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Autore: gloriabarilaro    30/04/2016    0 recensioni
"La mia storia d’amore inizia così: una ragazza dagli occhi ipnotici che mi chiede una sigaretta in una fredda mattina di ottobre. Allora non sapevo cosa significasse tenere davvero qualcuno, rimanergli accanto nonostante la sua presenza ti corrodesse piano a ogni suo semplice respiro. Allora non sapevo nulla, solo che quella ragazza sembrava troppo bella per essere vera: e con la vista un po’ annebbiata dall’alcool, l’unica cosa che i miei occhi catturavano con chiarezza era il colore dei suoi. Quell’azzurro ghiaccio, quel mare ghiacciato in cui mi sarei perso volentieri.
Quello sguardo di ghiaccio, quel sorriso rotto, quella mente contorta, lei: tutto quello di cui avevo bisogno; tutto quello che mi avrebbe distrutto."
[Jack O' Connell, Lily Loveless, Kathryn Prescott e Logan Lerman (crossover)]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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          Capitolo Cinque
 
 

But she can't be what you need
if she's seventeen,
they're just girls,
just girls.

[The 1975, Girls]
 

Lily dormiva quando uscii di casa: ero rimasto a guardarla finché i suoi occhi si erano fatti così stanchi da chiudersi, e la sua mano che stringeva la mia aveva mollato la presa. Era stata lei stessa a dirmi: « So che è un po' strano chiedertelo, ma non lasciarmi sola » e il tono un po' impaurito che aveva usato mi aveva chiuso la bocca, impedendomi di farle domande.
In quel momento ero fuori, con le chiavi in mano: prima di uscire mi ero assicurato che tutte le finestre fossero chiuse, le serrande della camera abbassate, la lampada sul comò accesa e, sotto di essa, abbastanza sigarette da compensare la mia assenza nel caso si fosse svegliata prima del mio ritorno. Avevo un brutto presentimento addosso, ma non ci feci caso quando salii sulla macchina e partii veloce, alla volta della casa di Logan. Dopo tutto quello che era successo non potevo più mentirgli, e qualcosa di inspiegabile dentro di me continuava a ripetermi che avevo bisogno d'aiuto, che da solo non ce l'avrei fatta.
« Jack? » Megan stava sulla porta, i capelli rossi scompigliati e il trucco sbavato. Aveva perso uno dei suoi orecchini a cerchio, ma non glielo feci notare per non mandarla in panico già di prima mattina. Le accennai un sorriso, non riuscendo però a nascondere del tutto l'ansia che avevo in corpo, e sbirciando oltre lei le chiesi dove fosse il mio amico.
Lei si scostò, mi fece passare. Quando chiuse la porta alle mie spalle mi indicò Dennis buttato mollemente sul divano, con due ragazze accovacciate su di lui, tutti immersi in uno scomodo e sfinito sonno. Mi intimò di fare silenzio e mi fece strada verso le scale, che portavano alla camera di Logan dove lui stava dormendo sul letto, un braccio disteso e l'altro abbandonato oltre il materasso, con una sigaretta spenta incastrata tra le dita. Tra le lenzuola bianche che gli coprivano le gambe intravidi sporgere un orecchino uguale a quello che Megan aveva addosso, e tra me e me sorrisi, pensando che il mio fratellino aveva seguito il mio consiglio.
La ragazza che mi aveva guidato fino a lì si strinse imbarazzata nella felpa, fece un piccolo colpo di tosse e mormorò un: « Vi lascio soli » prima di dileguarsi velocemente. Chiusi la porta, presi la bottiglia di birra semivuota che trovai per terra e rovesciai il contenuto rimanente in faccia al mio amico, che si svegliò annaspando e muovendo le braccia convulsamente.
« Affogo! » urlò, e io scoppiai a ridere. Quando si accorse che ero stato io prese il cuscino fradicio e me lo tirò in faccia, prima di alzarsi, afferrare i boxer appesi chissà come alla mensola vicino al letto e infilarseli velocemente.
« Questo era per non avermi lasciato nemmeno un personal » lo informai, alzandomi e posando la bottiglia ormai vuota sul comodino. Logan si scompigliò i capelli e buttò gli occhi al cielo: « Sei venuto solo per questa fottuta e spiacevole vendetta, vero? »
Ridacchiai, presi l'orecchino tra le lenzuola e lo alzai davanti ai suoi occhi: « In realtà no, era anche per constatare che hai seguito i miei consigli, da bravo bimbo. »
« Oh, andiamo – protestò lui, strappandomi il gioiello dalle mani – ero fatto e ubriaco, volevi anche che distinguessi chi era chi? Pensavo di aver azzeccato quella giusta. »
« Disse quello che anche con gli occhi bendati riesce a precisare chi è Megan e chi Kathryn. »
« Solo perché Megan dice il mio nome in modo strano. »
« Allora mi dispiace che tu ti sia accorto dell'errore solo troppo tardi... – sghignazzai, tornando però serio subito dopo – Sempre che tu sia riuscito a farla urlare. »
Logan alzò le braccia, un sorrisetto apparve anche sul suo viso. « Di questo non ti devi preoccupare, amico. L'ho fatta urlare così tanto che ora è senza voce. »
Ripensai alla Megan che mi aveva aperto la porta, le poche parole che mi aveva riservato e sghignazzai ancora, dando una pacca sulla spalla del mio amico e tornando tutt'ad un colpo serio. Logan afferrò una maglietta dal pavimento, annusandola per constatare se aveva un odore accettabile per mettersela addosso, ma la scartò con una smorfia, buttandosela alle spalle. Non mi aveva ancora guardato in faccia, non aveva potuto leggere il mio puro turbamento. Forse fu per questo che, con noncuranza, passandosi fra le mani altre magliette, mi chiese: « E tu? Come sei andato stanotte? Le hai fatto vedere le stelle? »
« La situazione è seria, Logan. »
Lui si voltò finalmente verso di me, gli occhi ridotti a una fessura e le sopracciglia increspate. Si prese qualche secondo per esaminare il mio sguardo, rigirandosi tra le mani l'ennesima maglietta senza accorgersi che era la stessa che aveva testato per prima.
« Cosa è successo? »
« Da dove preferisci che inizi? » dissi stancamente, buttandomi tra le lenzuola ancora bagnate di birra. Poi ricordai chi c'era in quel letto fino a qualche ora prima e soprattutto quello che avevano fatto lì, e mi rialzai di scatto. Logan ridacchiò e alzò gli occhi al cielo, mormorando un: « Sei il solito schizzinoso ». Buttò in un angolo le magliette che aveva lì vicino e ne prese una nuova dall'armadio. « Senti, non so la storia strappalacrime che hai da raccontarmi, quindi non posso dirti se iniziare da Carmencita o da Soledad – non mi vide ridere, quindi sospirò forte, rendendosi conto della gravità della situazione – Ma io ho un post-sbronza che fa paura e una chimica che mi sta mangiando le viscere, e non so se vomitare o mangiarmi le mani. Facciamo che andiamo a prendere un po' d'aria e tu, con calma, parti dall'inizio? »
Lo guardai in silenzio, le labbra sigillate in una riga dritta; certo, la maggior parte delle volte ero io a fargli discorsi del genere, ma non poteva negare il fatto che Logan sapeva prendere le redini dalle mie mani quando mi vedeva sbandare. Ero sì ancora indeciso se dirgli tutto o scappare a casa da Lily che, di certo, si era sicuramente già svegliata, ma sentivo un peso sullo stomaco che non mi dava pace, e mille pensieri affollarmi la mente.
Sentivo che c'era qualcosa che stavo trascurando. Qualcosa di importante, e lo stavo lasciando scivolare via dalle mie dita senza averlo ancora esaminato, riconosciuto; guardavo gli occhi chiari di Logan come se in essi potessi trovare la risposta a tutto, affogando disperato in essi.
« Jack, ci sei? »
Feci scorrere le immagini delle tre Lily che avevo conosciuto: la fumatrice pacata e dagli occhi dolci, l'ubriaca mezza matta e bambina, la paranoica in preda a crisi isteriche; erano tre persone diverse, e avrei giurato di aver visto il suo sguardo di ghiaccio prendere sfumature diverse tutte le volte.
Eppure non ero spaventato. Non lo ero affatto, come se fosse normale aver conosciuto tre lati diversi di una stessa persona.
Forse non lo ero perché, in tutti i casi, il mio cuore non aveva cambiato frequenza: aveva battutto all'impazzata tutte le volte che avevo incontrato i suoi occhi, che avevo esaminato la curva del suo collo, delle sue labbra.
E ancora non l'avevo baciata.
« Amico, secondo me tu non stai bene. »
« No, non sto bene. Usciamo da questo fottuto pisciatoio, devo cominciare dall'inizio. »
Raccontai tutto, da quando l'avevo incontrata su quel tetto fino alla crisi di quella mattina, non escludendo tutto il periodo in cui avevo sperato di rivederla, avevo continuato a cercarla tra la gente, cercando di negare a me stesso che non me ne importasse niente.
Logan mangiò in silenzio, lentamente, guardandomi a lungo e, di tanto in tanto, perdendosi nei suoi pensieri.
Quando finii aspettò qualche minuto prima di aprir bocca. Io guardai il suo vassoio pieno di tovaglioli e cartoni di hamburger vuoti, poi il mio con quel cheeseburgher mangiucchiato a metà.
« Sei una testa di cazzo. »
« Cosa? »
Logan mi guardò di nuovo e mi sorrise. Si portò le mani alla nuca e si stiracchiò sulla sedia, ridendo da solo. Stavo per dirgli che ero stanco di crisi di pazzia, di fare il serio per una volta, ma lui mi precedette e mi tolse le parole di bocca.
« Sei una testa di cazzo, perché potevi dirmelo subito. Però adesso finisci quel panino in fretta, e andiamo a trovare questa ragazza, capire chi è e cos'ha. »

 
 


 
   
 
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