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Autore: Persefone3    02/05/2016    4 recensioni
Killian Jones è un giovane e promettente artista di Boston, ma la sua vita non è stata sempre facile. Proprio nel momento in cui decide di iniziare a riprendere in mano la sua vita, una giovane donna fa capolino nella sua vita. Dal canto suo, Emma Swan non ha la minima idea che dopo il suo incontro con Killian tutto quello che l'ha spinta a chiudersi in se stessa sta per subire un forte scossone. Riusciranno a trovare un loro equilibrio? E cosa succede quando uno dei due si troverà nella delicata situazione di dover proteggere l'altro dai residui del proprio passato?
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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III. Your Blue Eyes On Me
 
Emma stava andando alla galleria Blanchard con passo svelto e deciso. Stringeva in mano un bicchiere di carta di Starbucks, l’unica fonte di calore in quella fredda mattina di settembre. Odiava fare tardi in generale e da quando aveva iniziato a lavorare dai Blanchard, quasi tre anni fa, era una cosa che le dava ancora più fastidio. Doveva molto a Mary Margaret e alla sua famiglia e il minimo che potesse fare era essere impeccabile nei loro confronti.
L’aveva conosciuta all’università: l’aveva vista a lezione qualche volta, avevano scambiato qualche parola cordialmente ma niente di più. L’aveva completamente persa di vista quando era iniziato il suo calvario con Neal Gold. Ripensare alla sua storia con Neal era come auto infliggersi un pugno allo stomaco. Erano passati anni, ma ancora non riusciva a perdonarsi il fatto di essere stata così ingenua e stupida da cadere nelle maglie di un uomo più grande e navigato di lei.
Neal era il giovane assistente del Professor Gold, titolare della cattedra di storia dell’arte. Tra le studentesse aveva molto successo: camminando per i corridoi le era capitato spesso sentirle fantasticare sul giovane assistente del professore. Emma era iscritta al primo anno di letteratura, grazie alla borsa di studio che le era stata assegnata alle scuole superiori. Quando aveva ricevuto la lettera di ammissione, non c’era nessuno con lei. Nella stanza della casa famiglia, da cui era entrata ed uscita varie volte, era completamente sola e seduta sul suo letto. Aveva aperto la busta e iniziato a leggere con calma. L’assegno garantiva la copertura dell’intera retta universitaria e del vitto. L’università le aveva poi assegnato a titolo agevolato una stanza negli alloggi del campus. Unica condizione per mantenere l’assegno era avere una media molto alta e non risultare in ritardo con gli esami. Avrebbe potuto prendere possesso della sua stanza al campus una settimana prima dell’inizio delle lezioni in modo da potersi ambientare facilmente prima dell’inizio dell’anno accademico. Aveva preso la busta e l’aveva posata sul comodino per prendere il calendario, appeso alla parete su cui era poggiata la testiera del letto, e segnare la data in cui avrebbe finalmente lasciato quel maledetto orfanotrofio una volta per tutte.
Aveva contato i giorni, le ore, i minuti, i secondi e poi quel giorno era finalmente arrivato. L’ultima domenica in orfanotrofio, Emma l’aveva trascorsa facendo i bagagli. Le sue poche cose erano entrate tutte in due scatoloni. Nel primo vi erano tutti i suoi vestiti, mentre nel secondo c’era i suoi pochi effetti personali: la copertina che l’aveva avvolta appena nata prima di essere abbandonata sul ciglio di una strada, i suoi anelli, qualche quaderno e i suoi amatissimi libri ovviamente. Una delle assistenti sociali si era offerta di accompagnarla al campus e aiutarla con il trasloco. Dopo che ebbero portato gli scatoloni dentro, l’aveva salutata educatamente e poi si era voltata senza più guardarsi indietro. Quel capitolo della sua vita era finalmente chiuso.

Quando Neal aveva iniziato a manifestare un certo interesse per lei, ad Emma non sembrava vero. Un uomo così raffinato e dai modi così educati si era interessato proprio a lei, una semplice ragazzina. Col tempo aveva scoperto che il giovane assistente era il figliastro di Gold e che gestivano insieme la più prestigiosa galleria d’arte della città, la “Gold Deal”. Era stato proprio Neal il primo a convincerla a posare per dei quadri. Grazie poi alla partecipazione a vari eventi organizzati nella loro galleria, Emma era stata notata da più di un artista che le aveva chiesto di posare anche per loro. Quel piccolo lavoretto le garantiva una piccola somma per potersi togliere anche qualche sfizio. Ovviamente qualcuno le aveva anche chiesto di posare un po’ più nuda, ma lei si era sempre rifiutata, per evitare di compromettere in qualche modo la sua borsa di studio con qualche scandalo.
Stava andando tutto benissimo, Neal sembrava amarla davvero e si sentiva felice insieme a lui. Per questo il tragico risveglio fu ancora più traumatico e duro da digerire. Una mattina qualunque si erano presentati alla sua porta due agenti di polizia che avevano iniziato a farle tutta una serie di domande su Gold e suo figlio. Davanti alle sue piuttosto evasive risposte, le avevano intimato di seguirla alla stazione di polizia per un interrogatorio più approfondito.
Dal detective Carter era venuta sapere finalmente cosa stava succedendo. Gold e suo figlio avevano fatto perdere le loro tracce nel cuore della notte, prima che la loro galleria e il loro operato fosse passato sotto la lente d’ingrandimento di un’accurata serie di controlli. A loro carico erano state sporte moltissime denunce da parte di giovani e sconosciuti artisti che si erano visti sottrarre delle loro opere ed essere esposte nella galleria Gold a nome di altri. Emma sentì la gola farsi secca. Neal le aveva chiesto più volte di depositare delle cartelline ad alcuni indirizzi della città. Le aveva sempre raccomandato di non aprirle e di non farsi vedere da nessuno. Quando gli aveva chiesto spiegazioni, l’uomo era rimasto sempre sul vago, cercando di tranquillizzarla. Era questa la cosa che bruciava di più ad Emma: l’amore che provava per quel ragazzo l’aveva resa cieca a qualunque segnale di pericolo. E poi Neal aveva sempre detto che suo padre, grazie al suo nome, poteva far chiudere un occhio a chiunque.
I sospetti del detective si erano concentrati si di lei in quanto la persona più vicina alla famiglia Gold. Erano seguiti due giorni di interrogatori serratissimi. Il detective Carter aveva cercato di farla crollare in tutti i modi, convinto che la ragazza sapesse molto di più di quanto stava lasciando intendere. Era convinto che fosse lei il corriere che smistava la refurtiva e che fosse stata anche profumatamente pagata. Ma dai controlli bancari sul conto della giovane, non erano stati registrati movimenti sospetti. La stanza del campus era stata rivoltata come un pedalino e anche lì la scientifica non aveva trovato soldi contanti o tracce che avrebbero potuto ricondurla direttamente ai loschi affari della famiglia Gold.
 
- Bene signorina Swan. A quanto pare ci ha detto il vero. Non è risultato niente a suo carico o comunque un collegamento diretto con gli affari di Neal e suo padre. Per ora la lascio andare. Inutile dire che se si mettono in contatto con lei dovrà informarci se non vuole che la sua posizione si aggravi ulteriormente in questa faccenda. 
- Io non ho nulla da nascondere detective. Vi ho detto tutto quello che sapevo.
 
Emma stava per alzarsi quando Carter le fece cenno di rimanere seduta.
 
- Un’ultima cosa signorina Swan.
 
Il detective porse ad Emma un foglio con una lunghissima serie di conti lasciati da Neal a nome della giovane. Era la sua ultima carta per cercare di convincere Emma a collaborare del tutto. La ragazza aveva guardato il detective stupita e confusa.
 
- Non capisco, detective. Io non sono mai stata in questi posti. Cosa vuol dire?
- Questa, signorina, è la lista di tutti i debiti che il giovane Gold ha lasciato a suo carico. Posti esclusivi in cui non ha mai pagato un solo centesimo di conto.
- Ma non è possibile!
- A quanto pare sì … ovviamente vogliono tutti essere pagati e hanno tutta l’intenzione di rifarsi su di lei signorina.
- Ma io non ho tutto questo denaro a disposizione! Non so nemmeno come sono fatti trentamila dollari!
- Allora credo che l’unico modo per evitare questo malinteso sia che il suo caro amico Neal torni in città e si lasci processare, spiegando la sua estraneità ai fatti.
 
Emma aveva abbassato lo sguardo, aveva capito dove voleva andare a parare il detective. Ma lei non sapeva dove fosse andato Neal e di conseguenza quella lunga lista di debiti l’avrebbe dovuta ripagare lei.

Una volta fuori dalla stazione di polizia, sentì il peso del mondo crollarle addosso. Era stata raggirata dall’uomo che amava e da cui credeva di essere amata. Si era approfittato della sua ingenuità, della sua fiducia, del suo amore. Era ovvio che un uomo come Neal non poteva provare qualcosa di sincero per una semplice creatura come lei. Ma il peggio doveva ancora palesarsi. Non aveva fatto in tempo a mettere piede nella sua stanza che il rettore l’aveva convocata nel suo ufficio. Qui le era stato comunicato che, a causa del suo coinvolgimento in quella brutta storia, le veniva revocata la borsa di studio oltre all’espulsione immediata dal campus. Aveva un paio di ore per radunare le sue cose e lasciare libera la stanza. In poco più di 48 ore aveva perso tutto quello che aveva faticosamente costruito fin lì. Un secondo e la sua vita era crollata come un castello di carte. Mentre usciva con le sue poche cose dal campus, sapeva solo una cosa: non avrebbe mai più messo piede in quel maledetto orfanotrofio. Con i pochi spiccioli che aveva in tasca poteva permettersi solo una misera stanza. Avrebbe ricominciato da lì innalzando un muro tra lei e il mondo.

Era stato mentre lavorava nell’ennesimo bar per ripagare quell’immensa lista di debiti che aveva incontrato Mary Margaret. Dopo che la galleria Gold aveva chiuso i battenti, quella della sua famiglia aveva acquistato molta notorietà e prestigio. Emma l’aveva riconosciuta subito e aveva fatto di tutto per doverla servire al tavolo, ma invano. Quando il titolare le aveva fatto chiaramente capire che non poteva rifiutarsi di servirla, pena il licenziamento, si era avvicinata al tavolo della donna.
 
- Ha deciso cosa prendere signorina? – disse Emma in tono serio.
 
Mary Margaret alzò lo sguardo su di lei e rimase sbalordita. Tutti conoscevano Emma Swan e la sua storia al campus e l’ultima persona che si sarebbe aspettata di ritrovarsi davanti era proprio lei.
 
- Emma ? – chiese incerta – tu sei Emma Swan, giusto?
- In persona, signorina Mary Margaret Blanchard
- Cosa ci fai qui?
- Mi pare evidente. Allora ha deciso cosa ordinare?
- Mi dispiace davvero molto per quello che ti è successo. Per quello che possa valere, ho creduto subito che fossi innocente. Conosco bene Neal e gli intrighi di suo padre e tu non mi sei mai sembrata il tipo da mezzucci. Eri la migliore del tuo corso, non avevi bisogno della protezione di quei due.
- Ascolta, sarò franca e diretta: smettila di compatirmi. Detesto le persone che lo fanno. Guardarmi dall’alto in basso della vostra agevolata posizione di persone per bene mi disgusta quasi quanto quello che quei due mi hanno fatto. E ora la prego di dirmi cosa ordina, il locale è pieno e non posso perdere troppo tempo con lei.
 
Quello scatto d’orgoglio aveva colpito nel profondo Mary Margaret e non aveva fatto altro che rafforzare in lei la convinzione che Emma fosse stata una vittima inconsapevole della macchinazioni della famiglia Gold. Quei maledetti avevano cercato di compare con l’inganno la galleria della sua famiglia e solo per una mera circostanza fortunata non erano caduti anche loro nella trappola. Era tornata a casa e aveva raccontato tutto a sua madre Eva e a suo padre Leopold. Aveva insistito con loro che avevano bisogno d’aiuto alla galleria e che Emma, nonostante avesse frequentato il corso di letteratura, era molto preparata anche in arte, come la sua altissima media accademica aveva dimostrato. Aveva poi spiegato loro di come fosse rimasta vittima della famiglia Gold. Alle obiezioni dei suoi, Mary Margaret aveva posto una strenua resistenza: l’unico errore di Emma Swan era stato innamorarsi e fidarsi delle persone sbagliate.
Qualche giorno dopo si era ripresentata al caffè dove Emma lavorava e l’aveva invitata a sedersi accanto a lei.
 
- Sto lavorando, non posso.
- Hai problemi con il tuo capo? Ci penso io.
- Lascia stare. Aspettami qui un momento. Dico ad Ashley di sostituirmi per qualche minuto.
 
Erano davanti a due cioccolate da un paio di minuti e nessuna delle due aveva aperto bocca.
 
- Sarò franca Emma, come lo sei stata tu con me. Ho bisogno di una collaboratrice alla galleria d’arte che mi aiuti e gestisca la mia agenda. Inutile dirti che lo stipendio sarà molto più alto di quello che prendi qui.
- Ma sei completamente impazzita? Non sai chi sono?
- Certo che lo so.
- E allora perché lo fai?
- Perché mi fido di te. è strano ma da quando ti ho vista la prima volta a lezione, ho avuto la sensazione di conoscerti bene.
- Ma se non ci siamo neanche mai parlate!
- Certe cose si sentono a pelle Emma, e il mio istinto non fallisce mai. E poi io credo tu sia innocente.
- Davvero?
Conosco bene la famiglia Gold. I miei genitori hanno rischiato di perdere tutto per colpa loro.
- Ascolta, non ci metteranno molto i tuoi clienti o i tuoi collaboratori a scoprire tutto del mio passato. A me non importa, non mi interessa cosa pensa la gente, ci ho fatto l’abitudine, ma per i vostri affari potrebbero esserci ripercussioni.
- Di questo non devi preoccuparti. Le persone si fideranno del tuo lavoro se lo farai seriamente. Accetti?
- Ammetto che mi stai tentando, ma c’è ancora una cosa che devi sapere. Gran parte del mio stipendio è destinato a ripianare una infinita lista di debiti che Neal mi ha lasciato, la polizia controlla ogni mio introito e mi tiene d’occhio qualora tornassero a farsi vivi.
- Capisco.
- Vuoi ancora assumermi?
- Senza alcun dubbio.
 
Da quel giorno Emma aveva trovato non solo un impiego più dignitoso e redditizio per venire fuori dagli strascichi di quella situazione, ma la famiglia Blanchard l’aveva accolta calorosamente e non aveva mai smesso di mostrare in lei piena fiducia. Con il primo stipendio, Emma era riuscita a lasciare la topaia in cui viveva e a trasferirsi in una piccola pensione chiamata Granny’s, gestita da un’anziana signora, Granny appunto. Era un po’ decentrata rispetto a dove si trovava la galleria, ma in confronto a dove aveva vissuto sino a quel momento, sembrava un albergo a cinque stelle.

Così avevano iniziato una proficua collaborazione in cui Emma dava tutta se stessa per meritare e ripagare la fiducia che Mary Margaret aveva riposto in lei. Chiacchierando, Emma le aveva raccontato a grandi linee quello che era successo con Neal e degli anni dell’università. Era uscito anche il fatto che aveva posato spesso e per quel motivo la sua amica le aveva chiesto di partecipare alle sue lezioni di disegno. Erano diventate amiche nel corso del tempo e a parte lei, Emma non la sciava avvicinare nessuno. Si era chiusa in se stessa rendendo suo il motto bada a te stesso e non verrai mai ferito. E questo dispiaceva a Mary Margaret perché se c’era una persona che valeva la pena conoscere era proprio Emma. Intelligente, forte, perspicace ma anche sensibile e vulnerabile. Perché dietro quegli occhi da dura, Mary aveva colto la paura della sua amica in più di un’occasione.

Mentre si stava cambiando per prendere parte alla lezione di disegno, Emma stava ripensando a tutto quello che nella sua vita era cambiato fino a quel momento. Le piaceva posare per gli allievi di Mary Margaret, ma c’era dell’altro. Qualcosa, o meglio qualcuno aveva attirato la sua attenzione: nella fattispecie due occhi blu come l’oceano sul fondo dell’aula. Posando aveva imparato ad osservare bene gli occhi di chi la stava ritraendo: era stata scrutata con indifferenza, con desiderio, con invidia, ma mai con la delicatezza di quelle iridi azzurre. Lo aveva osservato bene il suo proprietario. Non aveva l’aria di un bravo ragazzo, ma dopo Neal aveva imparato bene che l’apparenza spesso inganna.  Ma questo non significava che lo avrebbe conosciuto, anzi. Con gli uomini lei aveva chiuso.   

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Allora, da dove iniziare per mettere due parole di fila di senso compiuto? Dopo la puntata c'ho il cuore frantumato in un milione di pezzi. E' stata esaltate e struggente allo stesso tempo, quello che si sono detti, come si sono toccati ... #ciscapocciodatuttoilgiorno, E mi dispiace per tutti gli altri, ma come i CS non c'è davvero nessuno, con quel trasporto, quel setimento ... e poi Jen e Col si sono esaltati ... mamma mia ...
Il mio misero capitolo, rimane misero se state ancora in una valle di lacrime come me. 
Come promesso, continuiamo con il flashback e stavolta esploriamo un po' il passato della nostra piccola e dolce Emma.
Perdonate se sono meno loquace del solito, ma torno a piangere a rivedere la scena in un angolo e con una montagna di cioccolata.
A lunedì prossimo!
Persefone
    
  
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