Capitolo
1
“Eiko”
La
primavera è arrivata in anticipo quest’anno, quasi
avesse
avuto fretta di far fiorire i ciliegi del lungo viale che si estende
dai
cancelli della tenuta fino al portone della maestosa villa
d’epoca. È una
mattina luminosa, tuttavia la brezza pungente del lungo inverno nevoso
è ancora
percepibile. Emergo dalle coperte con un sonoro sbadiglio. Durante la
notte non
sono riuscita a chiudere occhio per l’emozione. Oggi
è il primo giorno di
scuola. Finalmente sono una studentessa del terzo anno.
Sorrido
tra me e me quando sento un colpo di nocche alla porta
della mia camera.
«Eiko,
sei sveglia?».
Rispondo
alla domanda emettendo un mugugno indistinto. Ora che è
arrivato il momento di alzarsi mi sento improvvisamente assonnata.
«Hai
di nuovo passato la
notte in bianco?».
Naoko,
la mia
insostituibile sorella maggiore, si avvicina al letto con un sorriso di
stupore
sulle labbra. La osservo con attenzione mentre cammina verso di me. Il
suo viso
è radioso come sempre. I suoi splendidi occhi neri luccicano
di tenerezza
mentre con una mano cerca di sistemare i miei capelli arruffati. Lei
invece è
perfetta. La sua pelle è candida come porcellana, i suoi
capelli brillano come
fili di seta corvina, nella sua voce c’è sempre
una dolcezza materna. Il calore
delle sue carezze riscalda il mio animo, accendendo in me il buon
umore. Adoro
essere svegliata da lei.
«Non
vorrai arrivare in
ritardo il primo giorno di scuola?», si accerta, lasciando
sfuggire dalle
labbra una risatina divertita. Probabilmente in questo momento i miei
occhi
sono cerchiati di nero, ed io assomiglio ad un piccolo panda stordito.
Stropiccio
energicamente
le palpebre e scuoto la testa per scrollarmi di dosso la stanchezza. Mi
libero
delle coperte con un gesto lento e mi alzo, quando
l’improvviso schianto della
porta mi fa ricadere indietro sul materasso.
«Buongiooorno!».
«Buongiorno
anche a te», balbetto tenendo una mano sul cuore e
respirando affannosamente: i buongiorno di mio fratello Tatsuo hanno
sempre un
impatto molto incisivo sulla mia salute.
Sfoggiando
un profondo inchino, degno del migliore attore
teatrale, annuncia a gran voce: «La colazione è
pronta, mia principessa».
Io
e Naoko ci scambiamo uno sguardo di complicità e al suo
segnale corriamo verso di lui, afferrando ognuna un suo braccio e
trascinandolo
fuori dalla mia stanza.
«Fa
sempre piacere essere accompagnato da due graziose
fanciulle», commenta mio fratello orgoglioso, portando il
petto in fuori.
Di
tutti e tre, io sono l’unica ad indossare ancora il pigiama,
ma questo non mi fa assolutamente sentire fuori posto. Mentre
percorriamo il
lungo corridoio del primo piano, Tatsuo ci intrattiene con storie
divertenti,
inventate sul momento per farci sorridere. Questa è di
sicuro la sua qualità
migliore. L’innata capacità di portare gioia alle
persone che lo circondano, di
alleggerire la più tetra delle atmosfere in pochi attimi.
Accanto a lui è
impossibile sentirsi abbattuti o sfiduciati. Come primogenito, e quindi
futuro
presidente della compagnia di famiglia, ci si aspetterebbe da lui una
personalità
seriosa e composta. E in effetti quando si tratta di lavoro
è incredibilmente
affidabile e capace. Tuttavia io preferisco il Tatsuo della sfera
privata, il
fratello maggiore spontaneo e solare, sempre pronto a regalare una
risata e a
spargere ovunque il buon umore. Tatsuo è quel tipo di
persona che vede sempre
il bicchiere mezzo pieno, che riesce a trarre vantaggio da una
situazione
all’apparenza disperata. Ha una grande forza di
volontà e un’incrollabile
tenacia. La sua energia, quella sua incontenibile gioia di vivere sono
per me
come la luce di un faro nelle tenebre del mare notturno. Anche se
dovessi
perdermi, so che quel bagliore intenso mi raggiungerebbe, mostrandomi
la via.
Quando
infine giungiamo nella sala da pranzo, io e Naoko stiamo
ancora ridendo di gusto, completamente rapite dalla brillante
narrazione di
Tatsuo.
«Vedo
che ci siamo alzate di ottimo umore».
La
voce profonda e calma di mio padre richiama la mia attenzione
sulla lunga tavola imbandita.
«Buongiorno,
papà».
Seduto
ad un capo del tavolo, mi sorride teneramente, invitando
me e miei fratelli ad unirci per la colazione. I miei occhi scivolano
quindi
sulla splendida figura alla sua destra, mentre prendo posto fra Naoko e
Tatsuo.
«Buongiorno,
mamma».
«Buongiorno,
darling», risponde lei, con la solita grazia della
sua melodiosa voce.
Infine
rivolgo la parola alla donna che siede alla sinistra di
mio padre: «Buongiorno anche a te, zia Azumi».
«Buongiorno,
piccola Eiko», pronuncia lei a sua volta,
inspirando la fragranza del tè al ginseng, il suo preferito.
Ogni mattina ne
beve due tazze.
La
mia è una famiglia di origini miste. Mio padre è
giapponese,
mentre mia madre è britannica. Da quando sono nata le
persone hanno sempre
detto che assomiglio a mia madre. Tatsuo e Naoko, invece, hanno preso
dal ramo
di nostro padre. Anche i miei cugini hanno sangue misto nelle loro
vene, dal
momento che mia zia Azumi ha sposato il fratello maggiore di mia madre.
In
questi giorni, però, lo zio Leonard non è con noi
poiché si trova in Germania
per conto della compagnia. Come vicepresidente della filiale di Tokyo,
è stato
incaricato di raggiungere la capitale tedesca per dirigere la
costruzione del
nuovo Grand Hotel Royal Green. La famiglia Wadsworth è
infatti fondatrice della
più antica e rinomata catena di edifici turistici ispirati
alle bellezze
naturali e all’architettura dell’Inghilterra
vittoriana. Molti nobili europei
del passato hanno alloggiato nelle storiche camere della sede
principale di
Londra, che attualmente si trova sotto la direzione dello zio Alan,
fratello
maggiore di zio Leonard e di mia madre.
«Hai
di nuovo fatto le ore piccole nel letto, vero Eiko?».
Yoichi,
seduto all’altro lato del tavolo, solleva il cucchiaino
da tè a mezz’aria e inizia a disegnare cerchiolini
nel vuoto, simulando i segni
delle miei occhiaie e sogghignando con malizia.
«Non
è come pensi», rispondo imbarazzata, avvertendo un
lieve
tepore sulle guance provocato dalla sua tacita e piccante allusione.
«Ti
prego di non attribuire alla nostra Eiko gli atteggiamenti
promiscui del tuo ambiguo essere».
In
mio aiuto accorre Seiichi, primogenito di zia Azumi. È di un
anno più giovane di Tatsuo, ma la sua compostezza, la
raffinatezza nel suo
parlare, l’eleganza dei suoi gesti a volte mi fanno dubitare
della sua vera
identità. Ogni tanto mi ritrovo a pensare che il suo corpo
sia in realtà
abitato dallo spirito di un antico principe, intrappolato nel suo
lontano
passato e ignaro dei mutamenti sociali avvenuti nel corso dei secoli.
L’espressione
inebetita sul volto di Yoichi esprime perfettamente
anche la mia confusione.
«Voleva
dire che Eiko non è una pervertita come te che passa le
notti a leggere manga e riviste porno».
Questa
volta è Haruka a parlare, l’ultima figlia di zia
Azumi.
Contrariamente al suo aspetto grazioso, Haruka ha una
personalità molto forte
ed è sempre diretta quando parla alle persone. Ci sono
momenti in cui vorrei
avere la sua spigliatezza per esprimere i miei sentimenti senza
vergogna.
«Che
cosa stai facendo, fratellone?».
Seguendo
con lo sguardo il tono monocorde della voce di Shizuka,
quartogenita di zia Azumi, tutti i nostri occhi ruotano sul ragazzo
seduto al
suo fianco.
«Non
lo vedi? Sto cercando di stabilire un contatto con lo
spirito di Miyu», risponde Mikio, con fare solenne e grave, senza sollevare il volto
dalla ciotola di
latte fumante. Le sue mani fluttuano sopra la densa bevanda bianca
creando al
loro interno una sfera immaginaria. L’espressione
assolutamente concentrata sul
volto del secondo figlio di zia Azumi ricorda quella di un chiromante
intento a
leggere nella boccia di cristallo le infauste rivelazioni di un oscuro
avvenire. Tra tutti i membri della mia famiglia non vi è
dubbio che Mikio si
distingua per la sua eccentricità e stravaganza. Le sue
azioni, le sue parole,
i suoi stessi pensieri sembrano il mero frutto di una genuina,
imprevedibile ma
innocua follia. È impossibile anche solo ipotizzare che cosa
passi per la sua
mente, quale sia la fonte del suo incomprensibile agire. Ma non
è una cattiva
persona. O almeno non credo che qualcuno capace di versare lacrime per
la morte
del proprio gatto possa esserlo. Si, Miyu era la gattina di Mikio.
È venuta a
mancare due mesi fa. Era molto anziana e debole.
Anna,
una delle numerose domestiche al servizio della famiglia
Wadsworth, si avvicina alla mia sedia. Nella sua mano destra scorgo con
la coda
dell’occhio una piccola coppa di vetro azzurro, riempita con
decine di pezzetti
di frutta fresca di stagione.
«La
sua colazione, signorina Eiko», annuncia posizionando la
coppa di fronte a me, mentre i miei occhi si illuminano alla vista del
delizioso breakfast. Senza indugiare, afferro la brocca più
vicina e verso il
latte sulla squisita macedonia con un sorriso che si allarga da un
estremo
all’altro del mio volto.
«Non
capisco come possa piacerti tanto la frutta?», mi domanda
Haruka, i cui gusti alimentari le proibiscono di ingerire qualunque
cosa possa
definirsi dolce.
Da
quanto ricordo, infatti, non l’ho mai vista mangiare nulla
che non fosse ridicolamente salato o bere qualcosa che non fosse
estremamente
amaro. E in questo siamo agli antipodi. Dal canto mio, non riesco
proprio a
immaginare una dieta senza zuccheri: sarebbe deprimente. I cibi dolci
riescono
a risollevare lo spirito dalle fatiche quotidiane e sono
l’anima di qualsiasi
party che si rispetti. Non che io possa definirmi un animale da festa,
ma trovo
incredibile come una torta di compleanno, una scatola di cioccolatini
di San
Valentino, o il semplice profumo dei biscotti fatti in casa riescano ad
allentare la tensione anche sul volto più indurito. Senza
contare che il
cioccolato è considerato tra i migliori rimedi per guarire
un cuore infranto.
Ma forse il carattere schietto, spesso cinico, di Haruka non
è altro che una
conseguenza della sua avversione per i dolci.
Al
termine del pasto mi alzo dalla tavola affollata e mi dirigo
nella mia stanza per preparami ad uscire. Quando apro la porta, appesa
a una
delle maniglie delle nove ante che compongono l’immenso
armadio sulla parete,
trovo la mia divisa scolastica, perfettamente stirata e intrisa del
profumo
della lavanderia. La osservo per qualche secondo col cuore in
trepidazione,
nutrendo il mio animo di felici propositi per il nuovo anno accademico.
Come
giovane studentessa, non posso affermare di avere vissuto
un’intensa vita scolastica, né di aver fatto tutte
le esperienze tipiche della
mia età, che si tratti di amicizie o di interessi romantici.
Non sono mai stata
una ragazza socialmente attiva, a causa della mia natura introversa e
insicura,
quanto piuttosto un’attenta spettatrice. Ascoltare o essere
testimone delle
esperienze degli altri, senza viverle in prima persona, mi ha fatto
sentire
ugualmente coinvolta nell’intricata rete delle relazioni
sociali. Durante gli
anni passati ho acquisito numerosi ricordi indiretti grazie ai racconti
e alle
confidenze dei miei vecchi compagni di classe. È vero che
non ho amici né
nemici, ma non sono del tutto asociale. Semplicemente non sono ancora
riuscita
a costruire un relazione abbastanza forte con qualcuno che possa
considerarsi
un’amicizia o una rivalità. E ovviamente i legami
famigliari non contano.
Essere amati dalla propria famiglia dovrebbe essere scontato, naturale.
Ma ci
sono cose di cui non si riesce proprio a discutere con la famiglia, per
quanto
unita possa essere. Ed è solitamente in questi casi che
entrano in gioco gli
amici, quasi sempre coetanei.
Entro
nel piccolo bagno annesso alla mia camera per una doccia
rapida: sono in ritardo sulla tabella di marcia. Indosso la divisa e le
scarpe
quando Naoko compare sulla soglia offrendosi di sistemare i miei
capelli. Con
la mano indica la sedia vicino alla scrivania, di fronte alla finestra
socchiusa che affaccia sul parco della tenuta. Appena prendo posto
davanti a
lei, uno sbuffo di vento primaverile sfiora la mia pelle ed io inspiro
il tenue
profumo delle rose arancioni proveniente dagli splenditi giardini,
curati
secondo il classico gusto inglese. Ovunque si posi lo sguardo, la villa
Wadsworth sembra voler rendere omaggio alle nobili ed eleganti magioni
dell’Inghilterra vittoriana.
Chiudo
gli occhi concentrandomi sul calore confortevole del fon
che accarezza i miei capelli, mentre i lunghi denti della spazzola
corrono
dall’alto della mia testa fino alle spalle, dividendo la mia
chioma umida in
piccole ciocche. Di tanto in tanto sento le dita di Naoko indaffarate a
sciogliere qualche nodo formatosi sulle estremità. Il suo
tocco è delicato come
una carezza e provoca un piacevole solletico. Completata
l’asciugatura,
percepisco la sua figura sporgersi sopra di me per raccogliere il
fermaglio in
bella vista sulla scrivania. È forse l’oggetto a
cui sono più affezionata. Il
giorno in cui sono diventata una studentessa delle medie, poco prima di
uscire
di casa per raggiungere la scuola e partecipare alla cerimonia di
benvenuto,
Naoko si è offerta di preparare la mia acconciatura, proprio
come oggi. Una
volta terminato, mi ha accompagnata di fronte al grande specchio a
figura
intera, posizionato accanto alla scrivania, e con un secondo specchio
rotondo,
abbastanza piccolo da essere tenuto con una sola mano appena dietro la
mia
testa, mi ha mostrato il risultato del suo lavoro. È stato
allora che la
superficie circolare ha riflesso davanti ai miei occhi il luccichio
delle
minute pietre blu sui grandi petali del grazioso fermaglio floreale,
sapientemente incastonato tra i miei capelli.
«Ecco,
adesso sei davvero pronta».
Al
suono della voce di Naoko, le mie palpebre lentamente si
sollevano, rivelando nuovamente le pupille rimpicciolite dalla luce del
sole
che illumina la camera. Porto la mano dietro la nuca e proprio
lì, sotto le mie
dita, si materializza la forma singolare del prezioso fermaglio.
«Ti
ringrazio».
Naoko
mi rivolge un ultimo sorriso di incoraggiamento, quindi si
incammina all’esterno, precedendomi sulle scale che conducono
al piano terra.
Prima di seguirla mi concedo un’ulteriore controllata allo
specchio per
assicurarmi che la mia divisa sia in ordine, prelevo la cartella
dall’armadio e
mi chiudo la porta alle spalle.