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Autore: kiku_san    28/04/2016    0 recensioni
[La Fata delle Tenebre - Holly Black]
[La Fata delle Tenebre - Holly Black]
Variazione di un episodio narrato nel primo libro della trilogia di Holly Black.
Kaye sta per essere sacrificata come vittima del Tributo, che la Corte delle Tenebre paga alle creature solitarie per ottenerne in cambio l'obbedienza.
La variante più importante che ho inserito è che Kaye non è una Sostituta, ma una ragazza mortale dotata della Seconda Vista.
Lo guardò e si accorse solo in quel momento di quanto fosse pallido e di come tremasse. Il sangue gocciolava dal braccio e sporcava l’erba ai suoi piedi.
Si avvicinò d’istinto e allungò una mano verso di lui.
Lui si scansò velocemente, come se l’avesse toccato un serpente.
“ Se vuoi che mi faccia toccare da te, me lo dovrai ordinare” le gettò in faccia con voce fredda e inespressiva.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il Tributo


Non c’era più tempo da perdere, Roiben la guardava con occhi esasperati e Kaye sapeva quello che voleva comunicargli attraverso quello sguardo pieno di disperazione, sapeva quello che lui voleva che facesse, l’unco modo per salvarle la vita.
Nicnevin era vicinissima, poteva sentire il suo respiro gelido sulla pelle del viso, la lama del suo pugnale ormai le sfiorava la pelle del collo. Non poteva più aspettare, non c’era tempo per pensare a qualche alternativa possibile.
“Rath Roiben Rye ti ordino di liberarmi” la sua voce era solo un sussurro, perciò pregò che lui fosse sufficientemente vicino per sentirla e che fosse altrettanto svelto per intervenire prima che il coltello le tagliasse la gola.
La tentazione di chiudere gli occhi era forte ma sapeva che doveva tenerli ben aperti, pronta a cogliere ogni movimento, pronta a scattare appena Roiben fosse riuscito a rompere le catene che le stringevano i polsi e le caviglie e a liberarla.
“Presto, presto, fai in fretta” riuscì a pensare e un istante dopo lo vide con la spada sguainata cercare di raggiungerla.
Un cavaliere dall’armatura rosso scuro gli si parò davanti, lui schivò la sua lama e riuscì a infilzargli la propria in un occhio. L’avversario si portò le mani al viso cercando di fermare il fiotto di sangue che usciva e cadde sulle ginocchia.
Nicnevin si era fermata interdetta, il coltello saldo nella mano, guardava Roiben con uno sguardo in cui scintillavano crudeltà e rabbia. Serrò le labbra vermiglie e alzò il pugnale con una luce crudele negli occhi e un sorriso perverso sulle labbra.
Kaye si concesse di abbassare le palpebre, Roiben non sarebbe mai arrivato a salvarla, nonostante i suoi sforzi non sarebbe riuscito a fare in tempo. Aspettò di sentire il freddo della lama e il dolore ma c’erano solo tonfi di corpi che cadevano e grida, finchè un rumore come lo schiocco di un tirante che si spezza la fece sobbalzare.
C’era Roiben accanto a lei che alzava la sua spada, così sottile da non sembrare neppure un’arma ma solo uno spicchio di luce e la calava con forza sulla catena che le teneva legate le caviglie.
Cercò di divincolarsi ma i polsi erano ancora strettamenti serrati.
Il suo sguardo cadde su una macchia nera ai suoi piedi e si accorse che Nicnevin giaceva in una pozza di sangue scuro che si allargava sotto di lei, con il coltello ancora stretto nel pugno; poi con orrore vide avanzare sul palco decine di sudditi della corte delle Tenebre, tutti pronti a impedire a Roiben di liberarla, tutti assetati di sangue umano che aspettavano da sette anni.
Sapeva che lui non sarebbe riuscito mai a fermarli tutti, che aveva già deciso di sacrificare la sua vita per salvare quella di lei, ma lasciarlo morire in quel gesto disperato ed eroico non era assolutamente contemplato per Kaye, perciò doveva far cessare quel massacro e trovare una via di fuga il più velocemente possibile.
Roiben tranciò la catena del suo polso destro, aveva gli occhi lucidi di rabbia e il viso tirato e pallido; una donna vestita con una armatura bianca e rigida come il guscio di madreperla di un mollusco, lo attaccò brandendo un’ascia scura, lui alzò la spada in una parata, poi si voltò rapidamente colpendo un avversario che lo stava attaccando alle spalle sperando di coglierlo di sorpresa, ma in quel momento l'ascia della donna lo colpì al braccio lacerandolo fino all’osso.
Kaye urlò e il suo urlo coprì quello di Roiben che vacillò, la lama della spada piegata verso terra quasi non riuscisse più a sostenerne il peso. Se la passò goffamente nella sinistra e parò un nuovo fendente, mentre il sangue gli inzuppava l’armatura di cuoio e gli scorreva sulla mano gocciolando poi sul pavimento.
Kaye si accorse che Spike stava armeggiando con un grimaldello nel tentativo di aprire la serratura dell’ultima catena che la imprigionava. Quando finalmente fu libera pronunciò il nome del cavaliere, sperando che lui fosse ancora abbastanza in forze per ubbidire al suo ordine.
“Rath Roiben Rye ti ordine di fuggire con me e Spike da questo posto e portarci tutti in salvo.”
Roiben si fermò per un istante, tranciò la mano del suo avversario più prossimo, la strattonò per un braccio e cercò di aprirsi un passaggio tra la folla che lo stava accerchiando.
A fatica, lasciando dietro di sè una scia di cadaveri, uscirono all’aperto sulla collina e solo allora Kaye si permise di respirare profondamente, accorgendosi di non sapere neppure lei da quando non lo facesse più.


Stava quasi per albeggiare, il cielo ad est cominciava a schiarirsi ma sopra di loro era ancora scuro, traversato da nuvole sfrangiate spinte da un vento freddo. La casa della nonna era poco distante, con le persiane chiuse, circondata dal silenzio. Kaye si guardò alle spalle oltre la siepe scura che li separava dalla strada, temendo che qualcuno li inseguisse ma la notte sembrava tranquilla, una notte fredda e buia come tutte le altre.
Spike si era fermato poco lontano con aria colpevole e afflitta e Lutie-Loo era scesa da un ramo dell’olmo che cresceva accanto alla casa e le si era appollaiata su di una spalla.
“Ho avuto tanta paura, tanta, tanta paura” cantilenava la fatina nell’orecchio di Kaye che, pur essendo stata la vittima predestinata del Tributo, si trovava a doverla consolare.
Roiben era appoggiato al tronco dell’albero, il braccio destro che reggeva a stento l’elsa della spada ancora sguainata, abbandonato lungo il fianco.
“Ti ho portato in salvo come mi hai ordinato, ora per favore congedami.”
Kaye si morse il labbro, aveva sperato che quello che lui aveva fatto quella notte per lei: salvarla, rischiare la vita, combattere, fuggire aprendosi un varco tra una torma di mostri, volesse dire che in fondo di lei gli importava, che forse anche lui l’amava come lei amava lui. Invece quelle parole pronunciate freddamente, quello sguardo duro che la evitava, quel desiderio di potersene andare, tutto stava chiaramente a dire che l’amore non c’entrava per niente in quello che aveva fatto, ma forse solo l’orgoglio, la voglia di sdebitarsi e non avere più nulla a che fare con lei.
“Perchè hai voluto che pronunciassi il tuo nome?” chiese con una voce in cui vibrava una delusione malcelata.
Lui alzò stancamente gli occhi che erano dello stesso colore dell’acciaio e altrettanto duri.
“Era l’unico modo per salvarti la vita.”
Kaye sbuffò.
“Certo! E perchè avresti dovuto?”
Lui la guardò stranito e a lei non sfuggì il suo serrare i denti in una smorfia di rabbia trattenuta.
“Ero in debito, tu hai salvato la mia ricordi?”
“E’ solo per questo?”
“Per cos’altro?”
“Così hai pagato il tuo debito e ora puoi sentirti libero di lasciarmi al mio destino, è così?”
Lui sospirò con evidente fastidio.
“Tu mi hai estorto il nome, perchè lo hai fatto se non per potermi usare per sfuggire alla morte?”
Kaye sentì il viso andare a fuoco, ma come poteva pensare che lei fosse così subdola e intrigante da avere pianificato tutto?
“E' questo che pensi di me?” la voce le tremò per il dispiacere e la rabbia, “Ma che gente di merda hai frequentato finora...”
Lui aggrottò la fronte evidentemente spiazzato da quelle parole.
“Congedami e io ti prometto che non mi vendicherò nè con te nè con i tuoi amici per avermi ingannato.”
“E’ una buona idea, congedalo, lascialo andare via” borbottò Spike avvicinandosi.
Congedarlo certo e non vederlo mai più, forse questa era veramente la cosa giusta da fare ma non poteva farlo, non senza aver cercato di spiegargli come erano andate le cose, senza aver cercato di fargli capire che lei non era come lui pensava che fosse.
Lo guardò e si accorse solo in quel momento di quanto fosse pallido e di come tremasse. Il sangue gocciolava dal braccio e sporcava l’erba ai suoi piedi.
Si avvicinò d’istinto e allungò una mano verso di lui.
Lui si scansò velocemente come se l’avesse toccato un serpente.
“Se vuoi che mi faccia toccare da te, me lo dovrai ordinare” le gettò in faccia con voce fredda e inespressiva.
Kaye indietreggiò come se avesse ricevuto uno schiaffo in piena faccia e le montò una rabbia senza freni, che le servì per non sentire il dolore acuto che le faceva mancare il respiro.
“Bene, se è così che la metti sappi che ti sei fregato da solo! Rath Roiben Rye ti ordino di seguirmi in casa e di rimanerci finchè non te lo dico io.”
Gli voltò le spalle ed entrò cercando di non fare rumore certa che lui la seguisse.
“Cosa ti è saltato in mente?” Spike la raggiunse imprecando “Sei pazza, stai scherzando con il fuoco, io me ne vado.”
“Vai, non ti preoccupare, come non ti sei preoccupato di avermi fatto quasi uccidere.”
Spike aprì la bocca per dire qualcosa, poi scosse la testa e si allontanò rapidamente.
“Siamo stati ingannati anche noi” le sussurrò Lutie in bilico sulla sua spalla.
“Non ora” la bloccò Kaye.
Entrò in cucina e prese un bicchiere d’acqua, quando si voltò lui era seduto al tavolo con la spada nel fodero.
“Vuoi bere?”
“Sì.”
Bevve gettando indietro la testa e lei rimase a guardalo affascinata, era assurdo vederlo nella cucina della nonna, un cavaliere fatato, bellissimo e letale che beveva un bicchiere d’acqua del lavandino seduto al tavolo.
“Dobbiamo fare qualcosa per il tuo braccio, hai perso molto sangue.”
“Non ti preoccupare, non morirò per così poco, guarisco abbastanza in fretta.”
“Devi fasciarlo, disinfettarlo...”
“Dammi del sale, non mi serve altro.”
Kaye cercò il vasetto del sale e glielo diede.
“Andiamo in camera mia, se mia nonna si sveglia sarebbe un po’ complicato spiegargli cosa ci faccio qui con uno come te.”
Lui la seguì senza dire una parola apparentemente docile.
“Lì c’è il bagno e la cassetta del pronto soccorso, se vuoi ti posso aiutare a togliere l’armatura.”
Lui la guardò con la fronte aggrottata e una smorfia sulle labbra e Kaye capì che forse non era il caso di insistere.
“Se vuoi continuare a fare lo stronzo accomodati, peggio per te.”
Quando uscì era a torso nudo e una benda elastica gli fasciava la spalla.
“Puoi dormire qui” disse Kaye indicando il materasso per terra coperto dal piumino rosa “Io mi stendo sul letto.”
Cercò nell’armadio qualcosa da mettere sulla rete, trovò un vecchio trapuntino e gli si sdraiò sopra, coprendosi con una coperta ad uncinetto.
La luce dei lampioni della strada illuminava fiocamente la stanza e Kaye osservò, senza farsi notare, Roiben togliersi gli stivali e sdraiarsi tirandosi il piumino fin sulle spalle.
Rimase immobile e tesa cercando il modo di rompere il silenzio, senza riuscire a trovarne uno che non la facesse sentire patetica.
“Roiben? Stai dormendo?”
Lui si girò dalla sua parte e lei scorse l’argento dei suoi capelli sparsi sul cuscino e i suoi occhi grigi che brillavano nella penombra.
“Stavo per farlo” rispose con voce stanca.
“Io non sono il tipo di persona che tu pensi, non ti avrei mai ingannato in quel modo. Quando ti ho trovato nel bosco me ne stavo tornando a casa e basta.”
“Certo, una ragazza sola che torna a casa nel pieno della notte sotto al diluvio, tutto normale.”
“Era stata una brutta serata, volevo stare sola e poi si è messo a piovere e.. in ogni caso è così che è andata.”
“E io dovrei crederti? Dovrei credere che come ricompensa per avermi salvato la vita tra tutte le cose che potevi chiedere hai voluto sapere il mio nome?” rise brevemente con evidente sarcasmo.
“Se avessi saputo quanto sei stronzo non ti avrei mai salvato la vita, sappilo!”
“Forse sarebbe stato meglio.”
Stava sbagliando tutto, doveva mantenere la calma, fargli capire, non insultarlo e farlo arrabbiare più di quanto già fosse.
“Va bene scusami...Ma devi credermi, non volevo chiedere il tuo nome, non ci avevo neanche pensato....ma poi quando sei venuto alla tavola calda io... beh avevo appena saputo che avevi ucciso il mio amico Gristle, ero arrabbiata e tu non hai neppure cercato di giustificarti in qualche modo...è allora che ho deciso che dovevo fartela pagare, sapevo che alle creature fatate non piace dire il proprio nome e te l’ho chiesto... solo per farti arrabbiare.”
“Molto astuta.”
“Non avrei mai usato il tuo nome per farti del male, non avrei mai voluto pronunciarlo, non se tu avessi dovuto sacrificarti per salvarmi.”
“Però l’hai fatto.”
“Me lo hai suggerito tu, pensavo che avessi un piano migliore che quello di farti ammazzare.”
Lui sbuffò con fastidio.
“Perchè ti sei messa in questo pasticcio, cosa c’entri tu con le creature fatate?”
“Ho la Seconda Vista, fin da quando ero piccola vi posso vedere.”
“E non hai ancora imparato a non fidarti di noi, a starci lontana il più possibile, a non immischiarti nei nostri tranelli?”
“Mi sono solo fidata dei miei amici.”
“Già, begli amici.”
Lutie-Loo sbattè le piccole ali.
“Anche noi siamo stati ingannati, non avremmo mai messo in pericolo veramente Kaye.”
“Sono molto stanco, vorrei dormire, ho il tuo permesso?”
Kaye non riuscì a capire cosa contenesse il tono della sua voce, sicuramente una stanchezza infinita e forse sarcasmo e incredulità.
“Dormi pure, solo volevo speigarti come sono andate veramente le cose.”
Lui si girò dandole le spalle senza una parola e lei si rimise sotto la coperta, con la consapevolezza che più di così per farsi capire e perdonare non poteva fare e che l’indomani mattina lo avrebbe sciolto da ogni obbligo e lo avrebbe lasciato libero.


Quando aprì gli occhi il sole che illuminava la stanza le fece capire che doveva essere pomeriggio inoltrato. Guardò accanto a lei e vide la sagoma di Roiben che le dava le spalle, con i capelli arruffati, il piumone aggrovigliato tra le gambe e la sua mano che stringeva il cuscino. Gli uscì un sorriso perchè sapeva che non avrebbe mai dimenticato quell’istante: quei particolari così insignificanti gli facevano sentire Roiben reale, come mai prima di allora lo aveva sentito.
“Lui è qui per davvero, sta dormendo sul mio materasso e quando se ne andrà per sempre ricorderò questo risveglio come il momento in cui lui è stato con me senza difese, ne rancori, ne odio” pensò e le venne da piangere, sapendo che tra poco tutto sarebbe finito, che lui si sarebbe svegliato e lei lo avrebbe lasciato libero di andarsene.
Poi lo guardò meglio e le sembrò strano che con tutta quella luce lui dormisse così profondamente e si accorse solo allora di come le sue spalle si alzassero e si abbassasero con sforzo e di come il suo respiro fosse faticoso e pesante.
Gli si avvicinò, i capelli erano scuri di sudore, il viso terreo, il respiro era un ansito. Lo scosse con il cuore che cominciava a martellargli nel petto e lui socchiuse gli occhi appannati e distanti.
“Cos’hai, stai male?”
Le sue labbra erano secche ed esangui.
“Il braccio...” mormorò con fatica.
Kaye osservò il braccio ferito che era gonfio e caldo appena sotto la fasciatura, disfece il bendaggio, la ferita era ancora aperta e i bordi si erano scuriti e la pelle era raggrinzita come se fosse stata ustionata.
Roiben alzò lo sguardo e diede un’occhiata, poi si lasciò cadere sul cuscino pesantemente.
“Non mi sembra abbia un bell’aspetto” mormorò Kaye “Forse dobbiamo disinfettare la ferita con qualcosa di meglio che il sale.”
“No non c’entra, la lama doveva essere avvelenata, un veleno lento ma potente.”
“E allora, che cosa si può fare?”
“Niente, a meno che tu sia una guaritrice e sappia i rimedi che servono per neutralizzarne l’effetto.”
“Guaritrice? Dove posso trovarne una?”
“Nel Regno delle Tenebre ci sono dei guaritori, ma penso che nessuno sia disposto a curarmi.”
“E allora?”
“E allora lasciami libero di andarmene, sarebbe un bel guaio se morissi nella tua camera” la sua voce era sempre più flebile e lo sguardo confuso.
“Pensi di essere spiritoso? Mi sai dire dove te ne andresti in queste condizioni? Non se ne parla proprio.”
Roiben non parlò ma chiuse gli occhi e strinse le labbra.
“Andrò dalla Strega della Selva, lei sa fare pozioni e tante altre cose, mi potrà aiutare, che ne dici?”gli chiese Kaye.
Roiben non rispose.
“Parlo con te, rispondimi, che ne dici?”
“La Vecchia Madre è una Guaritrice ma non ti auterà mai a guarirmi, le creature solitarie faranno una grande festa appena sapranno che sto morendo.”
“Morendo? Tu non stai affatto morendo, non fare il melodrammatico.”
Si alzò dal suo fianco e si avviò alla porta.
“Lutie tu rimani con lui, non fare entrare la nonna, fai l’incantesimo che vuoi ma tienila fuori da qui.”
“Ci provo, ma il Cavaliere Nero ha ragione, nessuno ti aiuterà a guarirlo.”
Kaye scosse la testa ed uscì di corsa dalla camera.
A pianterreno la nonna stava riassettando la cucina, lei la salutò velocemente ed era già fuori prima che potesse cominciare a chiederle qualsiasi cosa.
Il boschetto alla luce del sole sembrava soltanto un gruppo di alberi accanto all’autostrada, il torrente era solo un rigagnolo coperto di rifiuti. Si aggirò attorno ma il luogo era deserto.
Decise di aspettare, non poteva fare altro anche se avrebbe voluto tornare a casa e vedere come stava Roiben. Era così preoccupata e angosciata che non riusciva a stare ferma, il pensiero che, anche se la strega le avesse dato un rimedio, sarebbe stato comunque troppo tardi, le scavava un buco nello stomaco.
Guardò il telefonino, se solo Lutie-Loo fosse stata capace di rispondere, se solo avesse potuto parlare di tutto quello che le stava accadendo con qualcuno. Si sentì sola, come in fondo si era sentita tutta la vita, ma ora non poteva più neppure consolarsi pensando ai suoi amici fatati. La verità era che non aveva amici.
Accovacciata su di un tronco marcio aspettò che il sole cominciasse a scendere dietro gli alberi e la penombra invadesse la conca dove scorreva il torrente.
“Strega della Selva ti prego ho bisogno di te, fatti vedere” sospirò tra sè, sentendo che la disperazione stava minacciando di sopraffarla.
Un’ombra si mosse dietro a dei cespugli ed apparve qualcosa che, a prima vista, poteva essere preso per un ciocco d'albero dalla corteccia rugosa.
Kaye sentì il respiro sbloccarsi.
“Sei tu, finalmente!”
“Kaye, sei viva! Al Tributo qualcosa è andato storto, non doveva finire in quel modo.”
“Sì, per poco la Regina non mi uccideva ma Roiben mi ha salvata.”
“L’ho saputo. Tu conoscevi il suo nome e lui ha dovuto ubbidire.”
“E’ stato lui a suggerirmelo e ha rischiato la sua vita per portarmi via da lì ma è stato ferito e ora sta male, la lama era avvelenata.”
“Dove si trova?”
“In camera mia.”
La Strega della Selva la guardò con occhi indagatori, fissandola intensamente.
“Strano posto per un cavaliere Oscuro, stai attenta, anche se conosci il suo nome potresti non fare in tempo a pronunciarlo prima che ti faccia del male. Cosa vuoi da me?”
“Un rimedio per guarirlo.”
“Guarire il Cavaliere Nero? Quello che ha ucciso Gristle per divertimento? Il cavaliere più pericoloso di tutto il Regno delle Tenebre? Perchè mai dovrei guarirlo, la sua morte è una gioia per tutti noi.”
“Lui non è così, ha fatto tutto quello che ha fatto perchè costretto ad ubbidire a Nicnevin. Lui mi ha salvato e io sono in debito con lui e tu sei in debito con me, se non ci fosse stato lui io sarei morta per colpa vostra, per essermi fidata di voi. Tu me lo devi!”
“Il Tributo non è stato compiuto, le creature solitarie sono libere per sette anni, Nephamael, il cavaliere prediletto di Nicnevin che ha inviato come pegno nel Regno della Luce, si è nominato re. Ci sono cose che non sono chiare, come non è chiaro da che parte sta il tuo cavaliere. Se morisse avremmo un nemico in meno.”
“Non morirà, tu mi dirai cosa fare per guarirlo.”
“Ci tieni molto a lui, perchè?”
“Ho i miei motivi.”
“Bene e allora ti aiuterò. Aconito e dulcamara, bacche di cipresso e belladonna, buttale quando l’acqua bolle, fai un infuso e aggiungi tre gocce del tuo sangue, faglielo bere.”
“E’ tutto?”
“Il sangue di una mortale dotata della Vista guarisce da ogni male le creature fatate.”
“Dove trovo le erbe?”
“Tu mettici il tuo sangue, le erbe te le porterà Spike, ma sappi che solo se tu vuoi il bene della creatura fatata il tuo sangue la guarirà, altrimenti sarà mortale per lei.”
“Va bene, non c’è problema.”
Kaye si era già voltata per andarsene, doveva correre a casa prima che fosse troppo tardi, ma la voce della Strega la bloccò.
“Non ho ancora finito...la creatura fatata deve ricambiare il sentimento del mortale.”
“Cosa?”
“Sei sicura che il cavaliere ricambi il tuo sentimento Kaye?”
“No, non lo sono."
"Dovrai esserlo perchè in caso contrario la pozione lo ucciderà.”
“E’ l’unico modo per guarirlo? Non c’è qualcosa di ..”
La Strega della Selva la guardava con occhi cespugliosi ed enigmatici.
“Ho capito, ma perchè con voi deve essere tutto così complicato?” sbuffò Kaye rassegnata, poi voltò le spalle e corse via, l’avrebbe ringraziata se tutto fosse andato per il verso giusto, non prima.
Rientrò che era completamente buio e la nonna la bloccò prima che potesse salire le scale.
“Si può sapere dove sei stata? E’ da ieri che non riesco a parlarti.”
“Nonna scusa ma ho molta fretta”
“Fretta? Che cosa devi fare si può sapere? Non uscirai ancora spero.”
“Ho dei compiti urgentissimi, sono stata da Janet per sapere come farli.”
“Bene se sono dei compiti falli, ma non hai neanche cenato.”
“Ho mangiato da Janet, non ti preoccupare.”
Aprì la porta e Lutie gli svolazzò su di una spalla.
“Meno male che sei arrivata, il cavaliere sta male, Spike mi ha lanciato dalla finestra questo sacchetto.”
Kaye si avvicinò a Roiben, si accasciò accanto a lui accarezzandogli lievemente la fronte ma lui non si mosse.
“Vado a preparare l’infuso, arrivo subito.”
In cucina le erbe mandarono un odore amaro e sgradevole come di fieno marcio, poi di sopra con un ago si punse e mescolò il suo sangue con il liquido caldo.
“Guarirà?” chiese Lutie sospettosa.
“Sì o morirà. Tutto dipende da cosa prova per me, se mi odia, se gli sono veramente insopportabile come vuole farmi credere allora questo intruglio lo farà morire, ma se significo qualcosa per lui allora starà meglio, questo mi ha detto la Strega. Il problema è che non so cosa fare, sono sicura di quello che provo io per lui ma non viceversa. Cosa faccio Lutie?”
“Il Cavaliere Nero è il cavaliere più temibile di tutta la corte delle Tenebre, lui è infido e pericoloso, anche Nicnevin non poteva fidarsi di lui fino in fondo, un giorno è gentile e il giorno dopo ti uccide senza problemi, è difficile capire cosa provi per te.”
“Già.”
Si avvicinò a Roiben e lo scosse.
“Mi senti? Apri gli occhi avanti, ho bisogno di sapere una cosa.”
Roiben socchiuse gli occhi lentamente, sforzandosi di mettere a fuoco quello che gli stava attorno.
“Lasciami morire in pace” mormorò così flebilemente che Kaye dovette avvicinare l’orecchio alle sue labbra per capire.
Non c’era più tempo per chiedere, per essere sicuri, c’era solo il tempo per dargli la pozione, gli alzò la testa e gli fece bere il liquido a piccolissimi sorsi.
“E ora stiamo a vedere” bisbigliò Kaye a se stessa.


Roiben aprì gli occhi con un grande sforzo, si sentiva senza un briciolo di forze come se fosse stato prosciugato della sua energia vitale fino all’ultima goccia. Non si era mai sentito così debole, così inerme e indifeso, pensò che qualsiasi creatura avrebbe potuto fare di lui quello che voleva senza che lui avrebbe potuto reagire minimamente.
La stanza era immersa nella penombra di un’alba grigia e fredda. Cercò di richiamare alla mente gli ultimi ricordi per riuscire a capire dove fosse finito.
Il Tributo, il duello, il salvataggio di Kaye, la ferita alla spalla, la notte passata nella camera della ragazza suo malgrado e le spiegazioni di lei, le sue giustificazioni che avrebbero impietosito chiunque, ma non lui che era stato ingannato troppe volte: tutto gli tornò alla mente.
Ma perchè si sentiva così privo di forze, così debole? Cosa gli aveva fatto Kaye?
Poi si ricordò di quando si era svegliato dopo una notte di sonno agitato, di come stava male, di come la sua ferita si era aggravata e di come aveva capito che era stato avvelenato e che non c’era più niente da fare.
Girare la testa gli richiese un certo impegno e la prima cosa che vide fu Kaye sdraiata accanto a lui sul pavimento con una coperta tirata sulle spalle. Il suo viso era vicinissimo alla sua spalla, la sua mano era posata leggermente sopra la sua. Dormiva e lui rimase ad osservare con stupore il suo viso pallido segnato da occhiaie scure, i suoi occhi a mandorla con le ciglia lunghe, i suoi capelli biondi arruffati sparsi sul cuscino, la sua mano dalle unghie mangiucchiate.
“Sei sveglio?”
Una vocina alle sue spalle lo fece sobbalzare, la fata amica di Kaye lo guardava con un sorrisino sulle piccole labbra. Prima che lui riuscisse a farsi uscire un filo di voce, Lutie cominciò a tirare i capelli a Kaye e lei si svegliò di botto, cercando di scacciare con una mano una mosca fastidiosa.
“Avanti svegliati o il tuo cavaliere se ne andrà senza salutarti” canticchiava Lutie.
Kaye si alzò di scatto e ritrasse la mano, come se avesse paura di aver fatto qualcosa che non doveva.
“Sei sveglio? Dio come sono contenta, non sei morto” balbettò.
“Se il tuo cavaliere non è morto, qualcosa vorrà dire” continuò a canticchiare Lutie.
Kaye le lanciò uno sguardo di fuoco.
“Mi sono addormentata, come stai?”
Roiben si schiarì la voce, non era sicuro di avere la forza per poter parlare.
“Sono vivo, come mai?”
“La Strega della Selva mi ha dato un rimedio, mi doveva un favore” cercò di dare alla sua voce una intonazione leggera e scherzosa, ma Kaye si sentiva come se una macina le fosse stata tolta dal petto e si accorse di cosa significasse poter tornare a respirare normalmente.
“Sapeva che il rimedio era per me?”
“Sì, glielo detto, in effetti non era convinta che curarti fosse una buona idea, mi dispiace dirtelo ma non sei molto popolare tra le crature fatate.”
Lui fece un sorrisino tirato.
“Grazie a lei comunque ho scoperto che sei molto bravo a mentire” continuò Kaye con circospezione.
“Noi creature fatate non possiamo mentire.”
“Noo? Eppure tu l’hai fatto. Mi hai fatto credere di odiarmi, di disprezzarmi, di non potermi vedere e invece non è così.”
Roiben si sentiva stanco e faceva fatica a seguire le parole di Kaye, soprattutto perchè quello che stava dicendo non aveva nessun senso.
“La pozione della Strega conteneva il mio sangue” riprese Kaye con voce incerta.
Lui aggrottò le soppraciglia e strinse le labbra.
“Non ti bastava conoscere il mio vero nome, non era sufficiente? In quanti modi vuoi legarmi a te?”
“Era l’unico modo per salvarti, la Strega mi ha detto che avrebbe funzionato solo se ...insomma se io non ti odiavo e tu non odiavi me.”
“Visto che siamo qui a parlarne significa che non ci odiamo” sospirò lui abbassando lo sguardo.
“Ho avuto così paura di farti morire, pensavo di esserti insopportabile, pensavo che tu mi disprezzassi, che non ti fidassi di me, che mi odiassi per quello che ti avevo fatto.”
Lui alzò i suoi occhi che a volte, come in quel momento, sembravano nubi e fumo e si schiarì la voce.
Kaye pensò che la cosa che di lui le piaceva di più era quel suo modo di fare orgoglioso e riservato, dietro cui lei riusciva a scorgere la sua paura di farsi fare ancora una volta troppo male.
“E' la seconda volta che mi salvi la vita e ti meriti la verità. E' vero, non mi fidavo di te, non mi fido di nessuno da così tanto tempo che non so più come si fa, però non ti ho mai odiato, ero arrabbiato perchè provavo dei sentimenti per te che pensavo di aver definitivamente cancellato, non volevo più provare niente per nessuno.”
Kaye rimase a sorridergli senza sapere cosa dire, poi cercò di riprendere il controllo della realtà.
“Hai sete? Hai fame?”
Lui annuì e lei senza più una parola uscì dalla camera e rientrò poco dopo con un vassoio in mano.
“Latte e riso soffiato al miele, ti va?”
Fu Kaye a sistemargli i cuscini sotto la testa e ad aiutarlo a mangiare.
“Perchè sorridi?” gli chiese lui incuriosito dall’espressione felice che splendeva sul viso della ragazza.
“Non sai che sollievo vedere che stai meglio, insomma che non sei morto..Avrei avuto seri problemi a sbarazzarmi del tuo cadavere.”
“Capisco.”
“Beh ora riposa, vedrai che una bella dormita ti rimetterà in forma perfetta.”
Lui si sdraiò e rimase a guardarla di sottecchi, in quelle condizioni non avrebbe potuto difendersi, era alla mercè completa di chiunque, ma nonostante questo si sentiva tranquillo, rilassato e sereno. Non si ricordava più da quanto non si sentiva così al sicuro e protetto, con la certezza che non sarerbbe accaduto niente di brutto e di male. Sospirò e si addormentò.
Quando si svegliò era solo nella camera, si guardò in giro e poi decise di provare ad alzarsi, si sentiva molto meglio, più in forze e persino in grado di stare in piedi e fare qualche passo. Stava raggiungendo il bagno quando Kaye entrò.
“Ehi sei già in piedi? Bene, dove te ne stavi andando?”
“In bagno, vorrei lavarmi un po’.”
“Certo fatti pure una doccia, io vedo di rimediare qualche vestito pulito.”
“Una doccia?”
“Sì, mai fatta? Ok ti faccio vedere come funziona.”
Quando uscì con i capelli ancora umidi era vestito con dei pantaloni neri e una maglietta dello stesso colore.
“Dove li hai presi?”
“E’ un incantesimo.”
“Ah! Quindi in realtà sei nudo.”
Lui fece un sorrisetto sostenuto.
“Sicuramente saprai che se l’incantesimo è leggero con la coda dell’occhio è possibile scoprirlo” lo stuzzicò lei.
“Non ti preoccupare, non è un incantesimo leggero.”
“Avrei dovuto immaginarlo trattandosi di te” rimase a fissarlo per un attimo e poi il sorriso le sparì dal viso e gli occhi le divennero seri, “Roiben devo parlarti seriamente.”
Roiben le si sedette accanto sul materasso, con le lunghe gambe incrociate.
“La Strega mi ha detto che Nephamael si è nominato re del Regno delle Tenebre.”
“Non si è fatto scappare l’occasione, avranno il re che si meritano.”
“E tu cosa farai? Ora che Nicnevin è morta potrai tornare dalla tua Regina nel Regno della Luce” e la voce le tremò un po’.
“Da Silarial? No non mi interessa, non è più la mia corte, sono troppo cambiato, non sarei gradito e in fondo anch’io non gradirei più loro.”
“Ma tu l’ami.”
“L’amavo, disperatamente, ora non la odio più neanche.”
“E allora che farai?”
“Non so! Per la prima volta nella mia vita sono libero, non devo prendere ordini da nessuno, posso decidere da solo cosa voglio fare della mia vita” si bloccò e il suo sguardo si rabbuiò “Libero da tutti eccetto che da te naturalmente, tu mi hai in tuo potere”, la sua voce era quasi inespressiva mentre pronunciava queste parole, ma Kaye vi riconobbe una nota di disperazione profonda, “Non ti rendi neppure conto di cosa significa il potere che hai su di me, hai la mia obbedienza assoluta, la servitù che ho nei tuoi confornti non può essere rotta.”
Kaye rabbrividì chiedendosi come doveva essere stata la vita di Roiben, una marionetta i cui fili erano tirati da altri.
“Tu mi piaci Roiben, mi piaci dal primo momento che ti ho visto, non ti farò mai del male, non userò mai più il tuo nome, dimmi come posso fare per rinunciare al potere che ho su di te e lo farò subito.”
“Non essere avventata, domani potresti pentirtene, tu non sai cosa significa avere in proprio potere una creatura, il dominio assoluto sull’altro dà alla testa, con il mio nome tu mi condanni ad una servitù assoluta, sei sicura di voler rinunciare? Potrei soddisfare qualsiasi cosa tu voglia.”
Lei lo guardò con lo sguardo fermo e serio.
“Direi proprio di no, perchè vedi io vorrei solo una cosa da te, ma sapere il tuo nome non mi serve a nulla perchè se ti ordinassi di farla tu non potresti ubbidirmi.”
“Non c’è niente che tu non potresti ordinarmi, se vuoi la mia vita l’avrai.”
“Non la tua vita, vorrei solo che tu mi amassi come io amo te, ma non puoi amarmi a forza, potresti solo fingere e non è quello che voglio. Il tuo nome non mi serve a niente.”
“E’ vero per questo desiderio il mio nome non serve, non puoi ordinarmelo, perchè vedi io ti amo già.”
Si chinò e le sfiorò le labbbra con le sue e Kaye gli passò le braccia attorno alla nuca e sorrise prima di baciarlo.
  
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