Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: FiammaBlu    26/04/2016    10 recensioni
Maya ha vinto la sfida con Ayumi Himekawa, aggiudicandosi la Dea Scarlatta e i diritti dell'opera. Ma proprio come accade nel dramma originale, un fuoco arde sotto le ceneri...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masumi Hayami, Maya Kitajima
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Stage #4. Maree dal passato



La balaustra lungo il porto correva per decine di metri, aggrappata a blocchi di cemento armato. Da un lato il parco e poi degli edifici, dall’altro l’oceano Pacifico. Il rosseggiare del tramonto a ovest ammantava tutto di un tenue rosa, conferendogli quell’aspetto tipico delle sere di novembre.

Maya camminava in preda a sentimenti contrastanti. Quell’atmosfera che era venuta a crearsi fra loro era troppo simile a ciò che era avvenuto un anno prima sulla nave. Le parole di lui le rimbombavano ancora in testa, un mantra a cui si era aggrappata innumerevoli volte, quando il mondo pareva crollarle addosso, quando sperava che il suo sogno ancora si avverasse. Non riusciva a frenare l’emozione che le faceva palpitare il cuore né a togliersi dalla mente quel sorriso aperto e gentile che le riservava a volte. Perché è venuto qui, signor Hayami? Perché si preoccupa ancora per me? Lei è sposato adesso e io non potrò mai essere nient’altro che un’attrice…

- “Madama Butterfly” è stato rimandato - le disse all’improvviso con voce profonda - Vogliono che sia tu a interpretare Chōchō-san -

Maya si fermò, si girò di scatto e lui le finì quasi addosso. Il suo volto era illuminato di gioia, gli occhi brillavano come stelle e Masumi rimase incantato a guardarla. Le ho detto che reciterà di nuovo e lei si è trasformata così…

- Davvero? Davvero, signor Hayami? - le chiese con la voce rotta dall’emozione.

- Sì - annuì lui sorridendole. Non aveva alcuna intenzione di rovinarle quel momento mostrandosi come il Presidente esigente e cinico che era di solito. Maya s’illuminò ancora di più e batté le mani insieme per la contentezza.

- Potrò essere Chōchō-san! Vedrà, signor Hayami, non la deluderò! - gli disse con determinazione - Le prometto che non firmerò più autografi senza autorizzazione e non andrò in giro per teatri! -

Masumi aggrottò la fronte e le guance di lei si tinsero di un lieve rossore.

- Non promettere cose che non puoi mantenere - le fece notare lui con tono benevolo. Maya arrossì completamente e lui scoppiò a ridere.

Lei rimase a guardarlo, stupita di quanto cambiasse la sua espressione con una risata genuina come quella. Quando i loro occhi si incrociarono nuovamente divenne chiaro ad entrambi che quella magia di un anno prima non si era dissolta. Qualcosa li attraeva inevitabilmente, rendendo vani tutti i loro tentativi di dimenticarsi a vicenda. Forse c’era davvero un filo rosso che univa le loro anime come diceva la leggenda, ma ciò che gridavano i loro cuori in quel momento era reale e portava verso un unico esito.

- Signor Hayami… - balbettò Maya con gli occhi spalancati e il cuore che le usciva dal petto. L’emozione contrastava con il dolore di aver perduto l’attimo un anno prima, di aver avuto paura di non essere ancora abbastanza adulta per lui, di averlo lasciato andare. Una lacrima scese solitaria lungo la guancia, raffreddata subito dal vento oceanico.

- Maya… - sussurrò Masumi allungando una mano e togliendo quell’orrida riga bagnata. Il tempo sembrava essersi fermato, la paura di essere pedinato e fotografato con lei, spazzata via del desiderio più profondo del suo cuore, sopito in quei mesi solo per salvaguardarla. Appoggiò la mano alla sua guancia calda e lei ci mise sopra la sua.

Il contatto li squassò entrambi, partecipi e coinvolti dalle emozioni che erano rimaste nascoste dentro di loro. Maya lo fissava sbalordita, ma un sorriso dolce affiorò sulle sue labbra. All’improvviso e inspiegabilmente comprese che per lui non era cambiato niente da quell’alba sull’Astoria. Quell’abbraccio lungo e intenso aveva avuto un valore per lui e probabilmente quelle acri parole che avevano avvelenato il suo cuore per tanti mesi erano state dettate dalla necessità di proteggerla. Non sapeva spiegarsi il motivo, ma nell’istante in cui si erano toccati e aveva guardato nei suoi occhi azzurri aveva compreso ogni cosa.

Masumi inspirò profondamente e per la prima volta realizzò che quelle parole sulla nave erano state proprio per lui e che niente era cambiato per Maya in quei mesi. L’aveva aspettato e continuava a farlo. Un nodo rovente gli serrò lo stomaco quando si rese conto di averle fatto vivere probabilmente un inferno.

Lei fece un movimento impercettibile verso di lui, l’espressione rapita, le guance soffuse di rosso, ma questo bastò a liberare le loro emozioni. Masumi l’attirò a sé e l’abbracciò con forza. Maya si rifugiò fra le sue braccia, riassaporando la stessa sensazione che aveva provato le altre volte, anche quando era stato il suo ammiratore a farlo. In quell’istante, tutti i suoi dubbi vennero cancellati dall’impeto con cui lui la strinse, dalla bramosia con cui le sue mani afferrarono il cappotto sulla sua schiena inarcata.

- Maya… - sussurrò di nuovo Masumi sentendo il cuore andare in mille pezzi quando le sue braccia esili lo cinsero aggrappandosi alla sua giacca. Non era un sogno, era lei, era proprio Maya, e lo abbracciava consapevolmente!

- Mi dispiace… - aggiunse lui in un sussurro appena udibile, gli occhi serrati mentre il profumo della sua pelle e dei suoi capelli gli invadeva le narici.

Maya si sentiva al sicuro, al caldo e protetta. Quanto aveva desiderato sentire ancora il suo abbraccio e trovare una conferma che ciò che le aveva detto fosse la verità? È sempre stato così… me lo disse allora e tutt’ora lui… lui mi ama!

- L’ha fatto per me, vero? - mormorò lei voltando appena la testa. La teneva così stretta da impedirle quasi di respirare, ma non le importava affatto.

- Sì… perdonami… per me non è cambiato niente… e per te, Maya? - doveva chiederglielo! Non poteva attendere oltre, doveva essere certo di ciò che aveva visto nei suoi occhi brillanti.

- Neanche per me, signor Hayami! Neanche per me! - si affrettò a confessare lei, stringendolo a sé. Non le importava niente di tutto il resto del mondo, lì c’era l’altra metà della sua anima. Signora Tsukikage… aveva ragione…

Masumi continuò a tenerla stretta con il cuore che gli scoppiava in petto. Era ben conscio dei rischi che correvano, ma non era venuto da solo, c’era Hijiri da qualche parte che vegliava su di loro. Se ci fosse stata qualche persona sospetta o qualche giornalista, se ne sarebbe occupato lui. La parte analitica della sua mente che aveva tirato fuori quella riflessione, lo avvisò anche che quel riavvicinamento avrebbe cambiato le cose.

Rimasero a lungo l’uno fra le braccia dell’altra, incuranti del vento che sferzava il porto, mescolando i loro capelli e inondandoli di salmastro. Masumi allentò appena la stretta, non voleva ancora separarsi da lei. Quando Maya sollevò lo sguardo era rannicchiata contro di lui, senza alcuna costrizione, si era abbandonata alla sicurezza del suo abbraccio.

- Cosa accadrà adesso? - gli domandò titubante. Non voleva più tornare nell’oblio, non era più disposta a soffrire quando lui la ricambiava! Era incredibile che lui l’amasse davvero, ma voleva crederci con tutta se stessa!

Masumi la fissò, incapace di risponderle prontamente, perché per la prima volta nella vita non sapeva davvero cosa sarebbe accaduto. La sua domanda inoltre nascondeva implicitamente che lei aveva preso una decisione. È molto più coraggiosa di me… lo è sempre stata, fin dalla prima volta che l’incontrai in quel teatro mentre, smarrita, cercava il suo posto…

- Non lo so, Maya - le rispose infine sinceramente, lasciando galoppare i fremiti del suo cuore - Io… non posso più… - lasciò che i pensieri svanissero, perdendosi negli occhi carichi di speranza di lei che lo guardava come mai aveva fatto prima di allora. Maya...

- Neanche io, signor Hayami! Non ci riesco più neanche io! - ammise disperata finendo la frase al posto suo. Maya strinse forte le braccia e affondò il volto nel suo petto ampio e caldo. Chiuse gli occhi con forza, frenando le lacrime di disperazione che volevano uscire prepotenti. Sono cresciuta! Non sono più una ragazzina! Si calmò e rimase in quella posizione, ascoltando i battiti del cuore del suo ammiratore che rimbombavano con costanza e velocemente. Sorrise dolcemente quando realizzò che anche per lui non doveva essere stato facile quel periodo.

Masumi espirò profondamente. Quando aveva deciso di raggiungerla non aveva minimamente pensato ad un riavvicinamento. Vederla recitare davanti ai bambini aveva rievocato il passato con brutalità e si era trovato a stringerla fra le braccia scacciando il suo senso di colpa. Avrebbe potuto contare sulle dita di una mano le volte che era entrato in contatto con lei, eppure in quel momento sembrava la cosa più naturale del mondo. Signora Tsukikage… è stato così tormentato anche il suo rapporto con Ichiren Ozachi? È così che lui ha tratto ispirazione per un dramma così profondo dei sentimenti umani?

Non aveva alcuna intenzione di infrangere quel momento, non voleva che lei se ne andasse né voleva rinunciare a quell’istante di pura gioia. Era sempre rigidamente vincolato alla sua vita pubblica e quando era a casa manteneva una maschera per suo padre e per Shiori. Con Maya, invece, poteva essere se stesso senza temere giudizi da parte sua.

Aveva timore di soffocarla così allentò appena la stretta inspirando l’odore fresco dei suoi capelli sottili come seta. Riusciva ad avvolgerla completamente, ma a lei non sembrava dispiacere. Si meravigliò nuovamente di quella reazione che aveva sorpreso entrambi senza lasciar loro possibilità di scelta, esattamente com’era avvenuto sull’Astoria, quando si erano resi conto che non potevano più nascondere i loro sentimenti.

- Maya… - sussurrò scostandola da sé - Non sono uomo che fa promesse vane, quindi non te ne farò - iniziò catturando il suo sguardo pieno di speranza - Ma farò tutto ciò che è in mio potere per sistemare le cose - le confidò tenendo la voce bassa e tesa.

Lei spalancò gradualmente gli occhi, quando divenne consapevole del significato di quelle parole riflesse in quegli occhi che d’improvviso s’erano fatti freddi e distanti. Durò solo qualche istante, poi le iridi tornarono azzurre e sorridenti. Ha preso una decisione… è terrificante quando si distacca così dal mondo e mi ricorda con forza il Masumi Hayami che conobbi sette anni fa...

- Ho capito - rispose lei annuendo e ricambiando la dolcezza nello sguardo.

Masumi deglutì imbarazzato per la fiducia che lei sembrava riporre in quella dichiarazione. Non era mai accaduto niente di tutto ciò fra loro due, era un campo che non conosceva e si sentiva disarmato. Sei cresciuta, Maya… dovrò imparare qualcosa di nuovo…

Allungò una mano e le accarezzò una guancia lasciando che i suoi sentimenti trasparissero sul suo volto com’era accaduto sulla nave. Era liberatorio non dover indossare una maschera. E pensare che per lei, invece, è una condizione gradita e agognata…

Maya si appoggiò dolcemente, immobile, persa in quello sguardo nuovamente amico e complice che per tanto tempo aveva evitato credendo di trovarci ancora quell’astio e quella derisione che aveva subito in quelle parole terribili dopo la crociera.

- Ho fame - gli sussurrò all’improvviso spezzando la magia del momento - C’è un negozietto qui vicino che vende dei takoyaki buonissimi! - aggiunse immediatamente dopo con la speranza che lui decidesse di restare.

Masumi represse una risata, si rilassò e la lasciò andare completamente. Pensò alle morbide polpette di polpo e chiuse gli occhi sollevando il volto al cielo. Maya lo fissò strabiliata, registrando l’ennesimo volto di quell’uomo complesso e poco incline alla trasparenza.

- Ne mangiavo quando ero bambino… - sussurrò puntando le mani sui fianchi.

Maya ridacchiò e si coprì la bocca con le mani.

- Non ne ha più mangiati da allora? - chiese, meravigliata che si fosse privato di una simile delizia culinaria. Deve aver vissuto una vita davvero difficile…

Masumi scosse la testa arrossendo lievemente. Lei riusciva a far sembrare la sua vita una specie di esperimento andato storto.

- Allora dobbiamo rimediare! - incalzò decisa sollevando un indice ammonitore che Masumi scrutò con attenzione. Si chiuse bene il cappotto tenendo fuori il vento che stava aumentando d’intensità e s’inoltrò nuovamente nel parco. Lui sorrise e la seguì, infilandosi le mani in tasca. Non avrei mai immaginato che sarebbe andata a finire così… io volevo solo vederla…

Appena furono in mezzo agli alberi, la forza del vento freddo diminuì. Maya gli camminava a fianco, in silenzio, teneva lo sguardo basso e le mani ben chiuse nelle tasche. Quando l’aveva abbracciata, nell’impeto del momento non si era accorto che il suo corpo era cambiato ancora: era sempre esile, ma definita, e il volto aveva perduto i tratti da ragazzina che, anche senza trucco, di scena o meno, rivelava già tratti più adulti. Gli occhi avevano sempre la stessa profondità e in quei mesi avevano continuato a sfidarlo spudoratamente. Vederli ora brillare in quel modo per lui, gli aveva tolto il respiro e l’aveva costretto a domandarsi cosa avesse pensato lei in tutto quel tempo.

Il negozio era davvero vicino e vendeva direttamente sulla strada. Masumi si guardò intorno valutando le facce che li circondavano, poco prima di attraversare la strada e raggiungerla sul marciapiede opposto. Maya ordinò entusiasta e lo guardò con un gran sorriso. Era contagiosa, quindi rispose nella stessa maniera, lanciando un ultimo sguardo all’angolo dove la strada curvava. Hijiri era lì, in piedi, bastò un semplice scambio di sguardi e il collaboratore si dissolse nell’ombra del vicolo poco distante.

- Ecco, signorina - la voce del venditore attirò la sua attenzione e un instante dopo Maya gli stava porgendo una barchetta di bambù piena di polpette bollenti coperte di salsa otafuku. La prese delicatamente e inspirò il profumo saporito che gli fece venire l’acquolina in bocca.

- Le va di tornare nel parco? Ci sono delle panchine... - propose Maya soffiando con insistenza sulle polpette per dissimulare l’imbarazzo. Non si era mai esposta così tanto, non aveva mai avuto il coraggio di parlare per prima, ma in quel momento non aveva niente da perdere e tentò sperando che lui acconsentisse. Lui si stava comportando in maniera diversa rispetto alle volte in cui l’aveva incontrato alla Daito o nei teatri e lei si sentiva stranamente a suo agio.

- Sì - annuì Masumi imponendosi di non fissarla come un ragazzino innamorato. Sono ben più di quello… non è solo questione di ciò che provo io… è anche l’intensità che percepisco in lei a spaventarmi… ho sempre pensato che non avrebbe mai ricambiato i miei sentimenti e ora che mi trovo a chiacchierare con lei come se il tempo non fosse trascorso, ho difficoltà ad accettare la situazione…

Maya attraversò di nuovo e lui la seguì con un brivido di apprensione, accorgendosi che, concentrata sui takoyaki, si era buttata in mezzo alla carreggiata senza guardare la strada.

- Dovresti guardare dove vai… - borbottò corrugando la fronte.

Maya si girò senza comprendere, poi realizzò quando lui indicò le auto di passaggio.

- Oh… io… - fissò lo sguardo sulle polpette fumanti e arrossì. Riesce ancora a farmi sentire una ragazzina sprovveduta… avevo paura che fosse cambiato… che mi avrebbe trattato in modo diverso, invece è sempre lui, il mio ammiratore delle rose scarlatte, che mi guarda le spalle e si preoccupa per me!

Masumi la vide sorridere all’improvviso senza motivo, ma non ebbe tempo per fare qualche battuta pungente perché lei si girò di scatto e raggiunse una panchina. Si sedette e si cacciò subito in bocca una polpetta.

- Stia attento a non macchiarsi - lo avvisò senza alzare lo sguardo dal suo spuntino. Lui prese posto vicino a lei e la imitò, inforcando quelle rotondità golose. Ardevano come piccoli fuochi e quasi si ustionò, ma il sapore era un’esplosione di gusto.

Mangiarono in silenzio, con il vento come unica compagnia che spirava fra le fronde possenti del parco.

- Come mai quelle sono diverse? - le chiese Masumi osservando la sua barchetta che conteneva sei polpette come le sue e sei con una copertura bianca e un trito verde.

Maya sussultò, come se l’avesse presa in castagna. Si girò verso di lui, ne inforcò una con decisione e la sollevò.

- Ne vuole assaggiare una? - propose allegra, troppo tardi si accorse del suo gesto spontaneo - Scusi… - sussurrò arrossendo violentemente. Appoggiò delicatamente la polpetta infilzata e avvicinò la barchetta tenendola con entrambe le mani in modo che potesse prenderla da solo.

Masumi era rimasto immobile ad osservarla. Era incredibile come ogni suo gesto semplice e spontaneo gli togliesse il respiro. Si capiva perfettamente che non era un atteggiamento studiato, era fatta così e basta.

- Grazie, ne assaggio una volentieri - le disse prendendo lo stecchino e infilandosi la polpetta in bocca. Non voleva farla sentire ancor più a disagio e non voleva mostrarle quanto fosse rimasto scioccato lui all’idea che lo imboccasse. Con lei non riesco mai a mantenere il mio autocontrollo… se mi guardasse ora leggerebbe ogni mia debolezza…

Maya continuò a tenere lo sguardo basso sia quando lui la prese, sia quando la mangiò, sia quando tornò ad occuparsi del suo spuntino. Si sentiva avvampare e il cuore le batteva follemente. Cosa mi è venuto in mente? Solo che… è colpa sua! È lui che è diverso!

- Erano molto buone - esordì Masumi dopo un silenzio prolungato.

- Sono felice che le siano piaciute - ammise genuinamente Maya con un sorriso dolce raccogliendo la sua barchetta e gettandole entrambe in un cestino vicino. Tornò a sedersi accanto a lui senza mai guardarlo. Non aveva idea di come comportarsi, era consapevole che presto sarebbe andato via e la malinconia le dilaniava l’anima.

- Resta qui e riposati - aggiunse Masumi voltandosi a fissarla. Era molto tardi, ma qualche scusa gli sarebbe sicuramente venuta in mente per strada.

- Sì - annuì Maya guardandosi le punte delle scarpe.

- Quando tornerai a dicembre potrai riprendere solo le attività che vorrai oltre alle prove per “Madama Butterfly” - proseguì osservando il suo volto inclinato - Non mi ero reso conto del carico di lavoro a cui ti avevamo sottoposto - si scusò infine spostando lo sguardo sugli alberi che ondeggiavano sotto il vento.

- Non deve dire così! - replicò Maya girandosi di scatto - Ho accettato io gli ingaggi! Alice, il garzone, l’Imperatrice Suiko, Ofelia e tutti gli altri! Sono stata io! Ho potuto essere tutti loro sul palcoscenico! - aggiunse con veemenza, le guance arrossate per il vento e la gioia che traspariva dalle sue parole infervorate.

- E sei stata eccellente… - sussurrò Masumi rapito dalla sua espressione, ricordando tutti i ruoli che si erano intervallati alla “Dea Scarlatta” - Ma avremo dovuto lasciarti il tempo per riprenderti, invece io… - Maya lo bloccò impedendogli di continuare.

- No! - gridò con gli occhi spalancati - No! Io ho accettato! Io… io non potevo restare lì, ferma a guardare! Non potevo… - la voce incrinata scemò nel vento. Maya serrò i pugni, non avrebbe pianto, sarebbe rimasta stoicamente a guardarlo sperando che lui non capisse cosa le agitava l’animo e che la trattasse come la solita ragazzina avida di teatro.

Masumi la fissò mentre brividi gelati gli risalivano lungo la schiena. Non erano dovuti al freddo, bensì alla consapevolezza di ciò che l’aveva spinta a recitare senza fermarsi, a passare da Akoya, alla Dea, ad un altro personaggio senza concedersi respiro. Sono stato io… è stato il mio comportamento… il matrimonio… per questo mi trattava freddamente… per questo non riuscivamo più a comunicare! Soffriva per ciò che le ho detto quel giorno… sono stato io…

- Ti è stato di aiuto? - le chiese con voce roca per l’emozione. L’unica consolazione che poteva avere era che quelle interpretazioni avessero alleviato la sua angoscia.

Maya annuì. Aveva imparato a decifrare alcuni suoi sguardi e quello le stava dicendo che era dispiaciuto. Non conosceva i motivi delle sue aspre parole dopo la crociera né del perché non fosse andato a Izu, ma era certa, in quel momento, che avesse fatto ogni cosa per proteggere lei, per i sentimenti che si erano dichiarati sul ponte dell’Astoria. Venne invasa da un’immensa tenerezza al ricordo dei mesi che aveva passato a struggersi e al contempo a maledirlo. Non riusciva a pensare al suo matrimonio, usava Akoya e gli altri personaggi per sfogare la sua rabbia, il rancore e l’amore che non poteva esprimere.

Lasciò che l’emozione la invadesse completamente. Chiuse gli occhi abbassando la testa e infilò dolcemente la mano sotto la sua, appoggiata alla panchina.

Masumi sussultò e venne folgorato dal contatto. Rimase immobile, avvertendo la pelle fredda e morbida di lei che si insinuava sotto le sue dita. Le incrociò e chiuse a sua volta gli occhi per assorbire la trepidazione che lo stava avvolgendo.

- Hai freddo - constatò lui stringendo appena la presa. Maya annuì rimanendo in quella posizione, sicura che il cuore le sarebbe scoppiato presto.

Masumi sollevò le mani unite e le infilò nella sua tasca. Era calda e accogliente e Maya fu costretta ad avvicinarsi. La prima volta che le aveva stretto una mano era stato durante “Anna Karenina”, quando se lo era trovato seduto accanto e aveva scoperto che era stato proprio lui a invitarla. Quella volta, però, l’aveva obbligata a restare ad ascoltarlo. In quel momento invece era premuroso e gentile, la sua mano era grande come la ricordava da allora e cingeva la sua con dolcezza e riguardo.

Maya si accostò ancor più a lui e appoggiò la testa al suo braccio. Sentì il sangue affluire spinto dal cuore che batteva incessante. Chiuse di nuovo gli occhi e rimase immobile, pregando che quel momento durasse più a lungo possibile.

Masumi inclinò appena la testa, emozionato e partecipe per quel gesto spontaneo, lo stesso che lei aveva fatto durante la crociera. Maya… vorrei cancellare tutto ciò che ci circonda, ma so che siamo qui proprio grazie a quello… ho capito che tu sei la metà della mia anima. Anche se non volevo crederci, sono costretto ad accettare l’evidenza… sembra proprio che, come dice Akoya, le divisioni sociali non contino affatto…

Rimasero immobili, ascoltando il mare e il vento, godendo di quella vicinanza inattesa. Maya strinse appena le dita quando la bruma della sera prese il sopravvento e lui rispose con altrettanta dolcezza all’interno della tasca buia e confortevole.

- Ti accompagno all’albergo - le sussurrò avvicinandosi al suo volto ancora appoggiato alla spalla. Gli risultò difficile parlare dopo tanto silenzio. Un nodo gli stringeva la gola e non voleva scendere.

Maya si riscosse e fece uno scatto in avanti che fece sussultare Masumi. Era in piedi, davanti a lui con un’espressione atterrita stampata sul volto.

- Il signor Matsuda! - gracchiò sconsolata rendendosi conto di essersi completamente dimenticata del povero manager.

Masumi scoppiò a ridere quando comprese la motivazione di tanta apprensione, lei lo fissò corrugando la fronte e mettendosi le mani sui fianchi in una posa agguerrita.

- L’ho congedato poco dopo la tua favola! - e riprese a ridere, appoggiandosi allo schienale della panchina di legno e ferro. Da quella posizione riusciva a guardarla direttamente negli occhi, anzi, per una volta era lui a dover sollevare un po’ il mento.

- Signor Hayami! - lo redarguì Maya stringendo un pugno.

- È impossibile annoiarsi con te! - aggiunse immobilizzandosi poco dopo e fissandola. Maya arrossì senza una ragione. Si sentiva scrutata da quello sguardo chiaro, divenuto improvvisamente serio. Il vento le faceva ondeggiare i capelli sciolti creandole prurito sulla faccia, ma per nulla al mondo si sarebbe mossa da lì. Signor Hayami… che succede?

- Vorrei chiederti di chiamarmi per nome, se volessi, ma non posso farlo - mormorò piano tenendo gli occhi incatenati in quelli di lei.

Lei avvampò. - Per nome? Ma… io… - borbottò portandosi una mano alle labbra.

- No, infatti - annuì gravemente Masumi - Vedo che convieni con me che non sarebbe saggio - le disse più duramente di quanto avrebbe voluto.

Maya non aggiunse altro. Chiamarlo per nome indicava un’intimità e una conoscenza della persona che lei ancora non aveva. Inoltre.. è tanto più grande di me ed è sposato…

Arrossì di nuovo e Masumi si prese qualche attimo per osservarla ancora. Aveva abbassato la testa, si guardava le mani nervose in grembo e quel rossore soffuso aumentava solo l’immensa tenerezza che provava nei suoi confronti. Non meriti questa vita, Maya… sei sicura di voler affrontare tutto questo? Faccio ancora fatica ad accettare che tu sia… tu sia innamorata di me…

- Vogliamo andare? - le domandò alzandosi in piedi. Maya si riscosse, annuì con un sorriso e lo seguì camminandogli a fianco ad una distanza opportuna.



Ripercorsero il sentiero interno del parco finché raggiunsero l’auto del signor Hayami parcheggiata a bordo marciapiede. C’erano tante auto in fila, la maggior parte di visitatori del grande parco. Molti stavano rientrando, perfino la ciclabile era frequentata.

Masumi le aprì la portiera e si guardò brevemente intorno. Non gli piaceva restare allo scoperto, ma il modo in cui avevano camminato non avrebbe potuto insospettire nessuno. Anche se qualcuno avesse riportato delle fotografie a Shiori, avrebbe potuto trovarle alcune scuse valide per la sua presenza lì, e la prima era il contratto di “Madama Butterfly” che aveva nella sua valigetta. O magari era solo paranoico: Shiori era contenta del risultato raggiunto e non sognava neppure di farlo pedinare. Hijiri gli aveva assicurato che nessuno lo seguiva, ma il suo acuto sesto senso, che tante volte lo aveva salvato negli affari, lo costringeva a restare sempre ben attento.

Quando il motore si accese, Maya serrò le mani in grembo. Mancava davvero poco, presto lui se ne sarebbe andato, sarebbe tornato a casa, da sua… da sua… Avanti, Maya, non essere meschina! Dillo! Dillo e rassegnati! Dorme nel suo letto… bacia le sue labbra… ignorarlo ti rende solo egoista e cattiva…

Fermo ad un semaforo, Masumi osservò il suo volto tirato. Sembrava stesse lottando con un leone, tale era la concentrazione con cui fissava davanti a sé.

Maya strinse forte la mascella, finché quella parola finalmente si formò nella sua mente, togliendole un gran peso dal cuore. Moglie…

Masumi la vide rilassarsi all’improvviso e appoggiarsi allo schienale, sfinita come se avesse corso una maratona.

- Stai bene, Maya? - le chiese preoccupato, ma lei si girò verso di lui cambiando completamente espressione e spiazzandolo.

- Sì! - rispose con entusiasmo e un sorriso ampio. Non c’è niente che io possa fare… sono sposati… lo era anche Ichiren Ozaki eppure lui… alla fine… amò la signora Tsukikage così intensamente da dar vita alla Dea Scarlatta…

Il semaforo divenne verde e Masumi ripartì, incerto su cosa fosse accaduto esattamente in quei pochi secondi. Sembrava assorta in un ragionamento e alla fine averne trovato la conclusione.

- Grazie per aver scelto Yokohama - mormorò Maya dopo qualche istante di silenzio. Si sentiva a proprio agio nell’auto con lui, la tensione che aveva provato in passato sembrava svanita come neve al sole.

Masumi spostò gli occhi su di lei solo un istante: teneva il mento basso e si guardava le mani in grembo. Non era abituato a conversare, solitamente i suoi dialoghi si fermavano agli ordini che impartiva oppure a lunghe riunioni tecniche, ma con lei gli riusciva spontaneo.

- Speravo che tornare in un luogo che conoscevi ti avrebbe permesso di rilassarti - le confessò celando l’imbarazzo che gli era salito alle guance nell’ammettere di aver calcolato esattamente quella soluzione.

Maya ridacchiò e si voltò a guardarlo.

- Io le invidio questa sua capacità di pensare, lo sa? - gli confessò senza vergogna - Io non ce l’ho… - ammise arrossendo e tornando a guardare la strada.

- Io invece ti invidio la passione che metti nel teatro, l’avere uno scopo e metterci tutta l’anima - replicò Masumi fermandosi davanti all’albergo. Lei lo fissò incredula mentre la malinconia della separazione imminente prendeva il sopravvento.

- Signor Hayami… - sussurrò con la voce spezzata dall’emozione. Non riusciva a muovere un muscolo, avrebbe dovuto aprire la portiera e uscire invece l’unica cosa che riusciva a fare era fissare sconcertata quelle profondità azzurre. Il respiro accelerò improvvisamente, portandola verso una commozione che non voleva dimostrare. Niente lacrime…

Masumi osservò gli occhi brillanti, la tensione del suo corpo e in un istante seppe che provava i suoi stessi sentimenti. È angosciata come me…

Protetto dal cruscotto da sguardi indiscreti, prese dolcemente la sua mano e la chiuse nella sua frenando i battiti del suo cuore quando le iridi di lei si dilatarono per la meraviglia.

- Ho lasciato a Matsuda il copione, puoi studiarlo mentre sei qui - mormorò avvinto da quell’atmosfera di condivisione e tensione.

Maya annuì meccanicamente, sfilò la mano dalla sua e appoggiò l’altra alla maniglia.

- Studierò, signor Hayami - gli promise con un sorriso delicato. Si voltò e uscì ingoiando il singulto che avrebbe fatto sgorgare lacrime inopportune.

Masumi la lasciò andare, come sempre aveva fatto, per permetterle di percorrere ancora quella strada che la legava al teatro e alle sue maschere. Le aveva detto che avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per sistemare le cose senza sapere neanche lui cosa fare esattamente. Sistemare le cose… cosa significa per me? Liquidare Shiori Takamiya? Fare un patto con mio padre? E poi? Cosa accadrà se io dovessi tornare libero? Non posso trascinarla in uno scandalo che le rovinerebbe la carriera tanto quanto la gelosia di Shiori… Non potrebbe più recitare e io la vedrei morire… No!

Strinse a pugno la mano che aveva stretto la sua per trattenere ancora un po’ quel calore e puntò gli occhi gelidi sulla schiena di Maya che saliva lentamente la scalinata dell’albergo. Non avrebbe permesso a nessuno di rovinarle la carriera, tanto meno a se stesso!

Attese che fosse entrata poi ripartì, seguito dalla seconda auto che si era fermata poco distante. Hijiri era l’unico a cui poteva assegnare quegli incarichi, nessun altro avrebbe potuto capire. Accelerò imboccando l’autostrada verso Tokyo e la casa del nonno di Shiori pensando alle risposte che avrebbe dato alle sue domande.



L’uomo che lo pagava era scaltro e molto ricco. Erano mesi che seguiva quella ragazza, saltando da un teatro all’altro, e i pagamenti erano stati sempre puntuali e precisi. La richiesta di quel cliente, che l’aveva assunto per investigare su un’eventuale infedeltà coniugale, gli era parsa strana. Per due mesi, all’inizio dell’anno, gli aveva chiesto non di osservare la giovane, ma l’ambiente intorno a lei e di tenersi ben distante e invisibile. Il cliente era stato molto chiaro su quel punto: non avrebbe dovuto farsi vedere né scoprire da nessuno. Il suo compito era stato individuare eventuali altri osservatori. A lui non erano mai interessati altri investigatori che indagassero sui suoi stessi bersagli, ma chiaramente aveva acconsentito, vista l’ingente somma in più che il cliente gli aveva offerto per cambiare la sua modalità lavorativa.

Quando aveva scoperto ciò che intendeva per “altri osservatori”, era rimasto di sasso.

Oltre alla ragazza, il pacchetto comprendeva un uomo e, dovendoli seguire entrambi, aveva richiesto un sovrapprezzo alla sua tariffa visto che sarebbe stato costretto a rinunciare ad altri clienti per dedicarsi esclusivamente a quel pedinamento. Il cliente aveva pagato senza fare una piega e gli aveva fornito un fascicolo su quelle due persone. Quando aveva compreso l’entità della faccenda riconoscendo immediatamente l’uomo alto e dai capelli chiari nella foto, aveva tentato di tirarsi indietro, ma l’altro era stato fermo nella sua posizione: conosceva la sua fama di investigatore e voleva che fosse lui a occuparsi del caso. Consolandosi per la somma che avrebbe guadagnato, aveva accettato. Il fascicolo riportava nozioni dirette e utili alla sua investigazione. Era convinto che il mandante reale fosse la moglie di Masumi Hayami, visto il recente matrimonio, ma lui non l’aveva mai vista, trattava solo con l’uomo ricco.

C’era davvero un altro osservatore! Ma non era un collega investigatore, era una specie di guardia del corpo, comunque un collaboratore di Masumi Hayami. Spesso lo seguiva, ma soprattutto sorvegliava la ragazza. Maya Kitajima rappresentava il più ingente investimento della Daito Art Production ed era ovvio che Hayami la tenesse sotto controllo. Il cliente aveva anche parlato di rose scarlatte.

Quando aveva affrontato quel discorso era apparso estremamente serio e lui gli aveva prestato attenzione: la gente faceva un sacco di cose strane e ormai non si meravigliava più di niente. Quando aveva riferito di aver individuato l’osservatore, il cliente era rimasto particolarmente soddisfatto, come se si fosse aspettato quel risultato, e lo aveva premiato con altro denaro. Da quel momento in avanti, il suo ruolo era cambiato ed era passato all’investigazione vera e propria facendo attenzione a quell’ombra che seguiva la ragazza. Il cliente era convinto che Hayami intrattenesse una relazione con quell’attrice.

Maya Kitajima era un’attrice eccezionale, un talento raro e l’aveva capito anche lui, ma in tutti quei mesi non si erano mai incontrati da soli, tranne presso gli uffici della Daito, e i loro incontri pubblici finivano quasi sempre in aspre litigate, che confermavano un’abitudine assodata negli anni. Per nessuno dei suoi spettacoli aveva ricevuto rose scarlatte ed era sicuro che non ne avesse ricevute neppure in camerino perché pagava sempre garzoni o stagisti per ottenere le informazioni.

Aveva ripetuto più volte al suo cliente nei mesi che quell’investigazione non era necessaria, quei due non avevano una relazione, anzi, per quanto aveva visto e sentito, non c’era praticamente niente che li accomunasse, tranne il teatro: la recitazione per lei e i soldi per lui. Ma certo quella non era una novità. Eppure il cliente lo aveva pagato per continuare.

E aveva avuto ragione.

Svogliatamente aveva raggiunto Maya Kitajima fino a Yokohama. Lei aveva fatto un’intervista, un servizio fotografico ed era sempre accompagnata da un manager della Daito Art Production. Solita routine. Annoiato e infreddolito li aveva seguiti per mezza città, in posti assurdi che per lui non avevano alcun senso. Il tizio che la controllava sempre a distanza non c’era, così lui si era rilassato.

Quel pomeriggio era tornata di nuovo al parco. Aveva portato la sua fida macchina fotografica e si era appostato poco distante. Incantato dalle favole che lei stava interpretando per dei ragazzini, non aveva notato l’arrivo di Hayami. Aveva sussultato all’improvviso ma, cosa ben più importante, aveva visto l’uomo in abiti scuri. Era riuscito a nascondersi scorgendo dei fogli bianchi che Hayami aveva passato al manager seduto sul muretto. Era stato costretto a fare un lungo giro per evitare l’altro osservatore. Si spostava, guardava, scrutava, forse cercava fotografi o giornalisti in agguato, sempre pronti allo scoop, e lui doveva farlo a sua volta. Quando era riuscito a inquadrarli, stavano comprando dei takoyaki ad un chiosco sulla strada oltre il parco.

Lei sembrava felice, forse i documenti che aveva passato al manager erano un copione per uno spettacolo ed era venuto a portarglielo di persona. Sembrava il solito incontro di lavoro, si erano seduti su una delle prime panchine del parco e l’atmosfera era cambiata.

Aveva seguito così tante coppie che ormai non aveva più necessità neanche di origliare. Le espressioni cambiavano, anche le posture del corpo. Si erano scambiati alcune frasi a bassa voce, aveva scattato molte foto, era la prima volta che li osservava così vicini. Non era in una buona posizione, ma avrebbe scommesso che lui l’aveva presa per mano o viceversa, perché d’improvviso si erano avvicinati e lei si era appoggiata al suo braccio.

Non era accaduto nient’altro, ma era qualcosa di completamente diverso dai mesi precedenti.

Aveva dovuto attendere qualche minuto che le due auto si allontanassero dal parco, poi li aveva seguiti. Con lo zoom che aveva acquistato era riuscito a fotografarli anche all’interno dell’auto, ma non era accaduto assolutamente niente. Avevano scambiato due parole, poi lei era scesa e lui ripartito, seguito dalla macchina dell’osservatore.

In quel momento stava scorrendo le foto che aveva fatto sul display e, tranne la sua sensazione di aver visto qualcosa di diverso, non testimoniavano assolutamente nulla. Sì, lei si era appoggiata a lui, ma potevano esserci mille motivi che non giustificavano certo un’infedeltà di Hayami. Era molto combattuto se rivelare o meno quelle immagini al suo cliente oppure indagare ancora prima di fissare un appuntamento.

Sospirò, chiuse l’obiettivo con la protezione e decise di dormirci su.


   
 
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