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Autore: Cereja    21/04/2016    0 recensioni
Anais, ragazza comune, occhi comuni, capelli comuni, con una particolare tendenza nel trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, ma fino a qua niente di strano. Le cose strane iniziano durante il suo primo giorno di college, dove a quanto pare ci sono ragazzi che nemmeno i modelli della dolce & gabbana, ma che a quanto pare sono dei lupi, dei mutaforma. E il destino la lega proprio ad uno di loro, occhi neri come la notte, e un caratterino che farebbe ridere la bisbetica domata di Shakespeare.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario, Sovrannaturale
Capitoli:
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-Anais! Anais, svegliati!-

Buongiorno mondo! E no, nel caso ve lo stesse chiedendo non è un bel giorno. Anzi, si prospetta proprio una giornata di merda.

Mia madre continua ad urlare, e nascondendo la testa sotto il cuscino mi chiedo cosa avessi fatto di male per avere una madre con la voce più acuta di tutto il Connecticut. Magari se mi fingo morta mi lascerà in pa… Niente da fare, inizia a tirarmi per il piede, mentre sconsolata mi lascio trascinare giù.

-Buongiorno mamma.- Dico con un tono acido che volontariamente ignora.

-Be'? Inutile che fai quella faccia, muoviti. O forse per il tuo primo giorno di college hai deciso che un pigiama a pois rosa farà colpo?- Mi guarda “dall'alto”del suo metro e cinquantacinque, ovviamente aiutato dalle sue immancabili scarpe col tacco. Gli occhi vispi e il sorriso furbetto, mi pungola con la scarpa.
-Ehi! Okay, mi alzo, mi alzo.- con fatica mi alzo, prendo un paio di vestiti a caso e mi dirigo velocement… in realtà piuttosto con calma, in bagno.

Ne esco seguita da una nuvola di vapore, entro in stanza e mi guardo allo specchio. AAAAAARGH! Ma come ero conciata? I vestiti a caso erano davvero pescati A CASO, e diciamo che abbinamento di maglia rosa e pantaloni blu (che giuro mi sembravano neri), non è il massimo.

La cosa peggiore è che quella non è la cosa peggiore! I capelli di un normalissimo castano chiaro sono in condizioni pietose, dopo la doccia sono crespi e gonfi, gli occhi di un (indovinate?) normalissimo castano sono gonfi e in evidente stato confusionale.

Okay, ho dieci minuti per porre rimedio a tutto, prima che mia madre venga a recuperarmi urlando tanto da far tremare i miei timpani già provati da anni di sopportazione.
“Scatto” verso l'armadio, mi ci tuffo dentro ed opto per dei semplici jeans chiari a vita alta ed un maglioncino blu. Mi piazzo davanti allo specchio, e mi passo velocemente un po' di correttore sotto gli occhi e dell'eye liner. Per i capelli? Nah, nessuna speranza. Li lego in una coda disordinata e mi catapulto giù.
Mia madre sta già caricando le borse in auto, si gira e mi sorride -Anais, stai proprio bene.-

Sbuffo imbarazzata e salgo in auto. I complimenti della mamma non contano.

Il viaggio è lungo, ma tranquillo e senza particolari intoppi, arriviamo a metà mattinata.

Mia madre si ferma nel parcheggio, scarichiamo le mie due borse e ci guardiamo attorno.

C'è un bel via vai, per lo più di ragazzi, così mi giro e abbraccio mia madre, che rimane per qualche secondo stupita: non è da me. Ma dopo qualche attimo ricambia, mi guarda e mi dice solo -Stai attenta e chiamami per qualsiasi cosa. Ti voglio bene.- Sale in auto e parte. Adoro mia madre perché per quanto mi voglia bene non è una madre apprensiva, rompiscatole o particolarmente severa, lo è quanto basta. Sto ancora sorridendo quando mi avvio verso l'entrata. Che i giochi abbiano inizio.

Trovare la mia stanza non è per niente difficile, nel dormitorio delle ragazze.
Entro, mi guardo attorno e vedo due letti, quello alla mia sinistra vuoto, quello alla mia destra pieno di vestiti con vari poster vicino, sembrava scoppiata una bomba. Bene, la mia coinquilina mi piace già. Detesto le persone ordinate e pignole fino allo sfinimento, se ne avessi beccata una così avrei sicuramente tentato il suicidio dopo la prima settimana di convivenza.
Butto le borse sul letto, guardandomi un altro po' attorno, notando che i poster della mia compagna di stanza erano per lo più di motociclette e bei ragazzi con addosso solo jeans e giacche di pelle. Be', aveva buon gusto, almeno.

Li sto ancora guardando quando sento delle risate e la porta della stanza che si apre all'improvviso, mi giro di scatto e vedo entrare una ragazza, no, no, che dico? Una strafiga da paura, un fisico da modella, di quelle con tutte le curve al punto giusto, capelli neri lunghi da far schifo e degli occhi scurissimi.
Be', addio simpatia per la mia nuova arrivata! Svegliarmi con lei davanti ogni giorno sarebbe stato un colpo alla mia già non ai massimi livelli autostima per il resto della mia vita.

Mi accorgo che lei si è fermata e che io la sto guardando con sguardo ebete e cerco di riprendermi dalla profonda disperazione che provo.
Mi sorride (Indovinate? Neanche un dente storto) e mi porge la mano -Piacere, Aleksandra. Ma tu puoi chiamarmi Alex- e mi fa occhiolino.

Sorrido a mia volta, e le tendo la mano – Anais.- almeno è educata ed ha un sorriso vero, non uno da stronza che sa di essere bella e figa.

Rimango per un attimo imbarazzata mentre mi osserva, sempre sorridendo e poi mi chiede – Allora, hai già fatto un giro del campus?-

-No, in realtà sono appena arrivata.- E le indico le borse sul letto.

-Perfetto! Allora posso farti fare io un tour, se ti va.-

La sua presenza mi mette un po' a disagio, ma ha degli occhi così gentili e speranzosi che non me la sento di rifiutate :- Certo, con piacere!- Le sorrido e ci avviamo fuori.

Mi fa fare un bel giro e intanto scopro che è facile e piacevole parlare del più e del meno con lei. Scopro anche che è una ragazza simpatica, che viene dall'Ohio, da un padre di origini Russe, nonché meccanico che le ha trasmesso l'amore per le motociclette ed una madre infermiera, e che era là perché voleva diventare un'artista. -E tu?- Mi chiede.

-Be', io vorrei diventare una traduttrice, e magari farmi prendere da qualche casa editoriale per tradurre libri.-Rispondo un po' imbarazzata. Insomma, detto così sembrava un po' da sfigati, e molto probabilmente lo era. Tutto in me era normale e nella media, ma non di certo questo mi avrebbe fermato, nossignore!
Ci sorridiamo a vicenda e intanto mi accorgo che mentre camminiamo quasi tutti ci guardano, in gran parte sono ragazzi che si girano ad osservare Alex, che però non mostra di averli notati, ma di certo non mancano anche ragazze che la guardano male, con sguardi invidiosi, poi c'è semplicemente chi ci guarda con curiosità, perché viste assieme siamo decisamente uno spettacolo comico : io bassina e nella norma, lei alta ed appariscente. Bello schifo.

Comunque decisi di ignorarli, proprio come faceva lei.

Ad un certo punto mi fa -Senti, io dovrei vedermi per un caffè con dei miei amici, ti va di venire?-

Amici? Ci rifletto un attimo, insomma, se ha amici come lei preferirei seppellirmi viva o combattere contro un cane a tre teste piuttosto che presentarmi, ma alla fine penso che ehi! Quante persone belle e da infarto ci possono essere in un solo posto? Statisticamente poche.

-Volentieri, e poi, non ho ancora fatto colazione!-

Arriviamo in questa bella caffetteria, calda, con computer e tavoli a non finire. Entriamo, ci sono già tanti ragazzi dentro e mi chiedo quali siano i suoi amici.
Forse quei ragazzi un po' sfigat...Ehi! Quello ha la mia stessa maglietta di Capitan America! Bella scelta fratello.

No, decisamente non sono loro. Vedo un gruppo di biondine ed escludo anche loro.

Ci facciamo strada tra le persone e mi accorgo che in fondo alla caffetteria c'è un tavolo con solo ragazzi, vestiti con jeans e giacche di pelle. E sono belli. Porca miseriaccia! Sono dannatamente belli. Oh. Mio. Dio. Alcuni erano seduti sul tavolo con fare rilassato, altri erano stravaccati sulle sedie. Erano copertine della D & G improvvisamente diventate reali.

E volete sapere il problema più grosso? Grosso come una casa? CI STIAMO DIRIGENDO VERSO DI LORO.

Vorrei fare retromarcia, o sprofondare sotto tre metri di terra. Poi, per peggiorare la situazione mi ricordo di come sono vestita e delle terribili occhiaie che mi ritrovo. Grazie inutile ed inopportuno cervello, stare zitto mai, eh?

Non importa oramai, siamo in rotta di collisione in 3...2...1 -Ehilà ragazzi!- Saluta Aleksandra.

Tutti quegli esseri che ho deciso essere tra i probabili esseri non umani della scuola si girano e salutano Alex con degli -Ehi!- o -Come butta Alex?- e poi si accorgono di me, purtroppo.

Io non guardo nessuno in faccia mentre con voce un po' incerta mi esce un -Ciao.-

Alex non ci mette niente a capire il mio disagio e mi presenta – Lei è Anais, la mia nuova compagna di stanza.-

Sento cinque paia di occhi fissarmi e finalmente mi decido a guardarli, sarei sembrata una totale demente a fissare a terra per tutto il tempo. Quindi provo a stamparmi il migliore dei miei sorrisi, sperando di sembrare tranquilla ed a mio agio, tentativi inutili.

Sento alcuni -Ehi- poco convinti, ma non ci faccio caso mentre noto un ragazzo con dei capelli biondissimi e degli occhi verdi come il prato, un mezzo sorrisino in faccia ed un fisico da paura, si presenta -David, piacere.- Mi allunga la mano e gliela stringo. Ha delle dita lunghe ma forti.

Poi si presenta un altro ragazzo, Samuel. Lui è be', è enorme, un corpo che probabilmente non sapeva cosa volesse dire avere uno strato adiposo e delle mani grandi quanto dei remi da canotto, ma aveva dei capelli castani spettinati e degli occhi dolci, quasi da cucciolo, che stonavano con il resto di lui, ma nel complesso fa la sua porca figura.

Saluto anche lui, e mi aspetto che anche gli altri si presentino, ma aspetto invano. Alla fine Alex dà un colpo di tosse e, mal volentieri, anche altri due mi stringono la mano. Sono gemelli. Alti, magri, scattanti, sorriso furbesco ed occhi chiari, Romeo e Dante. (Italiani?)

Il terzo, invece, che sembrava troppo occupato ad osservare la sua tazza di caffè alza finalmente gli occhi e vado in corto. Nel senso che la bocca mi si secca, la lingua si intorpidisce e la mia faccia diventa rossa come il tappeto sul pavimento.

Ha degli occhi scuri, più scuri di quelli di Aleksandra. Sono dei pozzi, senza fine. Mentre mi scrutano mi sembra stiano scavando nella mia anima, cercando fino al mio ultimo, più piccolo segreto. Ed è bello. Bello come la notte, bello da far girare la testa.

Dopo avermi squadrata per un po' piega la testa leggermente di lato, facendo così ricadere una ciocca di capelli scuri sulla fronte. Sexy. Era assolutamente sexy, l'aggettivo perfetto per descrivere un ragazzo del genere.

Alla fine, si decide a sussurrare con una voce roca da brividi (in senso assolutamente buono) -Dimitri.- e riabbassa subito lo sguardo, come se stesse osservando qualcosa di estremamente noioso ed inutile.

Diventando ancora più rossa avrei voluto schiaffeggiarlo per la sua maleducazione, ma mi limitai a gettargli un'occhiata d'odio, che ovviamente non vide, perché a quanto pare la sua tazza era più interessante di me.

Alex venne in mio soccorso e con un ampio sorriso mi disse -Dimitri è un maleducato nato, anche se nostro padre a provato ad insegnargli l'educazione, probabilmente è un caso perso. -

Mi giro e sorrid… “Nostro padre”?!! Sposto lo sguardo dall'uno all'altro, sono davvero un'idiota! E' ovvio che siano fratelli! Hanno gli stessi occhi e probabilmente la stessa fossetta sulla guancia quando sorridono. Anche se probabilmente Dimitri è quel genere di persona che non sorride mai, chissà, forse ha una paralisi dei muscoli facciali, poverino.

Ingoio il rospo e decido che è l'ora di defilarmela: a quanto pare non ero la benvenuta là.

-E' stato un piacere conoscervi, ma le valigie non si disfano da sole, devo proprio andare.- salutai con la manina (stupida me), mi girai verso Alex, gentile e simpatica, che mi guardava come se volesse chiedermi scusa, ma io la anticipai -Ci vediamo in camera allora, coinquilina.- Le sorrisi, ed anche lei perse lo sguardo preoccupato, felice che non me la fossi presa. In realtà me la sono presa, ma non di certo con lei. Non è colpa sua se si ritrova una persona così antipatica come fratello. Lancio un'ultima occhiata di fuoco a “Dimitri”, (dovreste sentire il mio tono sarcastico ora, ragazze… mi battereste il cinque) giro i tacchi e mi incammino fuori a passo di marcia, arrabbiata con quel coglione e con tutte le persone che l'educazione non sanno dove sia di casa.

Rientro in camera e mi siedo sul letto per calmarmi, e penso che non tutti i ragazzi saranno così là. Inizio a disfare le borse e mi sento meglio, ma finisco troppo presto e mi ritrovo senza sapere cosa fare. Mi guardo intorno e decido di leggere un po', e alla fine opto per l'intramontabile Cime Tempestose, di Emily Bronte. Scontato penserete voi, ma per me è uno di quei romanzi che potrei leggere all'infinito e mai scocciarmi.

Mi stendo ed inizio a leggere, fantasticando su un uomo come Heatcliff, divoro pagina dopo pagina, perdendo la cognizione del tempo, fino a quando senza accorgermene scivolo lentamente in un profondo sonno, dove purtroppo non trovo ad aspettarmi un meraviglioso Heatcliff, ma due occhi scuri che mi fissano con sufficienza. Eh no! Anche nei sogni no! Ma guardando attentamente scopro che quegli occhi non sono umani, sono di un animale, di un animale, ma non riesco a comprenderne bene la forma. Ci fissiamo, io guardo lui e lui me, intorno a noi il vuoto, ho paura, ma una qualche forza invisibile mi spinge ad avvicinarmi a lui e ad alzare la mano lentamente. Mi avvicino sempre di più, fino a quando non mi trovo ad accarezzare un pelo morbido e lucido, dove la mia mano affonda. Lui ringhia, io mi ritraggo e poi, succede tutto troppo in fretta, lui salta verso di me… Ma non su di me. Sta attaccando qualcosa che è alle mie spalle. Mi giro di scatto, ma prima di vedere qualcosa mi sveglio di soprassalto.

Ho il respiro pesante e sto sudando, cerco di calmarmi ricordandomi che era solo un sogno e finalmente mi decido ad aprire gli occhi.

Me ne pento subito. Trovo a fissarmi quegli stessi occhi, solo che ora attaccati a questi c'è il resto della faccia di Demitri.

Salto a sedere sul letto e quasi gli urlo in faccia – Che cavolo ci fai qua?-

Sono diventata rossa e per un attimo penso di stare dando di matto. Era davvero là o me lo sto immaginando?

Lui mi guarda con uno sguardo che potrei giurare essere divertito, anche se ha l'espressività di un sasso. - Io? Niente. Tu che stavi sognando?-

-Niente, e comunque non si risponde ad una domanda con un'altra domanda. Perchè sei nella mia stanza?- mi sta facendo irritare. Probabilmente si era prefisso lo scopo di rovinarmi la giornata, per non so quale oscuro motivo.

-Aspetto mia sorella.- Si limita a dire, poi si gira e si siede sul letto di Alex, senza degnarmi più di nessuno sguardo.

Quanto cazzo è bello. Si muove in modo silenzioso e potente e si comporta come se fosse il re del mondo. -Coglione.-

-Come scusa?- Alza lo sguardo su di me, incarnando appena le sopracciglia.

Oh, cazzo, l'ho detto ad alta voce, vero? Lo guardo, so che ha sentito bene, e non voglio di certo fare la figura della codarda, rimangiandomelo.

Lo fisso bene in faccia e mi congratulo mentalmente con me stessa per la sicurezza della voce quando ripeto di nuovo -Coglione.-

E qua succede ciò che non pensavo potesse mai succedere, lui, Mister sono-uno-stronzo, sorride. Per lo meno, accenna ad un sorriso, ma penso che per lui questo sia già tanto.

Quando sorride è ancora più bello.

Sbuffo e mi giro verso il mio orologio di star wars (grazie per il regalo mamma) e mi accorgo che sono già le sei del pomeriggio.

Quanto avevo dormito?

Il giorno dopo avrei avuto lezione, non avevo ancora l'orario e non sapevo dove andare a mangiare o che fare per il resto della serata.

Magari sarei andata in caffetteria mangiare qualcosa e poi avrei girovagato un po'.

Decisa mi giro verso Mr. Simpatia gli sorrido con uno dei sorrisi più zuccherosi e vomitevoli che mi sia mai riuscito -Buona serata, Dimitri.- Mi volto, decisa ad uscire di scena con grande classe, ma aprendo la porta vado a sbattere contro qualcosa, o meglio, qualcuno. Alex.

-Oh, scusa Anais!-

-No, scusami tu!- Le sorrido e cerco di aggirarla. Dovevo assolutamente uscire da quella stanza prima di commettere un omicidio, rovinando così anche i miei rapporti pacifici con la mia coinquilina: uccidere suo fratello non sarebbe stata una mossa saggia.

Ma, dolce, ingenua Alex, mi chiede – Dove scappi così di corsa? Hai qualcosa da fare stasera?-

-Ehmm, no. In realtà stavo pensando di andare a mangiare qualcosa, sai, non ho neanche pranzato.-

-Oooh, bene, se vuoi noi stiamo andando a cenare in un posto qua vicino, si mangia bene ed è tranqiullo, se ti va di venir…-

-No.- Sento quella sola parola. Una sola parola sputata dalle labbra di Dimitri.

Io mi giro sconvolta verso di lui, che però continua -Lei non viene. -

Alex sembra sconvolta e si volta furiosa verso di lui -Se vuole venire, viene.- Lo dice con un tono così spaventoso che avrei voluto nascondermi nell'armadio, ma il fratello la guarda irremovibile.

Io intanto mi sento umiliata ed arrabbiata. No, non arrabbiata, piuttosto incazzata nera. Quell'arrogante presuntuoso, come si permette?

Ma in quel momento Alex dice qualcosa che mi fa capire che saremmo diventate buone amiche -Va bene, allora se lei non viene non vengo neanche io. Ceneremo noi due assieme.-

Mi prende per un braccio e mentre usciamo dà la stoccata finale – E comunque, Dimitri, sei un coglione.-

Usciamo e sbatte la porta dietro di sé, ricavandone a quanto pare grande soddisfazione.

Io la guardo ammirata ed iniziamo a ridere tutte e due.

Lei mi prende a braccetto e iniziamo a camminare.

-Scusa per mio fratello. Non è sempre così, o meglio, prima non era così. Ma crescendo gliene sono successe troppe, e anche se questa non lo giustifica, in fondo ha un grande cuore. E' solo diffidente, tutto qua, fidati che prima o poi si abituerà alla tua presenza.

Io annuisco, ma sono convinta che preferirei andare a piedi fino a Mordor o combattere contro un drago con una spada di legno piuttosto che respirare la sua stessa aria, solo che non voglio ferire la mia nuova amica, che ha gli occhi gentili ed il sorriso dolce.

Alla fine passiamo una bella serata assieme, in un ristorante italiano, molto rustico ma dove si mangia dannatamente bene.

Verso le nove ci avviamo verso i dormitori, ridendo come matte. Abbiamo molto in comune, e non solo il fatto che riteniamo Dimitri un coglione, ma anche la stessa passione per la lettura e le serie tv.

Mentre saliamo in camera le squilla il cellulare -Pronto, Sam? Le dieci, dici? Va bene, ti faccio sapere. A dopo!-

Si gira verso di me, con uno sguardo eccitato negli occhi – Ti va di andare ad una festa?-

A me quasi cade la mascella – Una festa? Ma domani ho lezione! E poi dove? E che festa è? Cosa dovrei mettermi?-

Lei ride, e si avvicina al mio armadio, mi fa un mezzo sorriso e lo apre, neanche fosse la camera dei segreti, dando per scontato che sarei venuta alla festa. Ed in effetti è così, sono troppo curiosa per dire di no.

Lo guarda ed inorridisce. Si gira verso di me e mi mostra il mio paio di converse preferite, vecchie e sformate. Le indica -Davvero, Anais?-

-Ehi! Sono le mie preferite queste!- Giele strappo di mano e le ripongo.

Fa una smorfia mentre cerca qualcosa che secondo lei sarebbe adatto, ma poi sono io ad inorridire quando tira fuori IL vestito. Vestito regalatomi da mia madre, mai messo, mai staccato l'etichetta e gettato nel dimenticatoio. Perché l'avevo portato? PERCHE'?

E' un vestito che mi arriva a metà coscia e che aderisce come una ventosa a tutte le mie curve (e ce ne sono, fidatevi), di un rosso molto scuro, che attirava troppo l'attenzione, a mio parere.

A quanto pare Alex non era d'accordo, si gira raggiante e solleva il vestito con fare vittorioso

– Allora qualcosa di decente ce l'hai!-

La guardo inorridita – Io quello non lo metto! E poi non ho le scarpe adatte…- Provo,io.

Lei si acciglia e guarda tra la poco vasta varietà di scarpe che ho e alla fine tira fuori degli stivali senza tacco ma alti fino al polpaccio, che si allacciano davanti con delle stringhe.

-Questi andranno più che bene.-

Vorrei proprio evitare di vestirmi così, ma il suo sguardo deciso mi fa quasi paura e alla fine rinuncio e afferro i vestiti, borbottando su quanto poco mi sapessi imporre.

Intanto la mia nuova (autoproclamata) fashion designer sorride soddisfatta mentre pesca dal suo armadio un vestitino nero, aderente e con uno scollo da capogiro. Be', almeno lei può permetterselo.

Ci cambiamo e alla fine la guardo a bocca aperta. Cavolo! E' davvero uno schianto, con quelle scarpe alte con le borchie e quel vestito farebbe cadere ai suoi piedi chiunque.

Io invece sono solo contenta di essermi depilata. Mi guardo e, a parte i capelli che svolazzano qua e là in modo disordinato mi rendo conto di non essere così male. Ho il seno molto grande, sotto, la vita si restringe per poi allargarsi un po' per lasciare spazio ai fianchi. Le gambe non sono male, ma l'unica cosa della quale vado fiera sono le labbra. Quelle le ho ereditate dalla famiglia di mio padre, labbra carnose, a cuore, che si sposano bene con i rossetti rossi.

Sorrido al mio riflesso. Abbiamo fatto trenta, perché non trentuno?

Mi rifaccio l'eye liner, togliendo quello messo questa mattina e opto per una linea più anni quaranta e prendo l'unico rossetto che ho. Rosso scuro, quasi vinaccia.

Finisco il mio “capolavoro” e mi giro verso Alex, che mi guarda e fischia.

-Wow! Che bambola!- E lo dice così seriamente che scoppio a ridere. LEI è il vero schianto, tra le due. Alla fine comunque mi aiuta con i capelli, legandomeli magicamente in un crocchia stretta che però si lasciava sfuggire qualche ciocca.

Quella ragazza era magica.

Finalmente pronte mi ricordo di non sapere dove fosse la festa e come ci saremmo arrivate.

Lei risponde ai miei pensieri e mi risponde -La festa sarà alla confraternita di mio fratello e gli altri.-

Riferendosi agli altri ragazzi della caffetteria.

Ottimo, avrei molto probabilmente incontrato signor musone di nuovo, ma almeno lo avrei fatto con classe, vestita bene e con il mio fedele rossetto. Sogghignai un po' e presi a braccetto Alex, pronta per divertirmi un po'. 

   
 
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