Fanfic su artisti musicali > David Bowie
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Autore: idlersbeatledream    28/04/2016    2 recensioni
Un piccolo viaggio in mezzo ai vaghi pensieri di un giovanissimo David Bowie ancora prima dell'uscita di Space Oddity, un album che personalmente significa tanto per me. Il tutto è incentrato sulla sua solitudine, alla sua alienazione che avrebbe influenzato il suo stile di vita nel corso degli anni.
Questo è il mio piccolo omaggio a lui, e scrivere questa fanfic è stato un modo per sentirlo più vicino a me. Ad un uomo che mi ha dato così tanto, e di cui mai riuscirò ad accettarne la scomparsa.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Londra, 1969.

Il pianeta terra è triste, e non c'è nulla che possa fare. 

Disteso lì sul letto, mi basta spostare lo sguardo oltre la finestra per guardare il mondo lì fuori. 
Guardare te, mia cara Londra. Tu, musa ispiratrice di poeti, di scrittori, di artisti, di musicisti. Creatrice di emozioni, sia di gioie che di dolori. 
Cosa c'è esattamente lì fuori? Me lo domando, ma ancora non trovo una risposta.
Poi, distolgo lo sguardo. Di nuovo. 
Mi metto a sfogliare quelle pagine piene di parole vaghe, di illusioni, di dolori. In quel libro si parla di una terra desolata. 
Sì, è di Thomas Eliot. Uno dei più grandi poeti di tutti i tempi. 
Mi metto a leggere quelle poesie, lasciando loro il compito di far sanguinare i miei occhi. Perché non mi resta altro che leggere. Non posso fare altro che sognare. E' il segreto per essere felici. 

O forse, magari, voglio qualcosa di più?

Londra, sei una città irreale. Proprio come il resto del mondo. 
La vita, frenetica, scorre velocemente in un tempo così veloce quasi impossibile da sostenere. E così, l'alienazione è diventata qualcosa di scontato, a cui ci si è abituati. Posso davvero sopportare tutto questo? No, io forse voglio davvero qualcosa di più.

A volte non vorrei avere questi pensieri. 

Ho bisogno di un continuo distacco dalla realtà. Sento che è tutto ciò che la mia mente cerca. E alla fine ci riesce.
Trova questa cara alienazione, la conquista, la tiene stretta a sé e difficilmente se ne separa. Ma poi, ancora, perché non riesco a smettere di pensare a tutto il resto? Forse è perché in realtà non voglio stare da solo.

In fondo, chi vuole esserlo? E' impossibile. Ecco perché gli uomini sono destinati a soffrire, a volte. Perché una soluzione a tutto questo non c'è.

Beata solitudine. 
Continuo a cercarti, sai? Perché io una soluzione a tutto questo vorrei trovarla, anche se non c'è. 
Tutto ciò di cui sono sicuro è di essere destinato ad essere un'artista di questo tipo, sempre un po' in conflitto con se stesso.
Sento quella vocina nella mia testa che dice: 'Tu, David Robert Jones, uomo d'arte e di talento, chi sei tu veramente? Sei venuto su questa terra per avere quale privilegio?'

La realtà è che io sono diverso. 
Voglio guardare in alto, lassù, dove tutto è possibile. Ma devo aspettare che faccia notte. 

Nel frattempo, mi metto a pensare alla mia identità. 
Forse non ho intenzione di rimanere lo stesso per sempre. Ma voglio essere me stesso. Ne ho il diritto.
Voglio dimostrare al mondo che tutto questo è possibile. Avere tante facce, costumi, e restare se stessi.
Perché una parte di me cerca sempre questa solitudine, e un'altra non vuole stare sola. Ma vuole fare baldoria, vuole attorno a sé solo spensieratezza.

Ma ho bisogno ancora di tempo per capire quali mai saranno questi costumi in cui mi potrò rifugiare.

Una penna, mi serve una penna. Ho già il foglio davanti.
Se questo pianeta terra è così triste, non mi resta altro che scappare. La mia fuga comincia dal momento in cui la punta della penna scorre sul foglio. 
Devo scrivere questo testo, devo sfogare ciò che sento, perché ora è il momento. La chitarra è qui accanto a me.

Chiudo gli occhi per un attimo, e già vedo le stelle in quel buio che io stesso creo nella mia testa.
La verità è che mi sento piacevolmente impotente. Tutto parte da questa mia alienazione. La sento ancora vicina, costante. 
Non avverto nessun tipo di obbligo attorno a me. Mi sento libero, come se stessi volando.

Proprio come un astronauta disperso nello spazio.

« Ground Control to Major Tom... »

Vedo scorrere davanti a me le immagini di quel film. Sì, proprio '2001: Odissea nello spazio.'
Lo associo all'isolamento della vita all'interno di un'astronave. All'essere schiavi di questa modernità. Tutto sta nel fatto di non essere al passo con i tempi. Perché questo tempo scorre talmente tanto velocemente da farmi sentire anche piuttosto smarrito.
Devo fermarmi per un attimo. Devo fermarmi.

Stop.

La penna mi sta sfuggendo di mano.

Meglio lasciar passare un paio d'ore. Ho bisogno di vedere le stelle. 
Ma sono preoccupato. Potrò mai vederle sotto questo cielo così nuvoloso? Spero vadano via in tempo.
Perché quando giunge la notte non c'è niente di più spiacevole di aprire la finestra, volgere lo sguardo verso l'alto e vedere un cielo tutto nero senza stelle.
Ma purtroppo mi capita spesso. Spero di avere fortuna, stanotte. 

Passano le ore, e alla fine ci provo. E cosa vedo? Un cielo pieno di stelle.
Finalmente. Mi viene da sorridere. 
La sigaretta che ho tra le labbra comincia a consumarsi man mano, e per un attimo cerco di prestarle attenzione. Continua a bruciare, a diventare nient'altro che cenere. Un po' come lo stesso corso della vita.
E non solo quella umana o animale. Anche quella delle stelle.

Volgendo finalmente lo sguardo verso l'alto, mi sento quasi rabbrividire. 
Un senso di pace dentro di me. 
Allo stesso tempo un'energia vitale, una scossa, un brivido che sembra preannunciare qualcosa.
Sono quelle stesse stelle a comunicarmi qualcosa. Perché io mi sento come una di loro. 
Ognuna è unica, brilla e splende a modo suo. E muore a modo suo.
Così sarà così anche per me, un giorno. 
Magari non mi trasformerò in quello spettacolo mozzafiato che sono le supernove, ma credo che questa mia esistenza vissuta in questo glorioso isolamento mi portarà a qualcosa. 
A raggiungere un obiettivo che sarà solo e soltanto mio. Allora la supernova sarà il mio stesso passaggio sulla Terra.

La canzone che ho in testa sarà finita di scrivere questa stessa notte. Me lo sento.
E da lì, avverrà qualcosa di speciale. Mi succederà qualcosa che mi cambierà, forse. Non interamente, ma determinerà l'inizio di un percorso lungo che ho da raggiungere.
Mi sento così giovane per pensare, così vecchio per sognare. Forse perché ho avuto da sempre quel qualcosa in più che mi ha spinto a pensarla in questo modo.
E soprattutto a vedere il cielo in questo modo.

Le stelle sembrano diverse, stanotte.

Ma devo continuare a scrivere. Quando la canzone sarà finita e la musica si arresterà, il tutto ricomincerà da capo. Come un ciclo infinito che sono sicuro mi accompagnerà per tutta la vita.
Quella di un artista è una condanna, un destino che affligge la propria vita per renderla anormale, isolata. Il resto è impossibile, indecifrabile, una noia.
Proprio come tutto ciò che è reale attorno a me. Perché tutto ciò che davvero esiste mi rende spaesato, disorientato.
Sono sicuro che troverò tutte le risposte che cerco in un mondo ideale, altre le troverò dentro di me.

E aiuterò tutti voi altri esseri umani, per cui un giorno mi ricorderete. Proprio quando non ci sarò più e farò parte di quel cielo, insieme a tutte quelle stelle. Tutte così belle, luccicanti e piacevolmente distanti, isolate. 

Farò della mia vita un'opera d'arte e anche la morte stessa lo sarà.

Ma il futuro non è il mio primo pensiero, ora. Devo tornare a questo presente. Ad avere a che fare con questa fama crescente che dovrò affrontare.
Di fronte alle rivoluzioni, ai viaggi senza meta, al disperato bisogno di una libertà non sempre facile da ottenere.
Ai valori, gli amori, la passione, la musica, all'arte in tutte le sue forme. Anche di fronte a quei pigri raduni hippies e ai ricordi di un free festival.

Al momento non so bene dove sto andando. Ma prometto che non sarà noioso.

   
 
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