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Autore: MichBlackRoyal    25/04/2016    4 recensioni
"Vincemmo.
Eravamo forti.
Ma poi iniziarono i tormenti.
Ma io non potevo capirlo."
Piccolo testo in cui Ray Dark racconta come ha iniziato a notare i cambiamenti nel piccolo grande Jude Sharp, la sua Creatura.
{Testo in prima persona}
Genere: Angst, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jude/Yuuto, Kageyama Reiji
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Vincemmo. 
Vincemmo. 
Vincemmo tante volte. Innumerevoli, incalcolabili, infinite volte.
Guidavo la squadra più forte del mondo, la più temibile. La fama della sua potenza travalicò in poco tempo ogni confine. Vincemmo con la forza e con essa stracciavamo ogni nemico. La mia squadra era il mio trofeo, il mio cagnolino. Mi seguiva ovunque, innamorata delle mie direttive. Umiliavamo insieme i perdenti, gettandoli brutalmente nello sconforto e abbandonandoli nel terrore. I deboli perdenti si prostravano ai nostri piedi privi di forze, talvolta supplicando il nostro perdono, talvolta rantolando, in piena al lancinante dolore della sconfitta. 
Royal Academy. Un nome, una garanzia. Bastava pronunciare queste due parole per far tremare chiunque di paura o, come lo chiamo io, timore reverenziale. Il marionettista che con magistrale abilità e col favore delle tenebre muoveva le fila di questo spettacolo divenuto realtà era il sottoscritto. E proprio nelle tenebre ho creato, plasmato, allenato Lui. Jude Sharp, la mia Creatura migliore.
Ero rassicurato dal fatto che nessuno di loro se ne sarebbe mai andato. Dopotutto, io ero casa. IO ero famiglia. Era opportuno, tuttavia, mettere in conto che sarebbe successo: prima o poi, qualcuno mi avrebbe irrimediabilmente tradito, ferendomi alle spalle.
Una sera scorsi nei suoi occhi emozioni mai viste in lui. E da lì iniziarono i miei tormenti. 
E i suoi.
Nonostante tutto ha continuato per molto tempo a seguirmi fedelmente, a obbedire a qualsiasi mio ordine. Eppure la consapevolezza che qualcosa in lui stesse progressivamente cambiando mi turbava. Speravo - mi illudevo - che fosse una tipica crisi adolescenziale passeggera, ma ogni secondo che passava qualcosa in me veniva divorato dal dubbio, dall'insicurezza, dal terrore di perderlo.
E allora scuotevo la testa, tornavo in me e pensavo che in fondo non m'interessava. Io ero Ray Dark e non potevo permettere a insulsi sentimenti di bloccarmi. Avevo smesso di ascoltare il cuore anni addietro e niente e nessuno mi avrebbe fatto tornare sui miei passi.
 
«È molto semplice, tu sei Jude Sharp. Spero che tu lo capisca...» gli dissi, un giorno, dopo che lui mi chiese chi fosse. Non potevo capirlo, non volevo capirlo. Non avevo tempo per questo genere di cose. Insicurezze insensate, ripensamenti irrilevanti. Io dovevo accrescere il mio potere, io cercavo la fredda vendetta, non deboli emozioni. Non potevo aiutarlo.
Uscii dalla stanza e feci per andarmene. Lo sentii singhiozzare.
Lo confesso, l'organo che voi chiamate cuore, in quel momento, mi si era fermato per un attimo. Tornai indietro, e lo osservai dalla fessura della porta socchiusa. Dalla finestra la flebile luce di quel grigio giorno si batteva sul suo corpo scosso a intervalli irregolari da alcuni tremiti. Lui, seduto sulla sedia, con le mani si copriva il viso, asciugandosi le lacrime. Con un sorriso amaro constatai quanto ancora lui fosse debole. Poi si tolse le mani dagli occhi e riuscii a scorgere il suo sguardo. Sobbalzai, rimanendo quasi folgorato dal rosso fuoco dei suoi occhi.
 Lui era debolmente forte. 
Non potevo permettere ai sentimenti di prendere il sopravvento, perciò, spinto da sentimenti contrastanti, mi allontanai. 
   
 
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