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Autore: Zoe__    22/04/2016    1 recensioni
“Mi sei mancato così tanto” sussurrò con voce piccola, poi rise appena “non pensavo che mi avresti mai perdonato per averti tenuta nascosta la verità. Mi ami così tanto ed io non posso.. Non posso fare altro.” Lo guardò negli occhi e fece sfiorare i loro nasi.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And all I can do is say that these arms were made for holding you
 
 
 
I have loved you since we were 18
Long before we both thought the same thing
To be loved, to be in love.

 
 
 
Era ormai diventata un’abitudine, quella di rimanere nel letto dopo il suono della sveglia. Sarebbero passati cinque minuti, nei quali avrebbe controllato le email ed i vari social a cui era iscritta, poi avrebbe sentito un lieve bussare alla porta.
“Parola in codice?” chiese anche quella mattina, poi sorrise, poggiando il telefono sul comodino accanto a lei. Si mise a sedere ed ascoltò.
“Sono una principessa!” esclamò quella dolce voce piccola, con tanto di risata alla fine. Poi la bambina abbassò la maniglia, la sua testa fece capolino dalla porta finché non iniziò a correre verso il letto immacolato che le piaceva tanto. Eveline la prendeva al volo, senza esitazioni e Cloé le stringeva subito le braccia al collo, perché le era mancata mentre dormiva. Ogni mattina, dal lunedì al venerdì, la piccola Cloé, alle sette e trentacinque in punto, si presentava nella camera della mamma con la sua bambola in una mano ed un cuscino nell’altra. Gli occhi grandi, verdi e curiosi ed il viso contornato da quei ricci foltissimi che caratterizzavano anche la figura della sua mamma.
“Mi sei mancata mentre dormivo, mami” Eveline sentì il cuore batterle ancora più forte, perché sentirsi chiamare mamma la rendeva orgogliosa più di ogni cosa al mondo, anche più del suo lavoro. Ricambiò la stretta forte della sua bambina, poi, come ogni volta, la coprì, pronta a sentire i racconti della bambina, i suoi sogni, durante la notte. La voce, i modi di fare, la timidezza erano la conferma che Cloé fosse un mix perfetto fra i suoi genitori.
 
Distanti, ma sempre più vicini.
 
 
10/06/2012
 
Caro diario,
 
sono sempre io, che ti scrivo. Mi dispiace Devo dirti anche che da oggi sarò l’unica  perché Harry non leggerà né scriverà più qui su per un bel po’ di tempo. Già, è tornato in America. Forse la Francia non faceva troppo per lui ed ha deciso di essere più importante perfino della mia felicità. È un egoista Sono un’illusa, credevo che sarebbe potuto rimanere un altro po’, invece mi ha lasciata qui.. sola. Non so nemmeno perché sto scrivendo, alla fine lui mi ha regalato questo diario per “noi” e per questo non c’è proprio bisogno di scrivere più nulla, non c’è più un “Noi”. Che stupida che sono, penso proprio che dovrò buttarti da qualche parte, se non vorrò soffrire di più. Mi chiedo perché, perché l’ha fatto, se non sono mai stata quanto bastava per farlo stare bene. Siamo giovani ed abbiamo tutta la vita davanti, l’avremo passata insieme, me l’ha sempre detto, e invece… ed invece basta illusioni, si va avanti. Devo liberarmi da ogni cosa che mi ricordi di lui, tutto, ogni regalo. Lo dimenticherò. Non ne vale la pena per una persona che non mi merita.
 
 
 
 
15/08/2012
 
Caro diario,
 
è successo un casino. Avevo detto che ti avrei buttato, ma ci sono ancora dei segni troppo importanti nel mio cuore, delle parole indelebili sulle tue pagine ed io non posso lasciarti andare. Non posso lasciarmi andare. Sono incinta, di due mesi. Il padre è Harry, come lo dico a mio padre? Come lo dico ai miei amici? Come lo dico ad Harry? Harry non deve saperlo per nessun motivo al mondo. Che schifo. Sono così idiota, perché l’ho fatto, perché l’abbiamo fatto, perché sono così irresponsabile? Voglio solo sparire, non voglio questo bambino perché mi ricorderà di lui, in ogni modo ed è l’ultima cosa che voglio.
 
 
3/12/12
 
Caro diario,
 
è successa una cosa bellissima. È nata Cloé.
Pesa poco meno di tre chili, ha il viso più bello del mondo ed é mia. Profuma di bambina ed i suoi occhi sono i più dolci sulla faccia della terra. Ha delle minuscole manine rosa rosa, dei piccolissimi piedini rossi rossi ed io vorrei baciarmela tutto il tempo. É seduta accanto a me ora, é sdraiata. Ha gli occhietti chiusi e le manine in due pugnetti. É la mia bambina, é la bambina più bella del mondo. A ventunanni sono così piccola, ma lei é più piccola di me. Sarò responsabile per qualsiasi cosa che la riguardi. É una parte di me, la migliore, non merita del male.
Sono sempre più felice di averla tenuta.
Harry non sa niente, ma ho visto che a Los Angeles ha trovato una ragazza. Meglio così, anche io ho la mia. Ed è più bella.
 
 
“Mami hai capito? È stato un sogno bellissimo!” Cloé gonfiò le guance e rise guardando l’espressione divertita della mamma.
“Amore capisco, ricordami cosa abbiamo mangiato ieri sera a cena!” Cloé smise di ridere e guardò la mamma.
“Pizza!” Esclamò alzandosi in piedi sul letto e cominciando a saltellare “pizza pizza pizza!” Saltellava ancora ed il cuore di Eveline sembro esploderle nel petto, le emozioni essere fuochi d'artificio nel suo stomaco e gli occhi diventare sempre più lucidi. Era il suo orgoglio, la sua gioia e non l’avrebbe voluta perdere per nulla al mondo. Cloé era la sua forza. Quattro anni di timidezza e ricci impazziti, un cuore grande ed un corpicino minuto erano tutta la sua vita.
La strinse subito in un abbraccio e le baciò i capelli.
“Ti amo piccola.” Mormorò contro i suoi capelli profumati.
“Ti amo anche io mami” la guardò “tanto tanto.” Poi sorrise e le baciò una guancia con quelle labbra rosee e piccoline.
“Sei bella, lo sai mamma?” Le disse, quando Eveline si alzò per portarla in cucina a fare colazione. La bambina si stringeva a lei con le braccine minute.
“Grazie a te, lo so. Me lo dici sempre amore mio” la lasciò sul tavolo “anche tu sei bella amore mio, sei bellissima” le carezzò i capelli e la bambina strizzò gli occhi.
“Allora, diamoci una mossa perché non voglio far tardi a scuola bimba! Che ci mangiamo per colazione?” Le chiese iniziando a mettere una cialda nella macchinetta del caffè.
“Una torta con il cioccolato e le fragole” rispose subito “e la panna mamma!” Aggiunse poi. Eveline si voltò verso di lei con una crostatina in una mano ed un plumcake nell’altra.
“Amore non siamo al bar, quale fra questi?” La bambina sorrise ed indicò la crostatina nella mano destra della mamma.
“Quella col cioccolato però.” La guardò seria. La mamma annuì e gliela porse, poi mise il latte sul fuoco.
“Beviamo anche un po' di latte amore, okay? Così diventi forte e-”
“Come te” alzò le braccia “come la mia mamma! Le principesse e il mio papà.” Sorrise allegra. Eveline, invece, si spense per qualche secondo, sentendosi una falsa, anche nei confronti della persona che amava più al mondo. Come poteva tenerle nascosto una cosa del genere? Sarebbe stata un’ulteriore figura di riferimento per lei e cosa stava facendo? Lei, sua madre, gliela stava negando. Non ne aveva mai parlato con nessuno che conoscesse Harry, nessuno dei suoi amici rimasti in Francia sapeva che quell’angelo era frutto del loro amore... Oh, bene, di quello che c'era stato. Solamente Liam sapeva la verità, Eveline non aveva potuto evitare di dirlo a Zoe, la sua migliore amica. E lei, non aveva potuto evitare di dirlo a Liam, il suo fidanzato, sempre col consenso di Eveline. Il giovane aveva provato più volte a convincerla a parlarne con Harry, le aveva detto che Harry l’avrebbe accettata e che l’avrebbe aiutata ad andare avanti. Non c'era stato modo che l’avesse fatta tornare indietro con la sua decisione. La bambina sarebbe rimasta con lei perché se Harry se ne era andato voleva dire che non l’amava più, allora non ne valeva la pena.
 
“Mamma” iniziò Cloé mentre stavano per entrare in classe “mamma oggi andiamo a mangiare dal Mecdonaldss quando mi vieni a prendere?” Eveline sorrise e si abbassò alla sua altezza, davanti alla porta della classe.
“Amore vediamo, mamma ha un sacco di commissioni da sbrigare oggi. Però appena vengo a mezzogiorno vediamo. Mi prometti che farai la brava oggi? Sarai brava con la maestra? Guarda che dopo glielo chiedo!” Le sfilò il capottino rosa cipria e le baciò una guancia prima di alzarsi.
“Certo mamma, sono grande ormai!” Mostrò un’espressione seria alla mamma che la osservava vicino la porta. Eveline salutò la maestra, poi ancora una volta la sua bambina e decise di andarsene perché non poteva sopportare di vederla già andare a scuola e vederla crescere. Sembrava passato un secondo da quando l’aveva partorita, sola ed impaurita. Forse Cloé era stata la spinta giusta per farla crescere, certo un po’ troppo brusca, ma alla fine aveva imparato dai suoi errori.
 
La prima cosa che fece, uscita dal piccolo asilo del quartiere, fu prendere l’autobus fino al centro della piccola cittadina francese per fare delle spese prima di tornare a casa, sistemarle e mettersi a lavoro. Con Cloé non aveva molto tempo per lavorare, per questo aveva iniziato solo pochi mesi prima nello studio di Liam, come fotografa assieme a lui e Zoe. I ragazzi, conoscendola, le lasciavano più spesso il lavoro a casa, come la modifica delle foto e la pubblicazione online sul loro sito web. Le piaceva, non poteva lamentarsi, le permetteva di stare con sua figlia e questo le bastava per mettere a tacere qualsiasi lamentela.
Per prima cosa, appena arrivata in centro, passò dal fioraio per prendere dei nuovi fiori freschi. Era lunedì, i fiori delle due settimane precedenti erano appassisti e lei non poteva sopportarlo. Inoltre la sua bambina amava odorarli ogni mattina poco prima di andare a scuola perché le ricordavano di casa e poteva andare a scuola senza che la mamma le mancasse. Quindi quella mattina Eveline si fece consigliare dal fioraio di fiducia ed uscì con un bel mazzo di margherite e tulipani. Poi passò al forno e prese del pane ed infine da una dolce signora all’angolo della strada che ogni settimana si premurava di prepararle una scorta di verdura, per te e per il tuo angelo. Era passata da lei solo qualche volta con Cloé, non usciva spesso con lei perché aveva paura che si ammalasse, un’altra fobia da neomamma, le diceva il padre. Tutti però amavano quella bambina, la sua spontaneità, le fossette sulle guance, i ricci e gli occhi curiosi che la caratterizzavano.
Finite le commissioni tornò di fretta a casa e sistemò tutto quello che aveva comprato. Era felice di potersi prendere cura della sua casa, la faceva sentire cresciuta ed indipendente.
In seguito prese il laptop dallo studio, dove teneva un’enorme foto di Cloé sulla parete, ed iniziò a lavorare. Impostò la sveglia alle 12:10, la bambina sarebbe uscita alle 12:20 e lei impiegava giusto cinque minuti per arrivare all’asilo. Si sarebbe sbrigata a svolgere il lavoro che Zoe le aveva mandato per email, poi glielo avrebbe spedito per passare il pomeriggio con la sua bambina, magari portandola anche a pranzo fuori.
 
Quando era uscita di casa, alle 12:10, il sole era fin troppo alto in cielo e si sorprese che già a maggio facesse così caldo. Chiuse la porta ed iniziò ad incamminarsi verso l’asilo, al telefono col padre che l’aveva chiamata proprio per sentire la sua nipotina.
“Papà sono quasi arrivata, appena entro te la passo immediatamente!”
“É cresciuta?” Le chiese impaziente.
“Papà, santo cielo! L'hai vista venerdì, siamo a lunedì, non é che cresca così tanto.” Disse divertita.
“Lo dici tu. Quando me la porti ogni fine settimana ha sempre i capelli più lunghi ed é anche più alta di qualche centimetro.” Le disse indispettito.
“Papà ma se le aggiungi i centimetri sul muro solo per farla contenta!” rise “va a finire che quando avrà cinque anni sarà più alta di me!”
“Guarda che non ci vuole mica molto.” Le ricordò poi. Si pentì subito di quello che aveva detto e si fermò dal maledirsi.
“Papà, per favore” vide una collaboratrice aprire la porta e sorrise “ora hanno appena aperto la porta, aspetta.” Salì pochi scalini e si ritrovò in poco davanti alla classe della figlia, mentre il padre ancora la prendeva in giro per la sua statura.
Appena la bambina la vide iniziò a saltellare, indicando la sua figura come proprio gli altri suoi compagni indicavano quella dei rispettivi genitori. Eveline vide Cloé indicarle una bambina e sorridere nella sua direzione.
“Papà mi sembra che Cloé abbia una nuova amichetta... Aspetta che te la passo! Ciao amore mio” si abbassò alla sua altezza, le baciò una guancia “amore c'è il nonno al telefono” glielo porse “dopo passamelo per favore, okay?” La bambina sorrise ed annuì “va bene mammina, quanto sei bella!” prese il telefono ed iniziò a parlare “ciao nonno ho una nuova amichetta!” attese “si chiama Sophie ed é bellissima nonno, proprio come la mamma! É una nuova compagna di classe” si fermò, aspettò che il nonno le rispondesse “ha i capelli come me e gli occhi sono verdi, l'ha detto la maestra” le venne un’idea “ora ti faccio parlare con lei!”
Eveline arrossì imbarazzata quando Cloé si avvicinò alla bambina che stava infilando il cappottino con l’aiuto del papà.
“Cloé no! Dobbiamo chiederlo al papà di Sop-” il respiro le si mozzò in gola e credette per qualche secondo di cedere. Si appoggiò alla parete dietro di lei e respirò profondamente, una mano sul ventre ed il caos attorno a lei che non sembrava più nulla ed il cuore che le batteva forte nel petto dal momento in cui aveva incontrato un paio di occhi verdi.
Aprì la bocca in cerca d’aria, la sua Cloé intanto aveva iniziato a parlare insieme al nonno con la sua nuova amica Sophie ed il padre della bambina continuava a fissarla mentre le due erano già uscite dalla classe.
“Eveline” sussurrò lui, si avvicinò a lei “sei t-”
Harry” deglutì. La ragazza cercò in tutti i modi di ricomporsi. Portò i ricci dietro le spalle, lisciò le mani sudaticce sui jeans e tirò giù le maniche della maglia. Dopodiché salutò l’insegnante, che ricambiò, e fece per uscire.
“Cloé?” La richiamò “Cloé dobbiamo andare amore!” Esclamò cercandola con lo sguardo, quando si sentì afferrare da dietro, sentì qualcuno prenderle il polso e strattonarla.
“Eveline” mormorò “sono Harry.”
“So chi sei” rispose fredda “ora ti prego lasciami and-” il ragazzo sbarrò gli occhi.
“Cosa? No! Sono tornato in Francia.”
“Oh dio.” Sibilò ad occhi chiusi. Dovette appoggiarsi ad una ringhiera perché il peso delle sue parole era pressoché insostenibile.
“Qualcosa non va?” Le domandò quasi preoccupato “mi sei mancata da morire.” E fece per abbracciarla, ma lei lo scansò prontamente.
“Harry io non credo ch-”
“Mamma!” Si voltò ed emise un sospiro di sollievo.
“Cloé” si asciugò delle piccole lacrime sotto gli occhi “amore dobbiamo andare a casa, saluti Sophie?” La bambina la guardò dispiaciuta e si rivolse alla piccola amica.
“Mamma ma noi volevamo andare al Mecdonaldss insieme” si rattristò “perché non lo chiedi al suo papà?” Eveline sbarrò gli occhi. In quel momento avrebbe voluto che la timidezza che aveva trasmesso a sua figlia avesse la meglio.
Daddy” Sophie si avvicinò ad Harry “possiamo andare, per favore?” Chiese con voce piccola ed educatamente.
Intanto Cloé aveva restituito il cellulare alla mamma, che la stava rivestendo pronta per portarla a casa.
Sweetie pie it’s okay, we can” guardò le due francesi “con Cloé e sua mamma?” Ammiccò ad Eveline che si trovò per l’ennesima volta a chiudere gli occhi sotto il suo sguardo curioso.
“Sì, per favore.” Disse sempre educatamente.
Harry si voltò verso la figura della sua bambina e “Vuoi venire?” Le domandò sorridente. Eveline in quel momento, estremamente a disagio, sperò in tutti i modi che gli occhi magnetici di Harry non avessero catturato la curiosità della figlia, che non l’avessero presa e portata via come avevano fatto con lei.
“Mami per favore!” La implorò Cloé. La giovane venticinquenne si trovò ad annuire, prendendo la bambina per una mano e rivolgendosi ad Harry.
“É okay, veniamo anche noi.” Sorrise in direzione della sua bambina. Cloé sorrise ed aprì le braccia. La mamma la prese prontamente e le cosparse il viso di baci qua e là, sempre contenta di averla resa felice. Averla accanto in quel momento la faceva sentire sicura ed invulnerabile.
 
“É bellissima” sorrise Harry mentre uscivano fuori dal fast food. Gli occhi di Eveline si riempirono di lacrime perché ogni volta che vedeva il suo sorriso aveva la strana voglia di piangere, incredula che in quelli si potesse racchiudere così tanta bellezza “quando é nata?” Le domandò curioso. Eveline tossì e si aggiustò la borsa sulla spalla.
“Dicembre” lo guardò “era abbastanza freddo quando é nata” alzò le spalle “e lei?” Osservò poi le sue bambine giocare insieme all’entrata del parco, invitandole ad entrare.
“Lei é più piccola, é nata a marzo. Però hanno accettato di prenderla nell’anno precedente perché sto lavorando.” Si sistemò i capelli, nervoso.
“Già hai trovato lavoro?” Chiese insospettita.
“L’azienda per cui lavoravo a Los Angeles mi ha trovato un posto qui. Quando Tanya ha deciso di lasciarmi Sophie ed andarsene ho deciso di tornare qui perché-”
Daddy?” sentì una manina tirargli la giacca “daddy puoi aiutarmi?” fece fatica a pronunciare “la scarpa.” Indicò poi. Harry si abbassò prontamente alla sua altezza e le allacciò la scarpina, baciandole una guancia.
“Vai sweetie pie.” Si alzò e fronteggiò la ragazza. Serrò la mascella, chiuse gli occhi e allargò le narici. Era un gesto che faceva quando era nervoso o divertito, ma in quel momento col cuore a mille non poteva essere altro che agitato. Si morse le labbra e allargò le mani come per fissarle sulle spalle della ragazza, ma le rimise subito giù. Aprì gli occhi, chiuse le mani e la guardò fisso. Eveline aveva iniziato a pensare che fosse diventato matto perché in due secondi si era mosso più della sua piccola Cloé di notte.
“Sono tornato in Francia perché mi mancavi da morire.” Eveline abbassò lo sguardo e non reagì. Semplicemente sorrise e alzò le spalle. Sapeva di non averlo mai dimenticato e sperava che lui avesse fatto lo stesso.
 
 
Quella sabato sera Eveline aveva lasciato per la prima volta Cloé a casa da sola con il padre, di sera! Certamente lui l’aveva rassicurata e le aveva detto di stare tranquilla, ‘ché non si sarebbe dovuta preoccupare della sua bambina perché ci sarebbe stato lui e l’avrebbe viziata nel migliore dei modi. Fortunatamente sarebbe tornata a casa per la notte e l’avrebbe potuta stringere a lei come se quella serata fosse stata solo una parentesi.
“Mami sei una principessa questa sera” Cloé saltellò attorno alla figura della madre con gli occhi che le luccicavano “mamma chi é il tuo principe azzurro?” Le chiese sedendosi sul letto della loro stanza nella casa parigina del nonno.
“Non ho un principe azzurro amore mio, tu sei tutto quello di cui ho bisogno.” Le baciò i ricci folti e finì di sistemarsi le pieghe del vestito blu che aveva deciso di indossare quella sera. Nonostante Harry avesse deciso di portarla solamente a mangiare un boccone –sue parole, di quel sms che le aveva mandato due mattine prima– lei doveva sentirsi elegante perché altrimenti le sarebbe sembrato di tornare ai vecchi tempi e non lo voleva, non lo voleva proprio. Si sarebbe illusa di nuovo e sarebbe stato un ennesimo sbaglio.
Era legato attorno al collo e scendeva morbido sul suo corpo, accentuandole quando possibile le curve. Aveva deciso di indossare un paio di scarpe alte, la sua bambina le aveva detto che tutte le principesse le indossavano, allora aveva preso un paio di décolleté quella mattina, mentre andavano dal padre e aveva abbinato anche una graziosa pochette. Il tutto era finito con un tocco di classe si capelli ed un trucco impeccabile. Ma, soprattutto, un delizioso rossetto rosso che l’ingenuità di Cloé aveva scelto per lei. Non sapeva che Harry adorava vedere le sue red lips and rosey cheeks, Cloé era definitivamente sua figlia.
Per la prima volta, quel sabato sera, il padre e la figlia la videro andare via, sorridente.
“Ora che facciamo piccolina?” Le chiese il nonno, entusiasta di passare una serata con la sua nipotina. Cloé, che l’aveva visto sempre come un punto di riferimento, gli baciò una guancia.
“Cuciniamo, nonno, poi ci vestiamo da principesse.” Allora scese dal divano ed aprì il frigorifero.
“Come si fa una pizza?” Chiese innocentemente. L’uomo non poté far altro che sorridere alla vista della piccolina davanti a delle aspettative tanto grandi. Si avvicinò a lei, la prese in braccio ed iniziò a prendere gli ingredienti, non prima di averle ricordato quando speciale fosse per lui e quanto le volesse bene, dopo averle stampato un bacio sulla guancia.
 
Eveline arrivò davanti al ristorante alle otto e trenta in punto, giusto in tempo per scorgere Harry vicino alle porte. Lo vide masticare una gomma e ci volle davvero poco a far scattare la sua libidine al massimo perché vederlo così le faceva venire voglia di baciarlo tutto.
 
Nonostante tutto.
 
Lo vide parlare al telefono, concentrato, ma sorridente.
I’ll come home, love, don't worry” aspettò “she's sweet, she will take care of you while I'm away” sospirò ridendo ed Eveline parve sollevarsi con la sua risata “see you later sweetie pie!” Chiuse la chiamata e si voltò, ignaro della silenziosa spettatrice alla sua telefonata. Il sorriso che aveva in volto si allargò ancora di più quando vide quanto fosse in realtà bella la ragazza davanti a lui. Le osservò i capelli tirati su, le labbra rosse e le guance rosa, poi il nodo perfetto del vestito attorno al collo ed anche le curve messe in risalto dalla stoffa.
Era uno spettacolo.
Harry si ritrovò a sorridere come un bambino alle prime armi, con le fossette sulle guance, gli occhi lucidi e le mani nei capelli.
Eveline, invece, lo guardò senza lasciar trasparire troppo le sue emozioni, semplicemente si fermò ad osservare quanto fosse elegante con quella giacca e con quei pantaloni aderenti e sorrise col cuore a mille. La camicia leggermente sbottonata, in modo da far vedere qualche tatuaggio. Certamente lei era già partita quando lo aveva visto masticare la gomma, ma guardarlo con il petto semi scoperto fu qualcosa di più arduo da subire. Aveva il suo cazzutissimo fascino inglese, che gli aveva donato gli occhi chiari e la pelle diafana, quella sera ancora abbronzata dal sole di Los Angeles.
“Ciao” mormorò lei “come va?” Tentò di rompere il ghiaccio.
“Sei bellissima” le rispose lui “sei davvero breathtaking!” Eveline rise timidamente, coprendosi la bocca “davvero.” Si avvicinò a lei e le prese le mani. Voleva davvero baciarla perché gli anni non sembravano essere mai passati, fra di loro. Sentiva gli occhi lucidi e il petto stretto in una morsa mentre le gambe gli tremavano spaventosamente. Perché lei era sempre più bella e aveva capito di non averla mai dimenticata, di averla sempre amata.
“Entriamo?” Domandò, lei, avendolo visto cambiare espressione un paio di volte.
“Sì” rispose lui, quasi risvegliatosi “ho prenotato io.” E sorrise mostrandole due fossette adorabili mentre mano nella mano si dirigevano nel ristorante. Harry fece intrecciare le loro dita, come se le cose fra loro due fossero magicamente tornate come prima. Eveline non era della stessa opinione perché non avevano ancora parlato e lei... Non gli aveva detto nulla. In fin dei conti non era ancora passata una settimana da quando si erano visti per la prima volta. Aveva accettato di uscire a era fuori con lui solamente sotto ricatto di Zoe, che le aveva fatto una proposta indecente. Le aveva detto che, se lei non fosse andata a cena fuori con Harry, sabato sera, lei avrebbe preparato una era a casa sua, invitandolo. Era stata costretta ad accettare perché per un momento aveva immaginato come sarebbe stato e si era detta che le cose imbarazzanti non facevano per lei. Dunque aveva preferito uscire sola con lui, in quel tranquillo sabato sera, per una cena fra.. Amici? Cos’erano? Compagni di classe? Genitori?
Styles” disse Harry al primo ragazzo che gli era arrivato davanti “un tavolo per due.” Disse con gentilezza spostandosi i capelli nervosamente, sciogliendo qualche modo con le dita affusolate. I suoi ricci erano indomabili, incontrollabili e in specifiche occasioni anche più impazziti di lui.
Il giovane non ci mise poi molto a portarli al tavolo assegnato per loro, ed Eveline, appena arrivata, ebbe un colpo al cuore.
Non aveva forse riconosciuto dove l’aveva portata, ma si era resa conto subito, immediatamente, che la vista che aveva davanti l’aveva ammirata già, e non solo una volta. Non disse nulla, ma si ricordò solamente quanto bene era stata quella sera, prima che Harry... se ne andasse.
“Come mai qui?” Domandò appena Harry le sistemò la sedia. Il riccio si sedette davanti a lei, avvicinò la sedia e le prese una mano. Istintivamente Eveline provò a toglierla, ma lui la strinse più forte. Odiava non capire.
“Perché sono tornato e... Qui ci siamo detti addio” sospiro “mi avrebbe fatto piacere portarti qui per il semplice fatto che io non ho visto una fine, quella sera, ma solo una pausa
“Quattro anni la chiami pausa?” Disse indispettita. Gli lasciò la mano e la posò sulle gambe, che muoveva all’impazzata. Harry la guardò con gli occhi in due fessure ed il labbro fra i denti.
“Ho sbagliato, ad andarmene senza dirtelo, ma in quel momento c'erano troppi problemi in famiglia e fammi parlare” la bloccò appena lei tentò di dirgli qualcosa “ho lasciato la parte più importante di me e non so come tu abbia fatto a lasciarmi così facilmente. Ci sono voluti anni per m-”
“Harry” sibilò ad occhi chiusi “siamo venuti qui per...? Insomma se sei venuto qui per rinfacciarmi il fatto che io abbia una figlia non mi sembra onesto da parte tua. Primo perché una figlia ce l'hai anche tu, secondo perché.. Harry come pensi che tutto possa tornare come prima? Tu hai una bambina che non é la mia ed io...” Si morse il labbro, guardando in basso.
“Anche tu hai una bambina che non é la mia, entrambi siamo stati abbandonati e-”
Il mondo parve fermarsi per qualche secondo, prima che Eveline intervenisse. Era arrivato il momento di dire la verità ad entrambi e di mettere le cose in chiaro con Harry, una volta per tutte. Non per una relazione, ma per correttezza. Ed Eveline si lasciò prendere dall’istintività, lasciando scappare parole preziose dalle sue labbra.
“Cloé é tua figlia, non sono stata con nessun ragazzo, oltre a te.” Confessò con gli occhi bassi.
Harry, d’altro canto, non sapeva se alzarsi in piedi ed andarsene oppure stare a sentire le assurdità che aveva da dire. Le emozioni si susseguirono così velocemente sul suo volto, nel suo petto che non gli parve nemmeno tanto surreale.
“Che cosa stai dicendo?” Mormorò a denti stretti. Gli occhi fissi sulla ragazza, il verde limpido quasi scuro e le mani che avevano iniziato a torturare i bottoni della camicia.
“É tua figlia” deglutì “mi sono resa conto di essere incinta solo due mesi dopo la tua partenza e non mi sembrava giusto farti tornare qui per... Me, o per lei che non conoscevi nemmeno.” Disse piano.
Harry si mise le mani sul volto, incapace di sentire le parole di Eveline.
“Perché l'hai fatto? Le hai negato la gioia.. Di un padre e tu sei stata sola tutto quel tempo. Come hai fatto? Come stai facendo ora?” Allora lei alzò lo sguardo.
“Se dovevi tornare perché ti faccio pietà potevi rimare anche a Los Angeles. Ce l'ho fatta, da sola, penso si capisca, no?” Disse con la voce che le tremava. Iniziò a pensare di andarsene perché non voleva solamente fargli pena.
“Non sto dicendo questo, ti prego non fraintendere le mie parole” la guardò negli occhi e le parlò letteralmente col cuore in mano “io sono stato un cretino ad andarmene, lo capisco, comprendo la tua delusione e la tua voglia di non chiamarmi. Sappi solo che sarei venuto subito, sarei corso da te, sarei corso a piedi ed avrei attraversato letteralmente l’Oceano per venire da te e farti stare meglio. Non sono uno stronzo, me ne sono andato non volendolo. L’unica cosa che volevo era stare con te, ma avevo altri problemi in famiglia e tu sai quanto possano essere pressanti. Io ti amavo, io ti... Amo” sussurrò guardando il basso, alzò le spalle “e se tu sei arrabbiata con me perché pensi che sia stato uno stronzo, beh mi dispiace, ma non l'ho fatto apposta era quasi fuori controllo. Avevo ventitré anni ed i miei genitori ancora potevano controllarmi come una marionetta” si alzò, fece il giro del tavolo e si avvicinò alla ragazza “so quanto possa essere difficile per te darmi la tua fiducia, so quanto fidarti di qualcuno sia difficile per te, però... Io ti ho detto la verità. Ti amo, non ho mai smesso. E se ti stessi chiedendo da cosa é nata Sophie.. Beh... Letteralmente da niente perché sono la persona più stupida del mondo se pensavo di dimenticarti in quel modo. O se semplicemente pensavo di dimenticarti.” Tornò a guardarla negli occhi. Eveline teneva la testa china, le pupille lucide e qualche lacrima a rigarle il viso. Come l’avrebbe detto alla sua piccola Cloé? Come le avrebbe spiegato che quello lì davanti era suo padre quando lei pensava solo che fosse un semplice genitore? Le avrebbe stravolto il mondo e Cloé veniva prima di lei. Era sempre venuta prima di lei. Allo stesso tempo, sempre per il suo bene, la ragazza era in qualche modo costretta a darle un padre anche non essendo coinvolta emotivamente, proprio come aveva fatto la mamma di Sophie. Ma come avrebbe fatto, lei, a non essere coinvolta emotivamente?
Rivolse il suo sguardo insicuro verso Harry, si asciugò qualche lacrima ed inspirò a pieni polmoni. Si alzò, prese il viso di Harry fra le mani e lo baciò. Irrazionalmente e con non poco coraggio. Fu come tornare a respirare, a sorridere e sentire le sue mani alla base della sua schiena la fece sentire dieci centimetri più alta del solito, sollevare dal pavimento. Sentiva lo stomaco in subbuglio, gli occhi sempre più lucidi ed il cuore che non aveva smesso di batterle all’impazzata da quando aveva fatto scontrare le loro labbra.
Ed il petto di Harry pareva aver iniziato una corsa inarrestabile, una maratona infinita che lo aveva portato ad abbassarsi ed alzarsi a dismisura, senza sosta, gli occhi stretti, serrati, e l’amore di una vita fra le braccia.
 
Da: Eve
Papà questa sera non tornerò per dormire, rimango da Liam e Zoe. Per favore dai mille baci alla mia bambina e ricordale che é la più speciale. Vi amo, baci.
 
Rise ancora mentre Harry la portava in braccio nelle stanze superiori dell’hotel, il vino che aveva ordinato per quella sera li aveva letteralmente resi brilli e non in grado di guidare verso casa. La fece sentire come una principessa quando la poggiò sul letto, si abbassò su di lei e le sussurrò.
“Sei bellissima.” Prima di baciarla.
Chiuse gli occhi istantaneamente e prima che lui potesse alzarsi lo portò sul suo corpo. Le mani strette in due pugni sulla sua camicia e le labbra a tempestagli le guance di baci mentre lui la stringeva forte al suo petto.
“Mi sei mancato così tanto” sussurrò con voce piccola, poi rise appena “non pensavo che mi avresti mai perdonato per averti tenuta nascosta la verità. Mi ami così tanto ed io non posso.. Non posso fare altro.” Lo guardò negli occhi e fece sfiorare i loro nasi.
“Tu mi ami ancora?” Le chiese baciandole la fronte.
“Pensavi avessi smesso?” Mormorò sulle sue labbra.
“Avevo paura.” Iniziò a baciarle il collo, slacciandole poi il vestito, abbassando i nastri sulla stoffa blu. Continuò e le baciò le guance.
“Tu mi hai insegnato che se stiamo insieme non dobbiamo aver paura. Dobbiamo solamente credere l’un l’altra. Ed io credo in te perché ti amo da morire.” Gettò a terra la sua camicia e per l’ennesima volta lo baciò, sicura però che non sarebbe stata l’ultima.
 
Quando poco dopo si trovò nuovamente nuda sotto di lui, che la accarezzava e si prendeva cura del suo corpo come non aveva mai fatto era completamente nel pieno della sua irrazionalità. Non badava ai gesti, alle parole, ma si lasciava semplicemente andare perché tutto quello le era mancato e non voleva più che qualcuno glielo negasse. Si stavano amando, di nuovo.
Ed Harry spingeva delicatamente dentro di lei, impaurito che la sua dolce bambola gli si rompesse fra le braccia. La sentiva tremare e non gli sembrava vero di provare ancora quelle stesse sensazioni che per un tempo così lungo gli erano state portate via. L’amava forse più di se stesso ed Eveline poteva capirlo. Sotto di lui, con gli occhi chiusi e le mani fra i suoi capelli mentre con le labbra imprimeva il suo profumo sulle sue, cullata dal suo movimento dolce e dalle sue mani che non la lasciavano per un secondo.
Nemmeno nel momento più delicato, nel momento in cui entrambi raggiunsero il piacere senza neanche accorgersene. Fissi l’uno nello sguardo dell’altra in quella danza fatta di silenzi che dicevano molto più di ore spese a blaterare.
E la sensazione più bella fu sicuramente quella di sentirsi coccolati, amati, sotto le coperte che li avevano visti dirsi addio qualche anno prima.
Perché in quel momento il loro era tutt’altro che un addio.
   
 
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