Serie TV > Violetta
Segui la storia  |       
Autore: _Ruggelaria    27/04/2016    3 recensioni
Dal testo:
“D’accordo, allora… ci vediamo più tardi!”. Leon annuì, ancora felice. Ma quel che successe appena un secondo dopo lo fece saltare di gioia che non poté essere di mal umore neanche sapendo che era iniziata l’ora di matematica.
Violetta Castillo si alzò sulle punte, puntando le mani sulle spalle del ragazzo, lasciandogli poi un dolce bacio sulla guancia sinistra. Si dileguò in classe senza degnarlo di uno sguardo, ma con un sorriso imbarazzato e vittorioso sul viso.
Gli angoli della bocca di Camilla Vargas si alzarono leggermente, guardando la ragazza entrare nell’aula. “E’ già caduta in trappola”.
Il gruppo si avviò verso la loro classe, e –Leon non ne era sicuro- ma gli parve di sentir sussurrare Diego qualcosa molto simile a: “Già… e non è la sola”.
Perché non passate a leggere dure righe? Lasciatemi anche qualche consiglio e qualche parere, mi farebbe molto piacere. Vi mando un grande bacio!
_Ruggelaria
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
IV°
 
 
Leon Vargas sbatté la porta di casa con tanta violenza da far tremare i vetri della porta-finestra che dava sul giardino posteriore, e i vasi ai lati dei divani. Aveva guidato così velocemente da andar –quasi- a sbattere contro un camion della spazzatura mentre svoltava l’angolo di una via.
Salì velocemente –a due a due- le scale che portavano al piano superiore dove erano collocate le camere da letto e tre bagni. Aprì la porta della stanza, chiudendola con altrettanta violenza della porta di casa.
Perché non gliene andava bene una?
Afferrò il cuscino ed iniziò a lanciare pugni su di esso, le lacrime di rabbia che gli rigavano il viso. Colpì ancora più forte, finché la fodera non si ruppe facendo volare dappertutto le piume, allora afferrò le coperte del suo letto per poi gettarle a terra.
Perché aveva tutto il mondo contro?
Rovesciò la sedia della scrivania, gettò il computer dalla finestra (atterrò sul prato distruggendosi in mille e più pezzi).
Perché non poteva decidere della sua vita?
Aprì l’armadio scaraventando ogni indumento sul pavimento, schiacciandolo poi con i piedi. Si tolse le scarpe, tirandole contro la porta e facendo cadere il tirassegno con il quale giocava insieme a Diego il sabato o la domenica pomeriggio. Prese tutti i suoi libri di scuola, li strappò uno ad uno lasciando che le pagine volassero per tutta la stanza.
Perché non poteva innamorarsi della persona giusta?
Si gettò sul letto a pancia in giù, lanciando pugni sul materasso oramai nudo, ed iniziò a scalciare come un burattino guidato dai fili.
D’un tratto la porta della sua camera si aprì con molta fatica, e Camilla Vargas si accigliò squadrando la stanza a soqquadro di suo fratello maggiore.
“Ma che diavolo è successo qui dentro?”.
“Vattene!”. La voce roca di Leon Vargas, spezzata dalle lacrime, si disperse nel materasso sul quale era ancora disteso.
“Ehi, calmo… che ti prende…? Hai perso una partita alla play-station?” ridacchiò la rossa incrociando le braccia al petto e poggiandosi con la spalla allo stipite della porta.
Una rabbia assalì Leon, tanto da farlo alzare di scatto e bruciare con lo sguardo sua sorella, tanto da farla sentire più piccola di una formica.
“Io mollo.” recitò categorico Leon, un’espressione seria che fece intendere a Camilla che era davvero arrabbiato.
“Piano, piano, piano… che significa ‘io mollo’?”.
Leon allargò le braccia davanti a sé storcendo la bocca “Che ho chiuso con te. Scordati di me per il tuo patetico piano, vendetta… o come cazzo vuoi chiamarla! Basta, ho finito!”.
Camilla Vargas aprì la bocca per ribattere, ma non uscì nient’altro che un grido di stupore che non ebbe alcun effetto sul Leon arrabbiato di quel momento. “E non fare quella faccia! Lo sai anche tu che è un piano patetico, Camilla!”.
“Primo: Non è patetico! Secondo: Tu non molli affatto, non puoi lasciarmi proprio adesso, nell’occhio dell’uragano, Leon!”
Leon sorrise scuotendo la tesa, le braccia incrociate al petto. “Non è un mio problema. Decido io della la mia vita… non tu. Sei mia sorella minore, ed esigo che mi porti rispetto!”.
“Abbiamo solo un anno di differenza, imbecille!”.
“Sono sempre più grande di te!”.
Nel frattempo fuori si era scatenato un temporale con i fiocchi, ma Leon sentì dentro di sé le sensazioni di un uragano.
“Piantala, Leon! Dobbiamo attenerci al piano!”.
“Non mi frega un cazzo del tuo piano! Non lo hai ancora capito, Camilla! Non ti aiuterò più, fine della discussione… e adesso esci dalla mia stanza!”. La rossa restò a guardarlo, un’espressione di tradimento era comparsa sul suo viso, poi si girò di scatto e raggiunse a grandi falcate la porta che dava sul lungo corridoio, ma prima di uscire afferrò la maniglia e disse: “Sei solo un bambino. Fai tutto questo per una ragazza che non ti merita.”
E uscì.
 
 
 Diego Casal stava percorrendo il corridoio che portava alla sua classe, quando scorse un’ondulazione di capelli castani e si accorse che Violetta Castillo era ancora al suo armadietto. La raggiunse con un sorriso malizioso sulle labbra, appoggiandosi accanto all’armadietto della ragazza.
“Ehi, Castillo.”
 Quando Violetta incontrò lo sguardo del giovane Casal, un’espressione di compiacimento si stampò sul suo viso. Leon aveva mandato il suo migliore amico a parlarle?
“Cosa vuoi, Casal?”.
“Solo fare due chiacchiere.” rispose Diego facendo spallucce. “Ti va?”.
“In realtà no.”
“Andiamo, Castillo… non vuoi sapere cos’ha detto Leon dopo il vostro appuntamento di ieri?” la stuzzicò lo spagnolo alzando gli angoli della bocca in modo vittorioso.
“In realtà no.” ripeté lei afferrando un quaderno da dentro lo zaino e riponendolo affianco al libro di chimica quantistica, nell’armadietto. “Bugiarda.”
Violetta sbuffò voltandosi –per la seconda volta da quando era arrivato- verso Diego Casal. “Piantala, Casal. So che Leon non ti ha detto niente, e vuoi sapere se m’interessa. Beh, la risposta è no!”.
“Aspetta… chi ti dice che Leon non mi abbia detto niente?”.
“Forse perché ieri abbiamo litigato?”. Diego fu colto alla sprovvista da quella domanda, ma doveva inventarsi subito qualcosa.
“Sì, lo so.” mentì “Sul serio non t’interessa cosa pensa di te Leon Vargas?”. La Castillo scosse la testa, chiudendo il suo armadietto e serrandolo con il lucchetto. “Bugiarda.” ripeté Casal.
“La vuoi smettere di darmi della bugiarda!”.
“No. Almeno non finché non ammetterai che sei innamorata di lui.” Violetta spalancò gli occhi, la bocca leggermente aperta. Faceva sul serio?
“Ci vediamo in classe… eh!”. Casal scosse ancora la testa, un sorriso vittorioso stampato sulle labbra.
Il piano di Camilla Vargas procedeva alla grande.
Violetta entrò nell’aula e non appena incrociò lo sguardo della sua migliore amica, il senso di disgusto e tradimento si risvegliò dentro di lei. Le lanciò un’occhiata, sentendosi sempre più in colpa, perché in parte Francesca aveva ragione: Leon Vargas non era interessato a lei.
Si diresse all’ultimo banco, accanto a Tomas Hereida. “Ciao.” salutò il ragazzo sorridendole. Lei gli rispose con un sorriso, prendendo l’occorrente per la lezione di poesia di Angela Saramego, sua zia.
Qualche minuto dopo, Leon e Camilla Vargas varcarono la soglia dell’aula, seguiti da Ludmilla Ferro e Diego Casal. Lo spagnolo le lanciò un’occhiata vittoriosa, e non si poteva dire il contrario del sorriso sfacciato –che avrebbe irritato qualsiasi persona sulla faccia della Terra, a parte forse la sua migliore amica- che aveva stampato in faccia.
Sederono ai soliti posti, ma –Violetta non ne era sicura- prima di sedersi, Leon l’aveva guardata di sfuggita.
 
 
 “Leon e Diego?” domandò Natalia Perez voltandosi e non vedendo i loro due amici. Automaticamente anche le altre due si girarono, facendo poi spallucce. “Saranno rimasti in classe” commentò Ludmilla accomodandosi sulla panchina dove il giorno precedente avevano discusso del loro piano contro Violetta Castillo.
“Io e Leon abbiamo litigato, ieri sera…”. Camilla Vargas si accese una sigaretta, inspirando ed espirando una densa boccata di fumo, per poi continuare “…ha mollato il piano.”
Ludmilla sgranò gli occhi voltandosi di scatto verso la ragazza seduta alla sua sinistra. “In che senso?”.
“Non vuole più partecipare.”
“Ma non può!”. La rossa fece spallucce, portandosi nuovamente la sigaretta alle labbra. “E’ ancora per la Castillo?”. Camilla annuì espirando del fumo. Leon, suo fratello, continuava a negare –o nascondere, come diceva sempre Diego- di avere una cotta per Violetta Castillo; ma l’intero gruppo si era reso conto da tempo che più continuava a negare, più faceva notare di essere ‘innamorato’, per così dire.
Camilla la trovava una cosa sciocca… innamorarsi di una ragazza come quella… di una sempliciotta come la Castillo.
Patetico, pensò riferendosi al ragazzo dagli occhi verdi con il quale viveva da sempre.
Ma –sempre ripetendo a se stessa- non si può decidere di chi innamorarsi, e quello lei lo sapeva bene.
Federico Rossi varcò la soglia della porta d’ingresso della scuola, chiacchierando animatamente con il suo amico, Maximiliano Ponte, per il quale Natalia aveva una cotta praticamente da sempre!
Il cuore della Vargas batté contro la gabbia toracica, mentre vedeva il sorriso del ragazzo italiano dileguarsi lontano da loro. Scosse leggermente la testa, riprendendosi dal suo stato di trans, ripetendosi –ancora una volta- che stava sbagliando.
In classe, invece, Leon Vargas e Diego Casal erano impegnati in un’animata discussione sulla loro prossima partita a biliardino, la quale si sarebbe svolta quel fine settimana a Villa Casal.
“Perfetto. Birra, pop-corn, Cola, patatine, cioccolato e…?”.
“…Nachos!” esclamò Leon alzando la mano guardando il suo migliore amico che appuntava tutto su una ‘lista della spesa’ improvvisata al momento.
“D’accordo.”
Leon si passò una mano fra i capelli, lasciandosi andare sullo schienale della sedia e chiudendo gli occhi; ma ogni volta che li chiudeva un’immagine gli si stampava davanti, al punto da farglieli riaprire all’istante.
Cacciò l’aria dai polmoni incrociando le braccia al petto, ripensando al giorno precedente.
 
“Ci vediamo a scuola, Castillo!”.
“Prego Dio che non sia così!”
 
La voce di Violetta Castillo gli rimbombava nelle orecchie, ma cercava in tutti i modi di dimenticarsene. In fondo era stata solo un’uscita sbagliata, un grandissimo errore… aveva abbandonato il piano di sua sorella Camilla, e finalmente era libero.
Ma non in pace con sé stesso.
“Cos’hai?” domandò lo spagnolo al suo migliore amico notando l’espressione affranta che aveva.
“Nulla.” Diego restò a fissarlo, le sopracciglia aggrottate. Non gliela raccontava giusta.
“Potevi anche risparmiartelo!”. La voce che qualche secondo prima Leon aveva nella mente, ora era di fronte a lui. Violetta Castillo aveva gettato sul suo banco una rosa rossa, con un fiocco viola ed un biglietto attaccato con so scritto ‘Per Violetta’ in una calligrafia davvero perfetta. La ragazza aveva un’espressione arrabbiata, la bocca storta da un lato, le mani ben inchiodate sui fianchi e il piede sinistro che picchiettava contro il pavimento.
Leon lanciò uno sguardo alla rosa, poi alla ragazza… senza ombra d’espressione. “Non sono stato io.” rispose flebile e senza emozioni. Violetta Castillo alzò un sopracciglio, palesemente più arrabbiata.
“Non sei stato tu? E allora chi?”. Vargas fece spallucce storcendo la bocca.
“Non ne ho idea.”
“Perfetto!”.
Trema la mammoletta verginella con occhi bassi, onesta e vergognosa; ma vie più lieta, più ridente e bella, ardisce aprire il seno al sol la rosa; questa di verde gemma s’incappella, quella si mostra allo sportel vezosa, l’altra, che ‘n dolce foco arde pur ora, languida cade e ‘l bel pratello infiora”.
Violetta Castillo si accigliò giocando la mascella. “Poliziano?”.
“Esatto.” commentò Leon annuendo leggermente. E senza dire nient’altro, la ragazza si dileguò ma senza prima aver ripreso la rosa. Una volta che Violetta uscì dall’aula (diretta alle macchinette), Diego Casal si avvicinò al suo migliore amico, sussurrandogli: “Sei stato tu, vero?”.
Leon annuì.
 
 
 Quel pomeriggio a Villa Castillo c’era una particolare tranquillità.
Violetta se ne stava in camera sua a leggere un libro, German e Roberto erano usciti perché dovevano partecipare ad una riunione molto importante, Olga –la domestica- era in cucina a preparare sicuramente qualche dolce, mentre Federico Rossi, seduto sul divano in pelle bianca, guardava tranquillamente la televisione.
Era da parecchie settimane che oramai viveva a casa di una delle sue migliori amiche. Sua madre e suo padre erano tornati in Italia, avevano molte cose da sbrigare ancora, ma lui non poteva lasciare Buenos Aires, ciò significava abbandonare i suoi amici, lasciare la scuola, dimenticarsi di quel posto per molto tempo… e ciò non poteva accadere.
German Castillo, molto amico dei suoi genitori, offrì la sua casa come ‘luogo d’appoggio momentaneo’ per Federico. Ovviamente lui era sempre il benvenuto.
La sua famiglia doveva molto ai Castillo. Molto.
Sentì il campanello della casa suonare, e –ormai come un gesto istintivo e quotidiano- andò ad aprire, ma si bloccò sull’uscio squadrando chi aveva davanti.
Il sorriso irritante e vittorioso di Diego Casal lo faceva sentire a disagio, fuori posto.
“Cosa fai tu qui?” domandò schietto e freddo il giovane ragazzo italiano.
“Oh, ma ciao anche a te. Sì, anch’io sono contento di vederti!”.
Cosa diavolo fai tu qui?” chiese ancora una volta Federico, i denti stretti e la mascella contratta. Avvertiva il cuore accelerare, le pulsazioni aumentare e il respiro stava diventando irregolare.
“Sono venuto per parlare con Violetta, ma solo ora mi accorgo che in realtà è te che voglio.” e ridusse gli occhi a due fessure; incrociò le braccia al petto ed alzò le sopracciglia. “Non mi fai entrare?”.
“No.”
Un sorriso sghembo apparve sulle labbra del ragazzo spagnolo “Non ti ricordavo così antipatico e maleducato.”
“Qualcuno mi ci avrà fatto diventare.” lo ribeccò l’italiano.
“Già. Immagino di sì.”
Passarono i secondi, forse addirittura un minuto buono senza alcuna parola, solo i loro sguardi, chi di fuoco e chi di ghiaccio, che s’incrociavano. Entrambi sapevano, stavano ricordando. “Me lo vuoi dire cosa vuoi da me?”.
“Sì. Sì, certo… Vorrei che lasciassi in pace Leon.” rispose.
Federico Rossi cercò di trattenere una risata. Sì, sembrava divertito, ma il cuore gli faceva male, avvertiva un qualcosa allo stomaco, e –non ne era sicuro- ma le gambe stavano per cedergli. “Spero tu stia scherzando, Casal”.
“Nient’affatto. Sono serissimo. Non tormentate Leon, lasciatelo fuori da tutta questa storia. Ha già troppo a cui pensare, ed un altro peso sulle spalle non gli farà bene.”
“E sentiamo… come mai il tuo amichetto…” sputò fuori quella parola come fosse veleno, come un qualcosa che gli avesse punto o bruciato la lingua “…non sta bene? Una ragazza ha declinato un suo invito?”.
Lo sguardo di fuoco che Diego Casal lanciò al ragazzo di fronte a sé, fu uno dei peggiori che avesse mai fatto. “Non devo spiegazioni a nessuno, specialmente a te. Te lo ripeto: lasciate Leon fuori da questa storia, non ha nulla a che fare con tutto quello che sta succedendo.
L’espressione sul viso di Federico era… affranta? Triste? Dispiaciuta? Sofferente? Diego Casal che si preoccupava del suo migliore amico.
“Non so di cosa parli, e non m’interessa niente di Vargas, faccia ciò che vuole.”
“Bene. Perché non voglio che soffra ancora.”
Rossi annuì leggermente, gli occhi lucidi ma spenti “Neanche io ti ricordavo così premuroso verso qualcuno.”
Il piccolo sorriso che si era formato sulle labbra di Diego scomparve, ed improvvisamente anche lui avvertì una strana sensazione allo stomaco e all’altezza del cuore.
Deglutì rumorosamente, passandosi una mano dietro al collo che –e Federico lo sapeva bene- era segno di nervosismo. “Qualcuno mi ci avrà fatto diventare.” e si voltò raggiungendo a grandi falcate l’auto parcheggiata fuori, sgommando sull’asfalto, rovente come il fuoco contro l’aria, fredda come il ghiaccio.
 
 
Angolo autrice:
Ciao a tutti! Che dite? Che ve ne pare di questo capitolo? Si comincia a scoprire qualcosa in più. Inizialmente troviamo Leon che torna a casa arrabbiato dopo l’appuntamento con Violetta e distrugge tutto (se lo facessi io i miei mi caccerebbero di casa, ahahahah); litiga con Camilla e lascia il piano. Poi c’è Diego Casal in versione ‘bad boy’ che stramo! Terzo blocco Camilla, Nata e Ludmilla e Diego e Leon che parlano, finchè non interviene Violetta con la rosa regalatagli da Leon!!! Awwww *--* quarto ed ultimo  blocco troviamo Federico e Diego che… beh, parlano. Ancora non si capisce cosa nascondo quei due, ma presto saprete di più. Lasciatemi consigli e pareri. Io vi mando un grandissimo bacio!
_Ruggelaria

 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Violetta / Vai alla pagina dell'autore: _Ruggelaria