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Autore: linguadigatto    27/04/2016    2 recensioni
Sappiamo tutto dell'uomo dentro l'armatura di Darth Vader; di quello che l'ha costruita, invece?
«Il mio padrone desidera usufruire dei suoi servizi.»
«Bene. Di cosa si tratta?»
«Un'armatura di sopravvivenza. Non sono autorizzato a dire di più, ma se accetta l'incarico tutte le informazioni necessarie le verranno fornite immediatamente. Deve essere completata al più presto.»
Genere: Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L'universo di Star Wars appartiene a Lucasfilm e Disney; ho scritto questa storia per diletto ed esercizio personale.


Le gocce di pioggia riflettevano, cadendo, le mille luci dei grandi palazzi di Coruscant. I livelli più alti del pianeta, nonostante il temporale, erano avvolti da un'aria di festa: una nuova epoca era appena iniziata, spazzando via la guerra che aveva dilaniato la Repubblica nei suoi ultimi anni. Il neonato Impero Galattico, sotto la guida di un leader forte come Palpatine, prometteva di evitare che gli errori del passato potessero essere ripetuti. Il dottor Staen Faranche, intento a contemplare il panorama, volse il suo sguardo alla mastodontica cupola del Senato: l'edificio era completamente illuminato, come la gemma più preziosa sul banco di un gioielliere. Il traffico, che anche quella sera non accennava a diminuire, disegnava un'elaborata ragnatela attorno ad esso. In lontananza si poteva appena distinguere la sagoma appuntita del tempio Jedi, abbandonata a sé stessa come uno scheletro scarnificato.

«Dottor Faranche!» esclamò una voce femminile. L'uomo diede le spalle alla grande vetrata panoramica che aveva catturato la sua attenzione e si diresse al centro della stanza, dove un gruppo di politici e dignitari, con i calici in mano, lo osservava attentamente. L'elegante cena di gala organizzata da alcuni comitati senatoriali per celebrare la ritrovata pace e l'ascesa dell'Impero era da poco terminata, e gli invitati si erano sparsi in capannelli più o meno grandi all'interno dell'immensa sala da ballo, le pareti della quale erano ricoperte da imponenti stendardi con il simbolo imperiale.

Una creatura minuta e sottile gli venne incontro: si trattava di Gol Iden, la senatrice di Cylenthia, un piccolo sistema ai margini del Nucleo Galattico, dove lui aveva collaborato ad alcune ricerche ai tempi dell'Accademia Medica. I grandi occhi verdi della donna brillarono di curiosità. «Avremmo una domanda per lei» disse e, mentre alzò il capo per guardarlo negli occhi, la miriade di perline dorate che pendevano dalle sottili catene intrecciate tra i suoi capelli biondi dondolò velocemente, scintillando in ogni direzione. Faranche esibì un affabile sorriso e rispose: «Dica pure, mia cara».

Iden fece roteare distrattamente il contenuto del proprio calice. «Vede, ci stavamo chiedendo se lei non avesse qualche storia interessante da raccontare sulla guerra. Sappiamo che lei ha visitato più volte i fronti.»

«Non è del tutto esatto» la corresse lui, «in realtà sono stato chiamato soltanto occasionalmente a presiedere durante le operazioni più complesse nelle stazioni mediche».

«Credevo che i Jedi preferissero affidarsi al loro centro specializzato nel tempio, non è così?» domandò un uomo alto e dalla barba nera.

«È proprio così» rispose Faranche, «infatti non posso dire di averne curati più di quattro, le cui condizioni di salute richiedevano un trattamento urgente e precludevano il trasporto fino a Coruscant. In genere, il mio compito era tentare di recuperare dei cloni particolarmente di valore in modo che potessero scendere nuovamente in campo».

I suoi ascoltatori annuirono, interessati. Le vesti pregiate e gli opulenti ornamenti erano un segno sufficiente di quanto poco il conflitto avesse inciso sulle loro vite, che avevano continuato a scorrere serene, divise tra discussioni al Senato, attività di rappresentanza, comitati e feste. Si erano limitati ad evitare le zone di battaglia, leggendo accorate dichiarazioni preparate dai loro assistenti. Solo alcuni, ricordò il dottore, erano stati soliti puntare il dito sulle distruzioni causate dagli scontri e sulla necessità di portare soccorso alle popolazioni colpite: tuttavia nessuno di loro, per quanto aveva potuto vedere, era presente quella sera, e di certo non ne fu stupito.

«Ha mai conosciuto un Jedi?» gli chiese Iden.

Faranche soppesò per un attimo la risposta. «Ho parlato con alcuni di loro, ma raramente, e solo per motivi professionali. No, non direi di averne mai conosciuto uno.» Era vero: per quanto si considerasse un uomo abile nel conversare si era sempre sentito a disagio di fronte a quelle figure pensierose, silenziose ed immobili come statue.

«Li ho sempre trovati inquietanti» disse un'anziana donna con un ampio mantello scuro. Alcuni annuirono lievemente.

«Sono sempre stati pericolosi, su questo non c'è dubbio» dichiarò l'uomo dalla barba nera. «L'eccessivo potere che hanno ottenuto durante la guerra ha infiammato la loro ambizione.»

«È una vera fortuna per noi tutti che l'Imperatore sia sopravvissuto all'attentato» aggiunse un grasso twi'lek con un grosso, falso sorriso. Tutti i componenti del gruppo evitavano lo sguardo degli altri; le chiacchiere si erano arenate. Nessuno, rifletté tra sé e sé il dottore, sapeva che cosa dire: tutto ciò che conoscevano sugli avvenimenti degli ultimi giorni li aveva raggiunti dalla bocca dell'appena proclamato Imperatore. Sotto i sorrisi di circostanza e le maniere studiate non c'era altro che una profonda incertezza, dentro la quale nessuno aveva il coraggio di guardare. Anche lui aveva ascoltato il lungo discorso che aveva decretato la nascita dell'Impero: era stato trasmesso su qualunque canale di comunicazione disponibile, ed alcuni suoi colleghi erano corsi nel suo studio per avvertirlo. In realtà non nutriva alcun interesse per la politica; manteneva buoni rapporti con i senatori più influenti e ricchi soltanto per ottenere finanziamenti per le sue ricerche. Con l'ex Cancelliere non aveva mai parlato direttamente, ma l'aveva sempre sentito descrivere come un uomo di grande intelligenza e dai saldi valori morali. Fintantoché non avesse interferito con le sue attività, non avrebbe avuto nulla da ridire sul suo operato. Mentre Faranche s'intratteneva con tali pensieri, la conversazione era ripresa; probabilmente qualcuno aveva sciolto il gelo con una battuta sagace, ed ora tutti ridevano di gusto. Finse un educato interesse. D'improvviso qualcosa iniziò a vibrare all'interno della sua tasca: vi infilò una mano e tirò fuori l'oloproiettore portatile che portava sempre con sé. Qualcuno lo stava cercando. Si scusò con gli astanti e si allontanò, in cerca di un luogo appartato.

Ispezionando il corridoio che portava agli ascensori trovò una minuscola anticamera; vi s'infilò dentro e chiuse la porta. Premette un pulsante sul congegno e lo impostò in modo che trasmettesse soltanto la sua voce e non la sua immagine, poi rispose alla chiamata: le righe blu restituirono le fattezze metalliche di un droide maggiordomo altamente specializzato. Non era per niente inusuale che i suoi clienti decidessero di non mostrarsi, preferendo trattare in modo più indiretto; del resto, anche lui prendeva le necessarie precauzioni.

«Il dottor Seyllhe?» chiese il droide, parlando con voce profonda.

«Esattamente» rispose.

«Il mio padrone desidera usufruire dei suoi servizi.»

«Bene. Di cosa si tratta?»

«Un'armatura di sopravvivenza. Non sono autorizzato a dire di più, ma se accetta l'incarico tutte le informazioni necessarie le verranno fornite immediatamente. Deve essere completata al più presto.»

«Posso iniziare a lavorarci stanotte e, a seconda della difficoltà, consegnarvela completa entro l'alba o, al massimo, nel tardo pomeriggio.»

Il droide rimase in silenzio per un momento, poi disse: «Ottimo, il mio padrone ne sarà felice. Ha qualche preferenza per il pagamento?»

«Vi invierò le coordinate del conto e l'ammontare della somma appena mi sarò fatto un'idea del lavoro da svolgere. Ovviamente, il pagamento sarà in parte anticipato.»

Il droide annuì. «Attenderò sue ulteriori comunicazioni. La prego di confermarmi il successo della transazione appena possibile.»

«Certamente», disse il dottore. Il droide chiuse la comunicazione.

Uscì dall'anticamera e ritornò nella sala da ballo, dove un gruppo di musicisti parwan stava esibendosi suonando con i propri tentacoli complessi e pregiati strumenti. Si avvicinò a Gol Iden e, scusandosi e ringraziandola per l'invito, le comunicò che un improvviso impegno richiedeva la sua presenza altrove. La senatrice lo guardò con occhi tristi, mormorò qualcosa sulle vite stressanti dei medici e gli baciò l'indice ed il medio, come era d'uso sul suo pianeta. Egli fece lo stesso, sorridendo. La settimana seguente, se entrambi fossero stati sufficientemente liberi, sarebbero usciti a cena insieme.

Faranche si strinse nel proprio mantello mentre attraversava lo spiazzo di fronte al portone per salire sul taxi; la pioggia fredda gli picchiettava sul collo fastidiosamente. Un fulmine si abbatté con violenza poco più in là. Una volta all'asciutto sul sedile posteriore del mezzo, e comunicata la sua destinazione all'autista, controllò l'oloproiettore: un messaggio attendeva di essere letto. L'avrebbe fatto con calma una volta arrivato al laboratorio.

Fin dall'inizio della sua carriera aveva potuto constatare quanto i fondi per la ricerca, sebbene ampi, non fossero del tutto sufficienti, e come i progetti più interessanti finissero intrappolati nelle maglie di interminabili discussioni etiche. Aveva anche appreso, però, che moltissime personalità facoltose sparse per la galassia avrebbero apprezzato dei servizi medici di alto livello forniti al di fuori delle istituzioni ufficiali. Per lo più si trattava di signori del crimine, forze militari private o pirati di alto livello; tutte personalità che, pur avendo le necessarie risorse economiche, non erano in grado di accedere facilmente ai più rinomati centri medici del Nucleo. Ormai erano passati parecchi anni da quando aveva iniziato a fornire loro le sue prestazioni e quasi tutti nel sottobosco criminale più ricco sapevano come contattare il fantomatico dottor Seyllhe, le cui sapienti abilità erano rinomate. Tramite un'altra identità falsa, poi, faceva in modo di versare cospicue donazioni anonime ai suoi progetti di ricerca. Su tali pazienti, oltretutto, aveva la possibilità di mettere in opera alcune delle sue teorie più azzardate. I suoi committenti avevano per lo più una conoscenza molto scarsa del suo campo di studio, e spesso erano disposti a rischiare la vita di un sottoposto ferito se c'era la possibilità che una manipolazione potesse comportare un miglioramento delle sue abilità. Rischiare di perdere un sicario irreparabilmente danneggiato per ottenerne uno scientificamente potenziato era una scommessa del tutto accettabile all'interno di un ambiente in competizione perenne.

Il taxi atterrò su una piattaforma posta più o meno a metà di un grande palazzo residenziale; Faranche pagò la corsa e scese, affrettandosi per evitare di bagnarsi troppo. Raggiunse l'ascensore e salì di qualche piano.

Aveva allestito il suo laboratorio all'interno di un lussuoso appartamento in una delle migliori zone residenziali di Coruscant, lontano sia dalla sua casa che dal centro medico dove abitualmente lavorava; nessuno degli indaffarati e facoltosi inquilini aveva mai fatto troppo caso a quelle vetrate perennemente oscurate. Non appena aprì la porta le luci della vasta anticamera si accesero e E-4AR, il suo droide maggiordomo, gli venne incontro ronzando. Riteneva della massima importanza che il suo ambiente di lavoro rimanesse sempre pulito ed in ordine, in modo da permettergli di dare il meglio di sé.

«Buonasera, padrone. Cosa desidera?»

«Buonasera. Per favore, di' a A1J-0 di preparare i macchinari. Abbiamo parecchio lavoro da fare.»

«Sarà fatto immediatamente» disse il droide prima di sparire dietro la porta che portava al laboratorio vero e proprio. Dopo essersi tolto il mantello e la giacca, il dottore si diresse al rinfrescatore per pulirsi le mani prima di mettersi al lavoro. Giunto davanti allo specchio, perse un momento per risistemarsi i capelli scuri che la pioggia gli aveva scompigliato: la critica che più spesso gli veniva rivolta dai suoi avversari era di essere eccessivamente vanitoso, ma era pur vero che un bell'aspetto era sempre d'aiuto nel momento in cui doveva convincere le senatrici a fornirgli un sostegno economico. Anche alcuni uomini subivano il fascino della sua figura alta, prestante e sicura di sé. Aprì un piccolo armadietto, prese un camice da lavoro ed un paio di guanti e li appoggiò sul braccio sinistro, portandoli via con sé.

Quando vi entrò, il laboratorio era già popolato dai cinguettii e borbottii meccanici delle sue attrezzature, che occupavano gran parte dello spazio. Le metalliche mani di A1J-0 viaggiavano veloci da un tasto all'altro. Il programma inserito all'interno del suo assistente gli era stato fornito da un membro della Tecno Unione in cambio di un suo servizio, e finora non gli aveva mai dato il più minimo motivo per lamentarsi.

«Buonasera, padrone» lo salutò il droide voltandosi verso di lui, senza interrompere le sue attività. «Quale compito ci attende oggi?»

«La costruzione di un'armatura di sopravvivenza» rispose Faranche, appoggiando i guanti su un tavolino e indossando il camice, «ma devo ancora dare un'occhiata ai dettagli». Detto ciò, si diresse al grande oloproiettore circolare in un angolo della stanza e lo accese. Trovato il file che gli era stato inviato, lo aprì: si trattava di un referto medico, probabilmente compilato da un droide medico standard. Il paziente era un giovane maschio umano privato degli arti e con gravi ustioni su quel che restava del corpo. Al braccio destro era già stata collegata una protesi, presumibilmente prima dell'incidente. Mentre si addentrava nelle informazioni più tecniche sullo stato degli organi interni si scoprì preso da una piacevole euforia: casi come questo non erano per nulla frequenti. La guerra, era vero, gli aveva fornito molte più situazioni simili del solito, anche tra le fila della Repubblica; ma ora che essa era definitivamente finita sarebbero probabilmente passati anni prima che potesse di nuovo dedicarsi a qualcosa di così difficile ed eccitante. L'Impero avrebbe arginato gli scontri più violenti all'interno della criminalità, che non avrebbe più goduto della stessa libertà che l'avere i Jedi impegnati sul fronte militare le aveva fornito. Si profilavano davanti a lui poco stimolanti anni di pace.

Al fondo del documento trovò il contatto del droide maggiordomo, il cui nome era V-6S5. Gli comunicò che avrebbe accettato l'incarico, l'ammontare del pagamento necessario e quello dell'acconto, indicandogli anche dove versarli, e chiuse dicendo che si sarebbe messo all'opera non appena avesse ricevuto la prima delle due parti. Una delle regole più ferree a cui si atteneva era quella di non iniziare mai un lavoro prima di aver incassato una somma consistente di denaro come garanzia. I materiali e le macchine che utilizzava, del resto, comportavano dei costi non indifferenti.

Non ci volle molto perché l'istituto bancario gli comunicasse, tramite un messaggio automatico, che un grosso quantitativo di crediti era stato trasferito sul suo conto. Rimase piacevolmente stupito dal notare come il suo committente avesse deciso di offrirgli più di quanto lui aveva chiesto; la cifra era superiore di un terzo rispetto a quanto si aspettava. Ciò portava con sé due informazioni molto importanti: gli confermava che colui per cui stava lavorando disponeva di grandi liquidità e che inoltre teneva particolarmente a questo giovane, tanto da non badare minimamente alla quantità di denaro che avrebbe dovuto sborsare per salvarlo. Non c'era tempo da perdere, quindi.

Scaricò le informazioni su una steccomemoria e le inserì nel terminale principale, poi ragguagliò A1J-0 sulle specifiche del caso in oggetto e gli disse di iniziare a tarare il modello dell'esoscheletro esterno; lui si sarebbe occupato, invece, del sistema di sopravvivenza vero e proprio.

Le funzioni da tenere in conto erano moltissime: il computer centrale avrebbe dovuto occuparsi di mantenere la respirazione e la temperatura stabili, di filtrare ed arricchire di ossigeno l'aria e controllare la composizione del sangue, oltre a fornire correttamente i vari medicamenti necessari e a mantenere l'ambiente sterilizzato. I quattro arti meccanici, inoltre, sarebbero stati connessi al sistema nervoso del paziente tramite di esso. Ogni circuito avrebbe dovuto essere assemblato e programmato con la massima cura, tenendo in conto tutte le possibili variabili. Modificare le impostazioni e variare leggermente i parametri avrebbe dovuto essere possibile senza risultare eccessivamente difficile. Immaginò il terribile dolore che l'uomo stava probabilmente sperimentando in quello stesso momento: purtroppo nessun doloricida, nemmeno alle dosi più elevate, sarebbe stato in grado di eliminarlo del tutto. Il fatto che fosse ancora vivo, che rifiutasse di abbandonarsi alla morte, gli fece supporre che si trattasse di un temibile guerriero, prezioso per chiunque potesse annoverarlo tra i suoi alleati e terrificante per chiunque fosse tanto sfortunato da averlo come nemico. Aveva incontrato una simile incrollabile forza di volontà soltanto tra coloro che dedicavano la loro intera vita alla lotta, come il Generale Grievous. La notizia della sua distruzione su Utapau gli aveva provocato un certo dispiacere; sarebbe stato assai interessante per lui poter constatare come le parti meccaniche del cyborg avevano sopportato la battaglia, cosa infine le aveva piegate. Più in là nel tempo, magari, una volta che le acque si fossero calmate, avrebbe tentato di far donare i resti del generale separatista al centro medico principale di Coruscant, dove avrebbe potuto studiarli. Aveva lavorato senza sosta su quel particolare caso, per giorni interi: nessuno aveva mai tentato una sostituzione di parti organiche così estesa e complessa. Si trattava di sperimentare un campo quasi del tutto inesplorato. Le pratiche a cui aveva sottoposto il suo paziente erano state certamente abbastanza dolorose da far impazzire anche gli esseri più coraggiosi, ma il kaleesh non aveva neppure fiatato; smontando e ricostruendo il suo corpo aveva imparato ad aver stima di lui e, una volta terminato l'esperimento con successo, l'aveva ringraziato per avergli permesso di realizzare il suo capolavoro, la sua sfida definitiva alla natura ed alla morte. Lo aveva ammirato da lontano nei rari ologrammi provenienti dal fronte che i notiziari trasmettevano, con il cuore gonfio d'orgoglio per la bellezza delle giunture e la perfezione delle connessioni neurali: la fluidità del movimento non era impeccabile ma, considerando il poco tempo avuto per un'operazione tanto complessa, non poteva che ritenersi più che soddisfatto, anche se, doveva ammetterlo, avrebbe desiderato poter rendere pubblico il suo risultato migliore senza venire processato per tradimento ed escluso dalla comunità scientifica.

Cercò di trovare un sistema alternativo agli aghi per connettere il computer ed il cervello, ma non ci riuscì; purtroppo non c'erano altri metodi altrettanto affidabili ed efficaci. Generalmente preferiva non dare ulteriori ragioni di sofferenza ai suoi pazienti, ma spesso la situazione, come in quel caso, era talmente grave che non aveva altra scelta.

«Signore, l'esoscheletro, eccetto per il casco, è attualmente in costruzione» lo informò A1J-0.

«Benissimo» rispose Faranche, chino su uno schermo, «adesso occupati dei tre arti artificiali. Per programmarli controlla i dati che ho inserito nel modello di sistema». Il droide annuì e si avvicinò allo schermo di un altro macchinario, iniziando ad alzare ed abbassare una serie di levette.

Una volta completata la costruzione virtuale del computer centrale, gli fece fare un giro di prova: tutto funzionava, non erano stati riscontrati problemi. Ordinò alla macchina di assemblarlo, ed essa replicò con una serie di sbuffi e rapidi ronzii. Il dottore si stiracchiò e si passò le mani sugli occhi: una buona parte del lavoro era stata completata, ma un'altra quasi altrettanto grande lo attendeva ancora.

Sull'oloproiettore lampeggiò un tentativo di chiamata; controllò che la risposta fosse solo vocale, poi aprì la trasmissione e si trovò davanti V-6S5.

«Sto parlando con il dottor Seyllhe?» domandò il droide.

«In persona.»

«Bene. Come procedono i lavori?»

«Speditamente, direi, e credo che entro l'alba potrete venire a ritirare ciò che attendete. Nel momento in cui riceverò il vostro pagamento ve la consegnerò.»

«Ottimo, mi occuperò io stesso del ritiro. A presto, dottore.»

L'immagine del maggiordomo sfarfallò e poi svanì.

Faranche uscì a prendere qualcosa da bere nel salone, dando uno sguardo alle trasmissioni della notte sul principale canale olografico di informazione galattico. La notte era al culmine: non restava molto tempo. Vuotò il bicchiere e tornò nel laboratorio. Era il momento di occuparsi di un'altra parte importante del progetto: il casco. A1J-0 l'aveva lasciato da parte perché sapeva che lui preferiva occuparsi personalmente di tutto ciò che comportava un'interazione stretta tra l'organico e il meccanico, tra sistema nervoso e computer centrale. Gli arti, in prospettiva, erano la parte meno problematica da collegare, e un droide ben programmato era del tutto capace di occuparsene.

Per prima cosa iniziò a mettere insieme nella simulazione sullo schermo tutto ciò che avrebbe dovuto rientrare all'interno del casco: i connettori per il sistema centrale, una ventola di raffreddamento, dei visori multifunzione, degli amplificatori sonori, dei filtri. Aggiunse anche un sintetizzatore vocale perché suppose che le corde vocali del paziente fossero state grandemente danneggiate, insieme ai polmoni, dall'aria rovente che evidentemente doveva aver respirato. Diede uno sguardo all'insieme ed iniziò ad immaginare quali forme avrebbero potuto ricoprirlo. Quello che stava componendo, prima di tutto, era il volto di un guerriero potente ed inarrestabile: tutto ciò avrebbe dovuto essere comunicato ai suoi avversari nell'attimo stesso in cui si fossero ritrovati a fissarlo. Ripensò alle maschere da battaglia rituali che aveva visto utilizzare su vari pianeti; scorse velocemente nella sua memoria le imponenti armature impiegate dagli eserciti di popolazioni che guardavano alla guerra come ad un nobile atto, degno degli animi più alti. Tenendo a mente tutto ciò, prese in mano il sensore tattile ed iniziò a riunire in un'unica struttura una serie di forme spigolose ed aggressive; c'era in esse un qualcosa di caotico e pericoloso che gli piacque molto. Realizzò poi velocemente la parte superiore del casco, semplice e lineare, e fece per dare l'ordine di stampa al macchinario, ma poi si interruppe e si voltò verso A1J-0, che stava recandosi verso il retro dei macchinari per prelevare dalle piattaforme di uscita le protesi e l'esoscheletro.

«Di che colore sono le parti esterne dell'armatura?»

«I materiali più resistenti per la sua realizzazione tra quelli disponibili in laboratorio erano naturalmente neri, e non li ho tinti» rispose il suo assistente, fermandosi un attimo a guardarlo.

«Bene. Raccogli anche il computer centrale, ormai l'assemblaggio dovrebbe essere stato completato.»

Il droide disse: «Sì, signore», poi ripartì e sparì dietro i macchinari; il dottore finì di impostare la macchina ed avviò l'operazione. Controllò brevemente che tutto funzionasse a dovere, poi si rilassò, attendendo che la stampa venisse completata. Bisognava soltanto mettere insieme tutte le parti e consegnare l'armatura a V-6S5, poi avrebbe potuto dormire qualche ora prima di recarsi al centro medico. Quando al borbottio della macchina si sostituì il silenzio, Faranche si alzò per andare ad indossare i guanti, poi girò attorno alla macchina, aprì lo scompartimento di uscita e ne prelevò i vari pezzi che, uniti insieme, avrebbero composto il casco dell'armatura. Li osservò con attenzione: non avevano difetti. Provò ad incastrarli nelle posizioni stabilite e li osservò sotto le luci del laboratorio, rimanendone soddisfatto: cercava sempre di rendere esteticamente interessanti i prodotti del suo lavoro. Una volta smontati nuovamente, li appoggiò sul tavolo insieme alle altre componenti e, assieme ad A1J-0, iniziò l'assemblaggio finale, che se per alcune parti poteva considerarsi piuttosto semplice, come le gambe o le braccia, per quanto riguardava la piastra di controllo centrale (dove sarebbe stato allocato il computer principale), i connettori neurali e le componenti interne del casco richiedeva la massima attenzione. Lasciò ad A1J-0 le giunture più piccole, quelle in cui solo degli occhi meccanici dotati di funzione di ingrandimento e degli arti specializzati per operazioni microscopiche potevano arrivare, limitandosi a dirigerlo e a controllare che tutto andasse per il meglio. Quando infine ogni cavo fu collegato ed ogni saldatura chiusa, fece un passo indietro ed osservò il frutto del suo lavoro: nonostante non ci fosse nessuno al suo interno, l'armatura emanava un senso di minaccia e potere. Non aveva mai davvero creduto nella Forza, eppure gli pareva quasi che l'oggetto che aveva creato da materiali informi e cavi avesse una sua energia spirituale in qualche modo incanalata al suo interno.

Faranche e A1J-0 smontarono l'armatura in pezzi lungo precise aperture – in modo che fosse più semplice farla indossare al paziente – poi la imballarono all'interno di una cassa. Il dottore compilò velocemente le istruzioni per la manutenzione ed il funzionamento su un documento che caricò su un datapad, che appoggiò in cima all'involto prima di calare il coperchio. Mentre il droide si occupava di spegnere i macchinari e riordinare il laboratorio, egli si tolse camice e guanti e si stese sul divano del salone, tentando di rilassarsi nel breve tempo che restava prima della consegna. Non doveva mancare molto all'alba. Pensò al fatto che durante tutte quelle ore, da qualche parte, un uomo era rimasto aggrappato alla vita solo grazie alla forza della sua volontà, come lui, probabilmente, non sarebbe mai stato in grado di fare. Molto di rado gli capitava di visitare i pazienti per i quali creava protesi o sistemi di sopravvivenza: il committente gli forniva tutti i dati necessari e lui gli restituiva un oggetto funzionale e di altissima qualità. La sua diretta presenza di fronte al paziente era limitata ai casi in cui ciò era strettamente necessario. Nessun altro, per esempio, avrebbe potuto eseguire le sue stesse azioni sul generale Grievous e riuscire nell'impresa: le variabili presenti erano state tante e gli imprevisti troppi perché un medico qualunque dell'Orlo Esterno fosse stato in grado di portare a termine le operazioni necessarie senza i suoi strumenti e le sue conoscenze. In realtà, limitare il contatto diretto al minimo era una grande comodità per entrambe le parti: meno si aveva a che fare l'una con l'altra e più si riducevano i rischi. In questo caso, però, non gli sarebbe dispiaciuto poter dare un'occhiata all'uomo che avrebbe indossato la sua armatura, sentire cosa si provava a stare nella stessa stanza con lui, studiarne le funzioni vitali come i segni di un dipinto. Dubitava che gli sarebbe stato permesso: se chi lo aveva contattato teneva a quel giovane tanto quanto le sue azioni avevano fatto intendere, non avrebbe rischiato che uno scienziato in fondo sconosciuto sapesse più di quel che avrebbe dovuto.

«Padrone, uno speeder è appena atterrato sulla piattaforma 18. Il droide V-6S5, per conto del suo signore, richiede la sua presenza.» La voce di E-4AR lo raggiunse nel dormiveglia. Si alzò stiracchiandosi, raccattò la giacca, la indossò e disse al maggiordomo di prendere la cassa. Il dottore tirò fuori un fulminatore da sotto il divano e lo infilò in una tasca nascosta del proprio mantello, che poi si lanciò sulle spalle. In situazioni simili la sicurezza non era mai troppa. Per nascondere il proprio volto indossò un casco bianco, semplice, privo di segni distintivi, quello che lo accompagnava negli scambi ormai da anni.

Faranche ed E-4AR, che spingeva la cassa sospesa a qualche centimetro da terra, uscirono nel corridoio e si diressero all'ascensore. Una volta arrivati sulla piattaforma trovarono, come previsto, il maggiordomo del committente ad attenderli. Osservandolo nel chiarore dell'alba il dottore notò che era un modello molto recente e dalle ottime prestazioni. Insieme a V-6S5 c'era un gruppetto di altri droidi, tra cui un medico ed alcune guardie armate, che stazionavano vicino al veicolo, un lussuoso speeder coperto. La pioggia, ormai cessata, aveva lasciato dietro di sé una spessa nebbia e l'aria era piuttosto fredda.

«Il dottor Seylleh, suppongo» esordì V-6S5, «nella cassa c'è ciò che le abbiamo ordinato?»

«Precisamente» replicò Faranche «e non appena avrò ricevuto il pagamento potrete portarla via».

«Sarebbe possibile vedere il contenuto?»

«Certamente» disse il dottore con tono cordiale. Tutto stava procedendo come al solito. Gettò uno sguardo rapido ai palazzi circostanti ed ai mezzi in movimento: nessuno era abbastanza vicino da poter notare qualcosa. Fece scattare il coperchio, lo scostò lievemente e tirò fuori la parte frontale della maschera, sollevandola abbastanza perché tutti potessero vederla. «All'interno troverete anche le istruzioni per la manutenzione e l'utilizzo» aggiunse, posando il pezzo che aveva in mano e mostrando ai suoi spettatori meccanici la protesi del braccio sinistro, poi una piccola parte dell'esoscheletro.

«Splendido» gongolò il droide «il mio padrone sarà molto soddisfatto». Il dottore richiuse la cassa.

Il maggiordomo fece un cenno alle sue spalle, rivolto all'interno del veicolo; gli rispose un breve scoppio di suoni elettronici. L'oloproiettore che l'uomo aveva in tasca iniziò a vibrare; lo agguantò e aprì il messaggio che gli era appena arrivato. La somma pattuita in precedenza era stata appena versata sul suo conto. Faranche ordinò a E-4AR di avanzare e consegnare l'armatura; il droide medico la prese con sé a metà strada, caricandola sul veicolo.

«Il mio padrone la ringrazia sentitamente per la sua preziosa collaborazione» disse V-6S5.

«Informatemi nel caso in cui ci fossero dei problemi; in ogni caso, resterò a vostra disposizione per sostituzioni di parti o migliorie» replicò lo scienziato.

«Non mancheremo. Buona giornata, dottore.»

Il maggiordomo entrò nell'abitacolo del mezzo insieme al droide medico; le guardie li seguirono poco dopo, senza cessare di tenere i fulminatori pronti all'uso. Il motore partì rombando e lo speeder si inserì nel traffico. Faranche e E-4AR lo guardarono allontanarsi a gran velocità, rabbrividendo nell'aria gelida, finché non venne ingoiato dalla foschia. Il dottore si domandò se avrebbe mai rivisto l'armatura che aveva costruito, poi soppresse uno sbadiglio e rientrò. Aveva tutte le intenzioni di sfruttare le poche ore di sonno che gli rimanevano.

   
 
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