We are friends, aren't we?











Kiku si mosse appena, camminando con cautela quasi cocci di vetro fossero sparsi sul pavimento.
Era stanco.
Aveva perso troppe persone durante la sua lunga vita di Nazione, e non aveva più la forza di vederne altre sparire.
Si sentiva quasi solo, nella sua casa all'improvviso così silenziosa e vuota.
Sapeva ovviamente che tutti gli altri Paesi erano molto più vicini di quanto credesse, ma essere un'isola del Pacifico gli dava l'impressione che l'oceano stesse pian piano lacerando ogni possibile contatto.
Sospirò senza emettere un suono mentre alzava gli occhi vacui sopra la sua testa.
Se ne accorse dopo un paio di minuti.
Non era a casa.
In qualche modo era finito in una foresta, verde e rigogliosa come quelle monsoniche.
Sbatté le palpebre, incredulo per un attimo.
Sapeva meglio di chiunque altro che un bosco del genere non poteva esistere in Giappone.
-Eh eh eh!- fece qualcuno nell'ombra dei rami più alti.
Kiku alzò il capo, volgendolo lentamente a destra e a sinistra, ma non vide nessuno. C'era odore di muschio, foglie ed erba umida, mai tagliata.
-Sei un adulto?-.
Nessuno gli aveva fatto una domanda simile prima.
Avrebbe potuto rispondere semplicemente di sì, ma rimase in silenzio. Abbassò lo sguardo sulle sue mani e sui suoi piedi, quasi fosse indeciso sulla risposta.
-Non... lo so...-mormorò infine, la voce appena percettibile, -Però... mi sento... solo... e... abbandonato...-.
Udì un tonfo e dei passi veloci. Poi si ritrovò la mano destra afferrata da una più piccola, morbida come le piume di un pulcino ma dall'aspetto di legno.
Il moro sobbalzò, senza però tentare di divincolarsi.
I suoi occhi neri cercarono un volto, incontrando una testolina tonda, semicoperta da un grosso cappello, su cui sembravano cuciti due luccicanti biglie arancioni come occhi e un piccolo becco.
-Anche io.-sussurrò l'esserino.
Strinse più forte la mano di Kiku:-Se diventiamo amici, non ci sentiremo più soli, giusto?-.
Il giapponese annuì, piano, lasciandosi trascinare lentamente nelle viscere della foresta. Quello spirito bambino lo stava inconsciamente portando lontano, in un luogo da cui non avrebbe mai più voluto uscire.






















Kiku sparì senza la minima traccia.
Lo ritrovarono in una grotta molti mesi più tardi, drogato fino a ricordarsi a malapena il proprio nome e magro come uno scheletro.
Aveva tentato un'overdose per bloccare ogni cosa e farla finita una volta per tutte, conscio che le Nazioni non possono uccidersi.
Si era ritrovato troppo, troppo di tutto.
E non era riuscito a contenerlo.
L'avevano ricoverato, per due settimane non si era alzato dal letto e aveva fissato inerme e assorto un punto alla sua sinistra, senza prestare attenzione a nient'altro.
Da quando lo avevano dimesso, la mano destra era sempre stretta a pugno.
C'era chi guardava quella mano con sospetto, chi con paura, chi con semplice curiosità.
Ma non vedevano, non potevano vedere.


Kiku strinse più forte, temendo all'improvviso l'atmosfera che lo aspettava nella sala del meeting.
Una manina coperta di piume morbide rispose alla sua stretta, giocosa:-Eh eh eh! Hai paura?-.
Il giapponese annuì.
Abbassò gli occhi, incontrando due belle gocce arancioni.
-Ci sono anche io, non sei solo... Siamo amici in fondo, no?-.
La Nazione fece un piccolo sorriso.
Poi, tenendo stretta la manina di Skull Kid, entrò.