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Autore: SivvHerondale    02/05/2016    0 recensioni
Cammino senza una ragione precisa lungo la strada. Il sole tiepido del tramonto mi illumina e mi fa splendere i capelli. Il vento soffia sulle mie gambe nude, ma a me non importa, non ho freddo. Non provo niente a dire il vero. Che strano, fino a qualche secondo fa ero stranamente euforica e…
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cammino senza una ragione precisa lungo la strada. Il sole tiepido del tramonto mi illumina e mi fa splendere i capelli. Il vento soffia sulle mie gambe nude, ma a me non importa, non ho freddo. Non provo niente a dire il vero. Che strano, fino a qualche secondo fa ero stranamente euforica e… no, un momento, ora provo una strana malinconia. Mi siedo su una pietra di questa strada di campagna e mi fermo a osservare. É stata una bella giornata di sole, quindi fa abbastanza caldo adesso, al tramonto. Non sono ancora le afose temperature estive, però si può stare tranquillamente in pantaloncini e maglietta. Intorno a me non c’è granché e c’é tutto. Volgo gli occhi a destra. Da questa parte la strada continua e fa una curva in lontananza. Sul lato destro della strada c’è un gigantesco prato. Non è di nessuno ed è di tutti. I bambini amano andare a giocare lì e arrampicarsi sull’unico albero, dove qualche estate fa un adulto ha montato loro un’altalena. Ora è tardi e l’altalena ondeggia solitaria, spinta dalle occasionali folate di vento. Sul lato sinistro della strada e davanti a me c’è un boschetto. Non si estende per molto, ma è il luogo perfetto per cercare un po’ di frescura durante i giorni troppo afosi e un po’ di riparo dai curiosi. Mi giro indietro, guardando da dove sono arrivata. In lontananza si vede casa mia, con il grande giardino dove ho passato tante ore quando ancora non potevo uscire e andare in giro come faccio adesso. Sull’altro lato della stessa strada il prato continua, facendosi però più alto, così alto che i lunghi steli di piante infestanti ti arrivano quasi al petto. A una ventina di metri dal ciglio della strada c’è una casa di legno abbandonata da tempo immemorabile, che non si sa bene come ha resistito tutti questi anni alle intemperie e allo scorrere stesso del tempo. Fisso quelle quattro pareti. Una lacrima mi scorre su una guancia. Distolgo lo sguardo e lo fisso di nuovo sulla strada. La lacrima per fortuna è stata isolata, però ho ancora gli occhi lucidi. Mentre sono impegnata a fissare attentamente l’orizzonte, intravedo una figura che ben conosco che si avvicina. MI stringo nelle spalle. L’ultima persona che volevo vedere. Mi guardo le scarpe, ora diventate così interessanti. Nei mesi passati è stato facile evitarlo: gli unici incontri che avevamo erano in mezzo a molte altre persone e di conseguenza non ero obbligata a parlargli, e così lui.

Non che ne avessi intenzione, anzi.

Non è stata colpa mia se abbiamo smesso di parlare, all’improvviso.

Solo che come al solito mi fido delle persone sbagliate.

In mezzo a questi pensieri mi sento davvero una stupida. C’è gente che sta molto peggio e che ha problemi molto più grandi dei miei e io ho il coraggio di disperarmi per ciò che dall’esterno sembra abbastanza una stupidaggine? Con che coraggio?

Eppure fa male. Ritornare con la mente a ciò che c’è stato, anche se per poco, fa male. E più che sfogarsi con le amiche non so che fare. Con lui non credo parlerò ancora, forse col tempo imparerò a scambiare due parole, da buoni conoscenti. Credo sarà tutto ciò che avremo da dirci. È stato un bel mese però. Mi piaceva parlare di filosofia, di libri e fare discorsi sulla fisica, sulla religione e sulla vita. Mi piaceva starci abbracciata, mi è piaciuto quando mi ha baciata, ma poi ha deciso che non facevo per lui probabilmente e con una scusa inutile mi ha lasciata lì, all’asciutto. Senza neanche degnarmi della verità.

Cos’è poi, la verità? Una consolazione per quelli colpiti da una disgrazia, che sia piccola o grande. Ti rompono una finestra? Vuoi subito sapere chi è stato. Quando lo sai cambia qualcosa? Sì, se ti ripaga la finestra. Però se non lo fa non è un grande appagamento. Eppure siamo tutti sempre alla spasmodica ricerca della verità. Vogliamo sempre sapere tutto, da quello che succede nella casa del nostro vicino alle “verità nascoste” della vita. Gli uomini si interrogano su quest’ultime questioni da sempre. Che cosa ne hanno tratto? Tante teorie quante sono le stelle. Certo, ci sono grosso modo delle correnti principali, tuttavia ognuno ha un’opinione diversa. Non esiste una verità comune a tutti, nessuno avrà mai “ragione” o “torto”. In questo modo mi auto-contraddico. Se nessuno avrà mai ragione, come posso avercela io?

Chiaramente perché questo è il mio punto di vista.

Per me ho ragione.

Mentre mi faccio questi viaggi mentali, la figura si avvicina sempre di più. Posso sentire i suoi passi che si avvicinano. Alzo gli occhi. Se prima non mi poteva quasi riconoscere, ora noto che mi sta guardando in volto con un’aria tra l’imbarazzato, il triste e il voglioso di cominciare una conversazione. Mi fa un sorriso impacciato. Io proprio non ho voglia di parlare, in particolare con lui. Mi alzo e, non potendo nascondermi in nessun altro luogo, vado verso la casetta, sebbene sia un posto in cui non voglio mettere piede: troppi ricordi. Mi chiedo cosa ci faccia qui. Abita lontano, non ha nessun motivo per venire a passeggiare in questo posto. Specialmente da solo. Mentre mi allontano, sotto sotto spero che mi fermi, che mi parli, che faccia qualcosa. Neanche un istante dopo mi schiaffeggio mentalmente. Fare questi pensieri è inutile e dannoso per me, perché non faccio altro che illudermi di essere in uno stupido libro. Comincio a correre, con le lacrime che minacciano di scorrere fuori. L’ho conosciuto per poco tempo, eppure tutte e volte che lo vedo mi provoca un così profondo turbamento che proprio non riesco a spiegarmi. Entro defilata nella casa, spalancando la porta che fa un cigolio sinistro. La chiudo subito dopo e mi ci appoggio contro, non pensando a niente e fissando il vuoto, che tanto vuoto non è. L’interno di questa casetta è sgombro, ma non vuoto. È pieno di ricordi.

In questo momento mi fanno bene, ma anche parecchio male. Non sono tanto i fantasmi degli avvenimenti passati a dolermi, ma il pensiero di ciò che è cambiato in peggio. Proprio qui dovevo rifugiarmi? Non era forse meno terribile affrontare lui che me stessa? Da questo punto di vista sono terribilmente coraggiosa. O forse terribilmente stupida.

Il sole è ormai quasi tramontato. Quanto sono rimasta a perdermi nei miei pensieri? Sembra passata un’eternità. Guardo l’orologio. Sono passati solo 3 minuti.

Cosa mi ha risvegliato dal mio stato di semi-trance?

Sento dei colpi alla porta e sobbalzo.

Ecco cosa.

Non voglio aprire. So cos’è, chi è. Voglio aprire. Voglio che mi parli. Non voglio sapere cos’ha da dirmi. Non voglio parlargli. Voglio sapere. Non voglio sapere. Sì. No.

Apro la porta.

-Ciao.- Mi dice. Rimane in silenzio a guardarmi un attimo. Abbassa gli occhi.

-Ciao.- Gli rispondo.

Mi guarda.

Ed è subito sera.

  
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