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Autore: Ulquioriko    29/04/2016    0 recensioni
Bandle City è distratta dalle forme di vita più futili e si lascia sfuggire quelle più belle. Noi Yordle inseguiamo tutte quelle creature più grandi temendo di essere schiacciati da quell'immensa statura, senza comprendere che la nostra grandezza pur non risiedendo nel fisico si nasconde altrove.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Lulu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Bandle City è distratta dalle forme di vita più futili e si lascia sfuggire quelle più belle. Noi Yordle inseguiamo tutte quelle creature più grandi temendo di essere schiacciati da quell’immensa statura, senza comprendere che la nostra grandezza pur non risiedendo nel fisico si nasconde altrove. Io amo gli altri Yordle, sono la mia famiglia, i miei amici, ma c’è qualcosa in loro che credo manchi profondamente. Non è qualcosa che sappia descrivere a parole, risulta evidente e basta, senza spiegazioni.
Per queste ragioni mi capitava frequentemente di lasciare la città e andare a girovagare da sola per la foresta che la circondava, immaginando un intero mondo che nessuno avrebbe potuto comprendere se non fosse mai entrato nella mia ottica. Non mancavano nei miei sogni creature immense che potevano portarmi ovunque come pure esseri minuti e gentili la cui forza d’animo mi avrebbe sorpresa, se non fossero state delle mie creazioni. Ed era bella quella sensazione, quell’emozione unica che mi portava la mia sola immaginazione e che mi spingeva ad immaginare di più, sempre di più, fin quando non sarei riuscita ad entrare io stessa in quell’universo grandioso che si era espanso nel tempo. A tratti avvertivo la solitudine, lo ammetto, perché condividere qualcosa di tanto maestoso con qualcuno che fosse come me mi avrebbe resa davvero, davvero felice. Ma non potevo pretendere tanto: gli Yordle che mi erano sempre stati vicini si imbarazzavano quando mi mettevo a raccontare queste cose, altri si arrabbiavano dicendomi di smetterla con queste bambinate e di crescere un po’, altri ancora mi si allontanavano e iniziavano ad ignorarmi. Non avevo fatto niente di male, ne sono tutt’ora convinta, ma non tutti riuscivano a vedere più lontano del proprio naso; anzi, apparentemente non ci riusciva proprio nessuno.
Capitò, in una delle tante passeggiate nel bosco, di incontrare una creatura che mai avevo creato fino a quel momento. Credetti che la mia fantasia avesse iniziato a spaziare in qualcosa di più vasto di un universo, ma lasciai perdere il flusso dei miei pensieri dovendo soccorrere quella bizzarra fatina intrappolata in una gabbia per uccellini – ad oggi, ancora non mi spiego come vi sia entrata. Fu così che feci la conoscenza di Pix, che per gratitudine mi permise di entrare in un posto che chiamava “la Radura”. Si avvicinava incredibilmente ai luoghi dove mi aveva spinto la fantasia fin poco prima di fare la sua conoscenza. Trascorsi il tempo nella Radura ad apprendere le arti magiche e a giocare con tutte le fate che Pix mi permise di conoscere. Dopo qualche tempo, decisi di tornare a Bandle City, entusiasta di raccontare quale magnificenza esistesse in un luogo tanto vicino. Fui accompagnata da Pix ma dovetti accettare quanto mai, persino io, avrei potuto immaginare: nel mio mondo erano trascorsi secoli da quando ero partita. La mia casa non esisteva più e tutte le persone che conoscevo erano ormai andate, perdute nel tempo.
Il pensiero di essere rimasta sola, iniziò a tormentarmi, provai a distrarmi giocando con dei piccoli Yordle, ma apparentemente i genitori non gradirono affatto e fu richiesto il mio esilio. Era tutto quello che mi mancava, davvero. Iniziai a vagare, iniziai a distrarmi e cercai di dimenticare quel passato che avevo involontariamente gettato via. A volte mi chiedevo cosa avrei potuto fare, se avrei mai smesso di viaggiare e mi buttavo giù: sarei stata persa se Pix non fosse stato lì per tutto quel tempo. Era il mio ultimo legame con qualcuno. Una sera fummo costretti a ripararci in una locanda situata a sud di Noxus, incontrando un improvviso alluvione che avrebbe danneggiato le sottili ali di Pix se non avessimo trovato un luogo dove ripararci. Tutto era più grande di noi, ebbi l’impressione che persino le sedie deridessero la nostra statura, poste tanto in alto; il mio cappello arrivava appena a superare il bancone, ma la mia testa si fermava molto prima. Prendemmo una camera e andammo a riposarci. Decidemmo di non mangiare con gli occhi di tutte quelle creature enormi puntati addosso: aspettammo il mattino dopo, prendemmo un tocco di pane e lo portammo via.
– Sai Pix? Non è che mi sia dispiaciuto conoscere la Radura, anzi è stato magnifico. Ma le conseguenze, sai quelle… sono quello che sono. Non mi sarei mai aspettata tutto questo. – ricordo il volto della piccola creatura fatata, avvilito quanto il mio, che si scagliava sulla piccola razione di pane garantita.
– Se qualcosa non va come vuoi, allora cambialo. Non prendertela: vendicati. – c’era qualcuno lì, ma non avevo il coraggio di alzare il mio viso: la sua voce mi metteva inquietudine, sembrava aver scavato le profondità del male ed esserne uscita vittoriosa, anche se non aveva un tono tanto malvagio. Dovevo costringermi a dire qualcosa, a fare qualcosa, per togliermi da qualsiasi guaio, ma non riuscivo a muovermi.
– Vedo la paura nel tuo cuore. – finalmente sollevai il volto: uno Yordle saltellava nella mia direzione, tutto vestito di blu e con un cappello che somigliava parecchio al mio. Che sciocca, paura dei miei simili, avrei dovuto vergognarmi. Un attimo, era davvero…
– Carino! – ero sovrappensiero e rischiai di iniziare a ridergli in faccia, così mi dovetti nascondere dietro la mano.
– Sono malvagio, smettila di ridere! – mi guardò stizzito, incrociando le braccia davanti al petto. Cercai di farmi perdonare, mi scusai più e più volte e alla fine sembrò funzionare. Chiese informazioni su Pix, gli raccontai quanto avvenuto fino a quel momento e, senza mostrare alcun segno di sorpresa, proseguì raccontandomi la sua storia. Non ci era andata bene fino a quel momento, ma avevamo sempre tentato di riprenderci. Esatto, rialzarci era quanto ci riuscisse meglio, apparentemente. Mi disse di esser diretto in un luogo dove avrebbe potuto dimostrare tutta la sua forza e vendicare i torti subiti. Decisi di seguirlo e trovare un posto che potesse esser “casa” anche per me. Così, insieme, entrammo nella Lega.
   
 
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