Uscì dalle coperte appena in tempo per buttarsi sul pavimento e coprirsi la testolina bruna con le braccina al rombo dell’ennesimo tuono di quella notte piovosa.
Quei suoni forti lo terrorizzavano, facendolo sentire più piccolo rispetto ai suoi 5 anni. Erano le occasioni in cui non si dispiaceva troppo che suo padre non lo considerasse come faceva con Itachi visto che, secondo il suo giudizio di bambino, certamente avrebbe considerato vigliacco un comportamento simile davanti ad un semplice acquazzone.
La luce di un lampo illuminò a giorno la sua stanzetta e al successivo tuono, scappò d’istinto fuori da lì, lasciandosi indietro gli inquietanti occhi dei pupazzi che avevano brillato alla luce, guardandolo in un modo per nulla amichevole. Istintivamente imboccò la destra, nella direzione della camera dell’unica persona che non lo avrebbe giudicato, per quella reazione: Itachi.
Aprì piano la porta della stanza del nii-san ed in punta di piedi, s’intrufolò all’interno. Anche se il buio alle sue spalle gli metteva ansia non voleva rischiare di svegliarlo. Si fece coraggio e represse l’impulso di buttarsi sotto le coperte e premere il visino contro il fianco del fratello. Avanzò poco alla volta, stando attento a non urtare i pochi oggetti nell’ambiente in penombra.
Si avvicinò al materasso e vide Itachi dormire tranquillo come se nulla turbasse il suo sonno, nemmeno i tuoni. Sentì un gran bisogno di abbracciarlo. Inspiegabilmente gli venne da piangere.
Allungò il braccino verso la testina abbandonata di suo fratello, per scrollarlo leggermente. Avrebbe voluto far più in fretta, come se sentisse che Itachi avrebbe potuto sparire da sotto le coperte ed andarsene per sempre. La manina era quasi vicina alla spalla del nii-san tanto che già percepiva il calore emesso dalla sua pelle nivea… ancora pochi centimetri e avrebbe potuto addormentarsi tranquillo accanto a lui, senza più paura di nessun temporale.
-Itachi…-sussurrò con una voce adulta.
 
-Papà…papà!-una vocina impaurita lo svegliò dal suo sonno tormentato. Voltò la testa ed incontrò gli occhi colmi di lacrime di sua figlia e per un attimo rivide il se stesso bambino di quella notte piovosa.
-Papà… piove forte…-la bambina aveva un’espressione terrorizzata e quando un lampo illuminò la stanza, lesse nel suo sguardo un’implicita richiesta di accoglienza.
Si sentiva ancora stordito dal sogno. Ora ricordava cosa sarebbe successo quella sera di tanti anni prima: Itachi si sarebbe spostato, senza aprire gli occhi, sulla sinistra e gli avrebbe fatto spazio. I suoi piedini gelati avrebbero preso posto sotto le lenzuola calde e le braccina tonde si sarebbero incatenate al torace di suo fratello il quale avrebbe riso piano con quella risata già un po’ matura per la sua età.
Sasuke sentì gli occhi umidi e diede la colpa al sonno, poi si spostò verso sinistra e lasciò che Sarada si affiancasse a lui e cacciasse la testa dai capelli neri e lisci contro il suo petto muscoloso. La sentì rannicchiarsi esattamente come il sé stesso di allora e nel giro di poco il respiro della piccola si fece regolare e le manine abbandonarono un po’ la presa dal suo pigiama scuro.
Una piccola risata dai molteplici significati gli uscì dalle labbra fini, svegliando sua moglie.
-Dormi, Sasuke-gli mormorò Sakura.
-Dormi, Sasuke-avevrebbe sussurrato la voce di Itachi mentre lo stringeva a sé.