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Autore: thembra    29/04/2016    3 recensioni
“…non è priva di sensi Gohan…”
“Ngh…”
Lo spirito del namecciano vibrò d’agonia reagendo a quel singhiozzo, l’aura che percepiva in Gohan era pura tortura, era terrore e confusione; nemmeno quando gli aveva comunicato della morte di suo padre che lui era solo un bambino aveva reagito così.
Prese fiato facendosi forza per pronunciare le parole giuste.
“…è morta.”
Genere: Avventura, Azione, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gohan, Goku, Un po' tutti | Coppie: Chichi/Goku
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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DON DIN DIN DON   DIN DIN DIN DOON
 
 
Come ogni giorno alle sedici in punto rimbombò nelle aule il tanto agognato suono di libertà.
 
Ancora prima che gli altoparlanti finissero di disperdere la tiritera le aule delle classi dell’Orange School della città dell’Ovest s’erano già aperte e una lunga processione di gambe e cartelle con ordine si dissipò fra corridoi aule di club e armadietti.
 
“Hai qualche club oggi Chi?”
 
Una ragazza dalla folta chioma color del cielo, dopo aver abbandonato la cartelletta nel suo incasinatissimo armadietto pieno di foglietti viti e ingranaggi, rivolse un’annoiata domanda alla sua migliore amica sin dal primo anno.
Occhi turchese limpidi e furbi scandagliavano i lati del lungo corridoio che portava all’uscita godendo degli sguardi di sincera ammirazione che riceveva la sua persona.
Eh si, Bulma Brief era una primadonna che adorava essere ammirata e idolatrata.
 
“No, il giovedì no.”
 
La suddetta Chi, capelli scuri e occhi grandi color delle tenebre rispose distratta mentre sistemava il laccio dello zaino in modo che non le scivolasse lungo la dolce linea delle spalle complice anche il tessuto sintetico e liscio del gilet che indossava sopra la camicetta chiara, sbuffando ci rinunciò quando per l’ennesima volta la striscia di tessuto imbottita le capitolò sull’angolo del gomito.
 
“Dannato affare!”
 
Sbuffando infilò entrambe le stringhe sentendosi immediatamente una ragazzina delle elementari.
 
“Andiamo a guardare gli allenamenti del soccer club?”
“No grazie.”
 
Spingendo la porta trasparente per uscire di preoccupò di scendere i gradini prima di voltarsi piccata all’ennesimo rifiuto.
 
“Ma perché non vieni mai?”
“Non mi interessa il calcio Bulma, è noioso e i ragazzi non sono che degli stupidi esibizionisti!”
 
Arrossendo scostò  lo sguardo ricordando un particolare evento che l’aveva convinta in maniera definitiva a NON mettere mai più piede nelle vicinanze del campo da calcio e sopratutto a non aver niente da fare coi suoi giocatori.
Notando l’imbarazzo della mora Bulma assottigliò gli occhi cercando di capire cosa fosse quel blocco che le impediva ogni volta di accompagnarla-
Era successo qualcosa.
 
“È successo qualcosa.”
 
Il tono con cui lo disse fu semplice constatazione e Chichi si affrettò a negare violentemente col capo mentre da rosate le sue guance diventavano color dei pomodori.
Allargando le labbra in un sorriso che era pura malizia Bulma mostrò due file di denti chiarissimi. Doveva sapere.
 
“Devo sapere, racconta dai!”
 
Dimenticando il club di calcio si appiccicò all’amica portandole il braccio attorno alle spalle conducendola verso l’uscita dell’istituto sotto a giallissimi raggi di sole e ciliegi in fiore.
Non l’avrebbe mollata finché non avesse saputo.
 
“E questo è quanto…”
 
Sbuffando via il nervosismo e l’imbarazzo Chichi concluse il suo resoconto. Alla fine, dopo ben tre quarti d’ora di insistenze aveva ceduto alla richiesta di Bulma raccontandole cos’era quella bestia nera chiamata vergogna che le impediva di andare con lei al campo.
Non aveva neanche assaggiato la sua macedonia di frutta persa com’era nel racconto limitandosi a guardare la variopinta coppa mentre coi gomiti poggiati sul lucido tavolino le raccontava la vicenda più esilarante che avesse mai sentito, il tutto ovviamente dopo essersi accertata che fossero lontane da orecchie indiscrete.
Il bar dove si erano recate infatti era molto frequentato dai giovani e quindi c’erano molte possibilità di incontrare dei loro compagni.
 
“Oh ecco perché non lo guardi neanche in faccia, e lui che pensava di farti paura o starti antipa- pfff povero Vegeta, dovrò spiegargli il motivo per cui gli stai alla larga…wahh ahh
“Guai a te se lo fai questo è anche peggio! Che poi lo va a spifferare al suo compare, non azzardarti Bulma eh?”
“Ma pensa anche a lui poverino, stiamo insieme da un anno e mezzo io e lui, e ogni volta che usciamo insieme non lo consideri neanche, come credi che si senta? ”
“Ma cosa vuoi che gliene freghi? È uno dei ragazzi più tosti della scuola lascia che pensi che abbia pau-”
“Neanche per sogno, a lui tu piaci non voglio che pensi qualcosa che non è vero, e poi solo perché è uno tosto non significa che non gli importi di niente e nessuno!”
“S-si ma…”
 
Lo sguardo di fuoco di Bulma si attenuò nel notare che l’amica aveva capito.
Vegeta era un figlio di papà viziato spocchioso e arrogante che non dava attenzione a nessuno se non pochi e chissà come mai, Chichi rientrava nella cerchia delle sue simpatie, il fatto però che ogni volta che si incrociassero o uscissero insieme  lei diventasse  muta e indifferente nei suoi confronti lo infastidiva parecchio dal momento poi che non si erano neanche mai parlati loro due, per questo il ragazzo aveva chiesto più di una volta a Bulma se ci fosse una ragione per quel suo comportamento e alle spallucce che rispondeva lei lui sbuffava stizzito.
 
“Che poi in fin dei conti io non capisco neanche perché ti scandalizzi tanto Chi…sono maschi in piena crisi adolescenziale, di che vuoi che parlino, di meteo fiori e coniglietti? ”
 
Ridendo nuovamente Bulma finì di aspirare il suo frullato di noci e cocco mentre di fronte a lei Chichi nuovamente s’incendiava di rosso.
 
“Lo so benissimo Bulma, ma un conto è parlare di donne sesso macchine e conquiste, altra cosa è fregare stecche e righelli dall’aula e utilizzarli per misurarsi i genitali diamine!”
 
Coprendosi il volto con entrambi i palmi la moretta mugolò lo strascico di quello snervo.
 
“Ho dovuto lavarli e disinfettarli tutti da sola accidenti! E nemmeno trovavo dei guanti!!! Che ro-”
“E dimmi, Vegeta come si è classifi-”
“BULMA!”
 
DIN DON
 
“Ehilà Bulma!!!”
 
………………………………
 
 
 
Disciolta nell’infinità dell’acqua all’interno del magico pozzo l’essenza di Stillah profondamente concentrata scandagliava l’infinità di mondi tempi e dimensioni presenti in attesa di percepire la presenza di una scheggia d’anima anomala ed estranea al suddetto mondo.
Aveva trovato scandagliato e scartato decine di universi paralleli scoprendo altrettante versioni della donna in questione rimanendo sorpresa nel constatare che nonostante le mille trasposizioni possibili una costante rimaneva medesima. Il sayan chiamato Kakaarot era sempre presente.
In certe dimensioni sebbene presenti gli amici più stretti del folto gruppo di guerrieri nemmeno si conoscevano ignorando l’esistenza l’uno dell’altro, una cosa certa era che Chichi vivesse a stretto contatto con Kakaarot. Non per forza l’aveva sposato a volte si detestavano persino o alcune altre erano semplici conoscenti in certe versioni addirittura lui neanche era un alieno però, che fosse per un breve periodo o per la vita le loro vie s’incrociavano sempre.
Era come se i fili del loro destino, che arrotolandosi man mano che la vita procedeva finivano per essere capi della medesima matassa. Strana metafora, eppure veritiera.
Poi nell’oscurità avvenne un brillio.
Una delle sue infinite gocce si era avvicinata alla dimensione in cui era finita una scheggia d’anima di Chichi, un’anomalia perciò, ed aveva reagito avvisando lo spirito.
Aprendo due occhi cerulei divenuti consistenza Stillah s’innalzò materializzandosi come figura di donna man mano che usciva dalla sua magica dimora.
 
Non batté ciglio nel trovarsi al cospetto del Kaio-shin più forte di sempre.
 
“Non gliel’hai ancora detto?”
“Detto cosa vostra onnipotenza?”
“Di ciò che potrebbe succedere se anche solo un frammento di anima rimanesse sperduto.”
“Non è cosa degna di nota poiché nutro la ferma convinzione che i due sayan sapranno completare la difficile missione. ”
“Due settimane fa non mi sembravi tanto fiduciosa.”
“Due settimane fa non li conoscevo, non di persona almeno. Come Lei vostra magnificenza anche io sono stata stregata dal loro potere.”
“Non temi Aghòs quindi?”
“Al contrario ne sono terrorizzata maestà…”
“Allora perché …”
 
Da oltre gli occhiali scuri lo sguardo del sommo era severo e profondo.
Stillah dal canto suo addolcì il proprio mostrando liquide sfumature rubino.
 
“Se c’è una cosa in cui Kakaarot è invincibile mio sommo re, e non parlo di forza o potenza ebbene, si tratta della speranza.”
“Speranza?”
“Non ha mai mollato vostra altezza non ha mai dubitato di non poter riuscire nell’intento e questa sua fede, questa sua cocciuta insistenza nel voler agire mi ha convinta a fidarmi, già tante volte ha superato il limite si sé stesso, questa volta non farà eccezione…”
“Non fosti tu a dire che la battaglia non sarà fisica, dea Stillah?”
“Si, e non è su questo punto che ho cambiato idea, combatteranno fra anime, il corpo non sarà altro che un ostacolo.”
“Continuo a non capire il motivo per cui tu non voglia dir loro cosa accadrebbe se fallissero.”
“Goku combatte per la sua amata, questa ragione o il rischio di distruzione di ogni mondo toccato da un frammento d’anima che differenza vuoi che faccia? Darà il massimo e vincerà perché la posta in gioco è comunque altissima per lui, un prezzo che non sarà disposto a pagare.”
 
Il sommo re Kaioh fece per aprir bocca ma poi, rendendosi conto che il ragionamento della dea non faceva una grinza richiuse le labbra emettendo un atono suono d’assenso.
Al pari di Goku anche Stillah non aveva mai fallito un compito ma questa volta sembrava troppo coinvolta; se le precedenti si era limitata ad osservare e dare qualche piccolo aiuto da lontano in questa occasione era onnipresente e appariva sempre al momento giusto sempre pronta a spiegare.
Mentre dilagava coi pensieri lo sguardo gli cadde sulle fluttuanti e delicate ciocche in continuo movimento di lei, erano colorate dell’arancione più vivo e splendente che avesse mai visto, fili dorati ne enfatizzavano i riflessi e ora che esse lo sfioravano e poté constatarne l’effettiva morbidezza si ritrovò a pensare che mai in precedenza aveva potuto appurare qualcosa sulla fisicità della dea. Per tutti i Kami, l’altra settimana quando era apparsa in risposta alla sua chiamata lui stesso l’aveva vista per  la prima volta.
Erano secoli che non la evocava e nelle precedenti circostanze di lei aveva percepito solamente l’enorme potere, null’altro.
Se non se n’era stupito la volta prima, causa l’urgenza della situazione e la crescente ira del sayan, lo faceva ora.
 
“Come mai ti sei mostrata dea Stillah?”
 
Il sorriso che gli mostrò lei fu aperto e brillante.
 
“Perché mi è stato insegnato come fare mio sommo re…”
“Uh?”
“Col vostro permesso mi accingo ad andare vostra altezza…”
“Và”
 
Con la scomparsa di lei svanì anche l’umida brezza che costantemente lo aveva circondato per tutta la durata del colloquio.
Vecchio di millenni e ancora c’erano cose in grado di stupirlo.
Sbottando una risata tornò al suo trono.
 
…………………………….
 
 
 
 
“Ehilà Bulma!!!”
Quella voce fece letteralmente gelare nelle vene della povera Chichi sangue fiato e parole. Quello che era appena entrato seguito da un paio di compagni di squadra fra cui Vegeta era la personificazione della stupidità umana nonché l’essere più ottuso dell’intero universo capace solo di concepire stupidaggini esprimersi a scemenze  rincorrere una palla dentro ad un campo da calcio col malsano vizio di gasarsi d’avere l’uccello più lungo della scuola.
Spiaccicandosi il palmo sul muso chinò il capo ringhiando internamente, ma guarda te!
 
“Ciao ragazzi!”
 
Ignara del suo conflitto interno Bulma salutò il migliore amico del suo ragazzo spostandosi  d’istinto per far loro posto, Chichi avendo occhi e muso coperti non s’accorse di  nulla se non quando fu troppo tardi.
L’urlo che le nacque in gola nel levare lo sguardo sulle polle nere di Vegeta , intento a guardarla con insistenza, morì inghiottito da un sussulto nel sentirsi sfiorare il ginocchio dal palmo rovente di Goku che aveva preso posto accanto a lei.
 
“Ciao Chi come ti va?”
 
Sporgendosi verso di lei inspirò forte il profumo che emanavano i suoi capelli, cosa che lo affascinava  da quando ne aveva sentito l’aroma per caso l’anno prima, fermandosi giusto a pochi centimetri dal viso di lei mostrandole un dolcissimo sorriso.
 
“Nhiubh”
 
Scattando indietro la poveretta cozzò la nuca contro il vetro chiudendo gli occhi per il dolore.
 
“Che hai?”
 
Sgomenta la moretta sgranò gli occhi incenerendolo all’istante, come osava, come si permetteva di avvicinarsi tanto?! Dove diavolo era stato educato un simile …
 
Yamcha, il portiere titolare del club classificatosi al terzo posto nella classifica fallica sghignazzando aggiunse benzina al fuoco.
 
“La lasci senza fiato Goku, mi sa che è cotta come una pe-”
“Ma andate al diavolo!”
 
Appoggiando i palmi sul tavolo si diede lo slancio necessario per sgusciare verso l’alto riuscendo ad uscire dal tavolo senza dover far spostare quel colosso idiota di Goku che per tutto il tempo l’aveva guardata come un ebete né ogni altro amico che s’erano tirati appresso.
Una volta che le sue lucide scarpe nere toccarono terra nuovamente si sporse agguantando il suo zaino.
 
“Va-vado a casa Bulma, ci sentiamo do dopo…”
“Ok”
 
Con l’animo pieno di risate Bulma Brief si limitò ad annuire all’amica temendo che se avesse aggiunto altro le sarebbe scoppiata a ridere in faccia.
 
“Perché vai già via? Siamo appena arrivati divertiamoci dai!”
 
Le parole di Goku non fecero che farle mettere le ali ai piedi, giammai si sarebbe fermata, giam-
 
“Ti offro un’altra macedo- no, se non l’hai mangiata vuol dire che non ti piace-”
 
Uno scatto fluido e la coppa piena di frutta sparì dal suo posto apparendo fra le mani di lei. Col cavolo che la lasciava.
Avvertì il titolare del bar che avrebbe restituito la ciotola il giorno seguente prendendo poi l’uscita.
 
“Woah ragazzi voi l’avete vista?”
 
Fischiando tutto il suo apprezzamento Yamcha girò il collo seguendo la corsa della teenager lungo il viale.
Era stata una saetta.
Goku grattandosi la nuca con aria assente continuava a rimuginare sull’accaduto cercando di trovare un motivo valido per cui, ogni volta che lui appariva lei se la svignava.
Una volta poteva succedere, la seconda è coincidenza, ma dopo la ventesima cominciava anche lui a farsi delle domande.
Che le stesse antipatico? Naah lui era un bravo ragazzo che non dava fastidio a nessuno amico di tutti e disponibile non c’era motivo per il quale Chichi potesse odiarlo.
Scuotendo la testa si accorse dell’avvicinarsi della sua cameriera preferita, Amy, che raddoppiava sempre la dose di sciroppo d’acero sui suoi pancake al mattino e di gelato nelle crépe farcite a merenda.
Dimenticando il suo conflitto interiore le ordinò il suo solito.
 
“Per me un caffè nero…”
 
Distratto Vegeta aggiunse il suo ordine girandosi verso Bulma per vedere se voleva dell’altro, al suo rifiuto tornò a ragionare sull’accaduto.
Se fino a quel giorno non aveva avuto dubbi ora s’erano tutti obliati.
Gyumao Chichi lo detestava.
Ma perché?
Grattandosi la fronte stempiata cercò di comprenderne il motivo.
Non le aveva mai fatto niente e non credeva all’antipatia a prima vista, diamine.
Davanti ai suoi occhi si ripeté la scena di poco prima; l’agilità con la quale era scivolata via dalla costrizione del suo posto recluso in barba a Goku era stata meravigliosa.
Un’altra scena seguì alla prima, datata alcuni anni addietro ma impressa a fuoco nei suoi ricordi.
 
Si era appena trasferito dal continente dopo aver detto addio ai suoi pochi amici e abbandonato ogni sua certezza; dire che era incazzato col mondo era un eufemismo.
Indossando un paio di jeans scoloriti una canotta nera e un bomber semiaperto sul petto esplorava il quartiere residenziale cercando di capire se vi fossero palestre o club decenti da frequentare.
La risposta alla sua domanda gli venne fornita circa venti minuti dopo quando sotto ai suoi occhi svolazzò la parte strappata di un manifesto che pubblicizzava un evento molto particolare.
IL 23° TORNEO TENKAICHI SI SVOLGERA’ IL GIORNO XX XX XXXX SULL’ISOLA DI PAPAYA.
Continuò a scandagliare le notizie scoprendo che la manifestazione si era aperta il giorno prima e che quel pomeriggio si sarebbero svolte le semifinali e relativa finale.
Non avendo null’altro da fare chiamò l’autista dicendogli di portargli la capsula del volo in modo da poter raggiungere velocemente la meta. Erano da poco passate le dieci e mezza, in un paio d’ore sarebbe arrivato a destinazione giusto in tempo per godersi le due sfide più importanti.
Così fu e dopo aver spinto come un dannato era riuscito a trovare anche un posto decente.
La semifinale era appena finita e da quel che aveva sentito mentre cercava di entrare era durata un attimo, tre minuti appena.
Fra pochi minuti sarebbe incominciata la finale.
Rimase basito nel vedere, al rintocco del gong, salire sul palco l’essere più grosso che avesse mai visto in vita sua, un uomo alto sicuramente quasi tre metri, massiccio e maestoso pieno di muscoli nei posti in cui lui manco sapeva potessero essercene.
Indossava un lungo mantello blu notte, le braccia erano libere ma possenti e larghe quanto un tronco d’abete, le gambe fasciate da una tuta semiaderente erano perfette per sorreggere l’enorme mole del maciste e il viso, benché ricoperto di barba e baffi lasciava intendere che l’uomo fosse non più di quarantenne.
Gli venne quasi da ridere nel veder salire l’avversario del gigante.
Una ragazzina alta poco più del fianco dell’omone esile e gracile dai lunghi capelli color dell’inchiostro legati in una coda bassa. La pelle chiara risaltava in contrasto al color delle vesti che indossava, una tunica blu legata in vita da una fascia porpora, lo spacco sui lati lasciava maggior libertà di movimento e un paio di pantaloni dello stesso colore della fascia coprivano le gambe di lei, per finire una coppia di semplicissimi stivali neri senza suola completavano la mise della sfidante.
Ebbe il buon cuore di compatire la poveretta.
Ma subito si dovette ricredere non appena il gong scandì l’inizio dello scontro.
Con scatti fulminei e colpi ben piazzati la giovane mandò a terra l’avversario in poco più che quattro mosse ma questi subito si rimise in piedi sfruttando un’agilità che mai nessuno gli avrebbe attribuito vista la mole del suo corpo.
Un paio di destri furono schivati da lei per pochissimi centimetri e un calcio mal parato la mandò quasi fuori dal ring.
Il sorriso sul viso di lei però mai s’affievolì.
Cinque minuti dopo, con una combo di mosse appartenenti a varie discipline orientali mescolate fra loro in maniera fluida e complessa, la ragazzina riuscì a mandar fuori dal ring l’enorme colosso dopo averlo sollevato di peso.
Le vibrazioni causate dal tonfo minarono la stabilità delle tribune sulle quali lui stesso sedeva.
Sgomento come mai lo era stato in vita sua Vegeta scattò a guardarla in viso.
Quegli occhi così neri ma felici e il volto appena segnato dallo sforzo gli si erano impressi a fuoco nella mente.
“Cooooollllpo di scena signori e signore!!! L’allievo ha battuto e superato il maestro!!! Dopo sei edizioni l’imbattibilità di Gyumao è stata interrotta da niente popò di meno che la sua primogenita Chichi!!!! Facciamole un applauso!!!”
Il boato che esplose nel tempio fu ancor più fragoroso della caduta del gigante, gli occhi del ragazzo seguirono i passi della vincitrice che avvicinatasi al genitore l’aiutava a rialzarsi sorridendo ai complimenti e lasciando che questi la issasse sulle proprie spalle.
Per tutta la durata dell’estate aveva cercato informazioni su di lei deciso ad iscriversi all’eventuale palestra che sicuramente doveva gestire il maestro Gyumao ma a parte alcuni spezzoni di giornali di loro non riuscì a sapere nulla.
Scoprire al riprendere delle lezioni che quel portento era nella sua stessa scuola fu uno dei pochi lati positivi dell’intera vicenda del trasferimento.
Peccato che per un motivo o per l’altro in tutti quegli anni non aveva mai trovato il pretesto né il momento giusto per conoscerla.
Lui era di un paio d’anni maggiore e la classe era in una zona dell’istituto che i primi anni non frequentavano mai.
L’occasione gli si presentò nel constatare che abitava nello stesso quartiere di Bulma Brief, la migliore amica della ragazzina ed entrarci in confidenza non fu affatto complicato, scoprire l’affinità sentimentale con lei risultò piacevole extra, sminuito però dall’incomprensibile comportamento che Chichi  assumeva quando stavano insieme.
Non lo guardava, non cercava di parlargli e lo salutava solo in risposta ai saluti che lui per primo le rivolgeva.
 
Dannata ragazzina, possibile che temesse la sua reputazione di ribelle e attaccabrighe? Con la forza che si ritrovava lei l’avrebbe spaccato in due col semplice schiocco delle dita, se qualcuno poteva permettersi di aver paura al caso quello era lui e non viceversa.
Sbuffando via la frustrazione cercò di capire il filo dell’assurdo discorso di Yamcha senza riuscirci affatto.
 
La carezza di Bulma lungo la coscia lo distrasse. Avvicinandosi al suo orecchio la ragazza gli respirò sul collo un paio di parole.
 
“Poi ti spiego…finalmente mpfh so perché vi sta alla larga waah ahh…”
 
Vi?
Allargando gli occhi cercò di capire come mai Bulma ridesse sotto i baffi e soprattutto perché intendesse il plurale.
 
“Una cretinata ahh ahha…dico sul serio…”
 
La guardò intensamente come a scrutarle dentro ma oltre ad un leggero rossore sulle guance di lei ed un grazioso occhiolino non ottenne altro.
 
“Se lo dici tu…”
 
Arrivarono in quel momento i loro ordini e di fronte all’ottimo cibo del locale ognuno dimenticò il discorso Chichi.
Per ora.
 
Col volto chino sulla propria ombra proiettata in avanti dal sole morente Chichi cercava di calmare i nervi respirando a ritmo.
Dannato scimmione che diavolo vuole da me? Ogni volta che mi vede mi si appiccica come lo scotch, che … che
Le balenò davanti agli occhi il bel viso di Goku. Aveva occhi profondi e giocosi incorniciati da una ribelle frangetta, era strano, ma ogni volta che lo guardava gli occhi le cadevano all’attaccamento della mascella, era marcato e forte con un angolo deciso che sconfinava sul profilo del pomo d’Adamo sporgente e ….
 
“Oooooh ma che diavolo vado a pensare! È un pagliaccio un…”
“Ti offro un’altra macedo-”
 
Ma era sempre gentile con lei…
 
“Chichi!”
 
Voltandosi la moretta sorrise al sopraggiungere di un volto amico.
 
“Ciao Junior come mai da queste parti?”
 
Con passo sciolto Al Satan Junior le si avvicinò sfoggiando con orgoglio il suo bizzarro modo di vestire.
Che fosse un alieno era chiaro a tutti visto l’insolito color verde della sua pelle ma il lungo e chiaro mantello e la tuta viola con tanto di turbante in testa erano decisamente troppo.
 
“Cercavo te.”
“Me?”
 
Curiosa riprese a camminare.
 
“Il torneo è vicino, volevo sapere se ti iscriverai.”
“Te lo avevo già detto che ci saremmo trovati al cancello principale il giorno dell’apertura no?”
“Non avevi specificato se da avversari o cosa, magari verrai solo ad assistere…”
“Scemo, ci tengo a mantenere il titolo …”
 
Ridendo gli diede una manata sulla spalla, o per lo meno ci provò ma le riuscì solo di sfiorargli il gomito, quel namecciano era dannatamente alto.
 
“Ci alleniamo insieme?”
“Nah altrimenti vedi le mie supermosse e impari a controbatterle.”
“Che arrogante ragazzina!”
 
Piantandole il palmo sullo scalpo le scompigliò l’impeccabile pettinatura facendola strillare come una furia.
Toccatele tutto ma non i capelli.
Ridendo si allontanò prontamente, schivando un calcio laterale atterrando dalla parte opposta della strada proseguendo il cammino da lì.
 
“Scherzi a parte Junior, come mai sei qui?”
 
Gli piantò lo sguardo nell’anima costringendolo a vuotare il sacco.
Lui era un solitario per natura e nonostante avesse fatto tanti passi avanti in materia di amicizia preferiva rimanere sulle sue interagendo con le sue poche amicizie solo quando strettamente necessario.
 
“Sento che sei in pericolo.”
 
Appaiando il piede destro al sinistro la ragazzina bloccò il suo incedere; una miriade di persone la superarono indifferenti a lei che immobile continuava col volto girato verso la strada a guardare l’amico.
In pericolo lei? E perché mai?
 
Flettendo le ginocchia balzò accanto al namecciano lasciando decine di persone in ammirazione col naso in su.
 
“Che vorresti dire?”
“Ho questa sensazione da giorni…qualcosa di tenebroso e molto potente ti sta cercando, ovunque.”
“Ovunque?”
 
Schiudendo gli occhi cercò conferma del sottinteso negli occhi di lui che, semplicemente a labbra serrate annuì cupo.
E ti pareva.
Sbuffando picchiò la fronte contro il petto di lui.
 
“E non sai dirmi niente di più?”
“Pare abbia già fallito due volte.”
 
Quelle parole le gelarono l’anima, l’aveva già attacca-
Scattando in alto col mento di nuovo cercò in lui una risposta chiara.
 
“In due mondi paralleli”
“Oh”
 
Il fatto che si fosse spaventata venendo a conoscenza d’esser la preda di qualcuno piuttosto che per la scoperta dell’esistenza di altri mondi paralleli si doveva al semplice fatto che in questo la consapevolezza sulle leggi dello spazio tempo era estrema e benché non fossero ancora riusciti a perfezionare un mezzo in grado di attraversare le barriere che separavano i suddetti mondi gli scienziati di quel tempo avevano prove concrete e certe dell’esistenza dei gemelli grazie ad uno dei luminari più geniali della storia. Taro Brief magnate indiscusso dei trasporti mondiali a capo di una mega multinazionale che da pochi anni si stava allargando anche al di fuori del pianeta.
Il filmato di un incidente avvenuto alcuni decenni prima durante il collaudo di uno scudo solare stato capace di squarciare le trame del tempo e delle dimensioni rivelandone uno gemello appunto era stato visto dall’intero globo.
Uno scienziato identico nelle fattezze ma dissimile nell’età al professore in questione, che dall’altra parte della frattura cercava di capire cosa fosse successo s’era rivelato essere proprio il medesimo studioso a capo del progetto andato storto. L’espressione di entrambi nel guardarsi negli occhi era riprodotta su magliette e tazzine ed era talmente comica ed eloquente da esser stata trasformata in uno dei  meme più utilizzati nel web. Non riuscirono a dirsi molto i due poiché lo squarcio si ricompose in pochi minuti lasciando a memoria dell’accaduto un pezzo di muro che, a differenza del resto della stanza andata completamente distrutta bruciacchiata o crivellata dall’esplosione dei macchinari, si presentava perfettamente integro e compatto.
Peccato che la casualità di quel guasto fosse rimasta sconosciuta e quindi la formula per ricrearla impossibile da concepire.
Ciò non bastò comunque a fermare il geniale scienziato che da allora si dedicava anima e corpo alla ricerca spazio tempo dimensionale.
 
“Sono forte anche lì quindi?”
“Mmmmh”
 
La smorfia che gli nacque sul verde viso la demoralizzò. Perfetto, una damigella in pericolo, questo era.
 
“Sei la donna più forte di quei mondi su questo non ci piove, ma ci sono esseri che ti superano in maniera esponenziale, alieni cyborg creature magiche e, beh, non hai scampo.”
“Ma allora come …”
“Pare tu sia sposata con l’uomo più potente di ”
“ di tutto il mondo si si è un classico … mi farò proteggere quindi…”
 
Che smacco, per una come lei l’indipendenza era una cosa importantissima, suo padre l’aveva tirata su con disciplina e affetto insegnandole però a non dover dipendere da nessuno, mai, e lei condivideva questo suo punto di vista, essere debole o un peso per chicchessia per lei era inconcepibile.
 
“Veramente stavo per dire di tutto l’universo, ma vabbè il punto è che si, in genere ti protegge lui ma …”
“Ma?”
“Pare abbia fallito ”
“Uh?”
 
“Chiiiiichi!!!”
 
Un tic nervoso le smosse l’occhio. Quanto le dava noia quel dannato damerino!
Ridendo Junior osservo oltre le spalle di lei un trio in avvicinamento, aveva parlato il più alto dei tre.
 
“Bulma Brief Son Goku e Aert Vegeta…è proprio vero che il destino è unico e indissolubile…”
 
Levando le pupille sullo sghembo sorriso dell’alieno Chichi, che pur avendo udito le sue parole non le aveva capite chiese spiegazioni.
 
“Che intendi?”
“Nh? Non sono sicuro di potertelo dire, per adesso almeno.”
“Uh?”
 
“Credevo fossi andata a casa Chi”
 
Bulma che nel frattempo li aveva raggiunti attaccò il discorso.
 
“Oh, si, beh ho incrociato un mio amico e ci siam fermati a chiacchiere…”
“Al Satan è amico tuo?”
 
Stupita Chichi guardò Vegeta.
 
“Conosci Junior?”
“So chi è, mi stupisce il fatto che Tu lo conos-oh…ah…”
 
Troncando il discorso Vegeta si ricordò che era normale che i due si conoscessero, Chichi era l’attuale detentrice del titolo mondiale di lotta mentre Junior era maestro di una tecnica divina e micidiale, respiravano la stessa aria e mangiavano lo stesso pane, ovvio che si conoscessero.
 
“Non ce lo presenti Chi?”
“Ah…bhè, si ah-ehm Bulma, Vegeta … Goku….questo è Al Satan Junior.”
“E vi conoscete perché?!”
 
La voce di Goku, stranamente calma racchiudeva una nota quasi letale.
 
“Ehm…”
 
Notando la titubanza della ragazzina Junior, credendo di far cosa gradita, intervenne.
 
“Mi ha sconfitto subito dopo il torneo impedendomi di attuare il mio diabolico piano di conquista del mondo … inseguito mi sono ravveduto ed ora siamo amici.”
 
L’enorme gocciolone che apparve in concomitanza delle tre teste in fronte a lui provò che non avevano afferrato.
Come potevano non arrivarci? Sapevano che Chichi era una combattente micidiale, la più forte sulla Terra come mai lo stavano guardando con occhi spalancati?
Un improvviso lampo di coscienza gli perforò le membra.
Non lo sapevano?
 
“Non gliel’hai ancora detto?”
 
Sorpreso si rivolse alla mora rimanendo inchiodato dal suo sguardo di fuoco.
ops
 
“Detto cosa?”
“Che l’idiota qui, adesso deve andarsene e la sottoscritta lo seguirà a ruota…ciao ciao J a domani.”
 
Spingendolo a forza tentò di farlo muovere.
Dall’alto dei suoi due metri e dieci Junior non si mosse si un millimetro, divertito, constatò che il fatto che lei non utilizzasse neanche un barlume di potenza confermava l’estraneità ai fatti dei suoi amici.
 
“Juniooooor!”
“Sciocca ragazzina umana, ti precedo a casa, finiremo lì il discorso.”
 
Rivolgendosi poi al trio chinò impercettibilmente il capo.
 
“È stato un piacere, a presto.”
 
Spiccando il volo sparì alla vista dei quattro.
Quei tre ragazzi a modo loro sarebbero stati fondamentali per la storia del mondo, tenerli all’oscuro non sarebbe servito a nulla.
 
“Idiota!”
 
Bofonchiando quella parola riprese la marcia dimenticandosi degli altri.
 
“Chichi!”
“Argh! Che c’è adesso?”
 
Goku tornato lo scemo di sempre rise allo sbotto della mora grattandosi la nuca.
 
“Vegeta è in macchina se vuoi ti diamo un passaggio.”
“Non è necessario posso volaaA ehm voltare l’angolo e sono arrivata.”
“Ci inviti?”
“Uh?”
 
Ridendo Goku le si affiancò poggiandole un braccio attorno alle spalle esortandola a partire.
 
“Non sono mai venuto a casa tua mi piacerebbe vederla.”
“E cosa ti fa pensare che io ti ci voglia portare eh?”
“In effetti nemmeno io ci sono mai venuta Chi, chissà come mai.”
-Perché abito in un altro stato scema!-
“Perché hai sempre insistito che venissi da te scema!”
“Oh si giusto, beh,  c’è sempre una prima volta no? Coraggio facci strada!”
 
Prendendo a braccetto un silenzioso Vegeta Bulma si avviò e fu solo quando il dolce tocco del dito di Goku le sfiorò la guancia che Chichi si ricordò di averlo ancora appiccicato come un chewingum e che ciò che si apprestava a fare era tutta colpa sua!
Togliendosi il fastidio dal collo sbuffò seccata prima di dirigersi.
 
“Per di qua.”
 
………………………………




TH
 
 
Mamma mia è da ieri che scrivo ininterrottamente e il capitolo sta diventando lungherrimo, vabbè lo separo così vi fate un’idea del nuovo mondo in cui è finita Chi.
Spero di non essere noiosa nel far apparire Chichi sempre forte ma vedrete che non è poi così vero xD
Goku e Vegeta qui hanno un bellissimo ruolo che cercherò di delineare nel prossimo aggiornamento, volevo però prima darvi un’infarinatura.
Ci sono cerchi ancora aperti che chiuderò man mano, abbiate fede raga!!!!
 
Grazie di cuore a chi recensisce  nonostante l’odioso ritardo che ho negli aggiornamenti.
 
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