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Autore: Lala96    29/04/2016    1 recensioni
Lalage, giovanissima promessa della musica classica, a seguito di una serie di eventi dolorosi e di fallimenti professionali si trasferisce dalla capitale francese a Aix en Provence, dove si ritrova a vivere con la bislacca zia materna. Tormentata da dolorosi ricordi ma tenace, troverà ad attenderla persone, ragazzi giovani come lei, che l’aiuteranno a ritrovare l’amore mai scomparso per la musica. E le daranno il coraggio di affacciarsi investigando negli abissi della Storia, alla ricerca dell’amore perduto di sua nonna…
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Quando era tornata in classe, quel pomeriggio, la sua vita scolastica aveva iniziato a girare, che il verso fosse quello giusto o meno. Certo, era stata richiamata dalla preside che l’aveva duramente ripresa per il suo comportamento. Ed era ancora perseguitata da quella specie di caricatura di Barbie. Ma aveva trovato dei nuovi amici, e aveva fatto pace con Ken, quindi non andava tutto così male.
Ovviamente, rimaneva una sola persona da sistemare, nell’economia della sua nuova vita.
“Quanto pensi di tenermi il muso, scricciolo?” “Perché non te ne torni a lavorare? All’incrocio si staranno chiedendo dove diammine si sia cacciato il semaforo”. Castiel accigliato la soffocò con una mefistofelica vampata di fumo di sigaretta. “Ma ti sei reso conto che sei in una serra, scemo patentato?” “E da quando ti preoccupi della coltivazione personale della preside tu?”. Lalage lo fulminò. “Sei il personaggio di una fan fiction per adolescenti, cretinetti: smettila di fare allusioni” “Uao questa sì che è Rottura della Quarta Parete!”. Una bellissima ragazza dai capelli candidi si affacciò alla porta della serra. “Lala, hai finito di occuparti delle piante?” “Quasi, dammi un minuto che travaso questa e ho finito”. Castiel la sogguardò “E ora sei anche culo e cami ….” “Parafrasi, idiota, parafrasi. Usa questo fantastico elemento retorico che questo liceo ti insegnerebbe se non fossi troppo ottuso”. Castiel gonfiò i muscoli, strinse i pugni e sollevò le braccia come se stesse per assalirla. Poi diede un sospirone e sibilò “Non ti darò la soddisfazione di farmi menar le mani su una donna”. Lalage senza dargli retta posò il vaso che aveva in mano, si tolse i guanti, li scosse per eliminare la terra rimasta attaccata e raccolse gli altri strumenti. “Che fai mi ignori???” “Non puoi stare nei locali del club. Esci”. “Dicevo da quando sei così…affiatata con Rosalya?”. Rosalya si affacciò dalla porta a vetri mentre stavano uscendo. “Perché ci siamo incontrate per caso, viaggiamo sulla stessa lunghezza d’onda e quindi siamo migliori amiche”. Castiel alzò gli occhi al cielo. “Prevedo cataclismi da questa strana coppia”. Quando cercò con lo sguardo Lalage, si era volatilizzata. Rosalya lo guardò. “Cass, Cass…quando ti deciderai a non strapazzare le fanciulle?” “Fanciulle?? Quale? È una iena quella lì!”. Rosalya sorrise sorniona. “ E come mai ci sprechi tanto tempo dietro, se la trovi così insopportabile?”. Castiel non rispose, ma questo non impedì a Rosalya di allontanarsi canticchiando un motivetto spensierato, sorridendo sotto i baffi.
Sì, si erano conosciute così, in modo semplice- beh a pensarci bene mica tanto. Un giorno, mentre aspettava Kim e Violet davanti alla scuola, Lalage aveva visto una bella ragazza aggirarsi smarrita nel cortile. Dopo venti minuti buoni che le due ritardatarie non arrivavano e quella bizzarra creatura girava intorno a sé stessa, Lalage decise che per lo meno poteva aiutare quell’anima in pena e si avvicinò. “Tutto bene?”. Lei alzò gli occhi e la guardò. Era proprio bella, e i capelli candidi le conferivano un fascino particolare. Sorrise. “Oh sì, sì sì tranquilla. E’ solo che non voglio che quella lì mi veda, quindi controllavo se c’era e cercavo un nascondiglio”. In quel momento la macchina della preside parcheggiò davanti all’ingresso e Lalage vide attraverso il parabrezza la sua figura rosea di meringa isterica allungarsi verso il sedile posteriore cercando la borsetta. Lalage all’improvviso sentì che qualcuno la afferrava per un braccio e un attimo dopo si trovò catapultata dietro alle begonie del  cortile. Senza peraltro capire come potesse essere successo. La ragazza di prima era accovacciata accanto a lei ed era completamente intenta ad osservare la preside, che scesa dall’auto entrava coi suoi rapidi passettini affannati a scuola. “Ma che…” “Shhhhh…ok, è entrata” “Sarebbe lei quella che non vuoi che ti veda?? La preside??” “La volta scorsa mi ha beccato mentre baciavo il mio ragazzo, nel cortile” “Beh, non credo possa impedirtelo” “…durante la lezione. E lui in teoria è un estraneo e al liceo non dovrebbe nemmeno entrare” “Ah ok, un altro paio di maniche”. Senza ascoltarla la bislacca ragazza traguardò l’entrata del liceo. Lalage sospirò “D’altra parte, immagino che il primo passo per presentarci potrebbe essere uscire da dietro le begonie, che dici?” “Uh sì, hai proprio ragione!”. Si alzarono e la ragazza le tese una mano sorridendo. “Piacere, sono Rosalya” “Lalage” “Che corso frequenti?” “Curriculum umanistico” “Ma dai, anche io! Allora ci vedremo in classe!” “Però se non ti dispiace ora entro da un’altra parte. Lasciano sempre la finestra aperta nel  laboratorio di chimica e lì la preside non pasa mai” E così dicendo Rosalya sgattaiolò furtivamente dietro la serra del club di giardinaggio. In quel momento Violet e Kim entrarono nel cortile e si avvicinarono. “Lala, come mai sei…” “Lascia perdere Kim. Nemmeno io ne ho idea”

I giorni passarono. Ad metà novembre, il cielo si fece meno limpido, e grosse nuvole provenienti dalla Manica riversarono sulle regioni del sud il loro carico di pioggia. “Che strazio, piove anche oggi!” sbottò Kim prima di strappare un altro morso considerevole dal suo panino alla cotoletta. Violet guardò fuori dalla finestra, dove la pioggia disegnava dei rivoli tortuosi lungo l’intera superficie del vetro. “Beh, in fondo è arrivato tardi l’autunno quest’anno” “Lala, visto che non possiamo andare a mangiare fuori e tu stai ancora all’insalata, ti spiace se nel frattempo mi copio la versia di oggi?” “No Kim, fa pure” “Cos’è?” “Cicerone”. Kim sollevò gli occhi al cielo ululando la sua pena. “Noooo, ti prego, tutto ma non l’Arpinate!!” “Dai, è un pezzo breve questa volta…” “La fai facile te, non sei abbonata al quattro di scritto e orale dall’inizio dell’anno!”. In quel momento Ken entrò in classe e sentì le ultime parole di Kim. “Lala è sempre stata bravissima nelle materie umanistiche!” “Ciao bro! Stai tra, me ne sono già resa conto, è la ottordicesima volta che mi salva il…” “Però anche tu non sei male, Kentin. Se non fosse per te, non saprei sopravvissuta alla matematica!” intervenne Lalage tempestivamente. E fu così che si accorse che Kentin era letteralmente fradicio. “Ti sembra la stagione per andare a fare il bagno vestito Ken?” “Come?” le rispose agitato lui. Kim alzò un istante gli occhi dal quaderno e lo fissò. Prima di inarcare un sopracciglio e dichiarare “Senti, io sono per la libertà assoluta, se sei un patito degli sport estremi tipo Cimento, gestiscitela. Ma se mi sgoccioli sull’ablativo assoluto ti uccido. Male”. Lalage si alzò. “Kentin, vieni un secondo”. Uscirono dall’aula in silenzio. Ken si strizzava un lembo della camicia. “Si può sapere che cosa è successo?”. Silenzio. Lalage addolcì la sua espressione. “Ken, quando ho toccato il fondo, tu eri lì per me. Permettimi di fare lo stesso”. Dopo un’esitazione, Kentin cominciò a parlare “Ecco…”.

Castiel non la sentì arrivare. Sentì solo l’aria fischiare vicino al suo orecchio, e un dolore sordo all’altezza della nuca. Si voltò inferocito. “Ma che dia…” “La vuoi finire o no??” “Ma che co…” “Lasciaci in pace, capito? Ne ho abbastanza di essere nel tuo mirino. Ti sto sull’anima? Non ti vado a genio? Ma sei in grado di affrontarmi a muso duro o no, cretinetti? Invece di fare il virile dimostra anche di esserlo!!” “Ti vuoi calmare donna?? Mi spieghi cosa ho fatto stavolta per farti salire la sindrome premestruale??” “Mi fai schifo”. Castiel la guardò incerto “E dove starebbe la novità?” “Che ora hai messo in mezzo anche Kentin. Perché il fegato di dirmi le cose in faccia non ce l’hai”. Castiel l’afferrò per il bavero della camicia e la sollevò a un palmo da terra. E Lalage si ricordò di un particolare fondamentale: che lei non era ancora sicura che lui non avesse istinti da serial killer. Solo in quel momento cominciò a sudare freddo e sbiancò. “Datti una calmata bimba. Non mi vuoi vedere arrabbiato. Te lo posso assicurare” “Ne-nemmeno tu vuoi vedermi arrabbiata” si sforzò di darsi un contegno Lalage, ma sentiva il sangue pulsargli nella giugulare, contro le nocche odorose di nicotina di quella specie di pericolo ambulante dalla tinta appariscente. Lui la guardò…quanto, una ventina di secondi?-che le parvero secoli. Poi scoppiò a ridere. “Ma guarda questa, trema come un coniglietto e gioca a fare il leone. Mi fai troppo morire con quella faccia”. E lasciatala a terra continuò a ridacchiare. Lalage lo guardò storto. “Se ti riferisci al motivo per cui Kentin è arrivato in classe zuppo oggi a pranzo, credo che ci sia un malinteso. Che d'altronde quel coniglio del tuo amico non mi ha dato il tempo di spiegare” “E sarebbe?”. Castiel  mise le mani in tasca. “Quando sono tornato dalla pausa pranzo ho visto che Miss Barbie California e la sua combriccola del Club della Mastoplastica giocavano con uno zaino, cacciandolo nelle pozzanghere. Le ho chiesto di darmelo, lei ha obbedito. Ma mentre mi voltavo per vedere se trovavo il proprietario, mi sono trovato davanti quel mingherlino. Non ho fatto in tempo a consegnargli la cartella che quello era scomparso dalla mia vista”. Si voltò. “Credo abbia un istintivo timore di me. Terrore, anzi”. Lei gli afferrò la giacca, e alzando gli occhi al cielo commentò esasperato “Questa abitudine però te la devi levare…” “Mi stai dicendo la verità?” “Avrei motivo di non farlo?”. Lalage scosse la testa. “Bene, con permesso, Signorina Isteria, vado a distendere i nervi altrove”. Lei lasciò la persa e tornò indietro. Sentiva le guance in fiamme. Cercando le sigarette, Castiel si rese conto di avere in tasca qualcosa. Improvvisamente si ricordò e voltandosi urlò con la sua voce scura “Ehi scricciolo, aspetta”. Ma se n’era già andata. Sbuffando, estrasse dalla tasca l’oggetto che apparteneva a Ken e che si era scordato di restituire. La scritta a pennarello indelebile su una faccia del cd prometteva bene. “Lala, concerto 21/06/2013”

“Quindi niente Ken, ho recuperato tutto e te lo porto domani a scuola. Così mi restituisci l’ombrello” “Grazie…” “Ti sei preso la broncopolmonite o tutto ok?” “Tutto ok, solo un po’ di raffreddore”. Lalage sorrise e si distese sul piumone socchiudendo gli occhi. Il telefono fisso scivolò pochi centimetri dal comodino verso di lei, seguendo la tensione del filo e minacciando di precipitarle in testa. Lo fermò con le nocche della mano destra. “Sai, manca solo Laety, e poi sembra di essere tornati ai vecchi tempi. Sai, quando ci spalleggiavamo l’un l’altro, tutti e tre. Che ricordi!”. Silenzio. “Ken, hai il mal di gola?” “No, non è questo, è che…” “Sì?”. Dall’altra parte del telefono, si udì distintamente un sospiro.

Domani torno a Parigi, Lala
   
 
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