normale”, da tutti i punti di vista.
L’aveva creduto monotono quanto quella sigaretta che gli penzolava perennemente tra le labbra. Ma alla fine anche quella volta doveva fare i conti con un altro errore di valutazione: il maestro Asuma era eccezionale, come un secondo padre per lei.
Nonostante non le andasse giù il fatto che lui fumasse durante gli allenamenti, pian piano aveva cominciato a trovare interessanti le volute che il fumo creava nell’aria davanti al volto di quell’uomo. E così come aveva scoperto ammalianti quei ghirigori grigiastri ed evanescenti, lei aveva scoperto un maestro sempre disposto a farli divertire, a farli abbuffare a discapito di fior di Ryo, pur di preservare intatta la loro innocenza.
C’erano stati dei mesi in cui aveva avuto anche una cotta per Asuma-sensei perché il fascino dell’insegnante era innegabile, diciamo che tutto era stato scatenato da una innocente battuta di Sakura che, in uno di quei rari momenti in cui lei e Ino non si azzannavano a vicenda, si era avvicinata a sussurrarle nell’orecchio che anche lei trovava carino Kakashi-sensei sempre perso nel suo mondo.
Ma ovviamente la loro era soltanto venerazione, una cotta puerile attraverso la quale ci passavano tutti; per giustificarsi Ino era pronta a scommettere che anche quel maleducato di Kiba e quel musone di Shino erano sempre stati pronti a sbavare davanti al seno prosperoso della loro sensei.
Rideva sempre e si indignava quando pensava a quei momenti lontani, però ricordare alla fine le faceva rievocare altri istanti non altrettanto piacevoli. Come il momento in cui aveva definitivamente realizzato che la morte non era una realtà tanto estranea alla sua vita. Aveva cominciato a metabolizzare qualcosa con la morte del Terzo Hokage, ma quando il suo maestro era morto, definitivamente aveva compreso tutto ciò che fino a quel momento non aveva afferrato. Ovvero che la morte era un qualcosa di tangibile, sempre pronta a raggiungerti: acquattata dietro l’angolo, affannosa di avvolgere qualcuno tra i suoi veli.  
La morte di Asuma Sarutobi: quello probabilmente fu il primo momento in cui il panico aveva minacciato di assalirla.
Ne era uscita totalmente devastata e quando era sola, i singhiozzi causati dal pianto si facevano sentire forti tra le pareti della sua camera buia. Ogni giorno morivano decine di ninja però quella volta lei credeva che fosse arrivata al capolinea, forse perché fino a quel momento non le era mai capitato di perdere una persona tanto vicina e cara. E per questo non riusciva ad accettarlo. Quando aveva imparato a conoscerlo, infatti, l’aveva creduto invincibile: un guerriero instancabile che non avrebbe mai potuto farsi battere e abbattere. Oltre che i Jutsu, Asuma le aveva insegnato a vivere, ridere e apprezzare qualsiasi momento della sua vita, bello o brutto che fosse perché qualcosa di migliore sarebbe sempre arrivato.
In quella situazione però non riusciva  a crederci, non riusciva davvero a pensare che sarebbe arrivato qualcosa di migliore, poiché la bellezza del mondo sembrava essersi spenta come quell’ultima sigaretta che gli era scivolata dalle labbra ed era caduta sul terriccio umido di sangue.
Niente più noie, niente più fumo,  niente più ghirigori nel quale perdersi e soffocare.
E sì, il panico era proprio vicino!
Per fortuna però, qualcuno quella sigaretta l’aveva accesa di nuovo: il piccolo braciere era tornato ad ardere, rosseggiante, e il tabacco lentamente aveva ricominciato a ritrarsi, grigio cenere, insieme alla cartina che non vedeva l’ora di dissolversi nel vento.
Il tiro era sofferente, ancora accompagnato dai classici colpi di tosse di chi non aveva mai provato una sigaretta in vita sua; aveva voluto i suoi tempi, Shikamaru, come sempre, ma alla fine ce l’aveva fatta. Lei lo vedeva spesso, quando tornava a casa dopo aver chiuso il negozio di fiori, con  lo yukata stemmato del Clan Nara, poggiato a una delle colonne dell’engawa, che inspirava ed espirava osservando quegli stessi ghirigori che facevano perdere lei in foschi pensieri e lo sguardo rivolto verso le nuvole pigre in cielo.
Si ricordava ancora di quando avevano quindici anni e Ino si era avvicinata a lui con la sua solita baldanza. Era una delle prime occasioni in cui la sigaretta occupava le labbra dell’allievo piuttosto che quelle del maestro e vedendo la ragazza avvicinarsi, lui aveva allontanato la sigaretta dalle labbra per gettarla in terra, in segno di rispetto verso chi l’odore pungente del fumo non l’aveva mai amato più di tanto. Ma quella volta, al contrario di come si era immaginato il ragazzo, Ino gli aveva strappato la sigaretta dalle mani, rischiando di bruciarsi il palmo, per portarsela alle labbra con un movimento incerto, tipico di chi non sapesse neanche da che parte si teneva quell’incarto di tabacco.
Aveva tossito anche lei ai primi tiri, soffocata da quelle polveri sottili che le sembravano tanto avvolgenti; poi aveva cominciato ad abituarsi, trovando naturale il passarsi la sigaretta di mano in mano affogando nei propri pensieri. I loro sguardi si incrociavano casualmente tra un tiro e l’altro ed essi erano tutto tranne che pesanti, perché erano finalmente liberi da qualsiasi convenzione imposta dal mondo, in quella radura sperduta dai Kami dove potevano stare tranquillamente in silenzio, lontani dagli occhi indagatori dei popolani.
Era il posto del Team 8 quello: una radura poco fuori il villaggio in cui si allenavano con Asuma e in cui andavano per staccare la spina e raccogliere le idee.
Lui e Ino, inoltre, non si mettevano mai d’accordo, eppure si ritrovavano spesso a dover condividere quel pezzo di paradiso in cui le parole erano superflue, sostituite da un silenzio e un gioco di sguardi e gesti che erano più che sufficienti ad esprimere i propri stati d’animo.
Ino non capiva da cosa derivasse quella silenziosa intesa, però la apprezzava all’inverosimile. Le piaceva sapere di ritrovarsi con lui e di non essere giudicata, di poter parlare quanto voleva o di restare in religioso silenzio fino a che le stelle non avessero osato trapuntare il cielo. Capiva quanto profondo fosse il suo rapporto con quel ragazzo, che ora era cresciuto ed era diventato un uomo, e se ne compiaceva: la consapevolezza che lui si era fatto strada in lei e che adesso le stesse sottopelle la faceva sorridere.
Eppure all’inizio di lui aveva pensato la stessa cosa che credeva di tutti gli altri, ovvero che fosse una nullità. Ma mai si era sbagliata così grossolanamente!
Presto aveva capito che l’unica pecca che possedeva fosse la pigrizia, tipica in ogni uomo, ma che in lui era davvero spropositata. Per il resto Ino lo considerava perfetto: era un tipo che, al contrario suo, non sprecava molte parole, preferendo un’occhiata e poche frasi decisive. Sapeva come trattare con chiunque, uomo o donna che fosse, e aveva la capacità di saper ascoltare e scrutare nel profondo con quelle orecchie e quegli occhi attenti che si ritrovava.
Erano qualità non facilmente recepibili in un ragazzo e Ino si accorgeva giorno dopo giorno di amarle e odiarle sempre di più. Amava quel sorrisetto sardonico che inclinava le sue labbra e odiava invece quella sua competenza in materia di donne: sapeva come prenderle dal verso giusto o analogamente come farle sentire delle nullità frivole indegne di camminargli a fianco.
E per questo Ino aveva imparato a calamitare quello sguardo su di sé perché voleva essere l’unico oggetto della sua attenzione.
Nonostante all’inizio odiasse venir radiografata da quei carboni ardenti, con il tempo iniziò a desiderare spasmodicamente quegli occhi cupi e imperscrutabili puntati su di lei. Le piaceva esser messa sotto esame, ricercare la sfida che era implicita ogni volta che avveniva uno scambio di battute tra loro …  E quando veniva completamente soggiogata da quello sguardo, lei voleva sentirsi intelligente. Per la prima volta in vita sua non voleva che qualcuno la considerasse soltanto bella e piacente, ma anche e soprattutto ingegnosa e brillante.
Voleva essere al centro dell’attenzione e anche al centro dei suoi pensieri e spesso lo faceva con così tanta sbadataggine, che lui arrivava a prenderla anche in giro per le sue manie di protagonismo che la spingevano ad andare a caccia di complimenti e nuove strategie per poterlo affascinare.
A un primo esame lei non avrebbe mai pensato di associare sensazioni disarmanti come quelle che provava in sua presenza al nome di Shikamaru, anzi se in tempi non sospetti le avessero detto che alla fine si sarebbe anche innamorata di lui, Ino avrebbe riso in faccia al suo interlocutore. Solo considerando il suo aspetto, a dodici anni la ragazza credeva che quel codino di capelli irti che sfidava la gravità, fosse davvero ridicolo, ai limiti dell’indecenza.
Poi però l’aveva visto con i capelli sciolti, durante una missione di livello C in cui erano stati costretti  a fare sosta presso un corso d’acqua per lavare via il sangue dell’ultima battaglia dai vestiti. Cacciandosi la maglia nera dell’uniforme quello striminzito elastico aveva ceduto dopo le sollecitazioni della giornata e aveva fatto cadere sulle guance del ragazzo, delle ciocche nero pece che gli incorniciavano il viso in una maniera deliziosa.
Quel giorno Ino perse il suo primo battito a causa di Shikamaru e arrossì furiosamente quando lui le fece un occhiolino prima di darle la spalle e legare nuovamente i capelli.
 E da quel pomeriggio, come una ragazzina in preda alla sua prima cotta, non faceva altro che sognare spesso la consistenza di quelle ciocche tra le sue dita o di sentire una sensazione di formicolio sul collo come se i suoi capelli lo sfiorassero mentre le lasciava dei baci immaginari lungo la gola.
 

“Guarda, Shikamaru! Ino si è imbambolata!” La risata grezza di Choji risuonava più squillante del solito in quel suo ricordo, echeggiando le parole bonaccione che aveva pronunciato.
La ragazza d’altro canto era seduta su un basso tronco e, con il mento poggiato su una mano, fissava ad occhi sbarrati l’erbetta davanti ai suoi piedi.
Shikamaru rise vedendola assorta in tal maniera e cominciò dispettoso a lanciarle qualche sassolino da lontano, restando ugualmente stravaccato con la schiena contro una grossa pietra, nella stessa posizione del suo amico.
“Succede quando si pensa, Choji. Dovresti saperlo fare anche tu” rispose Ino acida grattandosi il punto della fronte in cui un sassolino aveva impattato. “Però attento a non pensare troppo altrimenti ti ritrovi come quel deficiente al tuo fianco.” E fece una linguaccia a Shikamaru che riprese a ridere divertito, pensando a come quella ragazzina li avesse messi a tacere entrambi.
 

Shikamaru, di riflesso, adorava la caparbietà di quella donna: la rendeva diversa da tutte le altre e perciò traeva un profondo piacere quando si accorgeva di come lei si affannasse tanto per catturare la sua attenzione. Perciò, se all’inizio lo faceva involontariamente, dopo aveva cominciato di proposito a lanciare sguardi di sufficienza e distratti a Ino, perché quelli la spronavano ancora di più e stimolavano la sua fantasia a cercare modi sempre più ingegnosi per farsi notare da lui anche solo per pochi istanti.
Era diventato un gioco naturale  e periodico, senza regole, che i due sfidanti amavano alla follia e che tenevano all’oscuro dei loro compagni. Perché all’inizio neanche loro si accorgevano di cosa stessero facendo!
 

“Credi che riuscirò mai a innamorarmi di qualcuno che non sia un incurabile problematico?” Chiese la ragazza scocciata, alle prese con un travaso di tulipani, dopo aver visto Sai che passandole davanti non l’aveva neanche degnata di uno sguardo.
“Già dici di essere innamorata di Sai … due giorni fa ancora ti disperavi per Sasuke.” Le fece notare Shikamaru che in risposta ricevette soltanto grumi di terriccio lanciati furiosamente nella sua direzione dall’amica.
“Ti odio.”
“Oh, Shikamaru, chissà come sta Sasuke, mi manca. Oh, è così bello blablabla” disse lui imitandola pigramente e parando i vari granelli con una piccola zappa per vasi come solo un  ninja poteva fare. Ma la ragazza sorvolò su quella ripugnante imitazione facendo finta di non aver sentito.
“Se continuo così finirò con l’innamorarmi di te!” E lo disse con un’espressione così contrita che il ragazzo non seppe se esserne offeso in un primo momento. Per non sbagliare, rispose con la stessa ironia che Ino usava sempre con lui: “Se quel giorno dovesse mai arrivare preferirei essere già morto”.
“Molto gentile, davvero! Ma sentiamo, cos’ho che non va? Prima Sasuke che preferisce quella smorfiosa a me, poi Sai che le gironzola sempre intorno …” Ino sbuffò seccata e si lasciò cadere sugli stessi sacchi di terriccio su cui era già seduto il suo amico, determinato a risolvere uno dei rompicapo in legno che gli proponeva sempre suo padre, piuttosto che ascoltare le sue chiacchiere.
Ma ugualmente le rispose, con lo sguardo assorto sulle sue mani concentrate a districare i vari incastri.
“Ino, credo sia tu che hai scelto le persone più problematiche di tutta Konoha, forse perché lo sei un po’ anche tu – bisbigliò l’ultima frase ricevendo in risposta uno scappellotto – Sai è quasi asessuato se consideri il fatto che con Sakura in squadra non ci fa neanche un pensierino e Sasuke … lui non ha preferenze!”  
Ovviamente di tutto il discorso il cervello di Ino selezionò solo le parti più scottanti:“Anche tu adesso ad elogiare Sakura? Cosa dovrei fare? Tingermi i capelli di verde solo per dare nell’occhio più di lei?!” chiese ironica, visibilmente infastidita dal fatto che tutti parlassero sempre e solo di quella Fronte-spaziosa piuttosto che di lei. “Rispondimi Shika-”
“Ho già parlato abbastanza. Fammi riposare un po’ adesso e rilassati, altrimenti ti verranno le rughe e poi non ti guarderà più neanche Kiba …” disse lui con un occhio aperto prima di richiuderlo e abbandonarsi di nuovo con le spalle contro il muro e le mani dietro la testa. Voleva davvero schiacciare un pisolino, il sole era così caldo quella mattina! Ino lo ricordava ancora sulla sua pelle bianca, fin troppo sensibile.
Vedendo il suo amico sonnecchiare tranquillamente, lei non poté far altro che abbandonarsi a sua volta con la schiena all’indietro, poggiando la testa contro il muro e ripensando a quello che si erano detti. Tutti le dicevano che con Shikamaru avrebbe formato una bella coppia, ecco perché gli aveva detto che in un futuro, insoddisfatta di tutte le storie passate, si sarebbe di certo innamorata di lui, del suo migliore amico, ma come poteva lei, iperattiva e gioiosa, innamorarsi di un musone pigro come lui? No, non poteva assolutamente succedere, sarebbe andato contro ogni logica!
 
… Giusto?
 

Ma Ino dopo la guerra aveva scoperto come l’amore poteva essere tutto tranne che logico e razionale. Non c’erano delle leggi che potevano permettere di calcolare con esattezza per chi avrebbe battuto prossimamente il suo cuore, non aveva modo di prevedere quanto sarebbe stata coinvolta. Con Shikamaru diciamo che aveva qualche certezza in più perchè lo conosceva da una vita e quello era un bene. Sapeva già cosa le piaceva e cosa invece odiava di lui. Nel profondo del suo cuore aveva sempre sviluppato una sorta di gelosia nei suoi confronti, aveva sempre avuto quel senso di attaccamento che non è comune solo a due migliori amici … però non ci aveva mai badato troppo. Aveva continuato a vivere la sua vita, senza preoccuparsene molto, fino a che non si era accorta di come il suo corpo rispondesse quando erano troppo vicini, quando lo scorgeva senza maglietta durante una missione ardua o come rabbrividisse a un solo bacio lasciato sulla guancia in segno di saluto.
Quando si accorgeva di tutte quelle sensazioni incredibili preferiva scuotere forte la testa e dimenticarsi di tutto, non voleva credere e neanche realizzare, che alla fine la sua previsione si era avverata: perché era sicura che quello che provasse per lui fosse amore, quello vero, non quel surrogato che aveva creduto di provare prima per Sasuke e poi per Sai.
Tante volte, nella notte, aveva ripensato a quando durante le missioni utilizzavano la formazione Ino-Shika-Cho, e in tutte le modalità, in tutte le versioni, era sempre lui che si occupava del suo corpo esanime, quello che la proteggeva beccandosi i peggiori colpi pur di non far avvicinare il nemico a lei. E in quei momenti Ino si stringeva le coperte al petto affondando il volto nel cuscino, desiderando di esser stata cosciente in quei momenti in cui le sue abbraccia la sollevavano premurose per portarla al sicuro.
Come le era potuto succedere? Alla fine si era davvero innamorata del suo migliore amico e quello poteva essere un bel guaio perché non sapeva come comportarsi. Aveva costantemente paura di fare qualche passo falso, di fargli capire che in realtà lei volesse essere molto più che un’amica per lui.
In quella situazione si sentì impotente: era quello il momento in cui il panico la assalì per la prima volta. Perché sentiva di essere di due cuori: una parte di sé non vedeva l’ora di buttarsi ai suoi piedi e confessargli il suo amore, ma l’altra, la parte più timorosa e, ahimè, insicura, aveva paura di poterlo perdere, perché si sa che l’amore cambia i rapporti e se lui non l’avesse voluta? Cos’avrebbe fatto se lui l’avesse rifiutata? E quest’ultima opzione non poteva neanche rigettarla tanto facilmente, perché dopotutto era da qualche giorno dopo la fine della guerra, che lo vedeva passeggiare al fianco di Temari, e ogni volta che li incrociava parlavano fitto fitto tra loro come se si stessero dicendo tutte le cose che non si erano potuti dire quando ancora non si conoscevano.
Shikamaru non era mai stato uno di molte parole, ma con lei sembrava completamente un’altra persona. Poi Temari era anche più grande di lui, sicuramente Shikamaru ne era attratto!
Lei invece era la sua compagna di Team, la sua amica di una vita, era normale che non potesse pensare a lei come una futura compagna come lei fino a quel momento non aveva pensato a lui come potenziale persona di cui innamorarsi.
Come al solito, Ino aveva la capacità di infilarsi nelle situazioni più scomode. E a dirla tutta anche Shikamaru non era tanto normale, anche lui poteva essere considerato uno dei ninja problematici di Konoha come Sasuke e Sai. Forse il fatto che il loro nome cominciasse per S doveva aver pregiudicato il loro carattere, uno senza emozioni, l’altro senza freni inibitori e il terzo intelligente ma pigro alla stregua di un bradipo.
 Per non parlare del fatto che c’erano stati momenti in cui non si vedevano anche per settimane intere. Lui non la cercava e le poche volte in cui riuscivano a incrociarsi c’erano sempre Temari o Sakura intorno. Quest’ultima infatti, dopo la guerra sembrava esser diventata la grande amica del popolo e poteva accettarlo, solo che davvero non sopportava quando stava appiccicata a Shikamaru solo perché lei era allieva dell’Hokage e lui il suo consigliere!
Sì, entrava nel merito anche il nuovo impiego del Nara nell’ultimo periodo, infatti il lavoro presso l’ufficio del Sesto, in sostituzione del suo defunto padre Shikaku, gli risucchiava mattinate e nottate intere rendendo ancora più bassa la probabilità di riuscire a passare del tempo insieme.
Ino si sentiva davvero isterica in quei momenti perché aveva bisogno della sua vicinanza, le mancavano quei momenti passati nella radura in cui l’unica cosa importante erano loro due e il loro silenzio.
Avevano sempre basato il loro rapporto su ciò che poteva esser espresso con un’occhiata o un abbraccio affettuoso, ma ora Ino sentiva che quella situazione le stava stretta, anche perché da quando era finita la guerra ancora non erano andati neanche una volta nel loro posto, nella radura, a raccogliere le idee e confrontarsi. Entrambi avevano perso il padre, eppure non si erano neanche guardati negli occhi con disperazione, non avevano voluto affrontare l’argomento.
Forse era paura … anzi per Ino lo era sicuramente! Era timore di lasciarsi andare a troppe emozioni che l’avrebbero portata a fare qualche errore. Voleva solo piangere ed essere stretta tra le sue braccia … ma ora quei tempi sembravano tanto distanti! Ora era tutto più difficile rispetto a quei tempi in cui la cosa più seria di cui parlare era l’ultima volta che Naruto si era piegato ed era rimasto con le chiappe al vento.
Se adesso le avessero chiesto di esprimere ciò che provava per Shikamaru con un gesto, non avrebbe sicuramente usato un’occhiata, un abbraccio o una carezza come faceva prima, ma si sarebbe avvicinata e l’avrebbe baciato dolcemente, in maniera lenta per recuperare tutte quelle volte in cui non aveva potuto farlo da quando si conoscevano.
Però c’era ancora quel suo dannato orgoglio, il panico, la paura a frenarla. Non si era mai sentita tanto codarda in vita sua.
 

“Ripetimi ancora perché mi hai trascinato qui” implorò Shikamaru sofferente, costretto a sopportare un gatto che si strusciava sulle sue gambe. Ino l’aveva trascinato in un vicolo cieco e doveva accettare il fatto di essere assediato da uno dei gatti randagi che lo popolavano: dannato Ichiraku che impregnava i vestiti con l’odore del suo ramen!
“Perché non c’è luogo pubblico in cui quell’arpia di Temari ti lasci in pace. Per non parlare di Sakura, ora siete diventati grandi amici?” Lo chiese seccata con il suo solito tono di sufficienza. Le braccia incrociate e un piede nervoso che batteva a terra erano piuttosto eloquenti per comunicare quanto fosse infastidita dal fatto che le era stato strappato brutalmente via un migliore amico.
“Vorrei una fotocamera per immortalare questo momento, l’avrei intitolato ‘la struggente gelosia di Ino Yamanaka’.” La prese in giro ridacchiando mentre gli occhi dell’amica si riducevano di riflesso a due fessure. No, non sarebbe arrossita per quella provocazione, piuttosto gli avrebbe volentieri tirato un pugno. Non si chiamava mica Hinata Hyuuga che era capace di svenire se solo Naruto l’avesse guardata per più di dieci secondi!
“Sei l’unico amico maschio con cui posso fare dei discorsi vagamente seri e io non ho intenzione di dividerti con nessun’altra” gli disse guardandolo ancora storto.
“Ti dispiace se ne riparliamo più tardi? Devo vedermi con Temari.” Shikamaru fece per muovere dei passi verso l’uscita del vicolo ma fu subito tirato indietro da una presa decisa e lì scoppiò a ridere davvero compiaciuto. Non doveva affatto vedersi con Temari, le aveva solo detto quella battuta innocente per farla cuocere ancora un po’ nel suo brodo e per prenderla in giro. Amava vedere Ino perdere il controllo e rompere quell’aura di perfezione che sembrava si costruisse intorno ogni santa volta che erano in giro.
“Ti diverti, Shikamaru? Sei un idiota. Ritratto tutte le cose gentili che ho detto su di te finora.”
“Non è che tu me ne abbia dette tante. Tutti mi dicono che sono intelligente da quando sono stato promosso Chunin, mio padre me lo diceva da quando sono nato” disse con tono derisorio per alleggerire l’atmosfera, nonostante nominare suo padre avesse fatto un po’ accigliare Ino. Ne parlava così tranquillamente … Come se l’avesse già superata senza aver avuto bisogno della sua migliore amica a fianco. E si sentì quasi male ripensando come lei, invece, non l’avesse superata affatto. Ma cercò di non pensarci troppo, adesso doveva concentrarsi solo su di lui perché Shikamaru, nonostante le apparenze, era piuttosto complicato da gestire.
“Che non si dica mai in giro di te che sei modesto, perché potrei davvero vomitare.” E lo guardò con uno sguardo di sufficienza che però dietro di sé celava affetto e Shikamaru lo sapeva bene infatti le sorrise. La conosceva a fondo e poteva capire in quel momento come, al di là delle loro solite battute per evitare argomenti più seri, ci fosse qualcosa che la turbasse nel profondo.
“Di cosa volevi parlarmi?” tagliò corto infilandosi le mani in tasca e poggiandosi al muro retrostante. Ino rimase ferma al suo posto lasciandosi guardare da quegli occhi tanto profondi che chiedevano una risposta. Sapeva che Shikamaru aveva capito ci fosse qualcosa che non andava ma avrebbe tergiversato, fino alla morte.
“Niente di particolare, volevo solo stare con il mio amico Shikamaru, non posso più farlo?” Chiese sciogliendo le braccia dalla posizione rigida in cui si erano intrecciate e cominciando a torturarsi i lunghi capelli, raccolti come di consueto in una coda. Si sentiva piuttosto nervosa e non riusciva a celarlo.
“Ora non saprei, ho un appuntamento. Credo di dover andare.” Questa volta Shikamaru sembrava serio e Ino, senza pensare potesse essere un altro dei suoi raggiri, si fece sopraffare da una furia incontrollata:“Sai cosa? Me ne vado io” gli sibilò uscendo di gran carriera dal vicolo desiderando solo fuggire e sì, anche piangere se ne avesse avuto l’occasione. Aveva bisogno di sfogarsi. Ma, non aveva mosso neanche due passi fuori dal vicolo, che una mano ferma la tirò indietro facendola finire dritta tra le braccia del ragazzo. Una signora che passava nella strada principale con le buste della spesa li guardò sconcertata.
“Che stai facendo?” chiese lei portando la testa indietro e tentando di allontanarsi, spingendo con le mani sui suoi avambracci in modo da non schiacciarsi completamente su di lui. Lo guardò negli occhi ridenti, fieri di averla imbrogliata un’altra volta e contenti per averla vista reagire con tanto impeto e passione. Fece come per abbracciarla e a Ino venne d’istinto chiudere gli occhi. Le labbra di Shikamaru erano vicinissime al suo orecchio e sussurravano parole sicure che la facevano fremere nel profondo.
“Non dubitare mai più di me. Non potrei mai sostituirti – si interruppe per qualche secondo per poi riprendere a parlare con un tono più scherzoso – come tu non potresti mai sostituire me!” Il lato egocentrico di Shikamaru probabilmente lo conosceva solo lei, ma in quel momento non aveva la forza per rispondergli a tono o anche solo per far uscire un sibilo dalle sue labbra. Il fatto che Shikamaru le sorridesse nell’orecchio faceva sì che uno sbuffo di calore uscente dalle sue labbra le facesse venire la pelle d’oca, avrebbe voluto quel calore su di sé per l’eternità!
Dopo qualche istante ebbe la forza per borbottargli un “presuntuoso” mentre tentava con più delicatezza possibile e con nonchalance di allontanarlo da sé, senza fargli percepire che in realtà l’avrebbe voluto molto più vicino. Ma lui rimase fermo lì dov’era, portò solo il volto di fronte a quello della ragazza e per un attimo le loro labbra furono così vicine, che Ino venne spinta dall’istinto a sporgersi più avanti. E lo fece, restando imbambolata come una scema quando il ragazzo si tirò indietro, dissimulando con una certa difficoltà il sorrisetto che gli arricciava le labbra.
Da una certa distanza vedeva il corpo di Ino nella sua totalità che gli parlava, con le spalle leggermente protese verso di lui e una gamba più avanti dell’altra.
Poteva approfittarne, decisamente, anche perché Ino non era affatto una brutta ragazza, però prima doveva capire lui cosa significasse tutta quella situazione. Da quando lei era attratta da lui? Da quando voleva fare cose come baciarlo? Fino a quel momento non si era mai accorto del cambiamento della compagna di squadra, nonostante avesse sempre avuto un senso di attaccamento verso di lui che la caratterizzava.
Lui teneva a Ino, probabilmente la considerava l’unica donna della sua vita dopo sua madre, ma ne era innamorato? Ne era visibilmente attratto, ma era attratto anche da Temari. Certo, con quest’ultima non erano mai stati così vicini, non aveva mai provato quelle sensazioni che invece l’avevano investito mentre percepiva il profumo emanato dai capelli della ragazza. Si sentiva inebriato; per non parlare del fatto che le mani sembrassero prudergli, vogliose di scendere più sotto e sfiorarle i fianchi e quelle gambe perfette che si ritrovava … Shikamaru, dopo che si incamminò per le vie affollate in un pomeriggio assolato di Konoha, scosse la testa, non poteva essere reale tutta quell’attrazione, sicuramente era dovuta al fatto che a diciassette anni tutti i ragazzi fossero un po’ come un sacco di ormoni vaganti e impazziti. Sì, doveva essere certamente per quello!
 

Ino dopo quel pomeriggio aveva fatto di tutto per evitarlo perché non sapeva se avesse dovuto cominciare a dirgli parole cattive oppure se avesse dovuto essere un po’ più provocante fino a farlo completamente impazzire.
Alla fine aveva optato per la seconda ipotesi, ovvero aveva maledetto il suo essere cauta perché questa volta voleva mettersi realmente in gioco e non voleva farsi mettere in secondo piano da nessuna. Naturalmente la missione si sarebbe rivelata ardua: Shikamaru era di pietra e aveva un autocontrollo inespugnabile, sarebbe stato davvero difficile fargli perdere la sua solita compostezza. Poteva puntare solo su una cosa: quel magnetismo che sembrava attrarre i loro corpi quando erano sin troppo vicini.
Aveva pensato di giocare la carta della gelosia coinvolgendo qualcun altro in quel loro gioco senza regole, ma sapeva già sarebbe stato un fallimento perché lui non si sarebbe fatto minimamente scalfire: non era un idiota dopotutto, anzi nonostante gliel’avesse ripetuto tante volte durante i loro battibecchi, il Nara si poteva definire in tanti modi ma non idiota; perciò se Ino avesse provato a farlo ingelosire tramite qualcun altro non avrebbe affatto conquistato la sua attenzione, probabilmente avrebbe guadagnato soltanto delle pigre felicitazioni.
Avrebbe dovuto impegnarsi per conquistarlo e Ino aveva accettato ben volentieri la sfida. Non avrebbe mollato tanto facilmente perché lui era sempre stato la sua ancora di salvezza, le sue braccia erano l’unico posto che riusciva a considerare casa da quando Inoichi era morto lasciandola senza un padre.
Ce l’avrebbe fatta a qualsiasi costo!


Era da una vita che il giorno dello Shunbun andavano alla festa insieme. Ino non voleva passare la giornata da sola e quindi ripiegava sempre su Shikamaru che, fosse stato per lui, avrebbe abolito tutte le feste restando a casa a riposarsi sotto un paio di calde coperte.
“Quest’anno il Sesto ha dato il meglio di sé nell’organizzazione” osservò lei guardandosi intorno e facendo attenzione a dove mettesse i piedi. Odiava quei sandaletti di legno scomodissimi che le rendevano ogni passo tremendamente difficile e che la costringevano a tenersi dal braccio destro del suo accompagnatore.
“E’ il primo festeggiamento dopo la guerra, è naturale.” La liquidò lui con la sigaretta che, mentre parlava, ballonzolava pericolosamente minacciando di venir giù.
“Scusami se stavo tentando di fare conversazione! Oggi sei più taciturno e noioso del solito” le disse lei cercando di cavargli qualche parola in più. Lui in risposta si limitò a fare spallucce e Ino allora cercò di sollevargli il morale, distraendolo dall’aria di festa che c’era lì intorno e che aveva un dannato profumo di zucchero filato e miso. “La sai l’ultima? Choji sta uscendo con una tipa del villaggio delle nuvole, aggressiva! Penso ti piacerebbe …”
Lui non la guardò direttamente, ma solo con la coda dell’occhio e le rispose dopo essersi tolto la sigaretta dalle labbra, mentre la mano destra era fermamente depositata nella spaccatura dello yukata all’altezza del petto:“Deve farsela Choji mica io …” Ino sbuffò per la sua scarsa partecipazione alla discussione ma continuò imperterrita tentando di strappargli un sorriso.
“Che mi dici di Hinata e Naruto invece? Sakura mi ha raccontato che l’altro giorno sono usciti insieme e-” Lui si fermò in mezzo alla via nonostante tutte le persone che spingevano intorno a loro, le poggiò le mani sulle spalle e le disse, interrompendola:“Ino, davvero, non mi interessa.” La scarsa sensibilità del ragazzo la spinse a guardarlo male.
Una rabbia incontrollata montò dentro di lei e si rese conto che tutto il suo piano stava andando in fumo. Doveva far perdere il controllo a Shikamaru, non doveva esser mica lei ad esaurire la pazienza! Eppure sentiva di essere arrivata al limite e per questo cominciò a scuotere fortemente le spalle per liberarsi dalla sua presa.
“Mi spieghi che diamine ti prende?” Dall’ardore alcune ciocche bionde si liberarono dall’elaborata acconciatura che Sakura le aveva fatto quel pomeriggio e, non fosse stata così concentrata sul ragazzo di fronte a sé, avrebbe potuto anche sentirsi in colpa per l’enorme quantità di tempo che l’amica aveva sprecato per farla.
Il ragazzo non rispose, si limitò a guardarla con occhi vacui e dalle sue labbra uscì uno sconsolato sospiro quando realizzò che Ino ormai era distante da lui, che sgomitava tra la folla desiderosa di essere il più lontano possibile da quel ragazzo che cominciava a deluderla nel profondo.
 

Aveva sempre riposto grandi speranze in loro, si era detta che alla fine anche lei avrebbe trovato la sua strada per la felicità e credeva che quella strada avesse il nome di Shikamaru Nara. Adesso invece doveva fare i conti con una dilagante delusione, perché anche lui alla fine si stava rivelando diverso da ciò che si era immaginata.
Per lei era sempre stato così: vedeva un bel ragazzo, se ne innamorava follemente e poi cominciava a fantasticarci su, essendo costretta, alla fine, a realizzare che la realtà era ben diversa da ciò che i suoi sogni ingannatori le proponevano. Perché loro dopotutto erano ninja e non poteva mica aspettarsi un principe azzurro e un finale da favola!
Dopo quegli anni passati a stretto contatto con la guerra, si era resa conto che le bastava anche un rospo, l’importante era che riuscisse a renderla felice e farle provare, anche solo per pochi istanti, quel senso di lontananza dal mondo che percepiva nelle sue illusioni. Perché quando sentiva i racconti delle sue amiche capiva che l’amore era quello nel loro mondo: ovvero una via di fuga, un attimo di paradiso che facesse dimenticare tutte le preoccupazioni che infestavano la loro dura vita da combattenti dediti al sacrificio.
Soltanto che si era illusa un’altra volta  e si malediceva per quello. Ci aveva creduto follemente solo perché Shikamaru non era il primo bel ragazzo che vedeva, ma il suo amico della vita. Credeva di avere qualche garanzia in più ma in realtà ne stava uscendo più dolorante delle altre volte.


Per questo quella volta dopo essersi separata da lui aveva avuto la necessità di andare nella loro radura e, non era mai successo dopo tanto tempo, ma aveva voglia di stare lì da sola con il suo silenzio, senza il silenzio di Shikamaru a farle compagnia. Era poggiata a un grosso tronco, uno dei tanti che avevano accolto i loro shuriken durante gli allenamenti e fissava la foresta di fronte a sé, buia e infinita come le era sempre apparsa, tanto lontana dalle luci calorose della festa di primavera che tanto aspettava quell’anno, solo per poterla passare insieme al suo migliore amico, al ragazzo che amava.
Silenziosamente delle lacrime solcarono la sua pelle riarsa dal vento fresco che soffiava tra le fronde e, nella loro discesa, sembravano quasi dolorose. Se le asciugò in fretta. Nonostante i suoi trascorsi da ragazzina frivola odiava piangere per un ragazzo, le sembrava qualcosa di infinitamente banale perché nel mondo c’erano problemi molto più gravi; eppure lei in quel momento si sentiva così egoista! Riusciva a pensare solo a se stessa e al fatto che Shikamaru non le desse tutte le attenzioni che lei sperava di ricevere.
Sì, era follemente egoista tanto da dimenticare che quelle stesse lacrime tempo prima le aveva versate per Asuma e per il suo povero padre che non meritava affatto quella fine.
Dannato, dannato Shikamaru!
Batté un pugno sul terreno e ringhiò di frustrazione quando si accorse che la sua acconciatura non aveva apprezzato la folle corsa che aveva fatto nella foresta per raggiungere la radura, senza quei dolorosi sandali di legno a intralciarla. Perciò sciolse definitivamente i capelli e poggiò la testa, dolorante per le tante ore di posa, sulla corteccia scalfita e incisa dalle armi. Chiuse gli occhi lasciandosi invadere da quelli che erano i suoni della natura fino a che non percepì un rumore estraneo che somigliava molto a quello di  foglie scricchiolanti. Il tutto era accompagnato da un respiro affannoso mal celato. Schiudendo gli occhi si accorse che davanti a lei c’era Shikamaru, con il petto che si sollevava velocemente per lo sforzo sotto lo yukata.
Lei dispettosa richiuse gli occhi per fargli intendere che non aveva affatto voglia di vederlo, nonostante il suo cuore dettasse tutt’altro tipo di sensazioni.
“Sapevo che ti avrei trovata qui.”
“Non dovevi disturbarti tanto” disse sprezzante non degnandolo di uno sguardo. Prima se ne sarebbe andato, prima avrebbero concluso quella dolorosa faccenda.
“Dici che sono io quello che si comporta in maniera strana ma tu non sei da meno, Ino” rispose in maniera logica lui mentre la ragazza spalancava gli occhi e si alzava per ergersi in tutta la sua minuta altezza davanti a lui.
“Davvero non capisci, Shikamaru? E pensare che sei il più intelligente del Villaggio della Foglia.” Lei cercava di tenere il tono di voce il più moderato possibile, ma una stridula nota sarcastica si fece sentire sopra tutte le altre.
“Cosa, Ino? Cosa dovrei capire? Dovrei capire te? E’ da anni che cerco di farlo e non ci sono mai riuscito!”  Shikamaru era sicuramente molto più posato di lei che invece era un vero e proprio braciere ardente di rabbia e passione.
Mentre le diceva quelle parole, il ragazzo si ricordò di tutte le volte che a suo padre aveva chiesto di parlargli delle donne. Tutti i consigli che Shikaku gli aveva dato si erano rivelati efficaci, le capiva tutte con un solo sguardo eppure Ino restava ancora qualcosa di inafferrabile. Tutto in lei era dettato dall’irrazionalità e dagli istinti e questo aveva sempre stimolato in lui una certa curiosità che negli ultimi tempi giudicava pericolosa. Per questo provava a tenersene a distanza, perché ogni volta che si abbandonava a qualche parola di troppo con Ino si accorgeva che il suo corpo inconsciamente le andava sempre più vicino e temeva quella vicinanza: lui che era stato sempre controllato e padrone di se stesso aveva paura di quella forza irrazionale che li attraeva.
“Senti, lascia perdere. Credo se ne siano accorti anche gli alberi in questa foresta tranne te.” Si voltò di spalle, Ino, e prese a camminare furiosa davanti all’albero al quale prima era poggiata. Le veniva voglia di strapparsi i capelli dalla testa.
Shikamaru rimase in silenzio. Voleva che lei sfogasse tutta la sua rabbia, ma allo stesso tempo non voleva fuggisse come aveva fatto poco tempo prima perciò la afferrò per un braccio restando sbalordito da come lei aveva sussultato, quasi si fosse ustionata sotto il suo tocco.
L’aveva guardato fisso negli occhi e il suo corpo si era immobilizzato davanti al suo in attesa che uno dei due cominciasse a respirare per rompere quel fragile momento di stallo in cui si erano immersi.
“Cosa ti succede?” sospirò lui ammorbidendo la presa e facendosi inconsapevolmente più vicino. Perché il suo corpo sembrava essere spinto così naturalmente verso quello di Ino?
La donna abbassò lo sguardo celando il volto con i suoi lunghi capelli biondi, ondulati per lo chignon in cui erano stati costretti fino a poco prima. Prese un profondo respiro e pronunciò quelle tanto nobili parole che però avevano sempre ricevuto un rifiuto in cambio nel passato:“ Succede che sono innamorata di te, Shikamaru Nara.” Lo pronunciò in fretta, dopo un profondo respiro, puntando i suoi luminosi occhi in quelli scuri del ragazzo che adesso sembravano più attenti di prima e che studiavano in modo maniacale tutta quella situazione.
L’aveva detto a testa alta, pronta a ricevere una risposta. Positiva o negativa che fosse ne sarebbe uscita indenne, l’aveva deciso quando aveva sentito la mano di Shikamaru mollare il suo braccio per esser sostituita da uno spiacevole freddo che sicuramente avrebbe presto colmato anche il suo cuore.
“Da quanto tempo, Ino?” La prima pugnalata al cuore le era stata inferta.
“L’ho realizzato dopo la guerra ma in fondo credo sia da sempre.” Non aveva la forza per andar via e quindi restava lì a fare quella che lei riteneva una figura umiliante. Però era stanca di fuggire e allontanarsi da lui, non sopportava il fatto di stargli vicino mentre lui pensava a qualcun’altra e quindi aveva preferito dirglielo … quale altra migliore occasione di quella che si era presentata quel giorno?
“E ti sei tenuta tutto dentro per tutto questo tempo?” Dopotutto era passato quasi un anno dalla fine della guerra.
Lei sorrise amaramente:“ Non è poi tutto questo tempo …”
“Voi donne siete davvero incomprensibili-”
“Davvero, non mi sembra il caso -” cominciò lei che non aveva affatto voglia di sorbirsi uno dei suoi sfiancanti e cervellotici discorsi sulle donne, ne aveva sentiti fin troppi quando avevano ancora quattordici anni.
Ma lui in risposta continuò guardando ogni tanto lei, ogni tanto qualcosa di vago alle spalle di quella meravigliosa donna davanti a lui.
“Soprattutto tu, Ino: sei una forza della natura e io non so se sarei capace a gestire un tale uragano. Però c’è da considerare che tu compensi tutto ciò che a me manca …” il volto di Ino era proteso verso di lui, pendeva da ogni parola che pronunciava e quando incrociò i suoi occhi Shikamaru non potè far altro che farli socchiudere sotto l’insistenza di due baci. Doveva esser stato davvero ottuso a non accorgersi di quanto quella donna soffrisse a causa sua, che non la degnava delle attenzioni necessarie. E voleva scusarsi per tutte le volte in cui era stato indisponente nei suoi confronti, per tutte le volte in cui, come qualche ora prima, l’aveva allontanata da sé con parole dure, voleva che non soffrisse più per colpa sua perché se c’era una cosa che non sopportava era vederla piangere. Sapeva che seccatura fosse una donna che piangeva … una volta che cominciava non la smetteva più!  
Si diede dello stupido per tutti i minuti successivi in cui le sue labbra poggiavano delicatamente sulla sua fronte, mentre le sue mani scendevano ad accarezzare il suo corpo per riscaldarlo e stringerlo maggiormente a sè: perché aveva creduto che fuggire fosse la cosa più semplice in quella situazione; pensava che probabilmente la lontananza avrebbe giovato a entrambi. Ma niente poteva essere più scorretto di quelle ipotesi campate in aria.
Ino gli aveva aperto il suo cuore e conoscendola bene sapeva che quella volta la sua non era una cotta puerile. Tutte le volte che si era dichiarata a Sai o a Sasuke non era mai stata così male, non aveva mai versato lacrime per un rifiuto. Quella volta invece sì, l’aveva piantato in asso nel viale per non mostrarsi debole ai suoi occhi e Shikamaru l’aveva capito subito.
Non sapeva se fosse davvero innamorato di lei, però sapeva che il suo cuore batteva a un ritmo più accelerato quando c’era lei nei paraggi. Che gli piaceva averla intorno, che dopotutto le sue chiacchiere non gli dispiacevano, anche se la maggior parte delle volte parlavano di cose banali. Sapeva che nonostante l’apparenza Ino era una ragazza piena di coraggio, buonsenso e amore, sapeva che si sarebbe donata completamente a lui e che ci sarebbe stata in ogni situazione difficile, grazie alla loro meravigliosa complicità che andava ben oltre il solo campo di battaglia.
E anche quella volta il silenzio fu loro complice perché con un rapido scambio di sguardi capirono subito cosa si celava dentro l’altro. Ino lesse ammirazione, affetto mentre Shikamaru lesse amore, incondizionato e per questo non riuscì a fermare il suo volto che si avvicinava sempre più a quello della ragazza per scambiarsi un bacio pieno di tutte quelle parole che a entrambi piaceva non dire.
Dopotutto avevano sempre preferito i gesti ad altre manifestazioni di vicinanza e affetto, perciò perché in quel frangente doveva essere diverso? Erano anche nella loro radura, quel posto consacrato al solo Team 8!
Si baciarono per un tempo infinito, credendo di non poterne più fare a meno. Ino si lasciava stringere contro il corpo del ragazzo, mentre con le mani correva a sciogliere quel buffo codino di capelli che negli anni tanto aveva deriso insieme a Choji.
Finalmente si sentiva al suo posto in quel mondo senza certezze, stava provando il famoso oblio e desiderava che quella sensazione non l’abbandonasse mai. E continuarono a baciarsi, a scambiarsi parole sommesse sempre lì in quel posto, dove sapevano che gli unici testimoni silenziosi erano la luna e i loro cuori che battevano all’unisono e che sarebbero rimasti accordati su quella frequenza per tutto il tempo che la vita gli avrebbe concesso da quel momento in poi.
  
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