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Autore: yllel    03/05/2016    3 recensioni
Raccolta one shot Sherlolly.
Ovvero: idee che proprio non se ne vogliono andare. Spoiler su TAB
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao!
Ecco un altro sassolino... povero, era già a metà da un sacco di tempo, ma si è visto scalzare dagli altri. Un po’ di commedia/romanticismo prima del prossimo che, se riuscirò a scriverlo, sarà decisamente diverso.
Lo dedico a leloale, che è stata cosi gentile da commentare tutti i capitoli con entusiasmo e attenzione. Nonostante si scriva per la soddisfazione di farlo, le recensioni fanno sempre mooolto piacere, quindi grazie!
 
SASSOLINO # 6
 
“Oh… non mi sembra ancora vero!”
Mary Morstan Watson battè le mani entusiasta e sorrise.
“Oh si, Mary. Un pomeriggio di shopping... altamente stimolante”
Il commento sarcastico di  Sherlock era arrivato dallo sgabello in cucina, su cui era seduto: la donna si voltò per rispondergli con un tono simile, ma lo vide aprire con entusiasmo una scatola e cominciare ad estrarre qualcosa, e rendendosi conto che era in procinto di iniziare un esperimento e che nulla (o quasi) poteva distrarlo veramente, si rassegnò ad ignorarlo e continuò a sorridere.
“Non solo shopping...” disse “ ma anche un vero tè, servito a un vero tavolo, da qualcuno apposta per me... da bere con calma, senza nessuno in braccio e con dei veri stuzzichini”
“Non avevi detto che volevi metterti a dieta,  ora che hai smesso di allattare?”
L’espressione della Signora Watson cambiò impercettibilmente, segno che, esperimento o non esperimento, l’ultima affermazione meritava una replica decisa: se suo marito fosse stato presente, infatti, avrebbe subito capito che l’argomento appena toccato poteva rivelarsi esplosivo.
“Non dargli retta, Mary” l’entrata di Molly Hooper in salotto impedì alla discussione di continuare “Meriti una pausa, non sei ancora uscita da quando è nata Maggie. Ti sei guadagnata sicuramente la possibilità di un po’ di relax” aggiunse la patologa, mentre a testa bassa rovistava nella sua borsa alla ricerca di un laccio per capelli, che trovò dopo pochi secondi con un’esclamazione di soddisfazione.
Mary sorrise alla vista dell’amica che con fare automatico si legava la coda di cavallo e decise che nessuno, soprattutto Sherlock Holmes, avrebbe avuto il potere di rovinare il suo primo pomeriggio di libertà dopo tanto tempo.
Ovviamente, adorava la sua bambina, ma finalmente era arrivato il momento in cui si sentiva abbastanza pronta per lasciarla con qualcun altro per alcune ore.
Aggrottando la fronte, ripassò mentalmente il contenuto della borsa che aveva lasciato a Mrs Hudson, per essere sicura di non aver dimenticato nulla, e quando fu tranquilla un altro pensiero le attraversò la mente.
Forse, dopo tutto, poteva ancora lanciare una frecciatina.
“Io ho lasciato qualche gioco a Mrs Hudson per far star tranquilla Maggie... tu cosa lasci a Sherlock perchè non faccia i capricci?” chiese in tono serafico.
La schiena dell’uomo si raddrizzò di scatto, a testimoniare l’offesa ricevuta per essere stato paragonato a una neonata  di sei mesi, ma ancora una volta Molly evitò un’ulteriore diatriba verbale, rispondendo in modo distratto mentre si infilava il cappotto.
“Un polmone, due campioni di sangue e una lingua” affermò con naturalezza.
“E due occhi!”
La voce entusiasta di Sherlock, che aveva finito di svuotare il contenitore termico,  fece sorridere la patologa.
“Si, e due occhi” gli confermò  con un sorriso luminoso “un bonus dell’ultimo momento. So quanto li desiderassi. E dovrei tornare in tempo per vedere gli effetti del congelamento e della cottura”
Terminando poi di allacciarsi il cappotto si voltò verso Mary, che li osservava scuotendo leggermente la testa.
“Che c’è?” le chiese confusa, osservando la sua faccia.
La donna sorrise.
“Lascia stare, non avrei dovuto fare nessuna domanda. Andiamo?”
Molly annuì e si avvicinò a Sherlock, di nuovo concentrato sui suoi regali.
“Noi stiamo uscendo” annunciò.
“Mmm” fu l’unica risposta che ottenne, ma senza scoraggiarsi lei aggiunse
“Tornerò per cena, ovviamente”
“Mmm”
Ormai Sherlock sembrava totalmente assorto e incantato da ciò che cominciava a vedere al microscopio, per cui la donna si rassegnò con un sospiro.
“Non mi stai più ascoltando, vero?”
Mary fremeva impaziente sulla porta, per cui Molly fece per voltarsi e andarsene, ma un pensiero la bloccò.
“Per favore, potresti evitare di usare gli ultimi acidi che hai preso?”
“Mmm”
“Sherlock? Per favore, quella parte di esperimento la puoi fare domani in laboratorio”
Sherlock non staccò gli occhi dalle lenti, ma qualcosa nel tono di Molly evidentemente aveva fatto breccia nella sua concentrazione, perchè sembrò in qualche modo reagire.
“Ok, ok...” rispose senza alzare lo sguardo.
“Beh, sembra che sia il massimo che posso ottenere. Buon pomeriggio” sospirò Molly, prima di chinarsi per lasciargli un bacio sulla guancia.
“Si, si...” reagì Sherlock ancora assorto nel suo lavoro, per poi agitare una mano con fare dismissivo “ti amo anche io”
L’espressione di Molly a quelle parole si fece quasi assente, e la ragazza si riscosse solo al richiamo di Mary.
“Dai su, andiamo!”
“Si, certo” borbottò la patologa, voltandosi per raggiungere  l’amica sulla soglia dell’appartamento.
Prima di uscire, diede un ultimo fugace sguardo all’uomo seduto al banco della cucina, ma Sherlock Holmes non si voltò, nè diede segno di essersi accorto di quello che aveva appena detto e dell’effetto che aveva ottenuto.
 
***
 
“È stata un pomeriggio meraviglioso. Da rifare, quanto prima!”
“Sempre se Mrs Hudson accetterà di nuovo di tenerti aggiornata ogni dieci minuti con foto e messaggi su Whatsapp” commentò Molly divertita, mentre prendeva un altro sorso di tè.
Mary fece una smorfia e addentò un tramezzino.
“Credi che abbia esagerato?” chiese masticando con soddisfazione.
La patologa scosse la testa dolcemente.
“Credo che tu sia una madre che ama molto sua figlia” rispose sorridendo “e che sia una fortuna che Mrs Hudson abbia imparato ad usare uno smartphone”
Mary scoppiò a ridere, ma poi il si concentrò meglio sull’amica seduta di fronte a lei.
“Tu, Molly Hooper, non me la racconti giusta” dichiarò seriamente.
L’altra abbassò la testa, e si mise a giocare distrattamente con il cucchiaino.
“Che intendi dire?” chiese infine, cercando di infondere un tono casuale nella sua voce.
Mary le prese la mano.
“Non fraintendermi... sono sul serio convinta che sia stato un pomeriggio meraviglioso, ma tu mi sei sembrata... assente” disse con cautela.
Molly alzò lo sguardo di scatto.
“Oh” esclamò piano.
La Signora Watson le sorrise con incoraggiamento, cercando di farle capire che era tutto a posto.
“Che succede? Sputa il rospo”
Molly fece un profondo sospiro.
“Sherlock mi ha detto che mi ama” disse infine, una smorfia sul viso.
Mary aggrottò la fronte, non capendo decisamente cosa ci potesse essere di male in questo.
“Oh si... è stato cosi carino” disse, procedendo con cautela “Vorrei averlo ripreso con il telefonino, John avrebbe molto gradito. Non capita tutti i giorni la possibilità di vederlo così umano. Insomma, so che ti ama, ma spesso in pubblico è cosi contenuto!”
La coda di cavallo di Molly ondeggiò piano, mentre scuoteva leggermente la testa.
“Non credo che se ne sia accorto. Di averlo detto, insomma” sussurrò.
Mary fece una smorfia.
“Tipico di Sherlock” annuì divertita “Era cosi concentrato sulle parti del corpo che gli hai procurato che”
“Era la prima volta”
L’interruzione sofferta di Molly bloccò Mary.
“Che cosa?”
La patologa abbandonò il cucchiaino e congiunse le mani in grembo.
“È stata la prima volta che mi ha detto di amarmi...” disse infine “e credo l’abbia fatto per sbaglio... cioè, sicuramente non è stato intenzionale”
Mary strinse gli occhi.
“Spero che tu stia scherzando” affermò decisa.
Molly scosse di nuovo la testa, poi fece un sorriso forzato e cercò di dare alla propria voce un tono gaio.
“Stiamo parlando di Sherlock, lo conosci...” iniziò piano “per lui è difficile elaborare queste cose, fino a poco tempo fa le riteneva solo delle grandi sciocchezze, e io non posso davvero lamentarmi... voglio dire, anche se tu dici che in pubblico è molto contenuto, nel privato non è cosi” aggiunse arrossendo “E a me va bene. Avrei solo voluto godermi di più l’attimo, ma in fondo non è importante, giusto? Sono solo delle sciocche romanticherie, non tutti i primi ti amo vengono detti in momenti memorabili, no?”
“Se lo dici tu...”
Notando come Mary si stesse muovendo sulla sedia a disagio ed evitasse il suo sguardo, Molly emise un gemito.
“Perchè, come è stato il tuo con John?” chiese, intuendo già la risposta.
L’amica agitò una mano.
“Oh, non ne parliamo ora! L’hai detto anche tu, non è importante”
“Mary...”
“Il nostro primo weekend fuori! Aveva preparato un picnic sotto le stelle” fu la risposta data in modo veloce, quasi con fare colpevole.
“Oh”
“Ma il vino non era un granchè, se ti può consolare”
 
***
 
Mentre Sherlock era in procinto di utilizzare i suoi nuovi, pericolosi acidi, la sua mente fu attraversata da una sensazione fastidiosa che, nonostante diversi tentativi di bandimento, tornava sempre a fare capolino.
Rassegnandosi, il consulente investigativo decise di accedere al suo palazzo mentale per scoprirne la causa e, a ritroso, arrivò fino ai suoi saluti con Molly.
Oh.
Certo. Lei gli aveva chiesto di non farlo.
Davvero un peccato.
Il dibattito interiore sull’opportunità o meno di contravvenire alla richiesta ci fu, ovviamente, ma a onor del vero durò veramente poco, e Sherlock si rassegnò a rimandare la conclusione dei suoi esperimenti al giorno successivo.
Impensabile, fino a qualche tempo fa, ma ora faceva parte di una coppia e doveva esercitare dei compromessi; accingendosi a riordinare (cosa altrettanto impensabile, fino a poco tempo fa), Sherlock Holmes ebbe però un altro ricordo delle circostanze relative al suo saluto a Molly, e questo lo fece ricadere pesantemente sullo sgabello.
Oh.
Doppio oh.
Circostanze alquanto... singolari, a quanto pareva.
E che richiedevano ovviamente un’analisi più approfondita.
 
***
 
Vieni a Baker Street   16:45
 
Sto lavorando, Sherlock  16:48
E quindi?  16:48
 
E quindi, a meno che tu non sia in pericolo mortale, non verrò. 16:49
Perchè? 16:49
 
Perchè sto lavorando! 16:50
Ho bisogno di confrontarmi su una cosa  16:50
John?  16:53
 
Sempre lavorando, Sherlock! 16: 55
Oh, per favore, le allergie del Signor Davis possono aspettare.  16:55
 
Hai mai sentito parlare di privacy, Sherlock? 16:56
Come concetto generale o riferita a qualcosa di particolare? 16:56
 
Oh santo cielo. 16:57
 
Il telefono squillò quattro secondi dopo l’arrivo dell’ultimo whatsapp.
“John?”
“Breve e conciso, Sherlock. Cinque minuti e sono subito da Lei, Signor Davis!”
“Ho detto a Molly che la amo”
“Siii? E quindi?”
“Era la prima volta che lo facevo... mi confermi che questo momento, in una relazione, è un passo che viene connotato da un grande significato?”
“Beh, certo. Esprimere a voce i propri sentimenti a volte è ancora meglio che mostrarli, Sherlock. Tu non sei esattamente mister romanticismo e ci hai messo un po’, ma meglio tardi che mai. Congratulazioni, benvenuto nel mondo delle relazioni normali. Questo è un gran primo passo, porta il rapporto ad un livello diverso”
L’affermazione del Dottore fu accolta da un profondo silenzio, segno che in qualche modo Sherlock stava riorganizzando i propri pensieri, per aggiungere la nuova informazione al suo hard disk mentale: in attesa che il suo migliore amico riprendesse a funzionare, John ne approfittò per sistemare la scrivania e riguardare la cartella del Signor Davis.
“Quindi era davvero un momento importante”
La voce incredula del consulente investigativo tornò a farsi sentire: John aveva appoggiato il telefono sul tavolo e l’aveva messo in viva voce mentre faceva le sue cose, e controllò l’orologio.
Due minuti e trentanove secondi.
“Bentornato. Certo che era un momento importante” esclamò riprendendo il mano il cellulare.
“Ho detto a Molly che la amo” ripetè piano il consulente investigativo, con un tono quasi meravigliato.
“Non è cosi tremendo, Sherlock”
“Certo che non è tremendo, John...non dire sciocchezze. È la naturale evoluzione del nostro rapporto, e le modalita' in cui è successo sono assolutamente di secondaria importanza” il tono di Sherlock era tornato quello arrogante di sempre.
John quasi sorrise mentre diceva  “Bene. Molly se lo meritava, sarà stata felice... il primo ti amo è sempre bello” ma il telefono esibì di nuovo silenzio, e lui si ritrovò ad analizzare le ultime parole dell’amico.
“Sherlock? Quali modalita'?” chiese sospettoso.
“...”
“Sherlock che è successo?”
“Ecco io... Potrei averlo fatto in modo un po’... distratto. Ma in fondo non conta, giusto?”
Il consulente investigativo sentì il Dottore inspirare molto profondamente.
“Quanto distratto?”
“...”
“Sherlock?!?”
“Non me ne sono accorto. Stavo iniziando un esperimento e gliel’ho detto a mo’ di congedo, senza alzare gli occhi dal microscopio. Credo anche di avere agitato una mano per mandarla via, cosa che lei ha fatto” fu la risposta data con una lieve nota di panico.
La pausa di silenzio di John fu più eloquente di qualsiasi commento.
“Sei un idota” disse però infine, giusto per non lasciare spazio ai dubbi... e subito gli arrivò un misero tentativo di giustificazione.
“L’esperimento si stava prospettando come molto coinvolgente!”
Prendendosi il dorso del naso tra le dita per fermare un principio di emicrania, John scosse la testa.
“Ma non mi dire... Sherlock, era la prima volta, potevi anche impegnarti un po’di più!”
“L’avrei fatto, se me ne fossi accorto! Mi è semplicemente uscito cosi!” sbottò il consulente investigativo.
“Non ho dubbi” confermò l’amico “Ma Molly è una santa, si sa. Ti perdonerà”
“Perdonarmi? Le ho detto che la amo!”
“Distrattamente e per caso!” ribadì John con fermezza “ non sicuramente il modo migliore. Vedi di rimediare e prova a dirlo in modo più diretto, la prossima volta”
Dall’altra parte del telefono ci fu un gemito di sofferenza.
“Devo dirglielo di nuovo? Non basta una volta sola? E se lo faccio di nuovo in modo terribile?”
“Questa domanda non merita risposta, Sherlock” John fece per riattacare, poi fu preso a pietà “Anzi, si.
Senti, non esiste un modo terribile per dire ti amo, anche se forse tu potresti riuscire ad inventarlo. Ma sicuramente ci sono delle cose che puoi fare per rendere la seconda volta un momento speciale, visto che la prima è stata cosi... misera. Il resto verrà da sè”
“Quale resto?” chiese Sherlock sospettoso.
John sorrise, e guardò con affetto la foto di Mary che aveva sulla scrivania: il suo pensiero corse ad un picnic su un prato, sotto un cielo stellato di una notte estiva di qualche anno prima, e a un vino pessimo che però non aveva rovinato l’atmosfera.
“Quello in cui anche lei ti dice di amarti. Credimi, ne vale la pena” rispose infine.
 
***
 
Molly rientrò nell’appartamento a Baker Street in preda a diversi sentimenti.
Non per ultimo c’era il timore che, prima della sua sconvolgente dichiarazione, Sherlock non la stesse sul serio già più ascoltando, e che quindi avesse proceduto ad utilizzare quegli acidi particolarmente efficaci ma maleodoranti.
Una profonda inspirazione sulla soglia di casa la rassicurò almeno su questo aspetto: l’aria era satura solo dei soliti profumi e odori che lei aveva imparato ad amare cosi tanto.
Mentre oltrepassava la porta e procedeva ad appoggiare i suoi pacchetti e il suo cappotto, per un attimo ebbe la flebile speranza che Sherlock non fosse in casa, ma poi lui apparve dalla loro camera.
“Ciao”
“Ciao”
“Come è andato il pomeriggio?”
“Bene. Mary ne aveva bisogno, si è rilassata e divertita. I tuoi esperimenti?”
Molly cominciò a muoversi per la stanza per evitare di incrociare lo sguardo di Sherlock.
“Molto soddisfacenti. Ma ho lasciato indietro gli occhi per un’altra occasione” disse lui, avvicinandosi.
“Oh”
Passandole piano una mano sul braccio, lui la attirò leggermente a sè.
“Potremmo uscire a cena, se non sei troppo stanca”
Molly spalancò gli occhi, stupita da quell’affermazione.
Forse, dopo tutto, Sherlock era riuscito ad usare gli acidi e ora stava cercando di farsi perdonare. E questo significava che non aveva ricordo della sua affermazione.
“Abbiamo gli avanzi del take away di ieri, basterà riscaldarli” replicò un po’ più rilassata decidendo che, per il sollievo di non dover sostenere una conversazione imbarazzante, poteva perdonargli qualsiasi disastro avesse combinato.
“Allore posso chiamare Mycroft per i biglietti di quello spettacolo teatrale che volevi vedere”
A questa successiva affermazione, Molly ricominciò a preoccuparsi.
Doveva averla davvero combinata grossa.
Inconsciamente si guardò intorno per cercare di capire quali e quanti fossero i danni, visto che l’appartamento sembrava in ordine.
“Hai detto che quello spettacolo ti sembrava una cosa stupida!” disse distrattamente.
Sherlock sembrò sul punto di perdere la pazienza e si allontanò da lei.
“Lo penso ancora, per la verità!” sbottò infine “ma... a te farebbe piacere”
Molly tornò a guardarlo e gli sorrise, pronta a riconoscere quello che sembrava essere solo un enorme sforzo di gentilezza del consulente investigativo.
“Non c’è alcun bisogno, tranquillo” disse “Restiamo a casa, tira fuori gli occhi, dai”
Sherlock lanciò un grido di frustrazione.
“Perchè mi stai rendendo il tutto cosi complicato?”
Il sorriso di Molly scomparve.
“Cosa?”
“Sto cercando di ricreare il momento perfetto per rimediare al mio exploit di questo pomeriggio, ma tu non sei collaborativa” Sherlock cominciò a passeggiare nervosamente per la stanza.
“Oh.” Esclamò piano la patologa “quindi te ne sei accorto”
“Verso le quattro di oggi pomeriggio, si” ribattè automaticamente Sherlock, prima di fermarsi con un gemito “voglio dire... mi rendo conto di aver pronunciato la mia affermazione con pessimo tempismo e modalità, ma ora potremmo creare l’atmosfera e l’occasione giusta perchè io possa ripetermi e”
“Tu vuoi ripeterlo?” lo interruppe lei stupefatta.
Sherlock annuì.
“John dice che è un momento importante in una relazione, che si tradurrà in una risposta simile da parte tua, e che questo ci farà salire di livello nel nostro rapporto e gli darà un nuovo significato”
Un lampo di comprensione passò negli occhi di Molly.
“Non è necessario” disse rassegnata.
Sherlock alzò un sopracciglio.
“Come, non è necessario?”
“Non... non devi. Non sentirti costretto”
Lui le si avvicinò e la scrutò con attenzione.
“Tu non credi che io voglia ripeterlo” la accusò infine.
Il viso di Molly si rivolse al pavimento.
“Non è questo” sussurrò.
“Di che si tratta allora?” Sherlock sembrò considerare un attimo le sue parole e un’espressione stupita e ferita gli apparve sul volto “Tu non vuoi che io lo ripeta, perchè implicherebbe il fatto che tu mi risponda allo stesso modo. Oggi non hai ribattuto che mi ami anche tu”
Il viso di Molly scattò all’insù.
“Sherlock, tu non mi stavi nemmeno guardando o ascoltando” disse irritata e ferita.
Lui strinse le labbra.
“Ricordo perfettamente che sei rimasta in silenzio”
La patologa emise un gemito.
“Cosa avrei dovuto fare?” si agitò “Dirti una cosa cosi importante, quando invece a te era sfuggita per sbaglio ed eri di nuovo concentrato sui tuoi esperimenti?  Ti rendi conto che ho passato anni a morirti dietro e ad essere trattata come uno zerbino, a sentirmi insultare, o blandire solo per avere accesso all’obitorio? E adesso eccoci qua, a parlare del fatto che possiamo o no dirci che ci amiamo e io non... non...”
“Non credi che io sia cambiato cosi tanto da essere pronto per farlo, se non per sbaglio” concluse lui con tono accusatorio.
Molly si mise le mani ai fianchi, in una posa di forte irritazione.
“Non è questo il punto, è una cosa che ti è scappata, Sherlock. Non devi ripeterla solo per farmi piacere, o solo perchè John ti ha detto che era giusto cosi” urlò.
“Beh, questo libera dall’obbligo anche te,  a quanto pare!” le urlò di rimando anche lui.
Rimasero entrambi a guardarsi per qualche istante, poi Molly scosse piano la testa.
“Non posso credere che stiamo litigando per questa cosa”
Si stava mordendo il labbro inferiore, segno che il suo disagio e la sua rabbia si stavano trasformando in tristezza.
Sherlock odiava quando Molly era triste.
In una frazione di secondo, erano una nelle braccia dell’altro.
“Scusa” mormorò lui.
“Scusa tu” replicò piano lei, il viso affondato nel suo torace “Io ci ero rimasta un po’ male ma ero tranquilla, prima che Mary mi facesse notare quanto romantica fosse stata la dichiarazione di John”
Sherlock fece un sospiro.
“E io ero fermamente convinto di essere a posto, anche se non era stato il più romantico dei momenti, prima che John mi riempisse la testa di idee su un contesto e circostanze perfette” disse, prima di fare una smorfia e aggiungere “Ergo,  il nostro litigio è tutta colpa dei coniugi Watson”
Sentì Molly cominciare a ridere piano, e finalmente si rilassò del tutto.
Poi lei alzò lo sguardo, un sorriso di nuovo sul volto.
“Ti amo anche io, Sherlock” disse tranquillamente, rafforzando la presa delle sue braccia intorno a lui.
Il consulente investigativo sentì una strana sensazione, e si disse che John almeno su questo aveva avuto ragione.
Sentirselo dire era... bello.
 Poi alzò un sopracciglio.
“Ma io non ho ancora...”
Molly scosse la testa.
“Non importa. L’hai fatto prima, e credo che fosse l’unico modo in cui tu ti sentissi pronto di farlo. Non perchè non lo vuoi, ma perchè tu sei tu. E non ti vorrei in nessun altro modo”
Sherlock si chinò verso di lei.
“Potrei sempre decidere di fare un po’ pratica...” sussurrò.
“Quando vuoi” rispose Molly “sono sicura che te la caverai benissimo”
E il momento successivo le parole non furono davvero più necessarie.
 
 
 
 
 
  
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