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Autore: Rory Drakon    01/05/2016    4 recensioni
Alucard ha alle sue spalle un passato oscuro e doloroso, che l'ha profondamente segnato nel cuore e nell'animo, per tutti gli anni che ha passato al servizio dell'Organizzazione Hellsing.
Che cosa accadrebbe se nella sua vita entrasse qualcuno in grado di penetrare la corazza che ha costruito tra sé e la sua umanità perduta, i suoi sentimenti più profondi?
Anche i mostri hanno un cuore e sono capaci di amare.
Anche il Re Immortale, il Conte.
(ST0RIA SOSPESA)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altro Personaggio, Alucard, Nuovo Personaggio, Seras Victoria
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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«Aion!» esclamò Christ, fissando il demone con gli occhi sgranati.
«Proprio io, mia bellissima» replicò Aion dolcemente. «Mi sorprende di come tu sia caduta in basso… i tuoi gusti sono peggiorati». Il demone lanciò un’occhiata a Subaru.
«Chi cazzo sei tu!?» sbraitò Subaru. «E cosa fai qui!?»
«Non te l’ha detto? Io sono il suo fidanzato» ridacchiò il demone.
«No!!! Non più!!!» urlò Christ.
«Sei tu quel cane che l’ha usata per i suoi scopi, non è così!?» sibilò Subaru.
«È una parola grossa, succhiasangue…»
Le braccia di Subaru circondarono il corpo di Christ e la strinsero, simili ad una catena d’acciaio. «LEI APPARTIENE A ME, A ME E A NESSUN ALTRO, CHIARO!?»

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«Subaru…!»
«Intanto è già stata mia, ma non le è dispiaciuto molto» ghignò Aion.
«Che cazzo vuoi qui!? VATTENE!» gli gridò contro il vampiro.
«Sapete già cosa… o meglio, chi, voglio» fu la placida risposta del demone.
«LEI È MIA, CAPITO!? NON L’AVRAI MAI!»
«Calmati, succhiasangue… non intendevo in quel senso, per il momento. La “tua” Christ è un’Apostolo, come pure altri ragazzi a cui date rifugio qui all’Hellsing. Datemi loro e risparmierò voialtri» disse Aion.
«Scordatelo» ringhiò Subaru.
Aion ridacchiò e fece per avanzare verso i due, ma subito si ritrovò la lama di Excalibur puntata sulla gola.
«Fai un altro passo e sarà l’ultimo!» intimò Rory, truce.
Aion sorrise mellifluo e accarezzò con le dita la lama d’argento. «Questa spada è davvero bellissima, proprio come la sua custode… decisamente la preferisco al lancio di fiori che mi aspettavo».
«Che diavolo vuoi ancora, lurido demonio?» domandò Rory.
«Voi Apostoli, semplice!»
«Perché… siamo così importanti per te?»
«Ho bisogno del vostro potere» rispose Aion. «Voglio solo salvarvi tutti».
«Sei solo un pazzo psicopatico!» urlò Subaru.
Aion rise e mosse una mano; Subaru venne catapultato in aria e scagliato via come se fosse una bambola di pezza, precipitando a terra.
«Subaru!» urlò Christ, correndo da lui.
«Maledetto!» gridò Rory, allontanando la lama dalla gola del demone e menando un fendente contro il demone, ma questo le bloccò il polso prontamente e le torse l’altro braccio bloccandoglielo dietro la schiena, attirandola a sé.
«RORY!» sentì gridare Christ.
«Tu vieni con me» le sussurrò Aion all’orecchio.
«Lasciami!!!» strillò Rory, cercando di dimenarsi, ma la forza che la stringeva era granitica.
«Ti lascerò appena arriveremo, dolcezza…»
«NO!»
Rory vide Christ e Subaru scattare verso lei ed Aion. Fu come se il mondo si stesse muovendo al rallentatore. Poi sentì il terreno mancarle sotto i piedi. E tutto svanì.


***


Rory vide comparire davanti a sé una stanza ampia e rotondeggiante, sulla cui parete centrale si stagliava un inquietante trono di pietra nera nascosto nell’ombra.
Ma quando si rese conto che Aion la teneva ancora bloccata e stretta a sé, la giovane non badò più di tanto al luogo in cui ora si trovava.
«LASCIAMI BASTARDO!!!» gli urlò contro, divincolandosi e cercando di sgusciare via dalla sua presa ferrea, ma invano. Il demone la osservò ridacchiando e avvicinò il proprio volto a quello di lei. «Da qui non puoi scappare, piccolo Apostolo…»
«Aion. Dunque questa volta non hai fallito, vedo» pronunciò una voce maschile, una voce tetra, profonda, cavernosa e risonante. «Lasciala andare, la vedo molto agitata».
Il demone ubbidì e si allontanò riluttante dalla ragazza.
Il primo istinto di Rory fu quello di darsela a gambe, ma poi la curiosità ebbe il sopravvento. Si voltò e vide che sul trono nero era seduto qualcuno. Non riusciva a vederlo, i suoi lineamenti erano seminascosti dall’ombra. Riusciva a distinguere solo due occhi rossi e sottili, privi di palpebre e pupille, che le davano i brividi.
«Avvicinati».
Rory si rese conto che quella voce proveniva da quegli occhi rossi, dalla creatura che si trovava nascosta nell’oscurità. Istintivamente ubbidì, stringendo con forza Excalibur nel palmo chiuso della mano, e avanzò di pochi passi verso il trono.
«Chi sei?» osò domandare Rory, fermandosi e cercando di mostrare una sicurezza che non aveva.
«Sei sicura di volerlo sapere?»
Rory annuì.
«Vieni più vicino».
Rory ubbidì ancora, finché si ritrovò a soli due metri di distanza.

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«Sì, non ci sono dubbi, sei tu quell’Apostolo» disse il Signore Oscuro fissandola dal buio con quegli spietati occhi rossi. «Molto lieto di conoscerti, Arturia Pendragon».
Rory avvertì un fremito. «Come mi hai chiamata?»
«Arturia Pendragon.»
«Perché mi chiami così?»
L’Oscuro Signore rise. «Allora la domanda non è chi sono io, ma chi sei tu».
Rory fissò quegli occhi rossi, confusa. «Io… mi chiamo Rory Drakon, sono l’unica superstite del villaggio in cui sono nata, assieme alla mia amica Christ, e…»
«E sei un’Apostolo» la interruppe il Signore Oscuro. «Ma non certo un’Apostolo qualsiasi».
«Che cosa significa?» chiese Rory. Era straordinariamente facile conversare con quell’essere misterioso e alquanto educato. Il suo istinto, però, le diceva che era tutt’altro che dolce e benevolo.
«Sai almeno che cosa siete voi Apostoli?»
Rory rimase interdetta. Ora che ci rifletteva, nessuno le aveva mai detto esplicitamente la definizione di Apostolo. Sapeva per certo che non erano quegli apostoli, i discepoli scelti da Gesù, soprattutto perché quelli erano dodici e non sette come loro. Ma allora…?
«Non… non lo so esattamente».
L’Oscuro Signore scoppiò a ridere fortemente, paralizzandola sul posto. La sua risata, di gola, risuonò tutto attorno; era un misto tra scherno e cattiveria.
«Voi Apostoli siete un po’ come degli angeli caduti, anche se non del tutto» spiegò il Signore Oscuro. «Non siete stati allontanati dal Paradiso perché avete compiuto dei peccati o vi siete ribellati a Dio. Siete stati spediti sulla Terra dal Paradiso per vivere tra gli umani e diffondere la parola del Signore. Tecnicamente questo è ciò che ti racconterebbero i cari credenti cattolici e protestanti. Che cosa patetica». Il Signore Oscuro fece un verso di disprezzo. «È una gran sciocchezza ovviamente. Siete semplicemente degli angeli terreni reincarnazioni di sette umani che rimasero e ancora rimangono a lungo nella memoria degli esseri umani per la loro gloriosa fama. Siete creature in grado di vedere la Via Astrale, ovvero potete vedere l’anima delle persone, potete guarire le ferite degli altri, usare le vostre ali d’angelo e usare le vostre stigmati, che avete nascoste e impresse sulla pelle, per scacciare il male».
«Reincarnazioni di sette umani?» gli fece eco Rory. «Quindi io sarei stata un’altra persona in una vita precedente?»
«Esatto, dolcezza» rispose Aion. «In un’altra vita, tu eri Arturia Pendragon».
Rory si voltò a guardarlo più confusa che mai. «Chi era… Arturia Pendragon?»
Il nome le era familiare, ma non l’aveva mai sentito prima di quella volta. Pendragon era il cognome di Re Artù di Camelot, o meglio, il suo appellativo, il suo epiteto più diffuso!
«Pensaci bene, giovane Apostolo» disse la voce dell’Oscuro Signore alle sue spalle. «La spada che porti con te non ti suggerisce nulla?»
«L’infallibile Excalibur…» mormorò Aion, posando una mano sull’elsa della spada e sfilandola via dalla mano di Rory con un guizzo repentino.
«Ehi!» protestò Rory. «Ridammela!»
Aion non la ascoltò, rigirò la spada tra le mani con aria di sufficienza. «Non male, non male…»
«Non toccarla!!! Essere immondo!!!» gridò Rory, scattando in avanti e tentando di riappropriarsene.
«La prendo io, Aion» disse il Signore Oscuro.
Aion si portò fuori dalla portata di Rory e si portò al fianco del trono di pietra nera. Con una certa riluttanza, porse la spada alla creatura nascosta nell’ombra. Una mano dalle dita affusolate, priva di unghie e vagamente umana, nera come la più nera delle notti, rivestita dalla manica lunga e pendente di una tunica nero inchiostro, la afferrò.
Rory osservò la scena, agghiacciata.
«Nessuna risposta, Apostolo?» la canzonò l’Oscuro Signore. «Sai almeno a chi appartiene questa spada?»
«A Re Artù, ma…». Rory si bloccò, come se un pensiero improvviso le avesse appena attraversato la mente. «Non è possibile…»
«Cosa?» ridacchiò Aion.
«Non è possibile… Artù era un uomo, non una donna… io non…»
Aion e il Signore Oscuro scoppiarono in una risata sguaiata.
«Che cosa c’è da ridere!?» sbottò, stizzita.
«Temo che la credenza che Artù fosse un uomo… sia del tutto errata!» rispose Aion, dolcemente.
Rory sgranò gli occhi, incapace di credere alle proprie orecchie e al pensiero che l’aveva attraversata pochi istanti prima. «Artù era… una donna?»
«Viveva in tempi molto… arretrati, per così dire…» spiegò Aion. «Che vergogna sarebbe stata, una donna che salisse al trono e guidasse l’esercito, diventando Signora delle Guerre? Nessuno l’avrebbe mai seguita, né accettata come legittima erede al trono di Britannia. Per questo dovette fingersi un uomo e prese il nome di Artù Pendragon».
«E adesso, giovane Apostolo, Arturia è tornata in te» disse l’Oscuro Signore.
Rory, istintivamente, si guardò le mani, come se la risposta a tutte le sue domande si trovasse proprio lì.
Non ricordava un momento in cui si era sentita più incredula e confusa che mai di allora. Artù Pendragon, il leggendario eroe della Britannia, era in realtà un’eroina? Una ragazza, proprio come lei? E lei, Rory… lei era… la sua reincarnazione? Ma era assurdo! Non aveva senso, nessun senso…
“Ma allora perché ho con me Excalibur?”
Excalibur era la spada di Re Artù. Non c’era leggenda sul Ciclo Arturiano che non ne parlasse. Il suo nome significava “in grado di tagliare l’acciaio”.
Per quanto Rory ne sapesse, aveva Excalibur con sé fin da quando erano morti i suoi genitori, dopo che quel maledetto demone li aveva uccisi e aveva dato fuoco all’intero villaggio.
Non era così presuntuosa. Non si sarebbe mai azzardata a sostenere che la sua spada fosse Excalibur, se non l’avesse vista in azione. Rory l’aveva vista dividere a metà la lama di un’altra spada che aveva osato incrociarsi con essa, come se fosse un grissino.
Era stata sua madre a brandirla, finché non l’aveva donata alla figlia.
Sua madre. Una donna. Non poteva affatto essere una coincidenza.
E poi il suo cognome, “Drakon”… quanto poteva essere diverso da Pendragon?
“Drakon”, se veniva pronunciato “Drakòn” invece di “Drekon” com’era, significava “drago” in russo… mentre “Pendragon”, o “Pen Draig”, in celtico significava “testa di drago”.
E il drago era uno dei simboli più famosi di Re Artù, o meglio… della Regina Arturia.
Lei era Arturia Pendragon.
«Io sono Arturia Pendragon» ripeté piano, mentre continuava a guardarsi le mani, perplessa.
«Esattamente, piccola» disse Aion, avanzando lentamente verso di lei.
«Perché sono qui?» domandò Rory, sollevando lo sguardo e fissando dritto negli occhi rosso sangue la creatura nell’oscurità. «Che cosa vuoi da me, da noi Apostoli? Perché siamo così importanti per te? Cos’è che vuoi esattamente, chiunque tu sia? A che cosa ti serviamo?»
Ci fu un istante di silenzio.
«Quanto sei disposta ad andare a fondo, Rosemary Elizabeth Madelyn Willow Drakon… Arturia Pendragon?» fu la domanda che le rivolse il Signore Oscuro.
«Fino alla fine, se serve» rispose Rory, decisa.
Il Signore Oscuro rise. «D’accordo, come vuoi allora. Probabilmente ti farà molto male saperlo, ma da quanto sostieni sei disposta a sopportarlo». Gli occhi color della brace si posarono su Aion. «È tutta tua, Aion». Poi levò una mano.
Rory sentì la testa girare e le palpebre farsi immediatamente pesanti. Avrebbe voluto reagire, ma si sentiva debole, le era venuto sonno all’improvviso.
Barcollò, e sentì le mani di Aion che l’afferravano e la prendevano in braccio.
«Alucard…» fu tutto quello che riuscì a mormorare, prima di sprofondare in un sonno senza sogni, con la risata di Aion che le rimbombava nelle orecchie.


   
 
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