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Autore: Bad Devil    24/04/2016    1 recensioni
Perché lui era Bakura, non aveva importanza quale. Non aveva importanza cosa avesse fatto o quanto si
fosse impegnato per impedire all’oscurità di prendere il sopravvento e condannarli tutti quanti, non aveva
importanza quante volte avesse salvato le loro misere vite, credendo di fare la cosa giusta.
Le sue mani sarebbero sempre state quelle di un assassino.
[Tendershipping]
[Storia partecipante al "Yu-Gi-Oh! 20th Anniversary Contest" indetto da Evee90]
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ryou Bakura, Yami no Bakura
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Titolo: “Red Eyed Monster”
Autore: Bad Devil
Fandom: Yu-Gi-Oh!
Personaggi: Ryou Bakura; Yami no Bakura
Pairing: Tendershipping
Genere: Angst, dark, introspettivo, yaoi
Avvertimenti: Yaoi
Rating: R
Disclaimer: I personaggi presenti in questa storia non sono reali, né di mia proprietà. Inoltre sono maggiorenni. Non ho nessun diritto legale su di loro a differenza degli autori e, dalla pubblicazione di questo scritto, non vi ricavo un benché minimo centesimo.
Note: Storia partecipante al “YGO 20th Anniversary Contest” indetto da Evee90 sul forum di EFP; dedicata a X‐Shade Shinra.
Dieci anni fa ci siamo conosciute proprio in questo fandom, è un peccato che tu abbia dovuto ritirarti...
Come promesso, sto partecipando per entrambe <3




Red Eyed Monster

Aveva visto l’abisso più volte di quante avrebbe voluto ammettere.
L’aveva fissato a lungo, in piedi sul ciglio del precipizio, con come unica possibilità di salvezza il gettarvisi dentro e pregare di morire all’impatto, per non dover ancora portare avanti quella tortura che chiamavano vita.

Aveva speso tempo ed energie per dimostrare di essere diverso da lui, per provare a fare qualcosa per porre fine a quella vendetta venefica che stava travolgendo qualunque cosa sul loro cammino. Aveva pagato a proprie spese il peso di quel fardello, versato il proprio sangue per evitare che toccasse farlo a qualcun altro, ma il ringraziamento era stato ancora una volta il loro rifiuto.

Perché lui era Bakura, non aveva importanza quale.
Non aveva importanza cosa avesse fatto o quanto si fosse impegnato per impedire all’oscurità di prendere il sopravvento e condannarli tutti quanti, non aveva importanza quante volte avesse salvato le loro misere vite, credendo di fare la cosa giusta.

Le sue mani sarebbero sempre state quelle di un assassino.

Le nostre mani.

Aveva cercato la loro vicinanza e il loro supporto, diamine gli aveva chiesto aiuto, disperato, ma loro gli avevano voltato le spalle senza esitazione, preoccupati soltanto l’uno dell’altro. La parola “amicizia” era sempre sulle loro bocche, abusata e svuotata del suo significato e per lui non c’era stata nemmeno pietà.

Mai.

Il suo corpo aveva mostrato, in più occasioni di quante fosse stato capace di ricordarne, i segni della sua sottomissione forzata all’oscurità, ma la mente era stata la prima ad andare in pezzi, troppo fragile tra le mani di qualcuno che l’avrebbe annientata solo perché aveva avuto la possibilità di farlo.

Le cicatrici che macchiavano la sua pelle, una volta perfetta, erano state per molto tempo fonte di vergogna.
Aveva provato ribrezzo all’idea di essersi piegato a tal punto dinanzi a lui, di aver accettato di pagare quel prezzo così alto solo per aver provato a fare la cosa giusta.

Giusta per chi?


Un ribrezzo tale dal spingerlo a rifiutare il proprio riflesso, credendo che negare l’esistenza di quei segni avrebbe alleggerito il peso che sentiva attanagliarsi dentro, mettendoli a tacere quando gli gridavano “gli appartieni”.

Aveva sopportato fino allo stremo l’opprimente peso della sua dominanza, sorridendo, mentre la consapevolezza di essere solo e prossimo alla sconfitta aveva iniziato a farsi strada nella sua mente.
Aveva sorriso, abbracciando l’idea della distruzione.

Aveva sorriso e chiesto di più.

E di più hai avuto.


Aveva sopportato a lungo, per loro.
Aveva stretto i denti e tenuto la testa alta per non far vincere l’oscurità, per non essere come lui, ma quando la tenebra aveva avuto la meglio e Yami no Bakura l’aveva posseduto completamente, nessuno di loro si era nemmeno accorto della differenza.

Ti fa paura sapere quanto sei spaventosamente solo, Ryou?


Aveva pianto, prigioniero del suo stesso corpo, implorando aiuto e gridando fino al perdere la voce, spezzato nel realizzare quella che nel tempo sarebbe divenuta un’amara verità.

A loro non importa.


Non di lui, non del suo dolore, non di quanto stesse facendo per loro.
Non abbastanza da provare a salvarlo, macchiandosi di quel crimine tanto quanto il suo carnefice.
Aveva iniziato a ferirsi, negli scarsi momenti di lucidità che aveva, cercando un modo per far cessare il suono della sua voce che, nella propria mente, lo stava lentamente portando alla pazzia.

Lentamente?


Si era smarrito, Ryou, ma nella disperazione aveva trovato rifugio tra le sue braccia, aggrappandosi a lui come se fosse stato l’unica speranza di salvezza dall’oblio, lui, che di fatto era l’essenza stessa dell’oblio.

Yami no Bakura era tenebra, fredda e imperscrutabile, ma come il più dolce dei castighi l’aveva incatenato a sé, trasformando le sue preghiere disperate in languide suppliche.
Rabbioso e feroce, dissennato, pronto a perseguire i propri scopi e a distruggere senza esitazione ogni ostacolo sul suo cammino.

Poteva farlo; sapevano entrambi che lui aveva abbastanza potere da poterlo fare, per questo motivo Ryou aveva dato tutto se stesso per evitare che le persone a cui teneva e da cui cercava disperatamente di essere accettato finissero sulla sua strada.

Avrebbe distrutto ogni cosa, senza nemmeno dargli modo di impedirlo, avrebbe fatto il bagno nel suo sangue, se solo avesse osato ostacolarlo ancora.

E Ryou era stanco di combattere.

Nessuno di loro gli aveva riservato la stessa cortesia, nessuno lo aveva fatto, pur avendone l’occasione.
Era stato in piedi sul ciglio del precipizio, aveva gridato il loro nome e implorato aiuto e loro, con animo leggero e grandi sorrisi, gli avevano detto no.

Riesci a capire, ora?


Yami no Bakura gli aveva parlato di Kur’ Eruna. Gli aveva descritto gli orrori perpetuati dalle guardie reali, del massacro della povera gente, del corpo di sua madre straziato dallo stupro e subito gettato insieme agli altri, senza rispetto. Gli aveva raccontato di quel dolore antico quanto la morte stessa, di come gli avesse divorato lo spirito in quei secoli, spingendolo in quella cieca e furiosa ricerca di vendetta nei confronti del Faraone senza nome e della sua stirpe.

Non meritano la tua pietà.


No.

Non dopo quello che avevano fatto ad entrambi.

Se devi difendere un assassino,
scegli quello che non ti ha mai abbandonato.


Non gli importa a chi apparterà la prima testa a cadere, non con la certezza che tutte le altre seguiranno presto, portando giustizia. Non è giustizia, ne è consapevole, ma dall’abisso in cui si trova la luce è scarsa a filtrare e niente gli ricorda casa come le urla o il sangue dei loro nemici. Lo desidera e lo brama, vuole sentirlo sul proprio volto, riempirsene le mani, gustarlo; grida così forti da fargli male.

L’odio lo sta consumando al punto da desiderare che Yami no Bakura possa riuscire nel proprio intento.
Glielo sussurra con vergogna, concedendosi a lui nel buio della propria stanza, gli chiede di perdonarlo per quello che ha fatto, mentre cerca le sue labbra in un bacio. Sprofonda nella sua oscurità, sprofonda nel suo abbraccio, cedevole alle sue voluttuose carezze fino al punto di perdere completamente la testa. Ogni volta che gli appartiene, smarrisce una parte di sé, si lascia divorare lentamente dall’interno e quando Yami no Bakura affonda i denti nella sua carne dilaniata, tutto quello che lui può fare è pregare di averne ancora.

Non gli importa. Non più.

Ryou si è smarrito da parecchio tempo, ormai.
Hanno vanificato i suoi sforzi, ripagando il suo dolore con l’indifferenza.

No, non ha più importanza: la sua vendetta è diventata la loro, perché loro sono una cosa sola.

Siamo una cosa sola.



Quando riprende conoscenza, Yami no Bakura è ancora al suo fianco.
Lui è un po’ meno reattivo, stanco, un po’ meno vivo, riesce a malapena a sentire dolore.

Si guarda intorno, occhi rossi come il sangue che si specchiano nei propri, crudeli come quelli un predatore insaziabile. Ha del sangue addosso, Ryou, ne ha sul mani, lo ha sui capelli e sul volto.
Riesce a sentirlo, ora freddo e incrostato sulla propria pelle.

Quello sulle sue labbra è stato portato via da un po’, andatosi a mescolare a quello sul volto del suo Yami, che famelico e implacabile aveva reclamato la sua bocca come propria.

Non gli appartiene, quel sangue, non tutto almeno, ma non si cura di scoprire chi sia la loro vittima oggi.

Ogni testa che cade è un nemico in meno, si dice, prima o poi cadranno tutte, lastricando di cadaveri la loro via verso la vendetta. Yami no Bakura è dannato, perduto per sempre e lui non ha timore nella certezza di fare la stessa fine. La loro strada è tortuosa e senza via di uscita, sanno entrambi che quel percorso li porterà alla distruzione, ma tutto quello che Ryou può chiedersi in merito, è se sarà ancora in grado di contare il numero delle loro vittime, dopo che tutto quello avrà avuto fine.

Non gli importa, non ora che, tra le sue braccia, si sente per la prima volta completo.

Non mentre i suoi denti gli affondano nella spalla e le sue mani si stringono intorno alla sua gola.

Accetta ogni cosa di lui, glielo lascia fare.

Si lascia scopare ancora una volta, con in mente solo il pensiero di non meritare nemmeno quelle attenzioni. Non dopo quello che gli ha fatto, frapponendosi tra lui e gli altri, per anni.
Yami no Bakura, però, è comprensivo.
Lo possiede e lo prende con lenta crudeltà, dandogli il piacere che sa di non meritare, negandogli il prezioso odio che disperatamente Ryou ricerca tra le sue braccia.

Voglio farti a pezzi.


E’ un flebile sussurro, disperato quanto le sue spinte; una confessione taciuta da troppo tempo, negata da baci profondi e languide carezze. Un pensiero spaventoso che in tutti i modi ha cercato di soffocare, ma che è tornato ogni volta più forte, facendolo tremare all’idea di cosa sarebbe rimasto di lui quando avrebbe perso il controllo.

Ed è in quei momenti, mentre le labbra di Ryou sono sulle proprie e le braccia strette al suo corpo, che si chiede chi dei due sia il vero mostro.

Se lui, crudele e dissennato, corrotto dall’odio, o Hikari no Bakura, talmente disperato da supplicarlo di mantenere la promessa.

Voglio farti a pezzi.


“Ti prego, fallo.”





Owari
Bad†Devil

  
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