Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: rhys89    29/04/2016    1 recensioni
Kise ha appena scoperto che la sua sorellina si sposerà presto, e che lo vuole come testimone… insieme ad Aomine, il ragazzo con cui i suoi genitori non sanno che è fidanzato.
La “Missione Matrimonio Kaede” sta per avere inizio.
[Dal testo]
Sgrana gli occhi e arrossisce, poi cancella furiosamente quell’ultimo punto che ha aggiunto solo per sbaglio – o per scherzo, o perché era sovrappensiero, o per-qualche-motivo-che-non-conosce-e-nemmeno-gli-interessa – e rilegge il suo piano di battaglia.
• Punto 1: Chiedere ad Aominecchi di fare da testimone a Kaede insieme a me.
• Punto 2: Dire a mamma e papà che sto con Aominecchi.
• Punto 3: Convincere Aominecchi a venire a conoscere mamma e papà (perché sicuramente non vorranno aspettare il matrimonio).
• Punto 4: Convincerlo anche a vestirsi con uno smoking (dopotutto è il testimone).
• Punto 5: Trovare un modo per farmi perdonare da Aominecchi.
• Punto 6: Chiedergli di sposarmi.
Bene. Perfetto.
Si accascia sulla scrivania fino a sbattere la fronte sul ripiano.

È un uomo morto.
[ATTENZIONE: questa storia contiene un altissimo dosaggio di fluff (sul serio, una quantità spudorata di fluff) con una ricca farcitura di cliché [cit.]. Lettore avvisato...]
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Daiki Aomine, Ryouta Kise
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolino dell'autrice

Salve ciurma!
Son tornata tra voi con questo sesto capitolo, che come vi dicevo è il quasi ultimo della storia perché il prossimo sarà soltanto un epilogo.

Non ho molto da dire, a proposito, se non che spero di riuscire a stupirvi con il modo che trova Kise per "farsi perdonare da Aominecci" ^_-

Un grazie speciale a MistycFan (o BatFan, che dir si voglia xD) che ha recensito anche lo scorso capitolo, e anche ovviamente a tutti i miei lettori silenziosi. Spero che la storia non vi deluda!

Disclaimer: i personaggi e la storia di Kuroko no Basket non mi appartengono e non ci guadagno nulla di materiale a scriverci su.

Buona lettura a tutti! ^_^


Punto 5
Trovare un modo per farmi perdonare da Aominecchi

 Finalmente è arrivato martedì, il giorno libero di Aomine.
 Il giorno che Kise aspetta da… bhé, dallo scorso martedì sera, come sempre, ma con l’aggravante di una settimana piena degli sconvolgimenti che ha portato la notizia del matrimonio di Kaede.
 Kise lo sa di aver sottoposto il suo fidanzato a una quantità eccezionale di stress e aspettative, negli ultimi giorni, e aveva organizzato tutta la giornata proprio per lui, per cercare di ripagarlo almeno un po’ per l’amore e – soprattutto – la pazienza che gli ha dimostrato.
E ovviamente per farsi perdonare per tutto quello che Aomine ha dovuto sopportare a causa sua.
 Già.
 Peccato che Kaede avesse altri programmi, per loro…
 «Buongiorno.» Borbotta Kise, aprendo la porta del negozio – Aomine, dietro di lui, si limita a un mugugno incomprensibile.
 «Oh, voi dovete essere i testimoni di Kaede!» Esclama tutta contenta una ragazza che Kise è sicuro di aver già rivisto, e che poco dopo ricollega a una delle ex compagne di università di sua sorella.
 Le sorride un po’ più convinto – quantomeno per cortesia – e annuisce.
 «Sono Kise Ryōta, il fratello di Kaede.» Si presenta. «E lui» aggiunge, indicando il ragazzo alle sue spalle «è Aomine Daiki, il mio…»
 «Il tuo fidanzato, sì, Kaede me l’ha detto.» Lo interrompe… Fumiko? Il cartellino del nome si legge malissimo. «È così contenta che abbiate accettato entrambi di farle da testimoni, siete stati davvero carini, con lei!» Conclude con un gran sorriso, e sembra così sinceramente felice che Kise non ha proprio cuore di dirle che quella despota di sua sorella in realtà non ha lasciato loro altra scelta.
 «Eh, che vuoi farci…» Borbotta imbarazzato, portando una mano a scompigliarsi i capelli dietro la nuca.
 «Già. Ma voi non siete qui per parlare, vero? Vi servono degli abiti da cerimonia.» Continua, passando in un lampo da amica pettegola a perfetta commessa. «Andiamo, vediamo se troviamo qualcosa che vi piace.»
 I due ragazzi si scambiano un’occhiata confusa e poi si affrettano a seguirla nell’altra stanza.

 Aomine sta provando uno smoking nero dalla foggia molto classica, – con sotto un’anonima camicia bianca prestata dal negozio – e nonostante sia forse un po’ troppo classico, per lui, Kise si sorprende lo stesso a immaginare il suo fidanzato che lo indossa in chiesa… ma non al matrimonio di sua sorella. E non nelle vesti del testimone.
Se lo immagina in piedi di fronte all’altare, a sorridergli col sorriso più bello e luminoso che abbia mai visto mentre, dietro di loro, un tizio senza volto né nome chiama la piccola Hikaru perché porti loro il cuscino con le fedi…
 «A che pensi?»
 Kise quasi sobbalza sul posto, per la sorpresa, e balbetta imbarazzato mentre Aomine – il suo Aomine – lo guarda curioso, e allora si dice che forse… forse può davvero dirgli a cosa stava pensando.
Forse anche Aomine ha pensato le stesse cose, prima, vedendo lui con uno smoking.
 Kise sorride, già più sicuro di sé; prende un profondo respiro e…
 «Allora la taglia è quella giusta?» Domanda la ragazza di prima – Fujiko, non Fumiko.
 Aomine annuisce ma poi dice che non gli piace molto il modello della giacca, e allora si spostano di nuovo nell’altra stanza per cercare qualcosa di suo gradimento.
E Kise li segue a passo lento, stranito e deluso da se stesso per non essere riuscito a parlare… per essersi lasciato sfuggire dalla punta delle dita quell’occasione assolutamente perfetta che, probabilmente, ormai è persa per sempre.
 «Ryō, a te quale piace di più?» Gli chiede Aomine, beatamente ignaro di tutto il turbinio emotivo che lo tormenta.
 «Quella blu.» Risponde senza esitare. «Si intona ai tuoi occhi.» Aggiunge con un sorriso, godendo del lieve rossore che va a imporporargli le guance.
Tanto ormai il danno è fatto, si dice, è inutile stare a piangerci su.

 Tutto sommato non è andata poi tanto male: in poco più di due ore hanno trovato entrambi il modello di smoking adatto a loro, preso le misure e concordato con il sarto il prezzo per le modifiche.
 Certo, ovviamente dovranno tornarci per fare altre prove… ma in fondo poteva andare molto peggio, e Kise non si lamenta.
Aomine, sì.
 «In centrale, quando mi hanno dato la divisa, mi hanno solo chiesto la taglia e l’altezza poi me l’hanno inviata direttamente a casa… perché con quei cosi devono fare tante storie?» Borbotta irritato, dando un calcio a una lattina di passaggio.
Salvo poi ricordarsi all’improvviso di essere un poliziotto, chinarsi a raccoglierla e gettarla nel cestino dei rifiuti più vicino con un tiro tanto improvvisato quanto – ovviamente – perfetto.
 Kise ridacchia sotto i baffi e si chiede come reagirebbe il suo ragazzo a una sessione intensiva di prove, riprove, pose e scatti come quelle che deve sopportare lui per lavoro.
Probabilmente farebbe una strage dopo i primi dieci minuti, sbirro o non sbirro.
 Aomine lo sta guardando storto, e allora Kise gli sorride e si avvicina per prendergli una mano.
 «Dai, Aominecchi. Andiamo a casa.»
 «Eh? Ora?» Gli chiede, confuso.
In effetti di solito approfittano del suo giorno libero per fare un giro – in città o fuori – senza doversi preoccupare dell’orario…
 «Oh, sì.» Gli sussurra suadente, avvicinandosi fino a soffiare le ultime parole direttamente nel suo orecchio. «Ho una sorpresa per te.»
 Pochi istanti dopo sono già in marcia serrata verso il suo appartamento.

 «Aspettami qui, non muoverti e non venire a sbirciare. Io torno subito.»
 Aomine lo guarda decisamente perplesso da quelle richieste, ma alla fine si siede sul suo divano in silenzio, permettendogli di andare in camera a cambiarsi.
 Veloce, perché la scarsa pazienza di Aomine è leggendaria, prende dall’armadio quel sacchetto e lo apre. Poi, già pregustando l’espressione che avrà il suo ragazzo quando lo vedrà, si spoglia in fretta, si mette i vestiti nuovi e le scarpe.
 Sorride e torna da lui.
Anzi, non ancora.
 Si blocca sulla soglia appena in tempo, fa retro-front e si fionda nell’armadio.
Eppure era qui… eccola!
 Si rialza in piedi di scatto, prende il sacchetto ancora mezzo pieno e finalmente torna da Aomine, appoggiandosi mollemente allo stipite della porta di sala fino a che lui non alza gli occhi nei suoi. Allora – e solo allora – si muove, facendo ruotare la palla da basket sul dito qualche secondo, per poi lanciargliela.
 «One on one, Aominecchi?» Gli propone con un sorrisino malizioso.
 Aomine lo guarda imbambolato alcuni lunghissimi secondi, studiando attentamente le scarpe da basket, i pantaloncini bianchi bordati d’azzurro e la maglia numero otto con gli stessi colori e, in più, con i kanji della Teikō sul petto… e poi scoppia a ridere.
 «Non ci credo!» Commenta divertito, alzandosi dal divano per andargli incontro. «Ma dove l’hai trovata? Non è la tua vecchia divisa, vero?»
 Kise sorride e scuote la testa.
 «No, l’ho fatta rifare da un amico sarto che mi doveva un favore.» Gli spiega. «Quella vecchia ormai non mi va più.» Ammette a malincuore: l’idea originale era proprio di indossare la divisa ufficiale della Teikō, ma a quanto pare quei quasi venti centimetri di altezza in più non sono quel che si dice un dettaglio insignificante.
 Aomine sta ancora sorridendo incredulo, quando Kiseapre il sacchetto e «C’è anche la tua, ovviamente.» gli dice, tirando fuori una seconda divisa – quasi – del tutto identica alla sua. «Numero sei, Aomine Daiki. Asso della Generazione dei Miracoli.»
 Aomine prende i vestiti con una mano… e porta l’altra alla sua nuca per attirarlo a sé, coinvolgendolo in un bacio mozzafiato.
 «Mi cambio in un secondo,» sussurra sulle sue labbra «poi andiamo a un campetto e ti straccio.»
 E Kise vorrebbe tanto prenderlo in giro, – o almeno ribattere a tono a quella provocazione – ma quella luce di pura gioia negli occhi del suo fidanzato è così contagiosa che non riesce a fare altro che sorridere.
 «E comunque,» borbotta Aomine, con la felpa già sfilata per metà «sei schifosamente romantico, quando ti ci metti.» conclude con un ghigno, facendolo ridere.
 «Non c’è di che, Aominecchi.»

 Quasi tre ore dopo, stanno ancora giocando.
 Sono sudati fradici, stanchi morti e mezzi disidratati – eppure continuano a sorridere.
E, sì, anche a Kise era mancato un sacco, il buon vecchio basket.
 Aomine finta sulla sinistra per scartarlo, ma Kise ormai lo conosce e allunga la mano a destra, intercettando la palla che cade a terra con un tonfo sordo ma viene subito ripresa dallo stesso Aomine, che scatta verso il canestro ma viene stoppato, Kise recupera il pallone e tenta un tiro da tre ma Aomine lo blocca, scatta di nuovo e stavolta riesce a liberarsi, corre verso il canestro, salta e schiaccia con tutta la forza che ha.
 Kise si appoggia alle ginocchia, cercando invano di riprendere fiato mentre una vocina maligna dentro la sua testa gli dice che deve rassegnarsi, e che ormai non riesce più a reggere i ritmi di quand’era ragazzino.
 L’unica consolazione è che neppure Aomine sembra immune al passare degli anni… almeno a giudicare dal modo in cui si lascia cadere a terra accanto a lui, i capelli appiccicati alla fronte e il respiro affannoso che gli impedisce persino di vantarsi della vittoria. Kise sorride e si siede al suo fianco, chiudendo gli occhi per lasciarsi accarezzare il viso dal sole pomeridiano mentre un leggero venticello porta loro un po’ di sollievo.
 E restano così, seduti vicini e in silenzio sul cemento di un vecchio campetto da basket di periferia, mettendo in pausa per un po’ quelle loro vite ormai fin troppo frenetiche in cui un paio d’ore di gioco libero sono un lusso, non la regola.
Ma in fondo è giusto così.
 «Grazie, Ryō.» Mormora Aomine all’improvviso – piano, per non spezzare l’incantesimo che li ha avvolti – e Kise sorride di nuovo, appoggiando la testa sulla sua spalla.
 «Grazie a te, Aominecchi.» Sussurra in risposta.
Grazie di esserci, grazie di amarmi… semplicemente grazie. Di tutto.


   
 
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