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Autore: Lady Stark    28/04/2016    2 recensioni
«Per lei, tutto è possibile, ufficiale.» con un gesto delle braccia, il taverniere l'invitò a seguirlo.
Len sapeva che quello che stava per fare era sconsiderato, irrazionale e pericoloso.
Era perfettamente a conoscenza del fatto che quel comportamento l'avrebbe potuto distruggere.
Avrebbe potuto demolire tutto ciò che per anni aveva così faticosamente costruito...
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine | Coppie: Len/Rin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter XII 

La notte era silenziosa.

Len puntò lo sguardo fuori dalla finestra, osservando il cielo color catrame che inglobava le stelle ed una misera falce di luna. La sua fievole luce illuminava la cresta degli alberi sottostanti, spruzzando di argento la punta delle loro foglie. L'ufficiale non credeva d'aver mai ammirato uno spettacolo più malinconico in vita sua. Una civetta si appollaiò su un ramo ritorto, sbattendo le candide ali pennute. Il becco era sporco di sangue in prossimità della punta, monito del pasto appena consumato. Rin sedeva in silenzio accanto a lui, le mani strette in grembo con forza spasmodica. L'esile figura era avvolta da una mantello color ossidiana; il cappuccio bordato di pelliccia le ricadeva sulle spalle in una serie di morbide pieghe. Non si parlavano da qualche buona manciata di minuti ed i loro corpi sembravano impauriti dall'idea di toccarsi.
Entrambi tacitamente condividevano l'idea che se le loro mani si fossero intrecciate, nessuno avrebbe più potuto dividerle.

Nella penombra, Len studiò il profilo della compagna, tracciando con gli occhi il delicato profilo del mento, la morbida curva del mento e delle labbra.

Il suo cuore palpitò un po' più forte, colpendo dolorosamente la gabbia toracica. L'uomo si passò una mano sul viso desiderando di poter cancellare con un solo colpo di spugna quell'atroce sofferenza. Persino respirare era diventato un tormento.

Rin si morse le labbra, avvertendo il crepitio delle emozioni che attraversavano il petto dell'uomo al suo fianco. Poteva capire come si sentisse perché, come lui, non credeva d'aver mai provato un malessere più travolgente in vita sua. Aveva come l'impressione che una mano si stesse facendo largo nel suo petto, spaccandole le ossa con l'intenzione di arrivare al cuore e stritolarlo.

«Non voglio andarmene.»

«Neanche io voglio che tu te ne vada.» Len pronunciò quelle parole d'un fiato, dando libero sfogo alla sua tempesta interiore.

«Eppure è necessario. Il mio egoistico desiderio non può minare la tua sicurezza.»
La ballerina sapeva benissimo che aveva ragione. In quel covo di serpenti non sarebbe mai stata al sicuro ma, malgrado ciò, non riusciva a smettere di domandarsi che senso avesse salvarsi senza di lui.

«Quello che stiamo facendo ha davvero un senso?»

«Voglio credere che sia così. Rin,» la sua voce si soffermò involontariamente su quel nome che, mai, si sarebbe stancato di pronunciare.

«Dobbiamo crederci entrambi, lo capisci questo?»

«Lo comprendo. Ma ciò non vuol dire che io l'accetti.»

Lei distolse lo sguardo per sfuggire a quelle iridi color mare e, benché sapesse che le sarebbero mancate come il respiro, non riusciva più a sopportarne il peso.

Il ragazzo non seppe cosa rispondere ma, in compenso, allungò una mano per sfiorarla con una tenerezza straordinaria.

Rin catturò le sue dita, portandosele alla guancia. «Promettimi almeno una cosa..»

«Tutto quello che vuoi, tesoro mio.»

«Se tutto ciò avrà fine, mi cercherai?» il tono della sua voce calò bruscamente, mettendo in evidenza la paura di perdere l'unica stella che le aveva illuminato l'esistenza.

«Nessun fiume, montagna o divinità sarà in grado di trattenermi,» Len avvolse le guance della ragazza nei propri palmi, baciandole la punta del naso.

«Io ti troverò.»

«Ti aspetterò. Per tutta la vita, se necessario.» la ballerina chiuse gli occhi ed una lacrima si staccò dalle sue ciglia, scivolando sui polpastrelli del ragazzo.

In quel momento, i dodici rintocchi della mezzanotte scossero il silenzio dell'edificio, facendo tremare i due ragazzi.

Era giunto il momento.

Len, vinto dalla disperazione, premette le labbra contro quelle della ballerina.

Il loro ultimo bacio ebbe il sapore delle lacrime.

Un solo colpo alla porta richiamò l'attenzione dell'ufficiale a comunicargli che Louis stava attendendo la sua compagna per portarla via, lontano dalla spada di Damocle che oscillava sopra la sua testa.

«È ora che tu vada.»

Rin annuì, asciugando orgogliosamente le lacrime che le incidevano le gote. Con un movimento del braccio si tirò su il cappuccio, nascondendo così il profilo del viso.

«Addio, ufficiale.»

«Questo non è un addio, Rin.»

La ragazza si sollevò in piedi, facendo appena ondeggiare il morbido materasso del baldacchino. Le sue spalle erano curvate in avanti, emblema del suo funereo stato d'animo.

«Fino al giorno in cui il destino non deciderà di riunirci, lo sarà.»

Le speranze erano armi a doppio taglio; se si stringevano con eccessiva veemenza, si rischiava di rimanere feriti.

Len annuì e con un ultimo bacio, sfiorò il dorso della sua mano con fare cavalleresco.

«Fino a quel giorno, addio, luce dei miei occhi.»

«Ti amo, Len.» la ragazza ricacciò indietro le lacrime e si incamminò verso la porta senza più voltarsi. Ad ogni passo, lo strappo nel suo cuore si allargava, permettendo al dolore di sgorgare liberamente.

Louis la stava aspettando e, vestito di nero, le fece un cenno di saluto con il capo.

«Ti amerò per sempre, Rin.»

Quelle furono le ultime, sussurrate parole che la ballerina ebbe modo di sentire prima che l'uscio si chiudesse alle sue spalle. In quell'istante il suo cuore si infranse, scaraventando una manciata di pezzi taglienti contro il suo stomaco.

Il sangue sgorgò copioso; la sua anima divenne arida come la sabbia del deserto.

Un dolore inimmaginabile si diffuse in ogni sua cellula, bruciandole le vene, il fiato e la sua stessa linfa. Avrebbe fatto di tutto per bloccare quell'infernale sofferenza, persino squarciarsi il torace e strapparsi dal petto quel cuore lacerato e sanguinante.

«Sei pronta?» la voce di Louis era appena un sussurro ma fu abbastanza forte da rimbalzare contro le pareti dell'edificio e graffiarle le orecchie.

Rin fece un cenno affermativo con il capo e si strinse addosso le falde del mantello, inspirandone il profumo. Tra le sue pieghe si nascondeva l'ultima, fievole traccia dell'uomo che avrebbe amato per tutta la vita, senza riserve.

La sua gola era tanto gonfia da darle l'idea che non sarebbe mai più riuscita a parlare.

«Allora andiamo.» il condottiero sollevò la mano, tendendo le dita per trascinarla lontano da quel luogo. Le sue gambe sembravano essersi tramutate in pezzi di piombo, immersi per metà in una densa melma fangosa. Nel rendersi conto della difficoltà della ragazza, fu Louis ad avvicinarsi e a circondarle le spalle con un braccio.

Il percorso fu breve e con il veterano al fianco il buio non rappresentò un problema. Come un attento cane addestrato al mestiere la guidò per i tortuosi cunicoli del maniero, insinuandosi nei canali utilizzati dalla servitù per sfuggire ad eventuali controlli.

Rin non disse una sola parola e lo stesso fece il soldato, i cui nervi erano tesi come corde d'un arco pronto a scoccare.

Non avrebbe permesso a nessuno di sfiorare quella ragazzina con un dito, anche a costo di morire.

Quello era il minimo che poteva fare per il suo amico dopo che aveva fallito in modo così eclatante nel proteggerlo di fronte alla furia del Consiglio Provvisorio.

La mente della ragazza era altrove, persa in un'aggrovigliata massa di ricordi e speranze da cui non sarebbe mai voluta uscire. Passato e futuro si confusero, proiettando nella sua mente una confusa serie di diapositive che spaziavano dal loro primo incontro sino al futuro matrimonio.

Rin immaginò i loro bambini che correvano a piedi nudi su una distesa di sabbia dorata; la stessa spiaggia che lui le aveva tempo prima mostrato per mantenere la sua promessa.

Un refolo d'aria umida le colpì il viso, spazzando via quegli infantili pensieri.

«Siamo arrivati.»

L'odore dell'erba le raggiunse improvvisamente le narici, tanto intenso da farla sobbalzare.

Erano già fuori? Quanto tempo avevano camminato?

La ballerina alzò il capo verso il cielo, notando un agglomerato di pesanti nuvole temporalesche.

La natura era immobile, intrappolata in quell'atmosfera tanto umida da poter essere incisa con un pugnale. Un bellissimo stallone dal pelo color cioccolata attendeva pazientemente al fianco d'un grosso salice, brucando l'erbetta attorno al tronco. Le briglie, legate ad un ramo più basso degli altri, erano già sistemate alla perfezione, esattamente come la sella e i restanti finimenti.

«È uno dei purosangue migliori che abbiamo. Veloce, resistente ed abituato a viaggiare di notte.»
Louis la lasciò andare per accostarsi allo stallone che, nell'accorgersi della sua presenza, nitrì ed ondeggiò la coda. L'uomo appoggiò una mano sul suo muso, facendo scorrere tra le dita la corta e setosa peluria. «Ciao, piccolo.» sussurrò, appoggiando la fronte contro quella della bestia.

Con evidente dispiacere, il condottiero sciolse le briglie dal ramo e le consegnò alla ragazza, immobile in mezzo all'erba.

«Te lo affido. Trattalo bene, te ne prego.» disse Louis, aprendole il palmo per depositarvi i finimenti di cuoio.

La ballerina li guardò con la morte nel cuore.

Le sue dita, senza che se ne rendesse conto, sfiorarono il possente fianco del cavallo che si gonfiava cadenzatamente, seguendo il suo umido respiro. In un'altra occasione sarebbe rimasta stregata dalla bellezza di quell'animale a cui non era mai riuscita ad avvicinarsi.

I cavalli erano per i ricchi; gli straccioni potevano esclusivamente ammirarli da lontano.

«Rin.»

Louis richiamò l'attenzione della ballerina, persa nel suo mondo di viscosa sofferenza spirituale. Cercando di risultare il più delicato possibile, le appoggiò una mano sulla spalla per riportarla nel mondo concreto.

«Devi reagire.»

«Non dirmi cosa fare, Louis. Non hai idea di cosa io stia provando.» gli sputò addosso, forse più acidamente di quanto avrebbe voluto.

«Mi trovo costretto a contraddirti. So benissimo cosa significa perdere chi più si ama.»

La voce dell'uomo si incrinò appena ma, schiarendosi la gola, tentò di nascondere al meglio quella sua debolezza.

«Tu non hai ancora perso, Rin. La tua sfida con il destino è aperta, i dadi sono proprio nella tua mano e sta a te scegliere come concludere la partita.»

A quel punto, l'uomo la lasciò andare e fece un passo indietro, calcandosi sulla fronte il cappuccio del mantello.

«Non lasciarti spaventare dall'accidentato percorso che ti si profila di fronte. Gioca e vincerai.»

Rin serrò il pugno e credette d'avvertire nel palmo gli spigolosi contorni di un dado.

Il soldato aveva ragione. Come poteva essersi abbandonata così facilmente al richiamo della disperazione? Ne aveva passate così tante in vita sua d'aver ormai perso il conto delle cicatrici che le incidevano la schiena.

Lei era forte; la sua determinazione era avvolta da un impenetrabile strato di ferro. Il seme della speranza gettò timidamente le proprie radici nell'abisso di disperazione che imprigionava il suo animo. Una lacrima scivolò incontrollata lungo il suo zigomo, fermandosi solo in corrispondenza del mento. Louis, in quella minuscola goccia, lesse ciò che le parole mai sarebbero riuscite efficacemente ad esprimere.

In quella singola stilla d'acqua, si concentravano i sentimenti più puri del cuore della ragazza.

Il condottiero chinò il capo, portandosi rispettosamente una mano al cuore.

«Che il destino ti assista, Rin.»

«Ci rivedremo?»

Louis scosse la testa, arricciando le labbra in un amaro sorriso.

«Temo che il nostro sia un addio, mia cara.»

La ballerina chinò il capo contro il petto, asciugandosi fieramente il viso con la bordatura di pelliccia. La sua mano si serrò saldamente sulle briglie di cuoio.

«Grazie di tutto, Louis. Non dimenticherò mai ciò che hai fatto per me e Len.»

«Voi due meritate d'essere felici.»

Con un leggero balzo, la ragazza montò a cavallo. Lo stallone nitrì piano, facendo un mezzo passo avanti, quasi a comunicarle il suo impellente desiderio di partire e lasciarsi inghiottire dalle ombre, sempre più fitte. Rin strinse le ginocchia attorno ai fianchi della bestia, avvertendo il palpitare poderoso del suo cuore, avvolto nella gabbia toracica.

Malgrado non si sentisse affatto sicura sulla groppa di quell'animale, qualcosa le diceva che avrebbe presto capito come assecondare la sua corsa.

«Addio, Louis. Che la tua vita possa splendere di nuovi successi e felicità.»

«Abbi cura di te, ragazza.» L'uomo sollevò una mano e, a quel punto, la giovane affondò i talloni nei fianchi del destriero che, scalpitando, si lanciò al galoppo. La ragazza, impaurita da quella subitanea reazione, si aggrappò alle redini e alla setosa criniera dell'animale.

Prima che potesse rendersene conto, la figura di Louis si fece piccola come una formica tra l'intricato labirinto di alberi che le sfrecciavano al fianco.

Nel giro di qualche minuto, persino le fioche luci prodotte dalle torce conficcate al limitare del maniero scomparvero, divorate dalle tenebre.

Rin si ritrovò sola, in una notte che non era mai stata più silenziosa.

Il solo, cadenzato rumore che infrangeva la quiete era il respiro del cavallo ed il suo, accelerato dalla paura di sfracellarsi al suolo.

Il vento le mugghiava in faccia, arrossandole le guance ed aggrovigliandole i capelli corti.

Non sapeva dove stesse andando.

Non sapeva dove sarebbe arrivata cavalcando alla cieca in quel bosco di cui non conosceva il nome.

Un sorriso fiducioso le incurvò le labbra e, contrastando tutti i negativi sentimenti che le avvelenavano il fegato, cominciò ad immaginarsi un futuro felice.

Nella luce avvolgente prodotta dalla luna, la risata dell'ufficiale echeggiò nei suoi pensieri, riscaldandola. I contorni di una piccola casetta in riva al mare si affiancarono ai lineamenti paffuti di un bambino in fasce che le assomigliava.

L'immaginazione la stregò con il proprio canto allontanando le spine della realtà.

Il ritmico tonfo prodotto dalle zampe del cavallo l'accompagnò in quella fuga sfrenata.

Lui tornerà da me.

Con quella promessa incastonata tra le labbra, Rin cavalcò verso dell'orizzonte; verso il proprio futuro. 

   
 
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