Anime & Manga > Ao no exorcist
Segui la storia  |       
Autore: steffirah    25/04/2016    0 recensioni
Che sia un momento di sconforto, solitudine, dolore, ci sarà sempre. Che sia la prima esperienza, una bella, una spiacevole, una inaspettata, l'amore li accompagnerà in questa crescita. Perché c'è speranza, in qualsiasi mondo o universo alternativo, e non dovrebbe mai andare perduta.
[one-shots basate sulla Rinshi week dal 7 al 13 novembre 2015]
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin Okumura, Shiemi Moriyama
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
6


Era giunta la notte.
Sapeva che non poteva ancora fermarsi per riposare, ma la stanchezza prese il sopravvento sulla ragione.
Si ritrovò in uno spazio aperto, accanto ad un grosso gelso. Al buio non riusciva a vedere molto, così comprese che fosse molto più sicuro riposare e proseguire all'alba. Magari dormire lo avrebbe rinvigorito.
Si sedette ai piedi del maestoso albero con un sospiro, guardando poi in alto verso le stelle. L'oscurità era avvolta da una luce verdastra, brillante, e non sapeva che pensare. Era reale? O soltanto un frutto della sua fervida immaginazione? Un monito per ricordargli di fare in fretta?
Si appoggiò al tronco, stendendosi accanto ad una grossa radice che spuntava dal terreno. Chiuse gli occhi, i suoi pensieri corsero a suo fratello. L'avrebbe salvato, ad ogni costo. Glielo promise, nuovamente, poi la sua coscienza fu trasportata via sulle note del vento e raggiunse il regno dei sogni.
Lì incontrò una fanciulla, o meglio, la vide seduta in un prato, intenta a raccogliere fiori. Indossava una lunga veste velata, d'un verde chiarissimo, decorata con boccioli di rose, che le lasciava le spalle scoperte. Anche i suoi capelli biondi, che le arrivavano fino alle fossette di Venere, erano intrecciati con foglie e margherite.
Ella si alzò in piedi e così si accorse che l'abito fosse evanescente, così come la sua pelle, simile alla superficie di uno stelo, tanto da illuderlo che si trattasse anch'essa di una pianta. Avrebbe voluto avvicinarsi, ma qualcosa lo tratteneva. Forse era la regalità di quella figura.
La fanciulla si girò, come se potesse percepire i suoi occhi fissi sulla sua figura, e nel momento in cui i loro sguardi si incontrarono lui si svegliò.
Aprì lentamente gli occhi, stropicciandosi le palpebre col dorso di una mano. Sbadigliò rumorosamente e si stiracchiò.
“Che sogno strano”, pensò.
Notò che i primi raggi di luce stavano infrangendo le barriere del cielo, per cui decise di rimettersi in cammino. Stava per mettersi in piedi quando lanciò un'occhiata fugace all'ambiente che lo circondava. Spalancò gli occhi. Non sapeva che nella foresta ci fosse una zona così eterea. I suoi piedi sfioravano una pietra che affacciava direttamente in un piccolo ruscello, la cui superficie rifletteva i raggi rosati del levante e li trasferiva a cespugli, arbusti, piante, alberi secolari, tutti vivacemente fioriti. I colori stridenti lo colpirono in pieno, riempiendo la sua testa con dipinti e arcobaleni. Provò a liberarsene, ma era intrappolato da questo inimmaginabile incantesimo.
Strisciò verso il corso d'acqua e guardò la sua immagine riflessa. Vedeva lo sgomento sul suo volto. Allungò le mani, immergendole, per poi portarsi l'acqua al viso. Molto meglio.
Tirò un sospiro di sollievo, ma l'apparizione di un'altra figura indistinta accanto alla sua sulla superficie acquatica lo colse di sorpresa. Spalancò gli occhi nel riconoscerla. La fanciulla che aveva sognato!
Si voltò di scatto e lei arretrò impaurita, tanto che una parte del suo corpo svanì nell'albero. Lui era senza parole.
«Che... Che cosa sei?»
Alzò la guardia, ricordando le storie dei suoi compagni sulle Undine, e di come elle soggiogassero gli uomini con i loro canti, le loro arti, la loro bellezza. Sapeva che vivevano nei pressi dei corsi d'acqua e riconobbe d'essere stato un ingenuo.
«Sono una Amadriade. Per la precisione una Morea.», rispose lei, la sua voce sottile come una ragnatela, vibrante e cristallina, come se fosse messa in risonanza da gocce di rugiada.
«Non ne ho mai sentito parlare.», dovette ammettere e lei gli sorrise timidamente, uscendo fuori dall'albero e indicandolo con un dito, sfiorandone delicatamente il tronco.
«Faccio parte di lui.», spiegò. C'era tenerezza nella sua voce, una sorta di amore filiale, ma lui vi sentì anche un accenno di tristezza.
Non cercò di indagare più a fondo, non sapeva ancora quali poteri nascondeva.
«Voi cosa ci fate in questo posto? Non è molto sicuro.»
Lui le rivolse un'occhiata sospetta.
«Devo avere paura di te?»
Lei spalancò gli occhi, affrettandosi a precisare: «No, non faccio del male alle persone. Ma nei boschi ci sono ovunque pericoli in agguato. Volevo soltanto metterla in guardia.»
Lui le sorrise sghembo.
«Grazie, allora. Ora posso proseguire il mio viaggio in maniera molto più rilassata.», ironizzò, alzandosi in piedi.
Lei fece nuovamente un passo indietro quasi temesse fosse lui a farle del male.
«Tranquilla, non ho tempo da perdere. D’altronde, non che sia nella mia indole fare del male, soprattutto non alle donne - nonostante tu possa essere un potenziale nemico e stia cercando di rassicurarmi per poi fregarmi.»
«Le assicuro che non è così.» Colse la sincerità nella sua affermazione. Ancora non si fidava, ma non poteva stare lì a pensarci.
«Buon per me. È stato un piacere conoscerti, Morea, ma adesso devo proseguire, sperando di portare a termine la mia missione e poter tornare presto a casa.» L'ultima affermazione la borbottò tra sé, ma a lei non sfuggì e si impensierì. Non voleva trattenerlo ad oltranza, ma allo stesso tempo non voleva che sparisse così presto. Dopotutto erano anni che non vedeva una persona.
«Se mi è concesso chiedervelo, qual è la vostra destinazione?»
«Devo trovare la lacrima di fuoco.», rispose automaticamente, raccogliendo le sue cose.
Non si accorse di lei che tratteneva il fiato e si mordeva le labbra, preoccupata per la sua sorte.
«Ma non so dove si trova.»
«All'interno di una grotta c'è un labirinto. Dovete entrare e raggiungere il centro, così la troverete.»
Lui si voltò a guardarla, speranzoso.
«Tu lo sai?»
«Sì. Vi ci potrei portare, se lo desiderate.»
Lui ci pensò su e si chiese se fosse un bene seguirla.
«È comprensibile che non vi fidiate di una sconosciuta, ma permettetemi di mostrarvi almeno la strada. Per ripagarvi.»
«Ripagarmi di cosa?»
Lei sorrise dolcemente.
«Per avermi svegliata.»
Gli fece segno di seguirla e lui stette alle sue spalle, confuso. In che senso, svegliata?
Abbassò lo sguardo e si rese conto che dai suoi piedi nudi spuntavano tanti piccoli fiorellini variopinti. Inoltre delle farfalle le svolazzavano attorno ai capelli. 
Quando si voltò un attimo per accertarsi che la stesse seguendo, il suo sguardo si immerse in due iridi verdi come le foglie di quel gelso. Notò le sue guance divenire più rosee e lui accelerò il passo per affiancarla. Guardò verso il cielo che andava rischiarandosi, cercando di fuggire ad un pensiero. Un pensiero che gli ripeteva che quella Amadriade fosse bellissima.
Senza guardarla diede voce alle sue questioni.
«In che senso ti avrei svegliata?»
«Perché mi avete sognata.»
«Non mi è molto chiaro.», confessò e lei gli sorrise affabile.
«Vi siete addormentato accanto all'albero cui sono legata e, così facendo, vi è stato permesso l'accesso al suo regno. Lì mi avete vista. Nel momento in cui ho incrociato i vostri occhi mi è tornato alla mente il cielo. Era tanto che non ne vedevo uno vero. Così ho ardentemente desiderato di potervi rivedere e sono finalmente riuscita a svegliarmi. Erano anni che non accadeva.», concluse nostalgica.
Lui deglutì rumorosamente.
«Anni?»
«Esatto. Sono molto più anziana di quanto possa sembrare.», rise e lui la fissò sconcertato.
«Più o meno quanti anni hai?»
«L'età dell'albero, e dato che adesso è nella sua piena giovinezza ho l'aspetto di una fanciulla aggraziata.» Sorrise, come se ciò la divertisse.
“Fortuna per me.”, pensò allora lui.
Per infrangere nuovamente il silenzio si rese conto di quanto fosse stato scostumato.
«Perdonami se ho cominciato subito a darti del tu, Morea, senza nemmeno presentarmi. Io sono Rin.»
«Non siete un principe?», chiese allora lei, stupita.
«Ehm, no. Soltanto un umile cavaliere al servizio della corona.»
La fanciulla lo ammirò a lungo, imbarazzata. Eppure ne era convinta, dato che aveva un aspetto così regale.
«Capisco. Comunque, Morea non è il mio nome.», ridacchiò,portandosi elegantemente una mano alle labbra. «Le mie sorelle mi chiamano Shiemi.»
«Ah, perdonami allora, Shiemi.»
Ripeté mentalmente la sua affermazione e alzò un sopracciglio.
«Sorelle?»
«Le altre Driadi e Amadriadi.»
«Quante ne siete?», chiese il cavaliere, spalancando gli occhi.
«Tante quanti gli alberi che ci circondano.»
Lui non riusciva a credere alle sue orecchie. Possibile che fino ad allora non ne avesse incontrata nessuna?
«Se mi è lecito chiederlo, potrei conoscere la vostra età?»
«Ho ventun anni.»
Lei sorrise tra sé, pensando che era da molto più tempo che non apriva gli occhi. Eppure, fortunatamente, anche nel sogno le informazioni le arrivavano chiare. Ventun anni le pareva una data importante, ma non ricordava a cosa corrispondesse.
«A cosa vi serve la lacrima di fuoco?»
Lui tacque per lungo tempo, lei non insistette. Soltanto quando il sole fu alto nel cielo e si fermarono pochi minuti per cibarsi lui rivelò: «È per mio fratello. Sta morendo.» Shiemi percepì piccole lacrime pizzicarle gli occhi nell'udire una tale triste notizia. «Ho sentito che ha dei poteri curativi.»
«È vero, ma...» Non sapeva se fosse un bene parlargliene.
Si allontanò di poco, guardando verso il sentiero invisibile che conduceva alla grotta. Ormai mancava poco. Doveva dirglielo.
«Ma?»
Si sorprese nel trovarselo al suo fianco. Alzò lo sguardo per guardarlo dritto negli occhi, mesta.
«C'è una condizione. Soltanto coloro che hanno legami di parentela con colui che l'ha versata può farne buon uso.»
Lui imprecò tra sé, fissando un punto indefinito dell'orizzonte. Rivedeva la sofferenza di suo fratello davanti ai suoi occhi. Non poteva indugiare, doveva salvarlo ad ogni costo. L'aveva promesso. Gli aveva detto che avrebbe potuto sempre contare su di lui. Non poteva venire meno alla sua parola.
«Chi è la persona che ha versato questa lacrima?»
Lei rabbrividì pronunciando: «Colui che governa gli Inferi.»
Il viso di Rin dapprima si oscurò, ma poi si riaccese con un sorriso vittorioso. Perfetto.
Lei non comprese quella reazione e quando si rimise in cammino cercò di fermarlo. Era una pazzia, avrebbe potuto morire. Ma lui la rassicurò che sarebbe andato tutto per il meglio. Sarebbe riuscito nella sua impresa. Ed effettivamente riuscirono ad arrivare alla bocca della grotta senza alcun intoppo.
Si fermarono dinanzi ad essa, percependo un flebile venticello sussurrare parole oscure e incomprensibili nella loro direzione. Rin si fece coraggio, tenendo la spada stretta tra le mani.
«Aspettami qui.», ordinò prima di fare un passo avanti.
«Cosa? No. È troppo rischioso andare da solo!», provò ad opporsi Shiemi, ma fu tutto inutile. La sua decisione era irrevocabile.
«In un modo o in un altro tornerò indietro, sano e salvo. Fidati di me, Shiemi.»
Ammiccò e il cuore della fanciulla ebbe un sussulto, provando un senso di grande familiarità. Osservò impensierita le sue grosse spalle mentre si allontanavano, ansiosa, ma voleva fidarsi della sua parola. Giunse le mani in preghiera nel momento in cui egli fu inghiottito dalle tenebre.
Dopo essere entrato nella grotta, Rin si ritrovò in una sorta di dedalo racchiuso tra le mura di alti e fittissimi cespugli, fiori appassiti, siepi chilometriche e intricati sentieri con ciottoli e pietre appuntite. Era circondato da un'aria tetra, ma nulla poteva spaventarlo. Avrebbe raggiunto la sua meta, non si sarebbe fermato davanti a nulla. Qualunque creatura gli fosse apparsa davanti l'avrebbe sconfitta senza paura.
Impavido, coraggioso, procedette a testa alta; davanti ad un bivio sceglieva di seguire l'istinto e, guidato da se stesso, si ritrovò dinanzi a un grande arco con rose nere, appassite, dai bordi bruciacchiati. Notò anche della cenere sulle piastrelle.
Apparentemente imperturbabile ci passò sotto con noncuranza e si ritrovò in uno spiazzale circolare con al centro un vecchio pozzo di pietra lavica. Al centro galleggiava una lacrima infuocata. L'avrebbe trovata meravigliosa, se non avesse avuto ottimi motivi per odiarne le origini. La goccia fiammeggiante versava fasci di luce azzurrognola sul suo viso, illuminandolo con ciò che più odiava al mondo: ciò che rappresentava il suo potere, ma anche la sua più grande maledizione.
Si avvicinò con cautela e allungò una mano, ma una barriera invisibile gli impedì di impossessarsene. Gli era sembrato troppo semplice.
Dal nulla apparvero creature mitologiche simili a fauni, ma lui era certo che si trattasse degli scagnozzi di suo "padre". Rivolse loro un sorriso storto. Leggeva il desiderio nei loro spenti, vacui, vuoti occhi; lo bramavano, ma non avrebbero mai ottenuto ciò che desideravano. Non c'era possibilità di vittoria per loro. Non l'avrebbero strappato via da questo mondo.
Estrasse la spada e combatté: per il proprio onore, per la propria vita, per suo fratello. Li sconfisse in pochi minuti. Era stato troppo semplice, di nuovo.
«Come ci siete riuscito?»
Una voce sbigottita lo fece sobbalzare. Si voltò e così la vide, impietrita sotto l'arco morto.
«Che cosa ci fai qui? Ti avevo detto di restare fuori!», sbottò stizzito.
Lei si riprese e lo guardò dritto negli occhi, serrando le labbra, avvicinandosi impettita a lui. I fiori che uscivano dai suoi piedi appassivano in un istante in quel luogo fetido, cedendo il posto a brevi scie di sangue.
«Avete bisogno del mio aiuto.», disse lei con fermezza.
Lui si sentì terribilmente in colpa per averla trascinata in quella situazione. Cosa le sarebbe potuto accadere? Non poteva avere alcuna certezza. Si era affezionato a quella creatura, non voleva vederla soffrire.
«Shiemi devi tornare subito indietro.»
Le prese le spalle e la spinse via con gentilezza, ma lei si liberò della sua presa con un unico, pulito, flessuoso movimento.
«No. Vi aiuterò.», ripeté la sua decisione, determinata.
Lui sospirò rassegnato.
«D'accordo, ma stai in guardia. Se la situazione dovesse degenerare non esitare a scappare.»
Lei annuì e si fece spiegare la situazione. Al suo vano tentativo lo guardò confusa.
«Pensavo lo sapeste.»               
«Cosa?»
«La lacrima di fuoco non può essere afferrata. È inconsistente.»
Lui impallidì. Che cosa ci faceva ancora lì? Come poteva aiutare Yukio? Era stata un'impresa inutile! Uno spreco di tempo prezioso che avrebbe potuto sfruttare trovando una cura alternativa.
Invisibili lacrime di frustrazione si impossessarono dei suoi occhi. Le labbra gli tremavano dalla rabbia, il sangue gli ribolliva in corpo come veleno. Rischiava di esplodere e sarebbe potuto accadere se lei non gli avesse posato una mano su una guancia, ottenendo tutta la sua attenzione.
Gli sorrise debolmente, rivelandogli: «Possiamo unire le forze.»
Rin non riusciva a capire il come e lei cercò di spiegarsi.
«Possiamo usare i nostri poteri.»
Lui aprì la bocca per ribattere, lei lo anticipò zittendolo.
«Prima vi ho visto. So che siete suo figlio. E non vi giudico per questo. Anche se sono stata poco tempo con voi, ho capito sin da subito che le vostre intenzioni sono nobili. Penso che meritiate quella lacrima, soprattutto visto che è stata versata per voi.»
Lui la guardò senza parole. Lei sapeva. Era a conoscenza di tutto, anzi di molto più di quanto sapesse egli stesso. Ma non c'era tempo per le spiegazioni.
Shiemi gli spiegò come utilizzare le sue fiamme blu per avvolgere e proteggere la lacrima; lei avrebbe utilizzato i suoi fiori per trasportarla fino da loro, poi avrebbe creato una boccetta di resina in cui custodirla. E così fecero.
Mentre tornarono sui loro passi lei costruì una collana con foglie e rami, annodandola poi al collo del cavaliere. Lui se la strinse al petto, quasi temendo che potesse spegnersi o evaporare.
Una volta usciti dalla grotta lei vacillò. Lui la prese immediatamente tra le sue braccia, riportandola al suo albero. Era leggerissima, come se non esistesse.
Lei chiuse gli occhi, appoggiando la testa sul suo petto, affermando d'aver usato troppa energia e che per questo s'era indebolita. Tra l'altro, il luogo che avevano appena lasciato si nutriva di forza vitale. Lui si arrabbiò con lei per l'essere stata tanto imprudente, per non averglielo rivelato prima, ma lei si limitò a sorridergli, come una carezza.
La adagiò accuratamente accanto all'albero e metà del suo corpo si fuse con esso. La vide riprendere colore e si tranquillizzò. Lei riaprì gli occhi, ringraziandolo. Per ricambiare la sua gentilezza gli raccontò ciò che successe durante la notte blu, esattamente ventuno anni prima: come anche lui già sapeva, l’Oscuro Sovrano era giunto in Terra, perdendo il controllo, finendo col distruggere tutto ciò che trovava lungo il suo cammino. Ma piangeva.  Era spinto dall'amore, un amore che aveva appena perduto per sempre. Perché anche il peggiore dei demoni era in grado di amare.
Lui la ascoltò taciturno, pensieroso, riflettendo sulle sue parole. Poi la guardò con decisione, nel momento in cui dovettero separarsi.
«Allora questo è un addio.», mormorò lei, dispiaciuta.
Lui scosse la testa e le sorrise raggiante.
«No. Quando avrò salvato mio fratello tornerò da te.»
«Cadrò nuovamente in un profondo sonno, dopo che mi avrete lasciata.»
«Allora ti sveglierò di nuovo.»
«... E se non sarà più possibile?», indugiò.
Shiemi era consapevole che, essendo una Morea, sarebbe sopravvissuta fintanto che l’albero fosse rimasto in vita. Una volta morto l’albero, anche lei sarebbe sparita. Provò a spiegarglielo, ma lui sembrava determinato.
«Significa che troverò un modo per liberarti. E se non dovessi riuscirci resterò qui, davanti a questo gelso, finché non mi concederà nuovamente di incontrarti.», rispose risoluto.
Lei lo fissò stupefatta, trattenendo il fiato. «E poi?»
«E poi,», riprese, avvicinandosi a lei, «Poi possiamo costruire una casa in questo posto, per noi due. Così ti renderò mia, Shiemi.», le promise, suggellando il tutto con un casto bacio.
 



 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ao no exorcist / Vai alla pagina dell'autore: steffirah