Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: LouiSaves_me    29/04/2016    1 recensioni
Tra luce e buio.
Vita e morte.
Amore e odio.
Angeli e demoni.
Opposti. Ecco cos'erano. Lui il buio, lei la luce. Lui odiava, lei amava. Lui rinnegato, lei amata. O forse era ciò che volevano tutti far loro credere? Si dice anche che gli opposti si attraggano. Ma è realmente così? O è solo una fantasia comune? Ciò che è certo, però, è che gli opposti si compensano.
Lei ci credeva, lui no.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo, Violenza
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Il castello di Menehide.
 
Il leggero bagliore della luna illuminava il profilo di un imponente castello. Alla vista, poteva sembrare una vecchia struttura abbandonata, due grandi torri sorgevano ai lati di una grande muraglia regolare, dove vi si trovava un’enorme porta in ferro battuto e i muri di pietra dura che la racchiudevano erano adornati da muschio verde e fresco al tatto. Esso sorgeva su una zona costiera ed era circondato da una coltre di alberi. Forse, la sua postazione era causa del leggero venticello marino che s’infrangeva sulle mura del castello e ondeggiava fra i capelli biondi di una esile figura femminile.
Il suo nome era Hesediel.
La minuta figura era persa a osservare il gioco di luci, dettato dalla luna, creato sulle muraglie. Ella si ritrovava ad affrontare, con la sua minuta statura, l’imponenza del castello. Ogni sera, a mezzanotte precisa, sgattaiolava fuori e si perdeva a osservarlo. Le bastava salire sulla ringhiera del suo balcone, in cima alla torre più alta, e saltare giù, aprendo le ali e beandosi della sensazione che il vento le comportava sulla pelle.
Hesediel era un arcangelo. Suo padre, Hekamiah, faceva parte dell’ordine massimo, quello più vicino alle divinità: il coro dei Serafini. Hekemiah era il serafino che rappresentava la lealtà. Assieme a lui altri tre serafini rappresentavano varie virtù e regnavano in diverse terre. Hekemiah regnava su Menehide, la terra dell’aria. Cahetel, serafino della prosperità, regnava su Afìdamon, la casa della terra. Lelahel, rappresentante della luce, era al comando della Terra del Fuoco, Semezar. Infine, la terra dell’acqua, Lodamea, era capeggiata da Mahasiah, serafino della purificazione.
Hekemiah si aspettava molto, forse troppo, da Hesediel. Dal canto suo, l’arcangelo sentiva il peso delle responsabilità sulle spalle. Era figlia di un serafino, e per questo non poteva permettersi di disobbedire alle regole. Se suo padre avesse saputo delle sue gite notturne attorno al castello, sarebbe andato su tutte le furie. Ma la cosa che più lo avrebbe spaventato, sarebbe stata la scoperta che sua figlia estraeva ogni sera le sue ali per potersi buttare nel vuoto, e riuscire così a non dover affrontare la sorveglianza delle guardie.
Tutti sapevano che le ali erano l’unico punto debole delle creature del cielo. La madre di Hekemiah morì per mano di Baal, che le strappò le ali durante l’Antica guerra.
Baal era a capo di un’armata demoniaca, l’Armata dei Corvi della Notte, ovvero gli Harab. Come tutti i demoni, i suoi occhi erano neri e spenti, la pelle scura bruciava a contatto con l’amianto, dalla quale fuoriusciva sangue nero. Così si poteva riconoscere un demone. E conoscere questo e altre finezze utili in battaglia, era ciò che serviva agli angeli per diventare arcangeli. La formazione che aveva ricevuto Hesediel, e come lei tanti altri arcangeli, riguardava anche la conoscenza che i demoni, se possibile, dovevano essere affrontati al buio, poiché quella condizione li disorientava. Questo perché quelle creature così spietate non vivevano in condizioni di pura e completa oscurità, come si crede.
 
 
Una pantera, dal folto e lucido manto nero, gli parve dinanzi. Essa avanzava mantenendo lo sguardo azzurro come il cielo puntato su di lui. Pur essendo un animale, il suo passo era aggraziato ed elegante, quasi fluttuasse. Più il passo si velocizzava più il felino si avvicinava, e più lui si sentiva protetto e perso in quegli occhi cosi azzurri.
Quell’immagine e quelle sensazioni scomparvero non appena un ragazzo, disteso sotto un albero, aprì di scatto gli occhi. Quel sogno sembrava perseguitarlo da qualche mese ormai, ed ogni volta che riprendeva coscienza, quel senso di protezione lasciava spazio al rancore. Ma il ragazzo non vi dava troppo peso, poiché sapeva che quei sentimenti che provava facessero parte della sua natura.
Belial era un demone. Belial veniva da tempo definito “ribelle dell’oscurità”. Non era, infatti, come tutti gli altri. Si era ribellato alla sua natura, al suo creatore. Belial era un demone pentito.
Dopo aver tentato di uccidere Lucifero, del quale era il braccio destro, dovette scappare dal mondo oscuro.
Ora era rinnegato dal mondo angelico, e ricercato dal mondo demoniaco.
Se solo gli angeli lo avessero scoperto, lo avrebbero torturato pur di avere informazioni. Questo lo sapeva anche Lucifero, e sapeva anche che ogni colpo inflitto, ogni ferita causata a Belial sarebbe stata causa di un suo indebolimento progressivo. E il ribelle dell’oscurità si sarebbe fatto uccidere pur di fargliela pagare cara.
Una figura minuta che veniva nella sua direzione, lo fece destare dai suoi pensieri. Era ancora troppo lontana perché lo notasse, cosi il demone scattò verso un ramo dell’albero cui era poggiato. Si nascose dietro le foglie, aspettando che l’intruso si avvicinasse, e rivelasse la sua identità.
Più la figura si avvicinava, più lui riusciva a scorgerne i tratti.
Era una donna.
Aveva una tunica bianca ed era scalza. Mentre camminava teneva lo sguardo basso, impedendo a Belial di scorgerne gli occhi e l’intensità di essi. Il viso, dai tratti delicati, era adornato da dei lunghi capelli corvini, che ricadevano sul corpo della ragazza in morbidi boccoli.
Davanti a quella figura, Belial pensò subito che si trattasse di un angelo, ma il colore dei capelli gli impediva di esserne certo.
Nessuna creatura angelica aveva mai avuto i capelli neri. Gli angeli, alla nascita, avevano tutti i capelli albini, che poi con la crescita avrebbero preso colori brillanti, a volte biondi, o anche rossi. Mai un angelo era nato con i capelli scuri.
 
Hesediel sentì una strana sensazione attraversarle il corpo. Si sentiva osservata, e a causa questo cominciò a far scattare il suo sguardo in tutte le direzioni. Così facendo, permise a Belial di scorgere il colore dei suoi occhi.
Il demone rimase sorpreso nel riconoscere gli occhi che da mesi lo perseguitavano in sogno. Quegli occhi che così tanto lo avevano affascinato, tanto da spingerlo ad andare alla loro ricerca. Era sicuro che fosse lei, in realtà, il felino che sognava. Quegli occhi cosi lucenti, quasi brillassero di luce propria, erano sicuramente gli stessi.
Rimase incantato, tanto da non accorgersi che due Cherubini lo avevano raggiunto. Quando oramai si accorse della loro presenza era troppo tardi.
I due si catapultarono sul suo corpo, facendo in modo che esso cadesse a terra. Il tonfo che il suo busto, a contatto con il terreno, produsse fece sobbalzare Hesediel.
Lo sguardo spaventato della ragazza incontrò uno sguardo curioso e profondo di Belial. Ciò che la ragazza poteva notare erano i lineamenti marcati e corrucciati del ragazzo. Due occhi neri la scrutavano, mettendole soggezione. I capelli neri, lunghi forse fino alle spalle, erano raccolti in un codino scompigliato. Il viso era delineato da una mascella ben marcata, ancor di più poiché il ragazzo teneva la bocca socchiusa per incanalare aria.
Sopra di lui vi si trovavano due cherubini che facevano pressione sul torace, impedendogli di respirare regolarmente.
Una terza guardia si avvicinò e prese Hesediel per un braccio, trascinandola verso il castello, e, successivamente, li imitarono gli altri due cherubini che spingevano il ragazzo misterioso, che non sembrava avere intenzione di opporre resistenza. 
   
 
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