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Autore: lauretta02    26/04/2016    1 recensioni
Martina, 20 anni. Jorge, 22 anni.
Lei, cieca. Lui, grande osservatore.
Lei gli insegnerà ad ascoltare. Lui le insegnerà a vedere.
E insieme impareranno ad amare.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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MARTINA'S POINT OF VIEW.

La cosa più probabile è che io e il ragazzo della metropolitana non ci vediamo più, ammettiamolo. Ma bisogna anche ammettere che quel ragazzo mi intriga, più di quanto sia lecito. Mi intriga la sua voce, così calda e accogliente - quando non è arrabbiato. Mi intriga lui, tutto quanto, anche senza vederlo.
Mi intriga il suo odore, soprattutto. Odora di sigaretta e di dopobarba alla menta.
Odora di mistero, sinceramente non lo so spiegare. È un odore particolare, che non ho mai sentito in nessun ragazzo. In nessuno e basta, a dire il vero. È un odore solo suo, suo e basta. Solo di quel ragazzo al quale ho detto il mio nome, ma di cui non so assolutamente niente.
È... frustrante. Non sapere niente, intendo.
Se almeno riuscissi a vederlo, potrei in un certo senso giudicare. Potrei dire se sia un bel ragazzo o meno, se il suo sorriso sia vero o meno. Potrei capire un mondo solo guardandolo negli occhi, sono sempre stata brava a farlo.
La cosa positiva è che anche se non posso vederlo, il mio udito è più sviluppato di quello degli altri. Posso capire dall'inflessione della voce se sta sorridendo, se è arrabbiato, se è felice. Ho come un potere speciale, se così si può dire. E devo ammettere che mi piace, mi fa sentire più normale.
Torno a casa dalla mia passeggiata dopo pranzo, e senza aver mangiato.
Sono sicura che stavolta Mechi mi vorrà gettare nell'acido. Sarà preoccupata da morire, forse magari me lo merito anche, che mi frigga nell'acido. È la mia migliore amica. E anche se è una delle poche persone rimaste a trattarmi da persona normale, si preoccupa. Anche se non lo da a vedere.
Ed è adorabile quando si preoccupa, devo ammetterlo.
«Brutta incosciente!». Okay, pensavo peggio, sinceramente. Solo che non è Mercedes quella che mi sta praticamente urlando contro. Ma mio cugino Xabiani che, chissà come e chissà perché, se ne sta seduto sui gradini davanti a casa nostra. Come faccio a sapere che è seduto? La voce viene dal basso, rispetto a dove mi trovo io. Cos'altro? Ha appena finito di fumarsi una sigaretta, a giudicare dall'odore di fumo che aleggia nell'aria.
«Ciao anche a te, cugino», scherzo tirando fuori le chiavi dal cappotto. Lo sento alzarsi e mettersi davanti a me, bloccandomi, in modo che non possa entrare in casa. Mi fa sorridere, non riesco a trattenermi dal farlo. «Qual buon vento?», chiedo, ignorando completamente i suoi sospiri. So per certo che si sta passando una mano tra i capelli, sta torturando le unghie dell'altra mano con i denti.
«Sono venuto a trovare Mercedes, ma non è questo il punto».
Inarco un sopracciglio, divertita. Se ve lo state chiedendo, sì. Mio cugino esce con la mia migliore amica. Lui è cotto di lei, abbrustolito per bene. E Mechi si imbarazza ogni volta che parliamo di lui, cercando disperatamente di cambiare argomento. Sono cotti a puntino. E sono adorabili.
«Ho solo fatto un giro, Xabi, calmati», gli dico quando finalmente si sposta in modo che possa aprire la porta di casa. Sospiro. Odio quando si preoccupano per niente. Ho solo fatto un giro, mi serviva prendere un po' d'aria.
Perché anche se sono cieca non significa che io debba starmene dentro casa ventiquattr'ore su ventiquattro, no? Posso uscire, prendere aria. Lavorare part time come babysitter, non me l'ha mai impedito nessuno, in fondo. Anche se né Mercedes né Xabiani né mia madre sono mai stati d'accordo.
Facundo invece è sempre stato d'accordo. Lavora con me, del resto, ma a tempo pieno.
L'agenzia di babysitting è la sua del resto, ha sempre adorato i bambini.
Comunque, ho solo fatto un giro, preso un po' d'aria. E pensato e ripensato al suono della voce dello sconosciuto della metro. Ho ripensato a quando ha annuito, non ricordandosi che non lo potevo vedere. Ho ripensato a quando mi ha preso la mano per aiutare a sedermi. Non riuscivo a smettere di pensare alla sua risata, era una droga.
Una droga. E ne volevo ancora, disperatamente.
Sentivo il bisogno di sentire ancora quella voce, quella risata. Il bisogno di sentire ancora la morbidezza delle sue dita contro le mie. E proprio non capivo il perché. Non mi era mai successo di desiderare così ardentemente il contatto con qualcuno. Mai, in vent'anni.
E ho ripensato alla sua mano prontamente posata sul mio fianco quando stavo per cadere alla frenata del treno. La sua presa calda sul mio fianco mi ha fatto pensare che magari ci poteva essere qualcuno che avrebbe potuto tenere a me all'infuori dei soliti. Qualcuno che potesse volermi bene, nonostante fossi cieca.
«Ci hai fatti preoccupare, scusa se ho reagito male», mi sussurra Xabiani abbracciandomi, una volta entrati in casa. Sorrido, ricambiando l'abbraccio e lasciandogli un bacio su una guancia.
«Tranquillo, Xaa», mormoro posando la borsa sul tavolino all'ingresso.
Cammino tranquillamente fino al divano, come se mi trovassi su una nuvola, e la risata di mio cugino mi fa capire che, come era prevedibile, si è appena accorto di tutto. Tutto, a partire dalla mia camminata tranquilla col sorriso da ebete sulle labbra.
Non ho mai sorriso così tanto in vita mia.
Soprattutto da dopo l'incidente. Da quando ho perso la mia migliore amica. Persa non nel senso che sia morta, si è semplicemente allontanata, e io non ho potuto fare niente. Da quando ho perso Damien, il ragazzo di cui ero cotta da anni.
Sarei voluta morire io al suo posto.
Lui è morto sul colpo. Non ha sentito niente.
Io sono stata in coma per tre mesi - periodo di cui non ricordo un accidente, per inciso - e quando mi sono svegliata e mi sono accorta di non vedere, la prima persona di cui ho chiesto è stata lui, Damien.
È stata la prima persona per cui ho pianto, quando mi sono svegliata.
La persona per cui ho sofferto, tanto.
Ma anche la persona grazie alla quale ho capito che buttarsi giù in quel modo non sarebbe servito a niente. È stato il pensiero di Damien a farmi andare avanti, a non permettere che mi arrendessi. Perché anche se probabilmente lui non provava assolutamente niente per me - oltre all'amicizia - non avrebbe voluto che soffrissi in quel modo. Avrebbe voluto che continuassi a sorridere. E così avevo fatto.
Gli altri in macchina con noi si sono salvati tutti, la più grave si è rotta un polso, ma è viva, sta bene. Ci vede. E non ha perso la persona di cui era innamorata dalle scuole medie, soprattutto.
Torno in me sentendo una lacrima bollente scorrere lungo la mia guancia, un attimo prima che Xabiani mi stringa a sé per un altro abbraccio. Provo a sorridere, ma dentro sto crollando. Soprattutto se penso al fatto che potrei non incontrare più quel ragazzo, l'unico nella mia nuova vita, che mi abbia trattata da persona, e non da animale.
***
JORGE'S POINT OF VIEW.
 
Martina. Wow. Uno di quei nomi che non si dimenticano tanto facilmente. Se poi associato a quegli occhi tanto azzurri da non sembrare veri, allora diventa davvero indimenticabile. Come se me lo avessero appena inciso addosso, e non potessi scrollarmelo, nemmeno se volessi.
Un nome che mi ricorda il cielo, il vento, il sole.
Oltre che il suo meraviglioso sorriso, ovviamente. Solo che in questo caso purtroppo non lo potrebbe vedere, Tini non lo vedrebbe. Paragone inutile, mi rendo conto. Ma è anche vero che è la prima cosa a cui si associa, guardando il suo sorriso,no?
Da questo momento non lo assocerò più al sole,al cielo o al vento promesso.
Assocerò quel nome ad una della ragazze più belle che abbia mai visto. Una delle poche persone che conosco in grado di sorridere nonostante la propria situazione. Lei non ci vede, ma sorride, si comporta come fosse "normale", come se fosse una ragazza qualunque.
Solo che i suoi capelli sembrano raggi di sole di color marrone con ciocche dorate. I suoi occhi pezzetti del colore della terra.
E il suo sorriso sarebbe in grado di far concorrenza alle stelle, è incredibile.
Scendo dalla metro ancora soprappensiero, con un sorriso da idiota a incresparmi le labbra. Davvero, non riesco a smettere di sorridere, come non sorridevo da parecchio. Da quando ho conosciuto Stephie, molto probabilmente.
Solo che la stronza mi ha solo usato. Ogni suo sorriso verso di me è stato finzione. Ogni bacio, ogni abbraccio, ogni carezza. Finzione. Ogni volta che per me facevamo l'amore, per lei era solo una valvola di sfogo. Tutta una fottuta finzione.
Uno schifo, insomma.
Torno in me quando vedo il mio migliore amico a un centinaio di metri da me, spaparanzato su una panchina, che sbuffa fuori una nuvola di fumo, tenendo la mano libera dalla sigaretta in tasca.
Io e Ruggero siamo cresciuti insieme, dall'asilo, nonostante lui fosse più piccolo di me di un anno. Abbiamo avuto anche noi in nostro periodo no, al liceo, quando io ero finito nel giro sbagliato. Ero diventato un bullo. E me l'ero presa proprio con lui, con l'unica persona che dal canto suo non mi aveva mai preso in giro per le mie origini.
Poi ero stato bocciato ed eravamo tornati amici come prima.
Mi aveva tirato fuori dalla merda, ed ora avevamo la nostra banda, sempre che si possa chiamare così. Gli amici più stretti, le persone più fidate per entrambi. Anche se forse a questo punto potevamo anche mandare Stephie a farsi fottere, almeno per quanto mi riguardava.
Avevo altro a cui pensare.
Martina, per esempio.
O come portare un po' di soldi a casa per garantire una vita decente alla mia famiglia. O quel poco che ne rimaneva. Mia madre. E mia sorella Cielo. L'unica famiglia che non mi avesse abbandonato, nonostante tutto. C'erano state sempre, e ci sarebbero state, fino alla fine.
«Ehi, Blanco», mi saluta Ruggero buttando a terra la sigaretta ormai finita e alzandosi in piedi, controvoglia come al solito, per poi far scontrare i nostri pugni e darmi una pacca sulla spalla. Sorrido. Ci salutiamo in quel modo da una vita, da sempre forse.
«Ehi, Paquarelli», ricambio per poi passarmi una mano tra i capelli, tirandone le punte.
Il mio migliore amico sa perfettamente che lo faccio spesso. Specialmente quando sono soprappensiero, agitato, o nervoso. Soprappensiero, in questo caso. Non riesco a togliermi il sorriso di Martina dalla testa, e non mi è mai successa una cosa del genere, mai.
Ruggero ride, passandosi una mano tra il suo ciuffo. «Non posso dirti quello che devo dirti se prima non mi dici che hai», mi dice voltandosi completamente verso di me, un sorriso furbo sulle labbra e uno scintillio negli occhi color smeraldo.
Fa paura, quando mi guarda in quel modo.
È come se mi leggesse dentro.
Come se per lui io sia un libro aperto, spalancato sui miei pensieri.
«Chi è lei?», mi chiede ridendo dopo una manciata di secondi. Cerco di trattenere un sorriso, senza troppo successo. Ruggero mi conosce troppo bene, è ufficiale. Mi spinge ridendo, vedendo che sto sorridendo come un'idiota.
Non ho mai sorriso così, nemmeno per Stephie.
«Una ragazza che ho buttato a terra ieri, sulla metro», gli dico, arrendendomi completamente. Gli spiego che ero incazzato per Stephie, e che praticamente le sono andato addosso, quasi volontariamente. Gli spiego che le ho urlato contro. Gli spiego che l'ho rivista proprio pochi minuti prima.Gli spiego anche che non riesco a smettere di sorridere e che non so perché.
«Ha un nome, la morettina?».
Rido, dandogli un pugno su una spalla. «Si chiama Martina è bellissima, e prima che tu me lo chieda, non le ho chiesto di uscire», aggiungo, prima che possa aprire bocca. So perfettamente che è la domanda che tiene sulla punta della lingua dal momento in cui ho iniziato a parlare di lei.
E so anche perfettamente di non aver chiesto ad Heidi di uscire perché... non posso.
«Oh, Blanco... perché?», mi chiede, come previsto.
È sorpreso, il mio migliore amico. E a ragione. Non mi sono mai tirato indietro davanti a niente, in tutti gli anni che lo conosco. Soprattutto, non mi sono mai tirato indietro davanti ad una ragazza. Beh, c'è sempre una prima volta.
Soprattutto se si tratta di quella ragazza, non di una ragazza qualsiasi, con cui magari potrei uscire una sera, farla ubriacare, sbatterla per una sera e poi mandarla via. Non vederla più. Con Martina non posso, non potrei prenderla in giro, non ci riuscirei.
«E' cieca», mormoro semplicemente, alzandomi e iniziando a camminare verso il parco con le mani in tasca e la testa bassa. Un attimo e Jorge mi raggiunge, voltandomi verso di sé, come se non credesse alle sue orecchie. Beh, non ci crederei nemmeno io se lo sentissi. Lo vedo inarcare un sopracciglio, e quasi gli scoppio a ridere in faccia. «Hai sentito bene, Paquarelli... cosa volevi dirmi?».
Cerco di darmi una calmata, stringendo i pugni.
Non ho chiesto alla ragazza più bella che abbia mai visto di uscire... la verità è che non gliel'ho chiesto perché sono un idiota. Perché ho avuto paura. Perché era come se avessi sentito una vocina dentro di me che mi diceva di ignorarla, di lasciarla perdere perché è cieca.
Non ho mai dato ascolto alla mia coscienza.
Quindi la verità è solo una: sono un'idiota.
«Indovina un po' chi ho incontrato ieri sera?», mi dice ironico reprimendo una smorfia. Inclinai la testa da un lato, curioso. La sera prima mi ero immerso nella lettura di Wikipedia, quindi non ero uscito col gruppo. Ma a giudicare dall'espressione di Ruggero, decisamente non è stata una buona uscita.
«Non lo so, tuo padre?».
Era noto a tutti che il rapporto di Ruggero con la sua famiglia non fosse uno dei migliori, soprattutto col padre. I suoi sparivano per mesi e non si facevano sentire, lasciandolo a casa da solo. Da solo, in una villa a dir poco immensa.
Il che la rendeva la location perfetta per migliaia di feste.
Ma restava il fatto che Ruggero si sentisse solo, non potevano comprarlo con una villa per far sì che stesse meno male. Quale genitore avrebbe voluto una vita così per suo figlio? Io, no di certo.
Lo vedo scuotere la testa, divertito dalla mia supposizione sbagliata.
«Peter è tornato in città...», mi dice aggiustandosi perfettamete il ciuffo . Ma io sono impietrito, riesco a malapena ad aprire la bocca. Non riesco a muovere un muscolo. «Ma non è questa la cattiva notizia... era con Stephie, li ho visti baciarsi».
Ecco, ora sì che la mia giornata è andata a rotoli.
 
   
 
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