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Autore: A l e x z    27/04/2016    2 recensioni
Lei era Merida, discendente del clan Dun Broch, nonché figlia primogenita di re Fergus e della regina Elinor. Una principessa, quindi, ma che odiava essere trattata come tale. Le sue giornate erano scandite da corse nei boschi scozzesi in groppa al suo amato Angus e da allenamenti di tiro con l’arco nella più completa libertà, ma quando tutto questo le stava per essere strappato via da un inaspettato matrimonio, Merida decise di prendere in mano la sua vita e seguire il proprio destino, anche grazie ad un misterioso aiuto proveniente dalla luna…
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hiccup Horrendous Haddock III, Jack Frost, Merida
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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‘til Kingdom Come

Chapter 01.
Somewhere I belong

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Lei era Merida, discendente del clan Dun Broch, nonché figlia primogenita di re Fergus e della regina Elinor. Una principessa, quindi, ma che odiava essere trattata come tale. Tutti sapevano che non era affatto una ragazzina debole e bisognosa d’aiuto, ma piuttosto un’abile e all’occorrenza pericolosa arciera, a cui sicuramente il coraggio non mancava. Fin da piccola, con il suo carattere deciso e spavaldo, si era impegnata a demolire giornalmente l’immagine della donna incapace di agire, dimostrando di essere in grado almeno quanto un ragazzo (ma probabilmente anche di più), di affrontare anche le situazioni più pericolose. Quel lato di lei che faceva riempire d’orgoglio re Fergus, era lo stesso che sua madre tentava di nascondere sotto vestiti sfarzosi e lezioni di buone maniere, purtroppo per lei con scarsi risultati. Quello era uno dei tanti motivi per cui non riuscivano proprio ad andare d’accordo: l’essere sempre così alla ricerca della perfezione della regina Elinor era troppo distante dal modo di vedere il mondo della figlia, che invece sognava solamente una vita spontanea e in completa libertà. Ma nonostante i numerosi battibecchi, Merida non si sarebbe mai immaginata che sua madre potesse farle una cosa del genere.
 
“Non  provare a chiuderti nella tua camera Merida, dobbiamo parlare!” le gridò sua madre con il solito tono autoritario, ma che riusciva sempre a risultare fastidiosamente calmo e composto.
“Adesso vuoi parlare, vero mamma?” urlò con sarcasmo. Spinse la porta con tutta la rabbia che la stava travolgendo in quel momento, tanto forte che sentì vibrare anche le robuste pareti di pietra della stanza. “Non ti è neanche passato di mente che magari mi sarebbe piaciuto decidere quando e con chi sposarmi?” Recuperò la spada che teneva appesa al muro ed iniziò a colpire la possente struttura in legno del suo letto a baldacchino. “Beh, sappi che non sposerò proprio nessuno! Domani non assisterò a nessuna competizione per la mia mano e non conoscerò nessun futuro erede al trono” strinse ancora di più la presa sull’elsa. “Io non sono un premio!” Assestò un altro colpo, questa volta con tanta forza da far incastrare in profondità la lama nel legno.
Mentre era impegnata a liberare la spada dal letto, un tonfo sordo proveniente dall’esterno del castello la fece trasalire. Corse alla finestra, in tempo per scorgere una grossa ombra nera muoversi proprio sul tetto della torre adiacente alla sua stanza. Il sangue le si gelò nelle vene ed in automatico fece un passo all’indietro. Come al solito però la sua curiosità vinceva sulla paura: ignorando il battito del cuore praticamente impazzito, recuperò arco e frecce e tornò nuovamente alla finestra. Appoggiò i piedi sul davanzale e vi si accovacciò sopra, tentando di avvicinarsi il più possibile per vedere meglio quello che stava accadendo, ma l’oscurità della notte non le era di grande aiuto. Sfilò una freccia dalla faretra che teneva allacciata in vita e prese la mira: qualsiasi cosa fosse, ce l’aveva in pugno. La creatura tentò di muoversi, ma sembrava che anche solo respirare le provocasse grande dolore.
“ma che?...” abbassò un attimo la guardia, quando nell’ombra riuscì a riconoscere la sagoma di una coda. Quella notte la luce della luna sembrava essere particolarmente vivace e man mano che i suoi occhi si abituavano all’oscurità, il suo riflesso riusciva a dare un’immagine abbastanza nitida delle squame scure e lucenti di quell’essere. Non somigliava a nulla che lei avesse mai visto, soltanto quelle scaglie potevano ricordare la pelle di un rettile, solo che questo aveva più o meno le dimensioni di un cavallo. Poteva sembrare forse di più un… drago. Ma che scemenza! -Sì, certo Merida, un drago è sul tetto di casa tua, hai mangiato pesante per caso?- Nel frattempo la creatura si era raddrizzata sulle zampe e aveva dispiegato con fatica delle enormi ali, una delle quali, completamente sporca di sangue, non sembrava riuscire a controllare bene. Il cuore della ragazza le sobbalzò nel petto. Per quanto potesse sembrare assurdo e totalmente surreale, non le veniva in mente nient’altro: quello non poteva che essere un drago! Solo in quell’istante la creatura sembrò accorgersi della sua presenza e rivolse lo sguardo verso di lei: i suoi occhi, di un brillante verde smeraldo, sembravano traboccare di ansia e disperazione e anche senza bisogno delle parole fecero capire che doveva essergli capitato qualcosa di terribile. Ansimava, i suoi respiri rapidi e affaticati venivano interrotti solo dal disperato tentativo di prendere il volo. Attorno al corpo aveva allacciata una sorta di sella dalla quale, non appena riuscì a sollevarsi in aria, dalla parte posteriore rotolò giù qualcosa che cadde sul tetto. Sotto lo sguardo sbigottito della ragazza, la creatura riuscì ad alzarsi in volo e con ritmo incerto e barcollante superò la muraglia del castello. Merida saltò sopra al tetto, decisa a  recuperare l’oggetto caduto dalla tasca della sella. Si ritrovò a stringere tra le mani un elmo di cuoio nero e rosso, con delle borchie disposte a file nella parte superiore. L’elmo di un…cavaliere di draghi? Cos’altro poteva essere? La mente le andava a mille, anche se contemporaneamente le sembra di non riuscire neanche a fare un ragionamento sensato. Era impazzita lei, o davvero un drago era appena stato lì? Riguardò per un istante l’elmo. “Ma allora, dov’è il tuo cavaliere?” Non dovette pensarci molto: in un attimo aveva recuperato arco e frecce ed inserito l’elmo nella tracolla, poi si era lanciata verso le stalle fuori dal castello. Sentì sua madre che la chiamava a gran voce e, forse per la prima volta, Merida riuscì a percepire nel suo tono una forte nota di nervosismo. D’altronde come poteva biasimarla? Stava fuggendo di casa proprio il giorno prima della sfida: stava per mandare a monte tutto quello che la regina aveva faticosamente fatto in quegli anni per trasformarla dalla ragazza trasandata e ribelle che era a ciò che era più simile ad una normale principessa: la sua fuga era il suo fallimento. Merida si fermò un attimo, travolta dal senso di colpa. Poi notò una lucina azzurra che volteggiava poco distante da lei, seguita da un’altra e un’altra ancora, dirette oltre le mura di cinta.
“Mi dispiace mamma” sussurrò. Recuperò Angus e insieme si inoltrarono nella foresta.
 
 
Non era da molto che si era lasciata il castello alle spalle, ma quel tempo le era bastato per rimpiangere di aver effettuato una fuga così impulsiva: non aveva neanche recuperato il suo mantello per ripararsi dal freddo e non aveva neppure pensato a rubare qualcosa dalla cucina per lei ed Angus. Quello alla fine non era un grosso problema: aveva il suo arco con le frecce e nei dintorni di Dun Broch il fiume era ricco di pesci, ma contemporaneamente era consapevole di quanto fosse rigida la notte da quelle parti. Si abbandonò sul collo del cavallo, affondando il viso nella sua criniera in cerca di calore. Con lo sguardo seguiva la debole scia luminosa che tracciavano i fuochi fatui, sempre più lontani dalle zone della foresta che con gli anni aveva imparato a conoscere, poi se ne accorse: la scia terminava poco più avanti, in un punto completamente anonimo. Sin da quando era piccola, i fuochi fatui avevano rappresentato per lei una guida nelle situazioni di incertezza, ma questa volta sembrava non avessero fatto altro che alimentare le sue difficoltà. Pensava che la stessero conducendo da quel drago incontrato poco prima, d’altronde ferito com’era non lo credeva in grado di allontanarsi troppo. Oppure aveva pensato al suo cavaliere o più semplicemente sperava che le stessero offrendo una via di fuga da un matrimonio che sentiva non appartenerle… invece una volta raggiunta l’ultima fiammella volteggiante non accadde nulla. Scese dalla sella, mentre si sentì pervadere da un totale senso di disperazione. Si trovava in una zona della foresta che non conosceva, non molto fitta in cui non c’era nulla oltre alla luna piena che si stagliava alta nel cielo. Non sapeva come spiegarselo, ma quella notte le sembrava diversa dal solito, più vicina ed imponente. Era strano, ma aveva come la sensazione che la luna avesse un aspetto quasi ipnotico, come se la stesse chiamando. In altre circostanze si sarebbe sicuramente fermata a guardarla, ma in quel momento l’unica cosa che si sentiva in grado di fare era urlare, gridarle contro quanto poteva sentirsi stupida a ritrovarsi da sola, persa in una foresta alla ricerca di qualcosa di talmente assurdo che se solo avesse provato a dirlo a qualcuno, di sicuro l’avrebbe presa per matta. Invece incominciò a piangere. Non si ricordava neanche l’ultima volta che aveva pianto, di solito preferiva affrontare le cose in modo completamente diverso, non le piaceva dare alla gente l’idea di essere fragile. Eppure in una situazione come quella non sapeva che altro fare. Dopo molto tempo stava riscoprendo il sapore amaro della paura, però da un aspetto del tutto nuovo: per la prima volta aveva paura per il suo futuro, per ciò che sarebbe potuto accadere a Dun Broch per il suo comportamento così irrispettoso verso le sue tradizioni, per le reazioni che avrebbero avuto i pretendenti una volta venuti a conoscenza della sua fuga, ma più di ogni altra cosa aveva paura di aver perso per sempre la fiducia della sua famiglia. Forse scappare per sempre era davvero l’unica scelta che le rimaneva. Risalì in groppa ad Angus e ripartì al galoppo. Si abbandonò al ritmo del cavallo, ormai così naturale per lei che riusciva ad assecondarne i movimenti anche senza pensarci, ma la sicurezza che aveva acquisito spesso risultava un’arma a doppio taglio: persa nei suoi pensieri, capitava che non rimanesse completamente concentrata su quello che le accadeva intorno e se Angus si spaventava, la maggior parte delle volte per lei questo  si traduceva in un bel capitombolo. In quell’istante infatti il cavallo, in preda al terrore, puntò le zampe anteriori facendola volare in avanti. Cadde con un tonfo sordo al suolo, battendo la testa contro al terreno. Mentre tentava di mettersi seduta con fatica, vide cosa aveva spinto il cavallo ad un comportamento così insolito: un uomo, che di umano aveva in realtà ben poco, la guardava con un ghigno beffardo dipinto sul suo volto incavato e grigio.
"così anche questa principessa così coraggiosa riesce ad avere paura, ormai avevo perso le speranze…" sogghignò, mentre alle sue spalle si avvicinarono due cavalli. Lei solitamente non aveva paura degli animali, questi però erano diversi: le sembravano quasi fatti di polvere, una polvere nera e sinistra, dalle movenze sinuose ma allo stesso tempo potenti e terrificanti. Tutto quello che le stava succedendo era sempre più bizzarro e l'idea che potesse rivelarsi tutto solamente un sogno tremendo sembrava ormai essere diventata più che altro una speranza. Il dolore per la botta era davvero opprimente e percepiva la vista diventare più offuscata ogni secondo che passava.
"C-chi sei?" mormorò in un sussurro, mentre la testa le continuava a girare vorticosamente. Si accasciò a terra di nuovo, portandosi una mano sulla fronte che sentiva pulsante, umida. Guardandosi le dita le scoprì completamente tinte di un rosso vivo. Ripuntò il suo sguardo sul suo interlocutore che la guardava divertito.
"un amico, o forse no, dipende da te."
"Pitch Black, ci rincontriamo." disse una voce alle sue spalle. Merida tentò di girarsi per scoprire chi stesse parlando, ma riuscì solamente a vedere un getto di ghiaccio scaraventarsi contro uno dei due cavalli, che dopo essersi completamente congelato si frammentò in tanti minuscoli cristalli per poi scomparire. Poi divenne tutto nero.

 

Nota dell'autrice:

Ciao a tutti :] 
Se state leggendo questo probabilmente avrete appena finito di leggere il primo capitolo dell mia prima ff... Che dire spero che vi sia piaciuto  >//<. Comunque mi chiamo Alessandra e adoro i Big Four da matti. Li ho scoperti circa un annetto fa, quando per purissimo caso mi capitò di trovare un'immagine con Hiccup, Rapunzel, Merida e Jack tutti insieme e penso di essere rimasta a fissarla con gli occhi a cuoricino per mezz'ora: tutti i miei preferiti in un'unica immagine, come biasimarmi?
Come coppie mi piacciono sia  la Jarida che la Mericcup, mentre ahimé non sopporto Frozen e qualsiasi possibile coppia con i suoi personaggi (in particolare la coppia Jelsa...). Magari una delle vostre ff riuscirà a farmi cambiare idea, chi lo sa :)
Comunque qui ho letto solo un paio di fan fiction, ma sicuramente ora mi guarderò attorno e ne cercherò altre.
Ancora non so bene come farò procedere la storia, ma qualche ideuccia ce l'ho! Spero solo che qualcuno di voi mi lasci un commento per farmi sapere cosa ne pensa e... basta, alla prossima :)


https://www.youtube.com/watch?v=zsCD5XCu6CM
   
 
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