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Autore: beagle26    30/04/2016    2 recensioni
Damon e Elena non potrebbero essere più diversi, e, soprattutto, hanno un pessimo tempismo.
Eppure non possono fare a meno l'uno dell'altra.
Eppure le loro vite correranno per anni su binari paralleli.
Riusciranno prima o poi ad incontrarsi?
AU - AH
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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5. Read my mind
 
You say you wanna move on and
You say I'm falling behind
Can you read my mind?
Can you read my mind?
***
Dici che vuoi andartene e
Dici che sto rimanendo indietro
Riesci a leggermi nel pensiero?
 
-Read my mind- The Killers
 
 
Elena è ogni giorno più pallida e magra. Sembra fatta soltanto di occhi, due grandi occhi scuri e profondi, uguali a quelli di sua madre, che oggi non riesce proprio a distogliere dalla vetrina del locale, inzuppata di minuscole gocce di pioggia.
Sa già, Elena, che il fondotinta che ha indossato non sarà sufficiente a nascondere i segni evidenti di un’altra delle sue notti terribili, quelle dense di incubi e paura. Non basteranno nemmeno i “tutto ok” che dice in automatico a salvarla dagli sguardi preoccupati delle sue amiche, o dalle espressioni compassionevoli di uno qualsiasi degli avventori della caffetteria dove lei, Care e Bonnie si sono rintanate per ingannare il tempo in uno dei tanti pomeriggi estivi di Mystic Falls. Chissà sei poi a qualcuno importa davvero.
Lei comunque ci sta provando. Vuole andare avanti con tutta sé stessa, ma certe notti il dolore ha il sopravvento ed è semplicemente troppo forte, più forte di lei.
Le attanaglia lo stomaco come una morsa, proprio come ieri sera, quando era tanto intenso da spingerla ad alzarsi, correre in camera dei suoi e toccare il letto freddo, intatto, accarezzare la spensieratezza dei loro volti sulle fotografie, frammenti di una felicità sbiadita, mentre il temporale si sfogava sul tetto della casa e dentro di lei.
 “Spiegatemelo ancora una volta” sbuffa Care, rigirando la cannuccia nella sua Diet Coke e distraendola dai suoi pensieri per un attimo.
“Di che parli scusa?” sospira Bonnie annoiata, senza distogliere lo sguardo dalla vecchia rivista che sta sfogliando da dieci minuti buoni, nel vano tentativo di trovare qualche spunto di conversazione.
“Perché diavolo passiamo le giornate a fare la muffa qui quando dovremmo divertirci. Questa è la nostra ultima estate prima di partire per il college”.
“Perché tu eri troppo impegnata a decidere il colore delle pareti della nostra stanza a Whitmore per avere il tempo di organizzare una vacanza?” suggerisce la mora con un mezzo sorriso, gettando la rivista in un angolo.
“Lo vedi? Devo sempre pensare a tutto io! Passi Elena che è ancora depressa, povera cucciola, ma tu Bon avresti dovuto darmi una mano, no? Senza offesa, Elena”.
“Ma figurati”.
“Comunque il rosa pesca è la scelta più azzeccata secondo il feng shui. A proposito, ora che mi ci fai pensare, devo far portare al dormitorio tutte le scatole con i miei vestiti e naturalmente il mio materasso. Non ci penso nemmeno a dormire su quello sporco e pulcioso di Whitmore. Conosco una ditta di traslochi che potrebbe fare al caso mio…”.
Mentre Care ripassa ad alta voce la sua infinita lista di cose da fare prima della partenza, Bonnie osserva Elena.
Si è dipinta in faccia un sorriso di circostanza, fingendosi interessata agli sproloqui della bionda che le forniscono una buona scusa per non parlare di sé. Ha conservato la sua espressione assente alla quale, ogni volta che si nomina il college, si aggiunge una punta di nervosismo. Lo nota dal modo in cui si tiene le mani impegnate, rigirandosi una ciocca dei lunghi capelli castani tra le dita. Lo fa sempre quando ha qualcosa che non va.
Elena aveva un sogno, e quel sogno era studiare giornalismo alla Columbia. Ora che la sua domanda di iscrizione è stata accolta però, non sembra affatto entusiasta all’idea di partire. Non ne parla mai.
E’ comprensibile dopo tutto ciò che ha passato, e poi c’è il pensiero di Jeremy e il fatto che loro tre saranno lontane per la prima volta in vita loro. Bonnie si ripromette di trovare il modo e il momento di parlarne con lei a tu per tu, mentre Elena, dal canto suo, si augura di riuscire a passare anche questo pomeriggio indenne, rimandando ancora una volta di dire alle sue amiche la verità.
Lei non partirà. Non andrà da nessuna parte, perché il suo posto è qui, accanto a suo fratello.
E non c’è niente che possa farle cambiare idea, non c’è nemmeno nulla da nascondere, semplicemente non ha voglia di dare spiegazioni e non ha voglia che qualcuno provi a dissuaderla. Sa che lo farebbero. Per lo meno Care, che nel frattempo sta continuando il suo monologo.
“…e ora che suo fratello riparte per la California lo accompagnerà, almeno fino a che non cominceranno i corsi e…”.
All’improvviso ad Elena sembra il caso di riconnettersi col discorso.
“Di chi stai parlando?”.
La bionda sgrana gli occhi e mette il broncio, lievemente offesa.
“Mi stai ascoltando o no? Stefan! Partirà fino alla fine dell’estate, con Damon e con Klaus. A quanto pare quei due hanno in ballo un grosso affare”. Il suo tono si colora di una punta di acidità, come tutte le volte in cui si nomina il maggiore dei Salvatore.
Anche per questo motivo, Elena non ha raccontato nulla dell’episodio di qualche sera prima.
La lista delle cose che omette di dire alle sue amiche si sta pericolosamente allungando, ma nemmeno lei sa spiegarsi perché negli ultimi tempi non riesce più a confidarsi con loro.
“E tu che ne sai?”.
“Me lo ha detto Kol. Siamo usciti l’altra sera…”.
Due sguardi di disapprovazione si piantano immediatamente sul viso di Care, la quale risponde con un’alzatina di spalle e un’espressione innocente.
“E Stefan?”.
Caroline ridacchia e scuote la testa, facendo ondeggiare i suoi bei boccoli biondi.
“Quante volte ve lo devo dire? Io e Stefan siamo solo amici”.
“Certo, come no”.
Bonnie scoppia a ridere e Care la colpisce in testa col menù degli hamburger.
È evidente: quei due sono ancora arenati nella loro eterna fase di negazione. Chiunque può accorgersi che tra loro potrebbe nascere qualcosa di speciale, tranne… loro.
Lo si capisce da certi sguardi e, soprattutto, dal modo in cui litigano e si punzecchiano di continuo.
Care poi, esce con chiunque, ma diventa incredibilmente possessiva quando qualcuna ronza intorno al suo amico.
Nonostante tutto, si ostina a ribadire di non pensare a lui in quel modo e che non ha alcuna intenzione di oltrepassare il limite dell’amicizia, sostenendo che le relazioni serie servono soltanto a complicare le cose.
Mentre Bonnie continua a stuzzicare la bionda, le gocce di pioggia che rimbalzano sui vetri ricominciano ad esercitare un fascino irresistibile su Elena. Damon se ne andrà e lei non riesce proprio ad ammettere che, per qualche strano, irrazionale motivo, la cosa le dispiace.
 
 
 
 
“Come te lo devo dire? Andrà tutto bene…”.
Col telefono incastrato tra la spalla e l’orecchio e le mani impegnate a gettare in valigia una pila di t-shirt nere apparentemente tutte uguali, Damon è tutto preso dal tentativo di tenere buono il suo vecchio amico Ric che sta letteralmente andando fuori di testa.
Se lo immagina proprio, con gli occhiali sul naso, una mano tra i capelli e un paio di boxer improbabili, mentre cammina su e giù per il suo minuscolo appartamento a Tenderloin inciampando di tanto in tanto su una lattina di birra vuota o su uno dei suoi tanti testi di robotica.
“Questa cosa del videogioco era divertente finché ci scherzavamo tra di noi, Damon,” gli dice, “ma ora... beh, io non sono sicuro che…”.
Ric sta quasi urlando e Damon allontana il telefono dall’orecchio con una smorfia infastidita.
“Rilassati amico. Lascia fare a me e ti ricoprirò di soldi. Allora si che ci divertiremo”.
“Chi credi di essere, Jerry Maguire? Scusa ma non ti ci vedo”.
Damon ci pensa su.
“Hai ragione. Ho sempre preferito Cocktail. A proposito, ascoltami bene: ho lasciato una bottiglia di bourbon nel tuo armadietto dei medicinali per i momenti bui e…”.
“Non mi sembra l’orario adatto per ubriacarsi”.
“Allora esci o che ne so…guardati un documentario su Bill Gates, ma datti una calmata! Io sarò lì domani”.
Damon chiude la telefonata alzando gli occhi al soffitto, senza dare il tempo all’amico di replicare.
Ric è un cazzo di genio, anche piuttosto divertente quando alza il gomito. Il suo problema è un fastidioso eccesso di razionalità.
Fortuna ha voluto che si siano incontrati e che Damon abbia colto il potenziale dei suoi progetti, salvandolo da un triste destino costellato di concorsi per cervelloni, tornei di sudoku e sbronze solitarie.
Sistemato Ric e in qualche modo pure la valigia, a Damon non resta che uscire dalla stanza.
Scese le scale si ritrova in soggiorno, dove la tv sta trasmettendo l’ennesima partita di golf. Suo padre, infossato nella poltrona di pelle, sembra non far caso a lui, che lo osserva silenzioso a distanza di sicurezza.
La differenza di età fra i suoi genitori non gli è mai sembrata tanto evidente.
I capelli grigi e ormai radi, la camicia che inizia a tirare sempre più in vita. Sul tavolino, un piatto di porcellana con i sandwich che Lily gli ha preparato prima di andare a scopare col suo amante. Com’è premurosa.
Quel pensiero deve tirargli fuori un sospiro più forte degli altri, perché stranamente Giuseppe stacca gli occhi dallo schermo e si volta verso di lui.
“Stai uscendo?”.
“È venerdì sera. Dov’è mamma?”.
“A giocare a carte con le amiche. Ha detto che si ferma a cena da Tiffany” risponde serafico. Dannazione, come può essere così cieco?
Damon stringe i pugni e contrae la mascella, ma non dice una parola. In una frazione di secondo ha indossato il giubbotto. Ha già una mano sulla maniglia quando la voce del padre lo raggiunge alle spalle.
“È molto in pensiero, sai? Per te. E poi ora che te ne vai con Stefan…”.
Davvero, davvero premurosa.
“Stef ha bisogno di distrarsi un po’” taglia corto.
In realtà è stata sua l’idea di quel viaggio improvvisato a San Francisco. Uno sciocco tentativo di proteggere un fratello fin troppo sensibile da una realtà che potrebbe facilmente annusare, la speranza ancor più sciocca che un po’ di tempo possa bastare ad aggiustare le cose, che quella di sua madre sia solo una sbandata passeggera.
“Lo terrai d’occhio, non è così?” aggiunge l’uomo.
Alle orecchie di Damon quella frase suona come una delle tante raccomandazioni che riceveva da bambino, quando Stefan era un moccioso petulante che insisteva per seguirlo dappertutto, specialmente nelle sue prime scorribande con gli amici.
“Non preoccuparti. Tu pensa… beh, alla mamma”.
Quelle parole gli costano fatica, ma sembrano essere abbastanza convincenti. Giuseppe gli risponde con un cenno del capo e torna a sprofondare nella poltrona e nel suo stato di ignara e pacifica tranquillità, mentre suo figlio promette a sé stesso che quella fine lui non la farà mai.
 
 
 
 
Quando spinge la porta di legno del Grill, Elena è un fascio di nervi.
Trovarlo seduto al bancone del bar di certo non aiuta il suo stato d’animo, ma non è esattamente una sorpresa.
Non ha potuto fare a meno di notare l’auto celeste nel parcheggio, e lì per lì ha avuto voglia di scappare.
Lo osserva da lontano, seduto di spalle, la t-shirt nera che aderisce alle sue spalle, le braccia scolpite, i capelli corvini corti sulla nuca e un po’ troppo lunghi sulle tempie e il viso abbassato sul suo bicchiere.
Elena non sa che pesci pigliare e d’istinto si morde il labbro inferiore, scordandosi del rossetto che ha indossato poco prima, controllando il suo riflesso nello specchietto retrovisore dell’auto.
Dopotutto, quello è il suo primo colloquio di lavoro. Non quello che aveva immaginato, ma pur sempre lavoro.
Damon Salvatore però è la variabile che non aveva calcolato.
Ancora non sa che, per il resto della sua vita, questa circostanza diverrà una costante.
Si guarda intorno trattenendo il respiro senza accorgersene, quasi come se qualcuno potesse udire il battito del suo cuore in mezzo a quella confusione.
Vicky sta servendo ai tavoli, Matt sta spinando le birre pericolosamente vicino al principale responsabile del suo temporaneo – si spera – stato confusionale.
Proprio quando è ormai decisa a svignarsela e tornare più tardi, ecco che il caro Matty si accorge di lei e si sbraccia per salutarla. Bingo!
Non può fare altro che rivolgergli un sorriso tirato e avanzare incerta verso di lui, cercando di sembrare tranquilla e spontanea. Una volta raggiunto il bancone deve sforzarsi per ignorare gli occhi di ghiaccio che si sente scorrere addosso. Deglutisce.
“Ciao, Matt. Che bello vederti! Come stai?”
La voce le esce un po’ troppo squillante e il tono è cerimonioso in modo imbarazzante. Il suo vecchio compagno di scuola ora la osserva come se le fosse spuntato in faccia un altro naso e dentro di sé lei non può certo dargli torto.
“Ehm…bene Elena. Più o meno come mezz’ora fa, quando ci siamo sentiti per telefono. A proposito, mi hai detto che avevi urgenza di parlarmi per quel posto da cameriera. Conosci qualcuno di interessato?”.
Merda, merda, merda.
“Beh, veramente… io. Io sono interessata.”.
 
 
 
 
Alla fine Matt ha avuto l’accortezza di sottrarla da quella tortura – lo sguardo indagatore di Damon non è sfuggito nemmeno a lui, nonostante sia un tipo notoriamente poco attento – e farla accomodare nel suo ufficio, un sottoscala ammassato di scatole di alcolici che odora di muffa e disinfettante.
Dopo la sorpresa iniziale e la prevedibile tiritera su quanto lei sia intelligente e sprecata per servire birre in quel buco di città, ha capito.
Elena non aveva dubbi, del resto condividono un destino non proprio generoso.
Jack Donovan se l’è data a gambe anni fa, lasciando alla moglie Kelly, un’alcolizzata affetta da una perenne sindrome di Peter Pan, la responsabilità di un’attività di famiglia sempre sull’orlo del tracollo e due figli da crescere.
Nemmeno per Matt, brillante giocatore di football e discreto studente, ci sarà il college a settembre.
Deve badare a Vicky, al Grill e, quando si fa viva, anche a sua madre.
Elena ha bisogno di lavorare o per lo meno di tenersi occupata e quella le sembra la sola possibilità per non pesare sulla famiglia e, soprattutto, stare vicino a Jeremy.
Dopo la loro chiacchierata, Matt la abbraccia per un lungo istante – il suo modo di dire mi dispiace senza troppe parole – e lei lo apprezza davvero. Starà bene, andrà bene, continua a ripetersi mentre apre la porta sul retro e viene investita dall’aria frizzante di una notte appena cominciata.
“Almeno quell’idiota ti ha assunta? Perché io ti assumerei…”.
Elena sussulta, poi si volta verso la voce che ormai ha imparato a conoscere.
Percorre con lo sguardo la figura di Damon, un’ombra nera contro la ringhiera, dalla quale risaltano due occhi divertiti e sfrontati che le si piantano in viso, lasciandola per un secondo a corto di parole.
Si sente colta sul fatto e questo la destabilizza. Lui sembra divertirsi a sue spese e questo la irrita parecchio.
“Dovresti smetterla di spuntare dal nulla” prova a difendersi, ma lui non ha voglia di parlare di questo e lei lo capisce all’istante. Sospira.
“Non andrò al college”.
È la prima volta che lo dice ad alta voce. È liberatorio e insieme spaventoso e, soprattutto, sembra molto più reale, così.
“L’ho capito. Siamo sulla stessa barca, io e te”.
Il suo tono ironico pungola Elena, che ora si mette sulla difensiva, in attesa di una predica che lui non le farebbe mai.
“Oh non credo proprio. Io non ho mollato Stanford ad un passo dalla laurea” ribatte, piccata.
“Perché ti scaldi tanto?”.
La sua indifferenza non fa che innervosirla di più. “Sembra quasi un dispetto, il tuo” prosegue.
Stavolta la frecciatina va a segno e Damon si incupisce, ma solo per un momento.
“Hai ragione, ma forse l’ho fatto alla persona sbagliata” risponde, senza scomporsi “e tu perché lo fai?”.
“Che differenza fa?”.
“Nessuna differenza se tu sei felice. Buonanotte, Elena”.
Buonanotte.
Sta iniziando a diventare una parola ricorrente, così come il senso di smarrimento che provoca in lei.
Lo guarda scendere i gradini con le mani infilate in tasca e imboccare il vialetto sul retro del locale. La luce di una lampada al neon illumina lieve il suo profilo, i passi appena strascicati risuonano nel silenzio.
Elena riesce solo a pensare che di lì a poco, lui se ne andrà.
“Damon… aspetta”.
Il ragazzo si ferma e si volta di nuovo verso di lei. L’ironia di poco prima a lasciato il posto ad un’espressione neutra.
“Si?”.
“L’altra sera non ti ho ringraziato. Beh ecco… grazie”.
Un’alzata di sopracciglia, un sorriso storto.
“Non c’è di che”.
 
 
 
A lei non andava di rientrare al Grill, lui non voleva tornare a casa.
Entrambi non avevano nessuna voglia di lasciarsi andare.
 
Alla fine si ritrovano seduti l’uno accanto all’altra su una panchina del parco a consumare un paio di hamburger in silenzio. Non un silenzio imbarazzante, ma inaspettatamente naturale.
Per alleggerire l’atmosfera e non costringerla a parlare delle sue recenti decisioni, lui le ha raccontato di Ric esagerando sui particolari divertenti e l’ha presa in giro per la sua mania di scartare minuziosamente i cetriolini.
Elena non sa come sia successo, ma si sente a suo agio. Sospesa in una dimensione effimera, dove i suoi problemi non esistono.
Si scopre a studiare il suo profilo. Il naso, le labbra, gli occhi che anche da quella prospettiva le appaiono incredibili. Non c’è da meravigliarsi se, come dice Care, tutte gli muoiono dietro. A dire il vero la sua amica ha usato un altro giro di parole, ma il senso era quello.
“Cosa intendevi prima? Quando hai detto quella cosa sul fatto che importa che io sia felice”.
“Non sono il tipo da perle di saggezza”.
Elena mette un finto broncio e Damon si allunga sulla panchina, portando le mani dietro la testa e gli occhi verso il cielo. Il temporale estivo del pomeriggio ha lasciato spazio ad una notte serena, ma più fredda del solito.
“Se insisti… non credo che il punto sia il college. Il punto è non rinunciare ai tuoi sogni. Quello che fai dovrebbe aiutarti a diventare ciò che desideri essere”.
Elena ci pensa su.
“Vale anche per te?”.
“Certo. Ho sempre desiderato vivere di rendita. E adesso basta con i discorsi filosofici. È Stefan quello bravo in queste cose… ”.
Elena lo osserva scettica. Sa essere un vero cretino, quando vuole.
Un vento troppo fresco si solleva, facendola tremare.
“Hai freddo?”.
Qualcosa, nel tono della sua voce e nel suo sguardo, le provoca un brivido lungo la spina dorsale.
“N-no.”.
Il suo istinto non sta sbagliando. Lo capisce quando quegli occhi azzurri la fissano come se volessero memorizzare ogni piccolo tratto del suo viso, spostandosi con lentezza esasperante dai suoi occhi alle labbra che ha schiuso senza volere, mentre il suo respiro sta pericolosamente accelerando.
Può sentire il suo profumo. Erba bagnata e tabacco.
Si sente stordita, in balia dell’attrazione naturale che prova per lui.
Sa bene che sta a lei decidere se oltrepassare o meno il confine.
Perché Damon è sempre Damon e lei è dannatamente bella, e fragile. Per questo sta aspettando un cenno nel suo sguardo, qualcosa che gli dica fino a dove può spingersi.
“E così… domani te ne vai”.
La voce le esce come un sussurro mentre dice quelle parole, e dentro di lei si fa strada una nuova sensazione di abbandono. Un’emozione che non vuole più provare.
La scelta è stata fatta, il momento è passato, svanito.
Ho bisogno di qualcuno che resti Ho bisogno di un amico.
“Tornerò presto”.
Ritornerò sempre.
È una promessa silenziosa quella che lui le fa quella sera, una promessa che non potrà mai fare a meno di mantenere.
 
 

 
*********
Ciao, è passato un po’ di tempo ma ho dovuto dedicarmi a cose meno interessanti della scrittura, ahimè.
Grazie a chiunque abbia letto i capitoli precedenti, a chi mi ha incoraggiata con un parere, a chi ha aggiunto la storia tra le preferite e seguite.
Spero continui a piacervi
Un bacio
Chiara
  
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