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Autore: bluerose95    01/05/2016    3 recensioni
Killian, con un sorriso malizioso, si diresse verso Emma, afferrandola per i fianchi e facendola trasalire. «Quello è il mio posto, tesoro,» disse spostandola appena per poter passare e andare a sedersi al pianoforte.
Emma Swan è sempre stata trasferita da una famiglia affidataria all'altra, non ha mai conosciuto la stabilità, l'amore di una famiglia vera. Questo, almeno, fino a quando non una certa Ingrid Frost non la prende in affidamento, facendola arrivare a Storybrooke, Maine.
Emma non avrebbe mai pensato che in una cittadina piccola come quella potessero trovarsi persone incantevoli, persone che le vogliono bene e che la fanno sentire a casa, persone che non vorrebbe mai abbandonare e anche persone che vorrebbe amare con tutta se stessa.
Ma può davvero una ragazzina sperduta come lei amare qualcuno? E lei, lei è davvero meritevole di tanto affetto o una volta diventato troppo quella famiglia in cui si trova così tanto bene, quel ragazzo che ha iniziato ad amare con tutta se stessa la manderanno via, come fanno tutti?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2
 
Il caos iniziò mentre Emma stava riponendo l’ultima camicia di flanella nell’armadio della sua nuova stanza.
Era una camera spaziosa, le pareti di un tenue azzurro con una linea bianca che correva tutt’attorno e al centro della quale erano state dipinte delle onde stilizzate. Il letto era a una piazza e mezza, le coperte turchesi, il bianco tappeto morbido proteggeva parte del parquet e dall’ampia finestra che dava sul giardino filtrava la luce del giorno, grigia per via delle nuvole che oscuravano il sole.
Per la prima volta in tutta la sua vita, Emma aveva un armadio tutto per sé e persino una cassettiera sopra la quale era stato appeso uno specchio ovale mentre sul ripiano c’erano alcuni soprammobili, tra cui una bottiglietta di vetro con dentro la miniatura di un vascello e due o tre statuette a forma di sirene.
Alle pareti erano stati affissi dei quadri che richiamavano il mare con dipinti a olio di navi pirata e sirene. Emma si era chiesta più volte come mai quella stanza avesse quell’arredamento così particolare, ma non aveva chiesto nulla a Ingrid, temendo di farla arrabbiare.
Ingrid aveva aiutato Emma fino a qualche minuto prima, quando aveva detto che avrebbe aspettato le nipoti così da calmarle. Emma non aveva capito a che cosa si riferisse, ma non appena ebbe sentito il vociare al piano di sotto comprese il significato di quelle parole.
Era strano, eppure sembrava che le due gemelle fossero addirittura contente che lei fosse lì, come se non aspettassero altro. Era… bello, sì, molto bello, Emma poteva dirlo facilmente, ma le era assai difficile crederlo davvero. Nessuno l’aveva mai desiderata, in nessun modo, i suoi veri genitori per primi, e a quel pensiero Emma si sentì quasi cedere le gambe.
Mentre cercava di inghiottire il nodo di dolore che le si era formato in gola, Emma nascose lo zaino in fondo all’armadio, sotto alcuni vestiti. Per quanto pensasse che Anna ed Elsa non avrebbero ficcanasato, lei aveva comunque problemi a fidarsi degli estranei, e loro non facevano eccezione. Nelle case famiglia era difficile nascondere le cose alla gente, tutti si impicciavano degli affari degli altri e la curiosità degli altri le era a volte costata cara.
Si guardò un’ultima volta allo specchio e si sistemò i boccoli biondi, desiderando di essere almeno presentabile nonostante la camicia di flanella nera e rossa e i jeans scuri, ma non aveva niente di meglio da mettere che quei vestiti comodi sebbene poco femminili.
Dopo aver preso diversi respiri profondi, aprì la porta della nuova stanza e si accinse a scendere lentamente le scale. Ingrid le aveva detto che l’avrebbero aspettata in salotto, sempre che se la fosse sentita. Emma aveva apprezzato quella sua premura, ma era anche vero che sarebbe stato da stupidi posticipare quell’inevitabile incontro. Se proprio doveva fare una brutta figura, meglio farla prima di aver dato motivo agli altri di avere dei pregiudizi sul suo conto.
Il salotto era accogliente, in pieno stile vittoriano, e si trovava davanti alle scale, dall’altra parte del corridoio, senza alcuna porta a sperarlo davvero da questo, solo un’entrata simbolica. Le pareti erano tappezzate con carta da parati crema con dei fiori bluette, un enorme tappeto copriva quasi tutto il pavimento dell’immensa stanza. Al centro c’erano due divani l’uno davanti all’altro con in mezzo un basso tavolino da caffè in vetro. C’erano anche due poltrone rivestite dello stesso tessuto a fiori dei divani. Infisso nella parete opposta c’era il camino scoppiettante, sopra la mensola di questo altre foto facevano bella mostra di sé e, appeso al muro, c’era un altro orologio a pendolo. Su un mobile lì vicino, invece, c’erano la televisione, uno stereo e quelle che sembravano console per videogiochi. Due finestre davano sul giardino, e a ogni angolo c’era una pianta ornamentale mentre nella stanza aleggiava il fresco profumo della menta.
«Oh, eccoti qui,» disse calorosamente Ingrid alzandosi dalla poltrona e avvicinandosi a Emma, stringendole con dolcezza una spalla.
Il cuore di Emma perse dei battiti, nessuno l’aveva mai trattata così, e se anche ci aveva provato non c’era riuscito. Nessuno era mai riuscito a scalfire la corazza di Emma come faceva questa donna.
«Emma, ti presento Anna ed Elsa. Spero possiate diventare ottime amiche,» aggiunse la donna mentre due ragazze diverse come il giorno e la notte si alzavano all’unisono dallo stesso divano.
La più alta aveva i capelli biondi, identici a quelli di sua zia, e luminosi occhi azzurri, sul naso sottile e sulle guance v’era una spruzzata di efelidi dorate, le labbra piegate in un sorriso smagliante che eguagliava quello della sorella dagli occhi verdi come l’erba e dai capelli castano-rossicci acconciati in due trecce che le ricadevano sulle spalle. Le davano un’aria da bambina, insieme alle lentiggini più marcate, perfette per lei.
Emma notò una ciocca bionda nella treccia sinistra, ma non si soffermò a lungo ad ammirare quel dettaglio affascinante perché Anna – la rossa con le trecce, da quanto aveva capito – iniziò a parlare.
«Ciao,» esclamò con una voce dolce ma estremamente esuberante, «io sono Anna, e lei è Elsa, e siamo molto felici che tu sia entrata a far parte di questa famiglia!»
Questo Emma non l’aveva previsto.
Le varie famiglie affidatarie avevano figli, e se anche non ne avevano, c’era sempre qualche bambino adottato prima di lei che le dava il tormento perché non era più al centro dell’attenzione e tentava in vari modi di farla passare dalla parte del torto.
Questo era uno dei motivi per cui Emma aveva problemi a fidarsi, ma anche il motivo principale per cui non rimaneva nella stessa famiglia per più di tre mesi.
Era sempre stato così, all’inizio aveva subito quei maltrattamenti, quei terribili scherzi e quelle ignobili accuse, e poi, col tempo, aveva iniziato a essere lei stessa l’artefice dei suoi trasferimenti: ogni volta che non si sentiva benaccetta faceva di tutto per farsi odiare e per dare una brutta impressione. Aveva iniziato dopo Lily, dopo che l’aveva presa in giro per molto, troppo tempo.
Emma scacciò quei pensieri e si sforzò di sorridere, imbarazzata e incerta su quale maschera indossare. Non voleva dimostrare indifferenza, ma nemmeno completa fiducia. Perciò optò per un sorriso sincero, mantenendo però lo sguardo piuttosto distaccato.
«Uh, grazie,» disse dopo un po’, impacciata, mentre le due si scambiavano un sorriso complice che fece paura a Emma, ma non era una sensazione di vero terrore, quanto più… trepidazione.
«So che sarai stanca e se non vuoi venire non fa niente, ma stasera abbiamo organizzato una delle nostre serate da Granny con i nostri amici e vorremmo che tu venissi. Li incontreresti anche a scuola, ma credo sia meglio conoscerli stasera, così almeno non dovrai sentirti in imbarazzo lunedì. Sempre che ti vada, ovviamente, ma gli altri sono ansiosi di conoscerti e…»
«Anna, così la spaventi,» ridacchiò Elsa scuotendo il capo. «Perdonala,» aggiunse poi rivolta a Emma, che le guardava con occhi confusi e cauti, «è un po’ esuberante, ma è innocua. Comunque, vorremmo davvero che conoscessi i nostri amici, sono simpatici e, come ha detto Anna, non vedono l’ora di incontrarti.»
Emma non sapeva davvero che cosa dire. Era tutto così nuovo per lei che oramai si era abituata alla solita, noiosa e dolorosa routine delle famiglie affidatarie. Non si era mai sentita così, gioiosa ed euforica sotto la maschera di incertezza.
Voleva andare con loro quella sera, farsi degli amici, ma poteva davvero farlo? Poteva permettersi di fidarsi almeno un po’? Beh, forse poteva non fidarsi fin da subito e farsi una propria idea, magari… magari provare e vedere come andava.
Sentì i battiti del proprio cuore accelerare all’inverosimile, troppe sensazioni contrastanti minacciavano di farla crollare. «S-sì,» si ritrovò però a dire, «mi piacerebbe venire con voi. Grazie.»
Mentre Elsa le rivolgeva un sorriso caloroso, Anna si fiondò letteralmente su di lei, abbracciandola con forza, e ne aveva molta più di quanto la sua esile figura suggerisse. «Oh, scusami,» ridacchiò e un debole rossore si diffuse sulle sue guance, evidenziando ancora di più le lentiggini ramate.
«Bene, e ora che abbiamo programmato la serata, credo sia meglio aggiornare Emma su ciò che stiamo facendo a scuola,» propose Elsa, con le braccia incrociate al petto sembrava davvero una professoressa, solo che sorrideva e non appariva affatto austera. «Sempre se ti va bene, Emma,» aggiunse poi, e un lieve rossore si diffuse anche sulle sue guance.
Sopraffatta, Emma non riuscì a dire di no, e si ritrovò persino a sorridere davanti a quelle premure. Non che non ne avesse mai ricevute, ma non ne aveva mai ricevute di così sincere.
 
«E in letteratura siamo arrivati a Poe,» concluse Anna. Si era disfatta le trecce e ora i suoi capelli ondulati le ricadevano sulle spalle, arricciandosi sul tappeto della nuova stanza di Emma sul quale si era distesa.
Erano lì dentro da ore, chine sui libri, avevano iniziato con chimica e matematica – facendosi ovviamente distrarre dai pettegolezzi sui vari professori – per poi passare a francese e storia, e finire con letteratura.
Era un programma fitto e impegnativo, ma fortunatamente Emma aveva avuto dei buoni insegnanti e una forte voglia di imparare nonostante venisse costantemente denigrata e definita una stupida. Nessuno dei suoi genitori affidatari si era mai completamente interessato alla sua rendita scolastica e questo l’aveva sempre addolorata, era una delle cose in cui eccelleva a differenza degli altri orfani e nessuno le riconosceva questo merito. Né che le riconoscessero molto altro, in realtà.
Sorrise, però, quando le dissero che erano arrivati a Poe. Ricordava ancora la propria copia, una di quelle vecchie dalle pagine ingiallite che aveva letto sotto le lenzuola di notte con l’aiuto di una torcia che però aveva dovuto lasciare nella casa in cui aveva vissuto cinque anni prima. I racconti di Poe non erano proprio indicati per una ragazza di dodici anni, ma a Emma non importava, a lei erano piaciuti eccome, e ricordava i suoi preferiti quasi nel dettaglio.
«Oddio,» esclamò Anna, «conosco quello sguardo! Non dirmi che piace anche a te!»
Emma si ritrovò a ridacchiare sommessamente. «Che c’è di male? I suoi racconti sono bellissimi,» affermò alzando appena il mento, scherzando come se fosse la cosa più normale della terra, come se ci fosse abituata da sempre.
«Allora andrai d’accordo con Ruby e Regina, anche a loro piacciono tutti quei racconti macabri.» Anna fece una smorfia divertita, e il sorriso di Emma si allargò ancora di più, contenta di sentire che non era l’unica stramba a cui piacevano le storie dell’orrore.
Elsa ridacchiò, guardando bonariamente la sorella. «Su, che sotto sotto piacciono anche a te,» la blandì facendole l’occhiolino. Era distesa sul letto a pancia in giù i gomiti appoggiati accanto alle ginocchia di Emma, che invece sedeva a gambe incrociate e con la schiena appoggiata al muro.
«Ehi, niente horror per me, solo avventura, come Jules Verne. Lui è un grande,» replicò Anna con occhi sognanti. Poi scoccò un’occhiata maliziosa alla sorella. «E a Liam che cosa piace, sorellina?»
Le guance di Elsa si tinsero di un rosso acceso mentre abbassava lo sguardo sulla trama del copriletto. «Come potrei saperlo?» borbottò a bassa voce, ma Emma intuì che invece lo sapeva eccome.
«Quindi ti piace questo Liam,» azzardò, sperando di non sembrare troppo invadente. Alla risata di Anna si sentì sollevata, aveva posto la domanda giusta.
«Se le piace? Gli muore dietro, lo ama dalla quinta elementare, credo, o dalla quarta, non saprei, in pratica da quando l’ha aiutata a costruire il suo pupazzo di neve a scuola. Io ero a casa con l’influenza, quel giorno, ed Elsa non voleva nemmeno andare, sapeva che senza di me sarebbe stato un disastro, e invece… Invece ha incontrato il vero amore!»
Emma scoppiò a ridere come mai aveva riso in tutta la sua vita. Fu una tale sorpresa per lei che per un momento rimase basita, colpita dalla sua stessa reazione, ma non riuscì a smettere di ridere fino a quando Elsa non le lanciò un cuscino che la centrò in pieno volto. «Scusa, Elsa,» disse ancora scossa dai singulti, «ma è troppo divertente. Perché non glielo hai mai detto?»
«Perché siamo amici, solo amici.»
«Buoni amici, ottimi amici, praticamente inseparabili,» aggiunse Anna con un ghigno. «Quel Natale ti aveva persino regalato un pupazzo di neve di peluche. E ce l’ha ancora, sai Emma? Ci dorme la notte, sognando che sia Liam…» aggiunse rivolta a Emma prima che un cuscino colpisse anche lei.
«Non insultare Olaf!» esclamò Elsa, le guance più rosse di prima, scatenando un altro scroscio di risate. «E comunque siamo solo amici.»
Emma sapeva che stava mentendo, o che almeno per lei non era così. «E se lui provasse lo stesso per te?» domandò mordicchiandosi il labbro inferiore. Non voleva darle false speranze, ma capiva ciò che stava passando, Elsa voleva sentirsi amata da Liam, così come Emma voleva sentirsi amata da una vera famiglia, ma nessuna delle due aveva finora ottenuto nulla di più che un’amicizia. Anzi, Emma nemmeno quella.
Anna sbuffò, sollevando appena la frangetta. «È quello che continuo a ripeterle io, ma non vuole ascoltarmi. Forse dovrei parlare io con Liam,» aggiunse infine, scoccando un’occhiataccia a Elsa.
«No!» esclamò questa, sollevandosi e mettendosi a sedere, minacciando di strozzare Anna se anche solo ci avesse provato.
Anna la ignorò. «Vedrai coi tuoi occhi stasera, Emma, poi dovrai darmi una mano. Questi due si amano, lo sanno, eppure sono così cocciuti…»
«Parla per te, Miss Voglio-Sposare-Hans-Anche-Se-Lo-Conosco-Da-Due-Ore!»
Il volto di Anna diventò viola dalla rabbia. «Non osare, Elsa! Sono stata una stupida, ma lui ha ingannato anche te!»
Emma oramai non ci capiva più nulla, spostava lo sguardo da Anna a Elsa e ascoltava attentamente il loro battibecco. Si stavano rinfacciando la propria cocciutaggine, eppure Elsa aveva toccato un tasto dolente, perché Anna sembrava davvero, davvero arrabbiata.
«Se Kristoff non vi avesse fermati tu ora non saresti qui!»
«Gli devo tutto, lo so! Non serve che tu me lo ribadisca ogni volta che dico qualcosa che non ti fa piacere!»
«Ehi!» esclamò allora Emma, impedendo loro di aggiungere qualcosa di cui poi si sarebbero amaramente pentite. Le due la guardarono infastidite, ma a Emma non importava, più tardi l’avrebbero ringraziata. «Raccontatemi, uh, dei vostri amici, non vorrei fare brutta figura, sapete, dire la cosa sbagliata.»
La tempesta sembrava passata, e Anna si mise a sedere a gambe incrociate, pronta a spettegolare su tutti. «Allora, ci sono David e Mary Margaret, la coppietta felice e appiccicosa come il caramello, con loro puoi parlare di tutto, ma non nominare i bambini o David ti uccide, Mary Margaret ne vorrebbe uno appena finito il liceo, anzi, ne vorrebbe più d’uno. Poi c’è Regina, e non toccare l’argomento genitori con lei, e nemmeno l’argomento figli, ho sentito che non può averne, o almeno così sembra, e la cosa l’ha fatta disperare molto. Con Ruby puoi parlare di tutto, ma non del sceriffo Graham. »
«Ma non è illegale?» domandò Emma basita. Anna ne parlava con nonchalance, come se non ci fosse nulla di male.
Elsa scosse il capo. «Non è quel tipo di relazione, anche se credo per un periodo sia stato così. È più qualcosa di platonico, lei ha l’anello di fidanzamento infilato in una catenina che porta sempre al collo. Si amano, e lui non è molto più grande di noi, ha solo ventiquattro anni, e poi le ha salvato il culo un bel po’ di volte, e da allora tenta di limitarsi con gli abiti succinti. In effetti,» aggiunse ridacchiando, «da quando si sono fidanzati sembra si sia fatta suora.»
«Già, e poi deve aspettare solo altri sei mesi per poter ufficializzare la cosa, quando anche lei sarà maggiorenne,» continuò Anna, sognante, «ma torniamo a noi. Chi altro c’è? Ah, sì, Robin, ovviamente, il fidanzato di Regina, anche con lui puoi parlare di tutto, così come con Neal. Uh, anzi, a pensarci meglio, non parlare di sua madre, né tantomeno di Killian. A proposito, stasera viene? »
Elsa scosse il capo. «No, Liam ha detto che ha la febbre, ed è meglio così, dato che Neal ha confermato che veniva.» Dopo aver lanciato uno sguardo a una confusa Emma, si affrettò ad aggiungere: «Killian è il fratello di Liam, ma tra lui e Neal non corre buon sangue. Vedi… Killian ha una storia con Milah, la madre di Neal.»
Gli occhi di Emma si spalancarono per la sorpresa, le sembrava quasi di essere finita in Beautiful, e la cosa non le piaceva neanche un po’. «E non l’ha ancora ucciso?» domandò senza pensarci, era davvero sorpresa.
Anna scosse il capo. «No, ma ci ha provato. Gli ha fratturato un paio di costole, ma a lui è andata peggio, Killian gli ha rotto il naso e una gamba, e l’ha quasi strozzato la volta dopo. Neal ha lasciato correre, più o meno, ma è meglio non metterli nella stanza, e nemmeno cercare di mettersi fra loro.»
«E suo padre?» domandò Emma strabuzzando gli occhi, era troppo curiosa, e quella storia l’affascinava in un qualche modo. Si era addirittura protesa in avanti per sentire meglio.
«Il signor Gold non lo sa, Neal è stato abbastanza saggio da non dirgli nulla, anche se sono sicura muoia dalla voglia di farlo solo per veder soffrire Killian. Neal sa che se dicesse qualcosa sarebbe sua madre a rimetterci. Credo che Gold non sospetti nulla, ma non ci metterei la mano sul fuoco. Se lo venisse a sapere, Killian farebbe una brutta fine.» Anna sospirò sconsolata, evidentemente addolorata da quella prospettiva.
Emma aveva capito immediatamente che cosa intendeva Anna con “brutta fine”: se il figlio l’aveva picchiato così pesantemente, il padre avrebbe fatto decisamente di peggio.
Con un sospiro sconsolato, tentò di riportare l’argomento su un sentiero più sicuro. «Quindi sarà presente la coppietta felice, la donna ombrosa, la ragazza a cui piace andare contro la legge, il ragazzo normale, un altro ragazzo più o meno normale, l’amore della vita di Elsa ma non suo fratello. Ho dimenticato qualcuno? »
«No,» rispose Anna battendo le mani e guadagnandosi un’occhiataccia da Elsa, ma questa non disse nulla. «Stasera ti renderai conto di che cosa sto parlando. Elsa è cotta di Liam, e lui di lei.»
«Aspetta, Kristoff non viene?» intervenne Elsa.
Anna scosse il capo. «È impegnato al rifugio, ha trovato una renna ferita. E non chiedermi come ha fatto a trovarne una qui nel Maine, non ne ho la più pallida idea.»
Quindi Kristoff doveva essere il ragazzo di Anna, o così sembrava, Emma oramai non ci capiva più nulla. Tuttavia quei pettegolezzi la facevano sentire parte del loro mondo, era molto più di quanto avesse mai avuto nelle famiglie precedenti. Nessuno l’aveva coinvolta così tanto, e si sentì stringere il cuore da una sensazione che non era in grado di classificare, ma sapeva con certezza che era positiva, e ciò le fece estremamente paura.
Ma, mentre guardava le due gemelle parlare animatamente fra loro e si sentiva coinvolgere nella discussione come se fosse la cosa più normale della terra, la paura si affievolì, lasciandole dentro solo una sensazione di pura gioia.
Per quanto temesse che tutto quello fosse solo momentaneo, lo desiderava con tutta se stessa più di qualsiasi altra cosa avesse mai desiderato in vita sua.

 
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Ed ecco a voi Anna ed Elsa v.v Io personalmente le adoro, e le vorrei ancora nello show. E vorrei anche la FrozenJewel aka il pairing Liam/Elsa, davvero, li vedo benissimo assieme *ç*
Poi vabbé, di FrozenJewel ne avrete a volontà in questa fanfiction e... Sto zitta perché ne ho iniziate tante altre e ho quattro esami da dare ♥ Scusate se rompo con gli esami, ma purtroppo devo darli, quindi dovrete sopportarmi.
Come avrete capito, nemmeno nel prossimo capitolo vedrete Killian, ma incontrerete Liam, quindi potete mettere via torce e forconi. È anche vero che Killian ama le entrate a effetto e io non potevo farne una adatta a lui.
Prima che mi linciate, la tresca con Milah sarà decisamente utile ai fini della trama - e non temete, io non farò mai passare Milah per la buona di turno. Odio quel personaggio forse quasi più di Rumple o Neal, non perché stava con Killian, ma proprio come personaggio e sono pure contenta della fine che ha fatto senza nemmeno vedere Killian. No, non sono cattiva, affatto v.v
Se qualcuno è preoccupato per la mano sinistra di Killian, avviso i miei cari lettori che, a meno che non si tratti di un Killian/Hook o che la mia musa non decida altrimenti, Killian non perderà mai l'altra mano. Possibili fratture/incidenti/disastri, ma mai tali da perderla.
Beh, ora vado a studiare, spero di sentirvi in molti :3
blue
   
 
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