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Autore: Yutsu Tsuki    01/05/2016    2 recensioni
~ Seguito di Stop Joking ~
È passata solo una settimana dal giorno in cui la protagonista e Castiel si sono confidati a vicenda i loro sentimenti, eppure non tutto è andato come lei aveva previsto...
Dal testo:
“Il mio compagno resta a guardarmi attonito e in silenzio. Si vede che è veramente preoccupato: ha un’espressione che non aveva mai avuto prima.
Penso sia la prima volta che colgo del senso di colpa nei suoi occhi.
La prima volta che gli sento provare costernazione.
La prima volta che, veramente, riesco a decifrare il suo sguardo.”
 
“«E poi sei arrivata tu», sorride ad un tratto, fissandomi dritta negli occhi.
Arrossisco violentemente e guardo subito da un’altra parte, mentre il battito cardiaco comincia da solo ad accelerare.”

Attenzione: Leggero riferimento/spoiler alla vicenda degli episodi 15/16/17 (niente di che, ma vi consiglio di leggere solo se li avete già giocati)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~ Devil in Paradise'
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Buonciuorno, buonciuorno. Innanzitutto grazie mille per essere entrata qui :)
Fa davvero strano tornare a pubblicare dopo mesi...anni...non so nemmeno quanto è passato. Per farmi perdonare per l'interminabile attesa dell'ultimo capitolo di NaC, vi regalo questa breve fanfiction, che è il seguito di Stop Joking. Naturalmente fa sempre parte della serie Devil in Paradise, che ha come coppia la dolcetta e Castiel.
L’ultima volta ci eravamo lasciati con loro due che si erano dichiarati a vicenda, e Cass aveva promesso che avrebbe smesso di punzecchiare la nostra protagonista.
Ora la smetto di parlare e vi lascio alla storia, che, vi dico subito, sarà di tre o quattro capitoli.
Buona lettura ;)














I




Quando mio fratello maggiore si laureò e di conseguenza decise di lasciarci per andare ad abitare in un appartamento tutto suo, fu uno dei traumi più grandi della mia vita. Non potevo accettare che la persona con cui ero stata più a stretto contatto fin dalla nascita, da un giorno con l’altro mi avrebbe abbandonata, costringendomi a tenere testa ai miei genitori da sola.

Nonostante la lontananza si faccia sentire, però, ancora oggi riesco a trovare dei lati positivi nella sua partenza.
Come ad esempio il poter usufruire del suo appartamento quando lui non c’è ed organizzare quindi festini di ogni genere senza le lamentele dei nostri genitori. Che è proprio quello che ho deciso di fare stasera.

...In realtà non si tratta di chissà quale party trasgressivo al limite della legalità, ma di una semplice pizzata fra compagni di scuola!
Siccome però so come le notizie volino nel mio liceo - il penultimo picnic, a cui contro la mia volontà finì per autoinvitarsi mezza classe e non chi mi interessava, ne è la conferma - questa volta sono stata più previdente, spiegando alla carissima Rosalya che il monolocale in cui abita mio fratello è veramente piccolo e che non può ospitare più di cinque persone. Il che dopotutto è vero.

Per questo motivo ho scelto poca gente, quelli con cui tutto sommato vado più d’accordo: Rosalya, Kim, Lysandro e naturalmente Castiel.
La serata, devo dire, è trascorsa parecchio bene. Mi sono sentita a mio agio per tutto il tempo; cosa che credevo impossibile data la presenza allo stesso tempo piacevole e ansiogena del mio compagno dai capelli rossi.

È passata solo una settimana da quel giorno in cui io, dopo un’attenta riflessione, avevo deciso di confidargli i miei sentimenti e in cui poi lui, senza previsione, li aveva dichiarati a me.
In questo breve lasso di tempo le cose non erano andate esattamente come avrei sperato. I due giorni successivi, devo dire, erano stati tranquilli. Dalle nostre prime conversazioni si vedeva come Castiel avesse messo la testa a posto, piantandola finalmente di trattarmi come una bambina. Era evidente che il mio monito avesse sortito l’effetto desiderato. Ma dal terzo giorno, chissà perché, il suo comportamento era cambiato di punto in bianco.

Quella mattina di giovedì mi era parso insolitamente più distaccato.
Non dico che avesse cercato di evitarmi, ma sicuramente l’assenza delle sue solite frecciatine si era fatta sentire più del solito. Come se proprio a causa di questo ravvedimento, l’attenzione che era solito riporre in me fosse calata.
Forse era stata solo una mia impressione, o forse il motivo era del tutto diverso.

Durante gli intervalli di questi ultimi giorni, infatti, aveva sghignazzato molto meno del solito, lasciando spazio ad espressioni stranamente serie e pensierose, che, confesso, mi avevano preoccupata (ebbene sì: nonostante il mio carattere di ferro, questa volta mi ero sentita un po’ triste per quell’atteggiamento inaspettato).
Che si fosse pentito per quello che mi aveva detto quel pomeriggio dopo la scuola?
Che avesse in mente di fare marcia indietro e di rimangiarsi ciò che aveva ammesso di provare per me?
Annoverando tutte le volte in cui la Dea Bendata aveva scelto di stare dalla mia parte, non sarebbe stato poi così impensabile. Come potevo rimanere impassibile di fronte a quelle ipotesi? Tutto il coraggio che mi ero fatta per dirgli che mi piaceva, tutto il discorso sulle prese in giro, tutto il sequestro sull’autobus si sarebbero rivelati inutili.

Dal canto mio, però, avevo deciso di non volerne parlarne con lui o chiedergli che cosa provasse. Più per la paura di una risposta sgradita, che per quella di un confronto verbale, devo ammettere.
Mi ero limitata ad osservarlo, ogni tanto, durante le lezioni e nelle pause di ricreazione, stando attenta ai suoi gesti e alle reazioni diverse dal solito, e cercando di capire che cosa passasse per quella mente per me ancora criptica.
Mi ero detta che il motivo sarebbe comunque saltato fuori, prima o poi.

Finché, di venerdì, mio fratello mi avvisa che sarebbe stato via per il weekend a causa del suo lavoro. E come non approfittare di questa grande opportunità?
Ottenuto il consenso di usare casa sua, decido che avrei invitato più persone anziché solo Castiel: sia per evitare di metterlo a disagio, sia per non sembrare troppo invadente. In ogni caso, anche se erano presenti più ospiti, grazie ad una cena fra amici avrei potuto analizzarlo meglio.

Ora che la serata sta volgendo al termine, posso dire che il suo atteggiamento non si è dimostrato troppo insolito. Come tutti noi ha riso di gusto quando Kim ci ha raccontato dell’ambiguo e compromettente regalo ricevuto dal suo nuovo ammiratore segreto, e come tutti noi ha sorriso affascinato quando Lysandro ci ha recitato la sua ultima meravigliosa poesia.

Seduti un po’ sul divano, un po’ per terra, ci siamo razzolati in un battibaleno le tre pizze da asporto che avevamo ordinato, e in seguito abbiamo passato il resto del tempo a parlare del più e del meno in totale spensieratezza.
Una seratina tranquilla, insomma. “Onesta”, come direbbe Rosalya.

Ad una certa ora Lysandro ci comunica che deve tornare a casa, dato che abitando lontano ci impiega molto tempo a tornare. Lo salutiamo calorosamente e spendiamo i minuti che ci rimangono a spettegolare fra di noi sulla presunta affinità che parrebbe intercorrere fra lui e la nostra cara Violet.

Dopo una mezz’oretta è già mezzanotte inoltrata. Con molta fatica ci salutiamo l’un l’altro, ci ringraziamo a vicenda per il bel sabato sera passato insieme, e ci auguriamo la buonanotte.
Accompagno i miei amici fuori di casa fino ai loro motorini. Rosa e Kim sono venute con uno solo che usano insieme; mentre Castiel ha il suo.
Dopo l’ultimo addio la moto delle ragazze parte e se ne va.
Ma non quella di Castiel.

Lo guardo da lontano: sta cercando di farla partire ma a quanto pare senza successo.
Un po’ titubante, decido di avvicinarmi a lui.

«La candela è andata», annuncia con irritazione sferrando una manata sulla sella.
«Che significa?» gli chiedo senza nemmeno tentare di nascondere la mia totale ignoranza in materia di motori.
«Se è danneggiata, la scintilla nella camera di scoppio non può essere detonata e quindi la carburazione non avviene. In altre parole la moto non può partire», mi espone, con lo stesso tono di un maestro delle elementari verso un suo alunno.
«Sei sicuro che non si possa riparare?»
«Ci sarebbe bisogno di cambiarla, ma dubito che a quest’ora ci sia un meccanico aperto. Posso provare ancora un po’, ma temo che non si accenderà mai.»
Rimaniamo un altro quarto d’ora a tentare di far partire la moto, ma ogni sforzo risulta vano. Anche questa volta la Fortuna non è dalla mia parte.
...O forse sì.
Dipende dai punti di vista.

Immagino che tornare a piedi sia impensabile, dal momento che abita dall’altra parte della città. Perciò gli domando «Non c’è nessuno che può portarti a casa?» alludendo a qualche amico o conoscente - dato che l’opzione genitori l’avevo esclusa già da subito - o comunque a qualcuno disposto ad uscire all’una di notte per scortare a casa un povero cristo con la candela della moto defunta.

Lui scuote la testa sconsolato.
«E se prendessi un autobus?» Anch’io, nel mio piccolo, mi do da fare per vagliare tutte le ipotesi possibili.
«Non passano più a quest’ora», risponde lanciando uno sguardo preoccupato alla strada buia e completamente deserta.

Mi rendo conto che le alternative stanno purtroppo scarseggiando.
Sposto lo sguardo dalla strada a lui, e scopro che mi sta fissando con un’espressione abbastanza imbarazzata, come a dire: “Sarei contento se lo dicessi, ma non sei obbligata”.
Afferro al volo ciò che sta pensando, e senza troppi giri di parole lo assecondo: «Allora mi sa che dovrò ospitarti per questa notte.»
Un adorabile sorriso gli solca parte del volto, ma, arrossendo impercettibilmente, guarda verso terra e ribatte: «Non fa niente, cercherò un albergo qui vicino.»
«Ma no, ti pare?» esclamo, «anche se l’appartamento è piccolo, ci stiamo in due.» Non so di preciso cosa sia preso alla mia bocca, ma pare abbia deciso di agire senza il consenso del cervello.
«Beh, se proprio insisti, allora accetto», dichiara con una certa solennità, che non può non lasciarmi sfuggire un sorriso.

Mentre insieme rientriamo a casa, capisco che è ormai troppo tardi per cambiare idea.
È deciso: io e Castiel passeremo la notte sotto lo stesso tetto.

...
Che cosa ho appena fatto?!




   
 
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