Libri > Shadowhunters
Ricorda la storia  |       
Autore: S h a d o w h u n t e r _    26/04/2016    6 recensioni
AU // Malec //
Eppure, glielo avevano detto.
L’avevano avvertito del fatto che una volta accettato, non si sarebbe più potuto tirare indietro.
Eccome, se glielo avevano detto: mai fare un patto col diavolo.
******
« Sei nervoso fiorellino? » gli sussurrò suadente all’orecchio, passandogli un dito smaltato su tutta la lunghezza della schiena.
Alec non era affatto nervoso, nel modo più assoluto. Semmai, cosa ben diversa, era terrorizzato.
Cosa diamine gli era passato per la mente quando aveva deciso di accettare una proposta così.. fuori dal comune?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic


Deal With The Evil.



So if you're ever lost and
Find yourself all alone
I'd search forever
Just to bring you home
Here and now ..it's a vow.
Nickel back //






1 Capitolo - All a big accident!


Era in ritardo.
Ecco come era andata a finire la sua brillante idea di restare sveglio fino a notte inoltrata ad aspettare la sorella.
Eppure, la sera prima non si era sentito per nulla stanco quando aveva incominciato a leggere il suo meraviglioso libro alle nove e aveva finito per fare le tre di mattina, orario a cui era rientrata Isabelle.
Anzi, non aveva avvertito nemmeno per un istante la sensazione di sonno che solitamente lo assaliva già dalle dieci.
Il che, l’aveva lasciato abbastanza sorpreso, ma, probabilmente era stato troppo assorbito dalla lettura per farsi sopraffare dalla stanchezza o, per rendersi conto di quanto ciò fosse insolito.
No, quasi sicuramente, era andata così.
Ma la cosa veramente strana di tutta quella faccenda e che ancora ora gli dava da pensare, era che aveva persino lasciato andare Iz nella sua stanza senza rimproverarla per l‘orario indecente a cui aveva fatto ritorno.
Cosa che non accadeva da.. effettivamente mai.
E come se non bastasse, sarebbe arrivato anche in ritardo a scuola.
Lui, che non aveva mai fatto neanche un’assenza negl’ultimi tre anni, stava per intaccare quella sua buona condotta con un misero ritardo.
Roba da matti!
C’era assolutamente qualcosa che non andava in quella giornata: era cominciata in maniera decisamente sbagliata e, Alec temeva potesse finire anche peggio.
« Izzy, muoviti! Stiamo davvero troppo fuori orario! » urlò disperato dalla cucina al piano inferiore, sperando che l’avesse sentito.
Il rumore dei tacchi della sorella riecheggiarono per tutto il corridoio e poi per le scale; infine apparve alla sua vista.
Con uno sbuffo lo superò, aprendo la porta di casa: « Fuori orario eh? Che linguaggio da vecchio. » lo schernì, sorridendo furba.
Alec trattenne una risposta alquanto maleducata e la seguì fuori.
Era meglio risparmiare il fiato per l’imminente corsa.  


Strano ma vero, erano arrivati con un quarto d’ora di ritardo beccandosi entrambi una bella ramanzina dai rispettivi insegnanti ma, a nessuno dei due era stata data una punizione.
Dato che si trattava di Alec non era poi così strano il fatto che il professore avesse deciso di passare sopra ad una cosa di così poco conto, ma Isabelle?
Sospirò, buttando la testa indietro e fissando il soffitto che, aveva veramente bisogno di essere nuovamente imbiancato.
Un pacchetto marroncino gli coprì improvvisamente la visuale, così si girò, giusto in tempo per vedere la faccia del suo migliore amico - che considerava letteralmente un fratello di sangue, visto che aveva preso a vivere da loro all’età di sei anni - sorridergli con malizia.
« Iz mi ha detto che avete fatto entrambi le ore piccole ieri sera - cominciò, poggiando la busta sul banco - se volevate far festa senza di me, ci siete riusciti perfettamente. » continuò, prendendosi una sedia e sedendosi vicino.
Alec sospirò.
Se c’era qualcosa che veramente odiava di Jace, era senz’altro il fatto che ascoltava solo quello che voleva ascoltare.
« Ti sbagli: Izzy, ha fatto festa. Io l‘ho solo aspettata sveglio. »
Il biondo scartò il pacchetto, prendendo in mano le due ciambelle appena comperate, poi ne passò una al moro che l’accettò subito.
« Responsabile da parte tua. » sbuffò in una risata, per poi addentare quella delizia di zucchero.
Alec lo ignorò, mordendo anche lui il suo dolcetto.
Per l’ansia di arrivare in ritardo e beccarsi la sua prima punizione, non aveva neppure fatto colazione. Ed era una cosa terribile.
« Te invece? Com'è andata l'uscita di ieri sera con l'ennesima conquista? A proposito, qual era il suo nome stavolta? » gli chiese, cercando di apparire il più tranquillo possibile, anche se dentro di sé sentiva lo stomaco ritorcersi.
Perché sì, il timido, secchione e burbero Alec era abbastanza convinto che fosse ancora leggermente cotto del suo biondissimo, stupidissimo, migliore amico.
E Jace lo sapeva. Glielo aveva rivelato qualche mese prima, convinto che poi la situazione tra di loro sarebbe inesorabilmente cambiata, ma ciò, per sommo sollievo del moro, non era avvenuto.
Anzi, era rimasto anche piuttosto sorpreso quando non aveva sbattuto ciglio: infatti, Jace era convinto che si sbagliasse. Non sul fatto che fosse gay, quello ai suoi occhi era ovvio - anche se Alec era rimasto alquanto scioccato a riguardo, dato che cercava in tutti i modi di nasconderlo -, ma sul fatto che fosse innamorato di lui.
Secondo il biondo, quello che chiamava amore, non era altro che affetto fraterno, dato che si conoscevano da una vita.
Tuttavia Alec non era stato affatto d’accordo e si era persino arrabbiato con quest'ultimo, accusandolo di sminuire i forti sentimenti che provava per lui da anni.
Alla fine però, aveva dovuto ammettere che forse non era propriamente innamorato, forse infervorato.
E sebbene avesse capito davvero che non si trattava di vero amore, nulla gli impediva di essere un minimo geloso della sua - ribattezzata - ‘prima cotta’. Infondo, sentimenti che lo avevano accompagnato per anni non potevano svanire così nel nulla.
Probabilmente l’avrebbero fatto col tempo, ma quel giorno non era ancora arrivato.
« Diciamo che.. Stava andando bene, poi il suo caro fratello è piombato a casa sua, interrompendoci proprio sul più bello. Mi hanno fatto dormire nella stanza degli ospiti, ti rendi conto? » rispose, socchiudendo gli occhi con aria minacciosa.
Ad Alec venne quasi da ridere.
Rare volte Jace aveva avuto difficoltà a far cadere qualcuna ai suoi piedi e sapere che, una volta tanto, le cose non erano andate come voleva lui lo divertiva profondamente.
Probabilmente, sarebbe passato del tempo prima che la ragazza si facesse di nuovo viva.
‘Le donne amano farsi desiderare.’ aveva detto un giorno il biondo.
Ed Alec non era mai stato così felice di essere omosessuale. Almeno essere dell’altra sponda aveva i suoi lati positivi a volte.
Non che fosse veramente contento di essere quello diverso dagli altri, ma ormai aveva imparato a conviverci. Certo, ancora provava una sorta di vergogna ad ammetterlo ad alta voce - di fatti le uniche persone che lo sapevano erano sua sorella e Jace -, ma non lo disgustava più come prima.
« Oh-oh. Qualcuno sarà nervoso per un bel po‘ allora. »
I loro visi si voltarono contemporaneamente verso la nuova arrivata, che, con la grazia di un piccolo rinoceronte, gli sbatté davanti cinque biglietti dal color giallo evidenziatore.
Alec ne prese uno, leggendone velocemente il contenuto, ma in cuor suo già sapeva di cosa si trattava.
E infatti..
« Ok, beh, divertitevi. » disse rivolto ad entrambi, che lo guardarono accigliati.
« Alec devi venire. Non puoi obbiettare, non questa volta. » proferì laconica.
Il moro sbuffò: ogni volta era la stessa identica storia.
Loro che portavano inviti per le feste più IN della zona e lui che, da secchione quale era, si rifiutava categoricamente di venire.
Odiava quel genere di feste.
Erano la classica dimostrazione di quanto gli adolescenti sprecassero il loro tempo tra alcool, droga e sesso.
Cose che a lui non interessavano minimamente.
« Iz, possibile che dobbiamo discutere ogni volta? Non mi piace e non ho voglia di venire. » esordì serio, convinto di far cessare così la discussione.
Cosa ovviamente impossibile quando di mezzo c’erano loro due.
« Se non sei mai venuto come fai a sapere che non ti piace! Almeno potresti fare una prova! » insistette la mora, arpionandosi al braccio del fratello.
Alec fece ricorso a tutta la calma che aveva in corpo per non urlare e farsi sentire dall’intero edificio.
E solo per quello, dovevano apprezzare i suoi grandi sforzi quegli ingrati.
« Non capisco cosa vi interessi! Tanto voi non avete problemi a trovarvi qualcuno con cui divertirvi, e io? Che dovrei fare eh? Guardarvi tutta la serata mentre limonate con dei perfetti estranei di fronte a me? No, grazie. » scoppiò, alzandosi di colpo e uscendo fuori dall’aula, subito seguito dagli altri due.
Stavano mettendo seriamente a dura prova la sua pazienza, e dire che non era mai stato un tipo così irascibile. Beh, forse un poco lo era.
« Dai Alec non puoi passare il resto della tua vita sui libri! Esci, respira dell‘aria pulita, socializza. Lo dico per te, amico.» s’intromise Jace, puntando sulla strategia ‘dai-non-fare-il-solito-asociale’.
Il moro lo ignorò, continuando ad avanzare veloce, ma Isabelle gli si piazzò davanti, puntandogli il dito indice contro il petto: « Alexander Gideon Lightwood, giuro sull‘Angelo che se stasera non vieni, la mia bocca potrebbe parlare di quella questione a qualcuno. » lo minacciò.
Alec spalancò la bocca, indignato. Ora erano arrivati perfino a minacciarlo di rivelare la sua omosessualità per una stupida festicciola di quartiere, dove l’avrebbero ignorato tutta la serata?!
Roba da non credere!
« Non oseresti. » ringhiò a denti stretti.
Isabelle sorrise, guardandolo con quello sguardo che aveva fatto innamorare milioni e milioni di ragazzi: « Meglio se non mi metti alla prova. »
Cazzo, l’avevano nuovamente fregato.
Lo aveva detto che non sarebbe stata affatto una bella giornata..

                                                                     ***
 
Era chiuso in bagno da circa mezz’ora, cercando di ritardare il più possibile l’imminente tragedia che sarebbe avvenuta di lì a poco.
Si guardò per l’ennesima volta allo specchio, storcendo il naso per quell’abbigliamento decisamente indecente con cui avrebbe fatto ingresso: dei pantaloni neri in pelle andavano a fasciargli a meraviglia le gambe muscolose ed allenate; una t-shirt bianca, in perfetto contrasto con lo scuro del calzone, andava ad aderire come una seconda pelle sul petto e l’addome scolpito.
In poche parole, a suo dire, oscenamente scandaloso.
Aprì il rubinetto del lavandino, gettandosi dell’acqua sul viso come se quel semplice gesto avesse potuto lavare via il disagio che stava man mano crescendo dentro di lui.
Oltre a non sentirsi per niente a suo agio intrappolato in dei vestiti che non beneficiavano sul suo umore rigorosamente nero, era anche infastidito oltremodo dal fatto che probabilmente lui stava per avere una crisi di nervi, per niente.
Perché sapeva benissimo come sarebbe andata a finire tutta quella storia.
E sapeva anche che lui non ne sarebbe stato contento. Nemmeno un po’.
Imprecando a denti stretti, si diede un’ultima occhiata, poi finalmente uscì.
Andò dritto in camera sua sperando che si dimenticassero della sua presenza, ma appena messo piede in stanza, si sentì afferrare per il collo della maglia.
« Devi prendere anche la borsetta oppure hai finito? No perché sai, persino Isabelle è già pronta. » lo schernì Jace, sorridendo quando il moro gli lanciò una delle sue mitiche occhiate minacciose.
Alec lo guardò con sfida, sbuffando di fronte all‘abbigliamento del biondo così simile - se non addirittura uguale - al suo.
Perlomeno adesso aveva capito a chi appartenevano quei gusti orribili. Non che ne capisse poi qualcosa lui, di moda.
Ma almeno stava bene con se stesso che era la cosa più importante.
« Sei così simpatico che mi verrebbe quasi voglia di lanciarti un’anatra addosso. » lo gelò sul posto, per poi superarlo.
Jace rimase immobile per qualche secondo, cercando di tranquillizzarsi: non c’erano anatre lì.
Minaccia senza fondamenti, si disse, poi lo seguì, mantenendo comunque una certa distanza.
Alec trattenne un sorriso: ben gli stava.
Scese le scale molto lentamente, mentre pensava ad un piano per filarsela passando inosservato.
Poteva fingere un malessere improvviso, ma nessuno dei due gli avrebbe dato retta.
Oppure, poteva rompersi una gamba per le scale, ma non gli sembrava affatto il caso.
Sospirò quando scese l’ultimo gradino e Iz l’accolse con un sorriso che la diceva assai lunga: « Sei veramente affascinante, fratellone. »
Alec storse la bocca: peggio di così non poteva andare..



..ovviamente quando l’aveva detto, non stava di certo sfidando Dio, eppure sembrava proprio essersela presa sul personale.
Con la musica che gli rimbombava nelle orecchie e l’odore acre di fumo che si infiltrava prepotentemente nelle sue narici, Alec trangugiò il contenuto del bicchierino alcolico che Jace gli aveva dato.
Aveva un sapore piuttosto forte, ma non gli interessava; l’avrebbe aiutato di certo a distrarsi.
Si guardò intorno e non potè far a meno di notare quanta gente vi fosse lì quella sera. Probabilmente non ne aveva mai vista così tanta.
E no, non centrava assolutamente nulla il fatto che uscisse raramente di casa, si disse.
Con uno sbuffo poggiò il bicchiere sul tavolinetto.
Si sentiva irrimediabilmente stretto e non a suo agio in mezzo a tutta quella folla.
Quello non era il suo ambiente e mai lo sarebbe stato perché lui amava la solitudine, la sensazione di tranquillità che la sua stanza sapeva offrirgli, non tutto quel caos a cui Izzy e Jace lo avevano sottoposto.
Alec sapeva di essere bravissimo a rendersi invisibile e non gli dispiaceva affatto, perché era quello che voleva.
Non era mai stato un tipo vanitoso o uno a cui piaceva sentirsi gli occhi puntati addosso, anzi, era tutto il contrario.
Meno persone lo notavano, più si sentiva bene.
Anche perché non aveva nemmeno la minima idea di come interagire con le persone: non era per niente un ragazzo loquace, gli piaceva il silenzio.
Intraprendere una conversazione era una vera e propria utopia per lui.
« Vado in bagno. » disse, alzandosi.
« Aspetta vengo con t- » provò Jace, facendo cenno alla bionda che aveva conosciuto poco prima di aspettarlo, ma si interruppe all’occhiata minacciosa che gli lanciò il moro: « Oh beh, se volevi la tua privacy bastava dirlo. » esordì stranito, rimettendosi seduto.
Alec lo guardò di traverso, poi si diresse verso il bagno.
Per un attimo pensò di svignarsela, ma poi notò quanto fosse vicina l’uscita dal loro tavolo: sarebbe stato impossibile non farsi vedere.
Sbuffò, mentre andava a passi spediti verso il suo breve attimo di libertà, quando una ragazza gli sbatté contro, rovesciandogli inesorabilmente il suo drink addosso.
Alec fece per riflesso qualche passo indietro, poi si guardò la maglia completamente fradicia.
Alternò lo sguardo dalla sua t-shirt alla ragazza, che si era portata le mani alle labbra in un gesto di sorpresa misto a paura.
Per un attimo il suo viso gli sembrò famigliare, come se l’avesse già visto in precedenza, ma poi scosse la testa, decidendo che non gliene importava nulla di chi fosse.
Non sapeva se essere contento o meno per quell’incidente perché da una parte aveva finalmente trovato una scusa per filarsela, mentre dall’altra, probabilmente si sarebbe dovuto sorbire una lavata di testa da Jace per avergli rovinato una sua maglia.
« Oh sono davvero dispiaciuta! » la sentì esclamare e, Alec giurò che nella sua voce non ci fosse affatto la tipica intonazione da persona colpevole.
Anzi, gli sembrò quasi felice di essergli andata addosso, cosa che lo irritò abbastanza.
« Non ho dubbi. » disse a denti stretti, poi si voltò, deciso a raggiungere il bagno per darsi anche una sistemata.
Si immerse nella folla, spintonato da così tante persone che per un momento pensò di gridare la sua frustrazione, ma si trattenne.


Quando vide il suo riflesso attraverso lo specchio, ad Alec venne voglia di tirare una testata al muro.
Quella fottuta maglietta stretta, era persino più attillata tutta bagnata.
Maledì ancora una volta quei due cretini che lo avevano letteralmente obbligato a quella serata di tortura alternativa.
E maledì ancora di più se stesso per essere stato così idiota da lasciarsi trascinare in quella sottospecie di pub sfavillante ed eccentrico.
Perché sì, non aveva potuto fare a meno di notare quanto quel posto fosse stravagante: luci di ogni genere erano poste sopra tutti i tavolini, creando una confusione di colori che rendeva quasi impossibile distinguere l'ambiente circostante.
Numerose sfere a specchi(*) erano appese ad ogni singolo angolo, proiettando dovunque un caleidoscopio di colori.
Ma quello era niente in confronto alla forma alquanto insensata - Alec avrebbe giurato rappresentasse un gatto - del bancone che prendeva di lunghezza tutta una parete.
Sbuffò, prendendo un respiro profondo, poi uscì.
Di nuovo fu travolto da quella sinfonia di odori che aleggiava nella sala.
Storse il naso, tornando dai suoi fratelli e cercando di apparire il più scocciato possibile.
« Io me ne vado. » dichiarò in loro direzione, senza però fermarsi.
Isabelle si alzò di scatto, correndogli dietro e piazzandoglisi davanti.
« Che c'è che non va adesso?! » gli sbottò lei in risposta, mettendosi le mani sui fianchi.
Quando assumeva quell'espressione così determinata, assomigliava in maniera impressionante alla loro madre.
« Sono stufo. E bagnato. Cioè, la maglietta è bagnata, insomma.. Oh al diavolo! Voglio solo andarmene. » disse, deciso.
Izzy guardò prima lui, poi la maglia, trattenendo a stento la voglia di prenderlo a testate sui denti.
« Fammi capire, tutta questa tragedia per una macchiolina insignificante? No, Alexander Gideon Lightwood, non te la caverai così. »
Lo incenerì con lo sguardo, poi, senza ascoltare oltre le sue patetiche scuse, lo trascinò senza troppe cerimonie al tavolo.
Quando si metteva in testa qualcosa era praticamente impossibile farle cambiare idea quindi oramai non ci provava neppure più.
Alec avrebbe seriamente voluto ucciderla quella sera, tuttavia, l'idea di finire in carcere per un sorellicidio non l'allettava poi tanto.



Ok, poteva anche aver finalmente capito di non provare niente di romantico per Jace, ma passare un intera serata a vederlo flirtare con la sua nuova conquista, non era certo al primo posto sulla lista delle sue priorità.
Così, senza quasi rendersene conto, si ritrovò a mandare giù un drink dietro l'altro, nel tentativo di rendere l'intera faccenda un minimo più sopportabile.
Infatti, sentiva la testa alleggerirsi sempre di più e i problemi che fino a poco prima lo stavano facendo disperare, scemare velocemente.
Tuttavia, doveva aver proprio sottovalutato l'effetto che l'alcool poteva avere su un individuo praticamente astemio come lui: non ricordava neppure più quanti di quei bicchierini gli erano serviti per offuscare la sua percezione della realtà ed iniziare a ridere senza motivo sotto lo sguardo divertito di sua sorella.
« Ehi Iz, lo sai perché un corvo assomiglia ad una scrivania? » le domandò, battendole una mano sulla spalla.
Lei si limitò a guardarlo perplessa, cosa che lo fece sentire in dovere di ripeterle nuovamente la domanda.
«  Eh, eh lo sai? Io scommetto di no! Io lo so e tu no! » la prese in giro, ridendo istericamente.
« Alec, ti rendi conto che quello che dici non ha il benché minimo senso, vero? » gli rispose scioccata Isabelle, che non lo aveva mai visto in quelle condizioni.
Sebbene la divertisse parecchio tutta quella situazione, non poteva evitare di sentirsi anche un po’ in colpa.
Alec evidentemente dovette trovare la risposta di sua sorella particolarmente esilarante, perché scoppiò di nuovo a ridere in maniera isterica.
« Okay, hai vinto tu, torniamo immediatamente a casa. » annunciò Iz, alzandosi di scatto dalla sedia e facendo un cenno di saluto a Jace, che annuì solamente, troppo impegnato per indagare oltre.
« Noooo sorellina, proprio adesso che iniziavo a divertirmi! » esclamò, mettendo su la sua migliore espressione imbronciata.
Izzy lo ignorò e, prendendolo di peso, lo condusse verso l'uscita.
L'impresa tuttavia risultò più difficile del previsto, dato che Alec continuava a barcollare da una direzione all'altra.
Senza contare poi i suoi tentativi di mollarla lì, per aggrapparsi alla palla da discoteca in stile scimmia troppo cresciuta.
Dio solo sapeva che cosa gli stesse passando per la mente.
Ed Isabelle, distratta dai tentativi di fuga del suo più che ubriaco fratello, finì con l'investire un povero sconosciuto innocente, rischiando quasi di far rovinare entrambi a terra.
« Per l'Angelo, scusami! » esclamò, voltandosi di scatto.
Il ragazzo, che doveva avere all'incirca la sua età, sembrava del tutto fuori luogo in un ambiente del genere: un paio di banalissimi jeans e una maglia con il logo di una vecchia band,  ben si abbinavano ai capelli castani tagliati praticamente a casaccio e agli occhiali da nerd.
Quello, pensò Iz, non c'entrava assolutamente niente in mezzo a tutti quei lustrini.
«  No scusami tu.. Cioè voglio dire, tranquilla, puoi venirmi addosso tutte le volte che vuoi.. No maledizione! Insomma, io sono Simon, piacere. » iniziò a balbettare in risposta l'altro, in preda all'imbarazzo.
Isabelle sorrise divertita di fronte la sua goffaggine.
Quello che poteva essere un bel momento, però, fu stroncato dall'entrata in scena di un Alec sempre più sbronzo.
« Ehi tu, Simus, o qualunque sia il tuo nome, ci stai per caso provando con mia sorella? Vuoi fare a botte?» gli gridò, cercando di puntargli un dito contro con aria minacciosa ma fallendo miseramente, dato che non riusciva a smettere di ondeggiare.
Il poveretto se possibile diventò ancora più rosso, balbettando un: « Ma.. Stai parlando con me? Non volevo.. »
« Non voglio sentire scuse Sigmund, mi prendi forse per uno stupido? Credo proprio che il mio pugno e il tuo naso faranno subito amicizia! » sillabò minaccioso, interrompendolo.
Izzy, sconvolta dalla reazione del fratello, corse immediatamente a chiamare Jace, che la seguì incredulo.
La scena che poi gli si presentò davanti fu a dir poco ridicola: Alec saltellava imitando quella che apparentemente doveva essere una posizione di guardia, - incitando Simon a farsi avanti - mentre l’altro lo osservava con un’espressione smarrita stampata in volto.
« Alec ora basta, andiamo. » intervenne Jace, mettendogli una mano sulla spalla.
Il moro si girò verso di lui, guardandolo confuso, ma poi scrollò le spalle.
Gli rivolse un vago cenno che stava ad indicare un ‘vattene’, ma che Jace non colse affatto, anzi.
« Sì, hai caldo, lo so. Andiamo a prendere un po’ di aria, ok? » gli domandò, senza voler realmente sapere la risposta.
Alec sbronzo era un qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di vedere. Insomma, in diciannove anni di vita non l’aveva mai visto trasgredire una sola regola, mentre quella sera oltre ad essere ubriaco fradicio, voleva anche fare a botte.
Non sapeva se ridere o essere fiero di lui, sinceramente.
« Lasciami in pace, devo sistemare questo cretino! » biascicò l'altro in risposta. Prima che Jace potesse rendersene conto o potesse intervenire, Alec si lanciò in avanti, cercando di sferrare un pugno al malcapitato.
Simon, però, sfruttando il fatto che l'altro fosse palesemente ubriaco e fuori di sé, riuscì a scansarsi in tempo, evitando il colpo.
Una ragazza poi irruppe sulla scena all’improvviso, allontanando il suo amico nerd da quello che, ai suoi occhi, appariva chiaramente come un povero pazzo, continuando, tra l'altro, a gridare ogni tipo di insulti verso quest'ultimo.
Jace quasi scoppiò a ridere vedendo un tale scricciolo dai capelli rossi aggredire brutalmente il suo migliore amico, lanciando occhiate di fuoco nella sua direzione.
Per la prima volta in vita sua rimase sinceramente colpito da una ragazza: non per la sua bellezza, ma per la sua forza e la sua determinazione.
Fu brutalmente riportato alla realtà dal fratello che a pochi centimetri da lui, continuava a gridare: « Brutto codardo! Non abbiamo ancora finito io e te! »
Alec cercò di seguire i due ragazzi, ma fu tradito dal suo precario equilibrio: inciampando sui suoi stessi piedi, finì col cadere malamente su un tavolo lì vicino, distruggendo ogni cosa posta nei suoi paraggi.
Isabelle si portò le mani alla bocca, trattenendo un urlo.
In quel momento, Jace si rese conto che un uomo, probabilmente attirato da tutto quel trambusto, si stava dirigendo verso di loro con un’aria decisamente minacciosa.
« Merda, dobbiamo assolutamente filarcela. » esclamò quindi, prendendosi il moro sulle spalle e correndo letteralmente via, seguito da Iz.
Alec giurò di aver sentito qualcuno gridare un: « Aspettate! Dove credete di andare brutti delinquenti! », ma probabilmente, era troppo confuso per capire se fosse vero o meno.
Poi, il buio lo avvolse.




HeLLo! :D
Popolo della Malec, mi inchino di fronte a voi, sperando che questa "introduzione" possa avervi in qualche modo incuriosito(oh beh, almeno lo spero!).
Non ho molto da dire in verità, questa è la prima long che scrivo, ed è nata.. così. Dal nulla.
Un'idea improvvisa, forse pazza, ma che spero possa interessarvi almeno un minimo >.<
In questo primo capitolo ho voluto introdurre i personaggi di Alec, Isabelle e Jace maaa, non temete! Magnus arriverà a breve :D
Beh, spero dunque di avervi incuriosito, se volete esprirmi la vostra opinione, o avete qualche domanda da farmi, le recensioni positive\negative sono ben accette! :D
Grazie innanzitutto a chi è arrivato a leggere fin qui(mi inchino nuovamente!) e ringrazio in anticipo quelle pazze(come me) e meravigliose persone che decideranno di seguire la storia <3
Alla settimana prossima!
Bye <3

(*) sfera a cristalli
Per chi non lo sapesse, è una normalissa sfera da discoteca:
Image and video hosting by TinyPic
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: S h a d o w h u n t e r _