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Autore: Little Redbird    23/04/2016    4 recensioni
Raphael non era mai veramente di buon umore, ma appena sveglio era ancora più irritabile, soprattutto dopo una giornata afosa e luminosa. E, soprattutto, quando al suo risveglio trovava in casa propria degli Shadowhunters.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Clary Fairchild, Raphael Santiago, Simon Lewis
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mi propio sol



Raphael non era mai veramente di buon umore, ma appena sveglio era ancora più irritabile, soprattutto dopo una giornata afosa e luminosa. E, soprattutto, quando al suo risveglio trovava in casa propria degli Shadowhunter.

Si stava versando un generoso bicchiere di sangue quando alle sue orecchie giunsero due voci familiarmente irritanti. Simon e la sua amichetta dai capelli arancioni parlottavano sottovoce, ridacchiando flebilmente di qualche stupidaggine che lui non aveva proprio voglia di sentire a quell'ora di sera.

Entrambi i ragazzi si bloccarono sull'uscio dell'area comune e le loro risa morirono alla vista del vampiro, che sorseggiava il suo sangue con un'espressione irritata.

“Raphael” disse Simon, spezzando il silenzio che ingombrava la stanza. “Sei già sveglio?” domandò, voltandosi in cerca di un orologio.

Raphael lanciò un'occhiata alle mani di Clary, imbrattate di azzurro. “Ma tu una casa tua non ce l'hai?” domandò, particolarmente acido.

La ragazza scambiò uno sguardo d'intesa con Simon, ma prima che il neo-vampiro potesse parlare in sua difesa Raphael parlò di nuovo.

“Non hai dormito” disse a Simon, che assunse immediatamente un'espressione consapevole. “E non ti sei nutrito.”

Simon si grattò la nuca, a disagio. “Ecco, io-”

“Vi lascio soli” lo interruppe Clary, evidentemente in imbarazzo di fronte alla ramanzina che stava per ricevere l'amico. Si sollevò sulle punte degli stivali neri, una mano sul bicipite di Simon, e gli baciò una guancia, sussurrando un debole “Ci sentiamo dopo”. Regalò un sorrisetto finto a Raphael, che ricambiò con un'occhiata ostile, e lasciò il DuMort a passo svelto.

Raphael continuò a bere il sangue dal suo bicchiere di cristallo, osservando il viso stanco di Simon che si sforzava di non sembrare troppo colpevole.

“Spero che la chiacchierata con la tua amichetta sia valsa un intero pomeriggio in bianco e i crampi della fame” commentò poggiandosi al bancone nell'angolo della stanza e accavallando le caviglie.

“Decisamente” rispose l'altro con un sorriso. “Te lo mostro subito, se permetti.”

Raphael sollevò le sopracciglia, interrogativo. “Non ti muovi da qui fino a che non ti sarai nutrito” minacciò, riempiendo di nuovo il suo bicchiere di sangue tiepido e cacciandolo nelle mani dell'altro.

Simon scolò il contenuto con avidità, restituendo il bicchiere mentre si leccava gli angoli della bocca, pronto ad avviarsi, ma l'altro lo trattenne per un polso e gli versò altro sangue dalla caraffa che aveva inserito nel microonde. Simon alzò gli occhi al cielo ma, con più calma, mandò giù anche quella porzione.

“Ora puoi andare dove ti pare” concesse Raphael.

“Ho intenzione di tornare in camera mia.”

Raphael scosse le spalle, segno che non gli importava nulla di quello che decideva di fare.

Simon esitò per un secondo, torturando la cerniera della felpa. Si decise a parlare solo quando Raphael si scostò dal bancone per andarsene.

“In realtà,” disse, catturando l'attenzione dell'altro, “avrei una cosa da farti vedere, se ti va di seguirmi”.

Un sopracciglio di Raphael si fece pericolosamente vicino all'attaccatura dei suoi capelli. “Giuro che se hai rotto un altro mobile-”

“No, no” assicurò Simon.

“Allora cosa?”

Simon si morse le labbra arrossate dal pasto recente. “È una sorpresa.”

Raphael non si mosse.

“Lo so che odi le sorprese, ma ti prometto che questa ti piacerà.”

Raphael scosse la testa, dubbioso, e infilò le mani nelle tasche dei pantaloni blu eleganti. “Va bene, muoviti.”

Simon sorrise trionfante e lo seguì fuori dall'area comune, affiancandolo lungo il corridoio del primo piano, fino alla porta della sua camera.

“Sarebbe troppo se ti coprissi gli occhi con le mani?” provò, consapevole di ricevere un rifiuto.

“Tu provaci e te le stacco a morsi” fu, infatti, la risposta dell'altro.

Simon sospirò, esasperato dalla sua capacità di smorzare tutto l'entusiasmo. “Chiudi gli occhi, allora.”

“Lewis, apri la dannata porta e basta. Por el amor de Dios.

Raphael” lo pregò lui. “Solo per pochi secondi, promesso.”

Il leader dei vampiri lo guardò con astio. Lui non chiudeva mai gli occhi, se non per dormire, non gli piaceva abbassare la guardia. Eppure, sotto lo sguardo supplichevole di Simon, le sue palpebre tremolarono e si abbassarono lentamente. Solo perché stanno ancora tutti dormendo e nessuno lo saprà mai, si disse.

Sentì il suono della maniglia che si abbassava sotto la pressione della mano di Simon, poi la luce che veniva accesa. Un fruscio di vestiti gli disse che il ragazzo aveva fatto qualche passo nella stanza e, proprio mentre pensava di sbirciare per capire cosa stesse facendo, Simon gli prese le mani nelle proprie e lo tirò gentilmente oltre l'uscio.

“Ancora un secondo” promise, lasciando andare le sue dita fredde per chiudere la porta dietro di loro. “Okay, apri” permise allora.

Raphael aprì in fretta gli occhi, solo per trovarsi di fronte la stanza disordinata del ragazzo, aggravata dalla puzza di Shadowhunter e pittura.

Prima che potesse ammonirlo per quella sporcizia e per avergli fatto perdere tempo inutilmente, il viso sorridente dell'altro entrò nel suo campo visivo, le labbra che andavano quasi da orecchio a orecchio.

“Guarda su” sussurrò, così flebilmente che persino col suo udito da vampiro Raphael faticò a sentirlo.

Contro ogni buon senso, fece quel che diceva e alzò gli occhi al soffitto.

Il sangue che aveva bevuto solo dieci minuti prima aveva ridato un vago colorito alle sue guance, ma era sicuro che in quel momento fosse di nuovo tutto defluito dai suoi zigomi marcati.

Quello che una volta era stato un pulitissimo soffitto bianco, adesso era di un pallido azzurro, più scuro in alcuni punti, per la pittura ancora fresca, e più pallido in altri, nell'imitazione di una nuvola sbiadita. Al centro, la luce a led, tonda e splendente, emetteva un bagliore quasi etereo, accentuato dalle sfumature di un giallo pallido che la circondavano.

Simon fissò lo sguardo sul pomo d'Adamo di Raphael, che continuava a sobbalzare mentre il vampiro ingoiava a vuoto.

“Allora?” domandò, la voce carica di aspettativa.

Gli occhi di Raphael si abbassarono piano su di lui, la bocca piena socchiusa. Sembrò voler dire qualcosa, ma strinse le labbra e tornò a guardare il soffitto.

L'entusiasmo di Simon vacillò. “Non sei arrabbiato per il soffitto, vero?” domandò. “Posso ridipingerlo, se proprio-”

“No” lo interruppe. “Puoi lasciarlo. È bello.”

Simon sorrise.

“L'ha fatto la tua amica?”

Annuì. “È più brava di me coi colori.”

“Così ho sentito” commentò l'altro.

Simon si accigliò, ma Raphael fece qualche passo dentro la stanza, fino a trovarsi sotto la luce, sbattendo piano le palpebre per calmare il bruciore agli occhi dovuto al bagliore accecante del led.

Guardò di nuovo Simon, pensieroso. “Come ti è venuto in mente?” domandò, la voce più dura rispetto a qualche secondo prima.

Simon si grattò un braccio. “È stata un'idea di Clary. Voleva che avessi un sole tutto per me” spiegò con un sorriso.

Raphael distolse lo sguardo. “Carino da parte sua.”

“Non per nulla è la mia migliore amica” commentò Simon, il sorriso che si allargava. “Vieni” aggiunse, posando una mano sul suo gomito. “Abbiamo studiato l'angolazione perfetta.”

Raphael esitò. Simon lo stava trascinando verso il letto. “Va bene così, ho visto abbastanza.”

Simon si voltò a guardarlo con i suoi occhi scuri e profondi. “Raphael” lo pregò di nuovo. “Solo per un minuto” promise con un sorriso.

Raphael maledisse ogni singolo tratto di quel suo viso innocente e lo osservò mentre si gettava di peso sul letto a due piazze e batteva piano la mano sulle coperte per invitarlo a stendersi al suo fianco.

Ingoiando l'orgoglio e l'istinto che gli gridava di fuggire il più lontano possibile da lì, si stese piano sulla coperta blu, sbottonando la giacca per evitare di strapparla.

In effetti, da quella prospettiva il cielo personale di Simon sembrava più reale, nonostante entrambi potessero benissimo vedere le striature del pennello nell'azzurro e l'esitazione della mano di Clary nei punti in cui si era stancata.

“Dove credi che abbia preso l'idea, la tua amica Shadowhunter?” mormorò a Simon.

L'altro voltò appena la testa per guardare il suo profilo lineare e perfetto. “Non lo so” ammise. “Perché?”

Raphael rifletté sulle implicazioni di raccontare quella storia a Simon, ma si arrese quando il suo gomito sfiorò involontariamente – e del tutto naturalmente – il proprio, in un'intimità quasi inquietante, ma per nulla fastidiosa.

“Qualcun altro aveva avuto quest'idea, molto tempo fa” raccontò sottovoce.

Simon si sistemò sul letto, girandosi quasi completamente verso di lui per ascoltare la sua storia.

Raphael non raccontava mai nulla di sé, ma le poche volte in cui lo faceva Simon ascoltava ogni parola.

“C'era una stanza, qui all'hotel, all'ultimo piano, con il soffitto dipinto di azzurro” continuò con voce roca. “Però a raffigurare il sole non c'era un led, o una lampadina. Era stato aperto un buco nel soffitto, così che la luce del sole colpisse un punto preciso al centro della stanza. Era una sorta di sala delle esecuzioni.”

Simon stava trattenendo il respiro, o forse si era finalmente accorto di non averne bisogno. “È super-inquietante” mormorò.

Raphael scosse le spalle e intrecciò le mani sull'addome. Se non fosse stato per gli occhi aperti, sarebbe sembrato una salma pronta ad essere inserita nella bara.

“Non viene usata da molti anni” gli disse.

Simon si morse il labbro, esitante. “Sono strano se ti chiedo chi è stato l'ultimo ad essere giustiziato?” domandò.

Raphael si voltò a guardarlo, le sopracciglia perfette leggermente aggrottate.

“Sai, sono un fan dei film horror” si giustificò.

Un angolo della bocca di Raphael vibrò quando cercò invano di trattenere un sorriso. “Non avevo dubbi” commentò divertito.

Simon fece una mezza risata. “Va bene se non me lo vuoi dire.”

Raphael si voltò di nuovo verso quel cielo artificiale e strinse le labbra. “Il mio creatore” disse atono.

Simon si accigliò, ma prima che potesse chiedere spiegazioni fu proprio Raphael – del tutto inaspettatamente – a fornirgliele.

“L'ho lasciato bruciare al sole il giorno in cui mi sono trovato a strisciare fuori dalla mia stessa fossa.”

Simon ingoiò rumorosamente, ma non si azzardò a chiedere altro.

“Spero non sia stato Magnus a raccontarle del soffitto” mormorò Raphael, più a se stesso che all'altro.

“Magnus?” chiese Simon. “Come fa a sapere della stanza?”

Raphael lo guardò di nuovo e, rassegnatosi a dover raccontare un altro pezzo di storia, si sistemò su un fianco per poter studiare le sue reazioni. “È lì che mi ha trovato” spiegò. “Parecchi giorni dopo la mia scomparsa.”

Gli occhi di Simon si spalancarono per la sorpresa. “Magnus?” ripeté basito. “Vi conoscete?”

Raphael fece un altro mezzo sorriso e a Simon si strinse il cuore per la malinconia che l'impregnava.

“Lui direbbe che siamo amici, ma io ci definirei più conoscenti” disse in tono allegro. Tutti i ricordi dei mesi passati con lo stregone, dopo la sua trasformazione, tornarono prepotenti e familiari alla sua memoria. “Gli devo la vita” disse, tornando improvvisamente serio.

Simon lo fissò con i suoi occhi belli e tristi. “Nel modo in cui io devo la mia a te?” domandò in un sussurro.

“All'incirca, sì” sorrise l'altro.

Simon sorrise in risposta e lo sguardo gli cadde sul collo del vampiro più grande. Una catenina in oro spuntava dalla camicia blu e rifletteva la luce del loro sole a led.

“Che cos'è?” domandò. Sentiva che era uno di quei rari momenti in cui poteva chiedere qualunque cosa al suo capo-clan.

Raphael tirò delicatamente fuori il crocefisso che pendeva dalla collana. “Fa parte di questa storia” disse, lasciandolo cadere di nuovo sul suo petto.

Simon allungò le dita tremanti verso l'altro e, stando bene attento a non toccare direttamente Raphael, accarezzò la croce in oro.

Le sue dita sfrigolarono a contatto con l'immagine sacra e le ritrasse intimorito.

“Ci vuole tempo e costanza per riguadagnare la capacità di indossare simboli sacri” spiegò Raphael. “Proprio come pronunciare il nome di Dio e camminare su terre consacrate.”

Simon studiò i propri polpastrelli bruciacchiati prima di riportare lo sguardo su di lui. “E tu riesci a fare tutto, ovviamente.”

“Ovviamente” convenne.

“Non vuoi raccontarmi in che modo la croce fa parte della storia?”

Raphael lo fissò per un secondo. “Credevo avessi detto che sarei rimasto qui solo un minuto. Ne sono passati almeno venti.”

Simon si morse il labbro per impedirsi di sorridere. “Gli altri si stanno svegliando, chissà cosa penserebbero se ti vedessero uscire a quest'ora dalla mia camera” insinuò con malizia. “Sei costretto ad aspettare che se ne vadano tutti.”

Raphael alzò gli occhi al cielo. “Sei impossibile, Lewis.”

Simon fece un sorriso sghembo. “Allora, stavi per raccontarmi della croce, no?”

“Mia madre me la diede quando cominciai a voler fare l'eroe” si arrese a dire, ma Simon lo interruppe.

“Raphael Santiago” disse ridendo. “Di giorno veste in completi italiani e di notte in calzamaglia e mantello.”

Suo malgrado, Raphael rise.

Fu una risata breve e leggera, ma che fece tornare l'aria nei polmoni immobili di Simon.

“Vuoi sentirla o no, la storia?”

“Scusa, scusa” fece subito, cercando di tornare il più serio possibile.

“Misi su un gruppo di ragazzi della mia età e cominciammo a dare la caccia all'individuo che rapiva i bambini nel nostro quartiere. Si diceva che fosse un vampiro, per questo mia madre mi mise al collo il crocefisso. Diceva che mi avrebbe protetto.”

“Oh” disse Simon. Capiva come sarebbe finita la storia. “Era davvero un vampiro” concluse per lui.

Raphael annuì piano. “Ho vissuto con Magnus per un po' di tempo, volevo fare tutte le cose che i vampiri impiegano anni a padroneggiare: tenere a bada la fame, nominare Dio, entrare in chiesa. La mia famiglia è molto religiosa.”

“Sei tornato a casa?” chiese incredulo Simon.

Raphael annuì di nuovo. “Indossavo la collana, dicevo le preghiere ogni sera, credevo di poter imbrogliare mia madre, di poterle far credere che ero ancora lo stesso ragazzo che aveva lasciato la casa mesi prima; ma non si può imbrogliare una madre, loro lo sanno sempre.”

Simon si perse nei suoi pensieri per un po', le palpebre che tremavano sotto il peso della stanchezza.

“Hai detto che la tua famiglia è molto religiosa” sussurrò. “Non hai detto 'era'.”

“Due dei miei fratelli sono ancora in vita e ho molti nipoti.”

“Vai a trovarli?” domandò ancora Simon, incapace di arrendersi al sonno.

“Ogni tanto mi assicuro che stiano bene.”

Simon sospirò, gli occhi chiusi, e intrecciò il mignolo a quello di Raphael, tirando la sua mano verso il proprio petto. “Tu ti assicuri sempre che stiano bene tutti” disse. “Chi si assicura che stia bene anche tu, mh?” volle sapere.

Raphael si accigliò, ma non rispose. Simon era più di là che di qua, e l'indomani non si sarebbe nemmeno ricordato di quella domanda.

Sfilò piano la mano da quella di lui e si alzò dal letto per lasciarlo riposare.

“Raphael” lo richiamò Simon. Provava a tenere gli occhi aperti, ma le palpebre continuavano a chiudersi. “Puoi venire a guardare il sole quando vuoi” lo invitò.

Raphael sollevò gli occhi al soffitto. Si era già dimenticato del cielo artificiale e di quel led che non l'avrebbe mai scaldato. Del resto, il sorriso di Simon era più luminoso e caldo di qualsiasi sole, ma Simon non lo sapeva ed era disposto a condividere il proprio.

Raphael ce l'aveva già il suo sole personale e a un tratto aveva anche qualcuno che si preoccupava per lui.

 

 

 

 


AN:
Ve l'avevo detto che Saving Raphael Santiago mi aveva ispirata non poco, vero?
Queste one shot si fanno sempre più lunghe, ma il 2017 è lontano e io ho bisogno di sfogare tutti i miei feels o imploderò.
Vi ricordo che non mordo se volete fangirlare su questi due, eh. Su, su, parliamo un po' di quanto sono belli.
Inoltre, temo arriverà presto altro, rassegnatevi.

Red

 

   
 
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